sabato 18 settembre 2010

Ricordo di Jimi Hendrix a 40 anni dalla sua morte.



Mi pare un dovere ricordare Jimi Hendrix, a quarant’anni dalla sua morte.
Da alcuni giorni stavo pensando a cosa scrivere in proposito quando un amico, scrittore e musicista, è venuto in mio soccorso: Innocenzo Alfano.
La prendo alla lontana, perché il ricordo che ho di quel giorno è significativo.
Alla presentazione di “Delitti Rock”, l’autore, Ezio Guaitamacchi, ha ricordato come traumatico il momento in qui il barista sotto casa lo informò, con grande tranquillità, della morte di John Lennon. Ma si tratta così un personaggio del genere?
Anche io rimasi di stucco quel mattino settembrino in cui ricevetti la notizia che Hendrix, a soli 27 anni, ci aveva lasciato.
Ricordo l’ora, le 11 del mattino; ricordo il clima, una bella giornata di sole;
ricordo il luogo, Bossolasco, nelle Langhe, dove mi trovavo in villeggiatura;
ricordo anche i nomi degli amici che erano con me.
Hendrix era per me qualcosa che era entrato prepotentemente nella mia vita perché da poco avevo visto il film “Woodstock” e piano piano mi stavo immergendo in un mondo musicale da sogno, anche se non sapevo ancora che le morti precoci delle rock star sarebbero diventate una regola e non un’eccezione. E ora qualcuno veniva a comunicarmi che Jimi era sparito dalla circolazione, senza neanche salutarmi.
Ricordi banali per chiunque stia leggendo questo post, ne sono certo, ma possono essere davvero trascurabili se ancora oggi mi ritornano alla mente con un freschezza che cancella in un lampo uno spazio temporale enorme, quarant’anni?
Un professionista della penna, Enzo Alfano, ha reso omaggio a Hendrix in questo modo…

Jimi Hendrix, l’“eroe negativo”
di Innocenzo Alfano

E’ proprio vero che nessuno è profeta in patria. Il grande Galileo Galilei ha dovuto aspettare ben 367 anni a partire dal giorno della sua morte prima che il Comune di Pisa, dove il sommo scienziato era nato il 15 febbraio 1564, gli dedicasse una statua, inaugurata nel 2009 e in un punto della città neppure troppo centrale. Al più grande chitarrista rock degli anni ’60, Jimi Hendrix, è andata invece un po’ meglio, visto che la sua città natale ha deciso di dedicargli, “solo” 36 anni dopo la morte, avvenuta nel 1970, un parco pubblico nel cuore del centro abitato. E’ il Jimi Hendrix Park, la cui inaugurazione è prevista per il 2012. Il parco avrà una superficie di circa sei acri e sarà ubicato nei pressi del Northwest African American Museum, a Seattle. Per una statua, tuttavia, bisognerà ancora attendere. L’unica che esiste, in bronzo (vedi foto), si trova, per ora, all’angolo tra Broadway Avenue e Pine Street, ed è di proprietà di Michael Malone, fondatore dell’AEI Music Network Incorporated. Naturalmente il signor Malone ha fatto costruire la statua – dallo scultore Daryl Smith – con i propri soldi, facendola poi sistemare davanti alla sua azienda. Sarà anche privata, ma almeno ora chi si reca a Seattle ha la possibilità di visitare, tra le altre cose, anche una scultura raffigurante uno dei più geniali ed influenti musicisti rock di sempre.
Per la città di Seattle e per i suoi abitanti dovrebbe essere una bella soddisfazione. Oppure no? Beh, in effetti le autorità cittadine di Seattle, fino a pochissimi anni fa, non sembravano per niente entusiaste di una simile evenienza. Meno di loro lo erano le tv locali. Secondo una di esse, infatti, Jimi Hendrix non era un artista, un tipo geniale poi neanche a parlarne, ma semplicemente un drogato, e quando qualcuno, nel 1980, propose la costruzione di una statua in suo onore, questo fu il commento: «E ora Seattle vorrebbe onorare un tossicodipendente morto di overdose usando il suolo pubblico e i soldi dei contribuenti per dedicargli un monumento e così celebrare quell’autentico eroe negativo che è Jimi Hendrix. Faremo ricorso alla legge per impedire un uso tanto indegno del suolo pubblico» (cfr. Harry Shapiro – Caesar Glebbeek, Jimi Hendrix. Una foschia rosso porpora, Arcana, Roma, 2003, p. 488). Un po’ come sostenere che Giorgio Washington non fu un grande statista ed uno dei padri degli Stati Uniti d’America ma solo un ricco proprietario di terre, e, soprattutto, di schiavi. Eh sì, perché, (s)ragionando molto all’ingrosso, è chiaro che se Jimi Hendrix era solo un drogato allora anche Giorgio Washington non è stato altro che uno schiavista. Eppure il volto di Washington si trova scolpito (giustamente) sul monte Rushmore, mentre quello di Jimi Hendrix, che è nero come quello degli schiavi appartenuti al primo presidente degli Stati Uniti, ha difficoltà a trovare una collocazione persino nella sua città d’origine.
Insomma, abbiamo capito che nessuno è profeta in patria, ma facciamo altresì notare, nel caso di Jimi Hendrix, un mero dato statistico, e cioè che la popolazione di Seattle è attualmente composta per circa 3/4 da cittadini dalla pelle bianca. Non vorremmo, alla fin fine, che la ragione vera di tanto astio nei confronti di uno dei più grandi musicisti rock di tutti i tempi, e probabilmente del più grande quando era in vita, sia proprio questa. Non lo vorremmo, tutti gli appassionati del rock non lo vorrebbero, e io non lo vorrei; ma ho paura, purtroppo, che sia così.

P. S. Michael Malone, dopo l’intitolazione del (futuro) parco cittadino a Jimi Hendrix, ha deciso di donare la sua statua al Comune di Seattle, affinché la stessa possa esservi collocata. Il Comune, con delibera del 22 maggio 2006, ha accettato la donazione impegnandosi a sostenere tutte le spese necessarie al trasferimento della scultura bronzea da Broadway Avenue al Jimi Hendrix Park. A proposito, pure la statua in bronzo di Galilei era privata; apparteneva infatti all’imprenditore Flaminio Farnesi, il quale si era rivolto, poco dopo la metà degli anni ’90, alla scultrice Stefania Guidi per la realizzazione dell’opera.

Nota Bene: L’articolo è stato pubblicato su Luci sulla città. Mensile politico civile dei Comitati pisani nella “Città dei Diritti”, Anno V – N. 7 – Settembre 2010, pag. 4.