Quando mi appresto a
fornire il mio pensiero su un lavoro per me nuovo, sia esso appena pubblicato o
di molto tempo fa, ho in mente un unico concetto che è quello della
condivisione. La mia soddisfazione è basata sul fatto che qualcuno, grazie ai
miei scritti, potrà avvicinarsi alla musica che io propongo, diventando a sua
volta un elemento di diffusione: ovviamente bisogna amare la musica!
Per far si che i miei
potenziali lettori si incuriosiscano, cerco di fornire loro alcune immagini,
magari una o due, ritenute rappresentative dell’intera proposta.
“Gocce di Assenzio”, il nome dell’album
degli Artemisia, di cui ho già
pubblicato il comunicato stampa ufficiale, dove si trovano le notizie
dettagliate: http://athosenrile.blogspot.com/search/label/ArtemisiA
mi ha indotto a una
breve indagine sul significato etimologico che non conoscevo, e già questo è un
piccolo arricchimento personale,.
Nella mia ricerca di
link, tra immagini, parole e musica, non ho potuto fare a meno di notare come
questo “distillato di erbe” sia presentato, nella sua definizione, con “… un sapore complesso
dovuto a un perfetto bilanciamento degli aromi delle varie erbe..”, e come tale immagine si sposi
perfettamente col feeling del primo ascolto. Sto parlando della sensazione di
essere davanti a una fine ed equilibrata miscela di rock, melodia, proposta
vocale e ricercatezza nei testi.
Occorre rilevare
l’importanza delle liriche, essendo l’intero lavoro privo di pezzi strumentali,
e l’utilizzo della lingua italiana( cosa non scontata parlando di rock) è il
segnale che la voce non ha il ruolo di mero strumento (come spesso accade), ma
le parole devono essere capite, senza sforzi di comprensione linguistica.
Tutte le liriche sono
della cantante, Anna Ballarin.
Ho scelto il testo de
“Il Tempo” per
fornire un esempio del suo pensiero in musica:
“Passa, senza
indugio, lento il tempo
scorre attorno a me.
Allungami la mano, ancora più piano,
questo sarà il segreto per il tempo.
Senza accorgermi sto guardando indietro
d’un tratto immobile.
Allungami la mano, seguo il richiamo,
avanti andrà lo sguardo con il tempo.
Ma che ironico cliché, corre al passo del tempo.
Ma che ironico cliché, nella mi a testa, nella mia testa non c’è.”
Difficile per me incollare una delle solite etichette alla musica di Artemisia.
scorre attorno a me.
Allungami la mano, ancora più piano,
questo sarà il segreto per il tempo.
Senza accorgermi sto guardando indietro
d’un tratto immobile.
Allungami la mano, seguo il richiamo,
avanti andrà lo sguardo con il tempo.
Ma che ironico cliché, corre al passo del tempo.
Ma che ironico cliché, nella mi a testa, nella mia testa non c’è.”
Difficile per me incollare una delle solite etichette alla musica di Artemisia.
La base è molto
“metallica”, molto dura, e in alcuni casi ho ritrovato conosciuti passaggi dei
gruppi rock anni 70, anche se mischiati ai tempi dispari tipici del prog.
L’elemento di maggior
distinzione, come emerso in una domanda nell’intervista a seguire, è a mio
giudizio l’utilizzo di una voce particolare, adatta alla proposta musicale
scelta, ma al contempo capace di avere un effetto “addolcente”, che aiuta a
realizzare un contrasto caratteristico che potrebbe far riconoscere il sound
Artemisia al primo impatto.
Ed ecco quindi
semplificata la miscela vincente:
rock, prog, liriche e
voce usata come link tra melodia e power chords.
Questo è il
“..perfetto bilanciamento degli aromi …” a cui accennavo.
Tutte le musiche sono
di Vito Flebus.
Un piccola pista di
miglioramento, che non riguarda Artemisia, ma è legata a un problema comune a
quasi tutti i lavori che mi ritrovo nelle mani, è la seguente:
la confezione,
l’hardware dei CD, non ha solo funzione estetica (anche se la bellezza
esteriore si giustifica col fatto che “il piccolo disco” diventerà
probabilmente un pezzo da collezione), ma il contenuto deve essere chiaro.
