MANO-VEGA BIOGRAFIA
Il progetto MANO-VEGA nasce nel 1998 ma la formazione
diventa operativa dal 2000. La vivace attività live le
consente di conquistare immediata visibilità nella scena alternativa emergente:
la band infatti si piazza al primo posto nel Lazio all’Edizione
2001 dell'Arezzo Wave Love Festival.
Dopo un'intensa pratica concertistica, la
realizzazione del demo Si Sedes Non Is e un cambio di
line-up, nel 2004 i Mano-Vega entrano in studio per
la realizzazione del primo album ufficiale dal titolo nel Mezzo,
ultimato nel Febbraio 2010 e uscito il 7 maggio 2010. Il disco è il
frutto di ben sei anni di lavoro, durante i quali i componenti
della band sono stati impegnati anche in altri progetti paralleli e nella
fondazione dell'etichetta discografica Domus Vega. In questi
lungo periodo i Mano-Vega hanno avuto possibilità di sviluppare e definire la
propria identità musicale e di affacciarsi con una proposta
del tutto originale nel panorama della musica indipendente
italiana. nel Mezzo è un album coraggioso e personale,
che spazia tra alternative-rock, dark, elettronica, progressive e
psichedelia, con testi colti e atmosfere cangianti.
MANO-VEGA dal vivo:
VALERIO D'ANNA: voce,piano,synth,handsonic
GIOVANNI MACIOCE: chitarra,theremin,fx
LORENZO MANTOVA: basso,fx
ANDREA SCALA: batteria
Nel Mezzo liner-notes:
Autori: Valerio D'Anna
Compositori: Valerio D'Anna - Lorenzo Mantova -
Giovanni Macioce
Genere: Alternative / Elettro-Rock /art-avant
rock / prog
Titolare edizioni: Domus Vega
Nome etichetta/Casa di produzione: Domus Vega
Concepito e prodotto da Valerio D'Anna.
Marzo 2004 - Febbraio 2010.
Registrato, mixato e masterizzato da Valerio
D'Anna al Domus Vega studio - Isola del Liri (Fr).
INTERVISTA
La parola Mano-Vega fa pensare a qualcosa di esoterico: ci
chiarite il senso del vostro nome?
Mano-Vega è un concetto in lingua sanscrita che indica l’impulso/urgenza
(Vega) della mente inquieta (Mano). In altri termini la velocità della mente,
la più alta di tutte, la più difficile da gestire.
Un’arma a doppio taglio che se da un lato racchiude in sé il vero
potenziale umano, liberandoci dalla nostra condizione di limitatezza cognitiva
grazie al dono del’'intuizione, dall'altro ci incatena nel suo moto perpetuo,
costretti a vagare in preda alle nostre urgenze senza un attimo di tregua.
L’intento è quello di incanalare il flusso dei pensieri, e guidarlo il più
possibile nel viaggio attraverso il molteplice. Questo nome porta in sé
l’intento della nostra proposta musicale.
Siete attivi dal 2000: con quale intento si inizia a “fare musica”?
A quindici anni il mio primo concerto è stato l’ultimo (purtroppo) dei
Nirvana. È stata una delle esperienze più forti della mia vita. Fu quella sera
che guardando sul palco mi dissi: “Io voglio essere lì”.
Tutto quello che ho fatto in seguito è stato in funzione di questo sogno.
Per mia fortuna però, pur inseguendo costantemente questo obiettivo, non ho mai
perso di vista il punto di partenza, e cioè semplicemente “fare musica”,
esprimersi per il bisogno di farlo.
Non c’è niente di più stimolante - e nel mio caso curativo - del suonare
insieme in sala prove ed essere coinvolti nel flusso creativo. Mi sento di
parlare a nome non solo dei miei compagni, ma di tutte quelle persone che hanno
un profondo rispetto per la materia in questione. La Musica fa bene.
Condividere insieme ad altri questa passione è emozionante. Avere un sogno nel
cassetto può essere uno stimolo in più ma non deve mai diventare prioritario.
Ci sono voluti sei anni per il vostro primo disco ufficiale nel Mezzo, avete mai avuto il desiderio di mollare?
Assolutamente no. Non ci è mai sfuggito il punto di partenza. Dopo
l'esperienza di Arezzo Wave, per quanto positiva sia stata, ci siamo accorti
che emergere non era e non è affatto semplice. Ci sono troppi fattori che con
la musica c’entrano ben poco. A quel punto, nella totale spontaneità ci siamo
chiusi in studio con il semplice intento di “fare musica”, realizzare un album
che per noi rappresentasse il massimo della nostra espressione in quel momento.