Personalmente, tendo
a leggere le note mentre scorre il primo brano, e difficilmente ci riesco con
facilità.
Non è questione di
vista, ma se si unisce la scelta della tipologia carattere(non solo la
dimensione) alla poca incisività della stampa, sino ad arrivare a sfondi
fantastici, colorati ma con poco contrasto..beh, le difficoltà non mancano.
E passiamo all’intervista.
Leggendo le vostre
note biografiche ho avuto immediato impatto con il nome di Beppe Aleo, il
batterista che guardavo suonare per pomeriggi interi, a Savona, quando avevo 16
anni. Non sapevo di questa sua evoluzione professionale. Dal vostro punto di
vista è essenziale che, in ambito musicale, chi ha compiti manageriali abbia
anche competenze specifiche e un passato da strumentista? Crediamo sia
fondamentale, questo fa si che il prodotto non sia unicamente a scopo di
business, ma abbia una sua identità ed un suo perché d’esistere.
Ascoltando “Gocce
d’Assenzio”, la prima cosa che ho colto è il contrasto tra il rock, a volte
duro, e la voce di Anna Ballarin. Immagino voi siate molto giovani, ma con la
memoria sono tornato a Silvana Aliotta, mitica cantante del gruppo prog Circus
2000, negli anni 70. Esistono dei modelli di musicista a cui vi siete rifatti,
esempi che più o meno inconsciamente hanno determinato la vostra attuale
consistenza professionale? Intanto grazie per
i giovani ma purtroppo, a parte Matteo, siamo tutti over 35 e passa. No, la
cosa è nata così in modo del tutto spontaneo, senza avere in mente dei modelli
precisi ma facendo quello che sentivamo dentro, poi il background di ognuno di
noi a fatto da collante per le varie emozioni.
Mi riesce difficile
capire “dove sta andando la musica”, dal punto di vista del businnes.
Scaricabile, vendibile online, autoprodotta. Qual è la vostra visione,
proiettata verso il futuro? Ma, crediamo che la
musica abbia perso molto del suo fascino del passato, è stato tolto quell’alone
di magia che la circondava, è stata resa più terrena, la puoi quasi toccare,
ora la musica è “dovuta”. Quindi crediamo che la rete sia l’unica forma di
divulgazione musicale di musicisti che ormai si autoproducono totalmente, visto
gli scarsi o nulli investimenti che fanno le varie etichette. La musica ci sarà
sempre, ma sarà sempre più dura riuscire a “magnà”.
Siete
arrivati al secondo “lavoro”. Qual è la magia che tiene unite più persone
impegnate in un progetto, magari di difficile realizzazione? Quanto incide sul
risultato finale l’amicizia o comunque il buon rapporto tra di voi ? Sicuramente
l’amicizia che si è venuta a creare tra di noi e una parte fondamentale, ma
soprattutto crediamo sia la voglia di raggiungere la notorietà, passaggio
obbligatorio per poter partecipare all’Isola dei famosi (eh eh eh) che rimane
il nostro traguardo.
Quale
importanza attribuite ai testi? Sono essenziali per il vostro tipo di
espressione? Sicuramente hanno
una parte fondamentale sono un po’ lo specchio del anima di una band, anche la
scelta di cantare in italiano e stata determinata dal esigenza di comunicare in
modo diretto con il nostro pubblico.
Qual è il processo
che porta alla creazione del vostro prodotto finale? Tutti contribuiscono in
egual misura ? Diciamo che parte
tutto da Vito poi ne discutiamo e vagliamo le soluzioni più consone per il
nostro sound, ma il tutto è decisamente molto spontaneo senza grosse tare
mentali senza limitazioni di sorta, sempre molto aperti a tutte le soluzioni.
Come immaginate la
vostra evoluzione musicale: nuove melodie? Ricerca strumentale? Nuove
contaminazioni? Sicuramente con una
ancora più accurata ricerca dei suoni, liberi di esprimersi senza vincoli di
sorta, sempre con la voglia di abbracciare nuove sonorità o soluzioni insomma
senza chiusure mentali, ovvero come intendiamo noi la musica, libera!