Non è mai stato un peso, ma una scelta mirata. D’altronde le ore spese per le
lavorazioni di nel mezzo sono impagabili. Siamo cresciuti
insieme a questo disco ed è stato fantastico. C'è da aggiungere che in questi
sei anni siamo stati coinvolti singolarmente in altri progetti musicali fra cui
la fondazione della nostra etichetta discografica. Non poteva andare in nessun
altro modo.
La vostra etichetta si chiama Domus Vega: parlateci di questo progetto.
Il primo obiettivo è stato quello di produrre un album e per questo abbiamo
aperto il nostro studio di registrazione. Approssimandoci alla chiusura dei
lavori ed incontrando altre persone lungo il cammino l’obiettivo è diventato
quello di pubblicare e veicolare personalmente le nostre proposte. Domus Vega,
come tante realtà, nasce da una sinergia di artisti che ruotano attorno a
diversi progetti musicali (Mano-Vega, Randomclockwork, Sindrome di Korsakov,
Physis e Visualpoem) e vogliono gestire in maniera autonoma la propria musica,
addentrandosi personalmente nei meccanismi che muovono il mercato musicale.
In questo caso l'intento è quello di mettere la stessa passione e tenacia
che usiamo in ambito compositivo per promuovere tutta la musica che produrremo
sotto il marchio Domus Vega.
Quali sono le influenze che caratterizzano il vostro suono?
Sono decisamente tante da elencare. Il nostro sound è fatto di rock ed
elettronica, e siamo dei grandissimi estimatori delle realtà a noi
contemporanee. Tutte le grandi band che si sono mosse su questi territori ci
hanno stimolato in un modo o in un altro. Credo che le influenze più
consistenti siano quelle legate ai Tool per il loro senso del ritmo e le loro
strutture progressive, ed ai Nine Inch Nails per la sperimentazione sonora.
Naturalmente tutto il filone alternativo italiano ha avuto il suo enorme peso,
ed una band che ci ha insegnato ad agganciare saldamente testo e musica sono
stati i Massimo Volume.
Come nascono i vostri brani e a chi sono rivolti?
Ci è sempre piaciuto il metodo di composizione per la musica applicata,
come una colonna sonora creata per le immagini dettate dal testo. In questo
modo ci troviamo sempre di fronte a nuove soluzioni da dover usare per
commentare il senso del brano. L’input iniziale può venire da qualunque
sorgente, ma appena viene colto subito deve diventare concetto. Iniziamo a
scrivere solo quando abbiamo il soggetto su cui fare il nostro “film”.
Non abbiamo mai pensato a chi rivolgere la nostra musica, non fino a questo
momento, e cioè a cose fatte. L’augurio è naturalmente di condividerla con più
persone possibile, e crediamo che la nostra proposta potrebbe essere apprezzata
maggiormente nell’ambito della scena rock alternativa italiana.
L’elettronica è uno strumento espressivo o una schiavitù?
L’elettronica è una parte della naturale evoluzione del mondo degli
strumenti musicali. La prefazione del libro La Scienza del Suono dice
che tutti i più grandi compositori hanno sfruttato al massimo gli strumenti del
proprio periodo storico, e che se Beethoven fosse nato in questi anni avrebbe
composto senza ombra di dubbio al computer. L’elettronica (non solo per la
programmazione, ma anche per l'effettistica e tantissime altre applicazioni) è
il gioco più bello che un “bimbo curioso” possa avere. Non si finisce mai di
esplorare e creare nuovi suoni. Naturalmente, e questo vale per ogni cosa (come
per la tecnica), dipende dall’utilizzo che se ne fa.
Qual è stata la vostra più grande scoperta come gruppo?
La più grande sorpresa è stata accorgerci che la nostra musica può
“arrivare” anche agli ascoltatori più distanti. Persone adulte o amanti di
sonorità e strutture più semplici sembrano cogliere comunque il contenuto della
proposta, per quanto esso sia celato dietro soluzioni che possono risultare un
po’ ostiche, perché espresse a tinte forti. La cosa che più ci aggrada è che
proprio queste persone, che non si addentrano nelle trame del disco come un
ascoltatore più vicino al genere, ci dicono che la musica emoziona. E questa
cosa, al di là di tutti gli apprezzamenti che possiamo ricevere per il
“confezionamento”, è ciò che più ci ripaga, perché nel Mezzo è
un album carico di emotività.