Giuseppe Scaravilli-Gli incroci del
rock
I grandi gruppi degli anni Settanta”
Giuseppe Scaravilli, soprattutto nel campo della musica
progressiva, non ha bisogno di presentazioni, e il suo nome è indissolubilmente
legato ai Malibran - band di cui è il leader -, conosciuti anche a
livello internazionale per effetto di un cospicuo numero di album realizzati e di
svariati concerti italiani ed esteri, performati nel corso di una carriera lunga
30 anni.
Ma ci sono altri aspetti della sua personalità che conducono a
differenti arti, e quella di cui mi occupo oggi ha a che fare con la scrittura a
tema musicale, mix di elementi storici e vissuto personale.
Genesis alla TV belga nel 1972
Non è la prima volta che accade, e proprio un anno fa
Scaravilli pubblicò il libro “Jethro Tull 1968-1978”, evidenziando il
suo amore per la band di Ian Anderson, quello che mi ha permesso di conoscerlo
personalmente nel 2006, a Novi Ligure, nel corso di una delle tante convention
a tema organizzate dal fan club; in quell’occasione l’autore partecipò ad un
set acustico nel ruolo di flautista, e l’episodio è raccontato all’interno di
questo nuovo lavoro.
Giuseppe Scaravilli e Andrea
Vercesi-Novi Ligure, Convention Itullians-2006
Già… cosa ci propone oggi Scaravilli?
Il book appena uscito ha un titolo allettante: “Gli incroci del rock”, e un sottotitolo non
meno efficace: ”I grandi gruppi degli anni Settanta”.
Jimmi Page a Earls Court nel 1975
Il primo pensiero che mi è nato spontaneo, dopo la lettura, riguarda
la relazione tra i grandi gruppi di quel periodo irripetibile e la categoria di
appartenenza, che possiamo sintetizzare con un’unica immagine, quella che
riconduce alla “grande famiglia del rock”.
Si è soliti appiccicare etichette e dividere in gruppi e
sottogruppi - accade anche con la musica appena nata -, e forse questa può
risultare una dicotomia utile per il mondo dei melomani più o meno rigorosi, ma
quando pensiamo alla musica dei seventies - e lo dico con cognizione di causa
avendo vissuto quel periodo direttamente -, dobbiamo fare riferimento al ROCK, inteso
come rivoluzione sonora e di ideali che ha saputo raccogliere elementi molto
distanti tra loro, spazio che effettivamente esiste, se ragioniamo ancora una
volta in termini di selezione delle categorie.
Ray Shulman con i Gentle Giant nel 1976
Prendiamo banalmente l’indice de “Gli incroci del rock”
e, tanto per fare qualche esempio, troveremo la coesistenza dei Led Zeppelin
con gli YES, dei The Who con i King Crimson, dei Black Sabbath con i Gentle Giant,
dei Free con i Genesis… estrazioni e proposizioni molto lontane tra loro… ma
non c’è da meravigliarsi, e basta riflettere su un campione molto più omogeneo
(Vdgg, Jethro Tull, ELP, Pink Floyd, ad esempio…) per comprendere quanto
fossero diverse le band, caratterizzate da sonorità diventate molto presto peculiarità
che le rendevano immediatamente riconoscibili, e la domanda dovrebbe sorgere
spontanea: come hanno fatto a nascere e prolificare così tanti ensemble
geniali, tutti nello stesso periodo, tutti capaci di creare unicità?
Era l’ambiente stimolante, l’eccitazione che c’era nell’aria
e, tanto per citare una frase storica del “maestro” Armando Gallo, “…erano
tempi in cui bastava essere giovani e nel posto giusto e si era delle star…
”.
John Wetton nel 1974
Giuseppe Scaravilli ci racconta tutto questo, con il
vantaggio derivante dall’essere musicista, e quindi dal saper captare e presentare
aspetti da “dietro le quinte”, quelli che non sono concessi a meri fruitori della
musica.
Il racconto che ne deriva risulta estremamente fluido, mai
pesante, con una suddivisione in capitoli che permette di decidere l’impostazione
della lettura, senza il rischio di perdere il filo, trattandosi di artisti
coevi.
David Gilmour a Pompei nel 1971
Il mezzo utilizzato è il mix tra l’oggettività storica, la
cronologia degli eventi e gli aneddoti, e a tutto questo si aggiunge il
giudizio autorevole dell’autore.
C’è spazio quindi per il grande rock e per il prog, come
appare chiaro dai nomi già elencati, ma non manca una finestra importante su
quanto accaduto in Italia, con sottolineature per gli amori particolari (PFM,
Area e soprattutto BANCO), così come si trova un’analisi dei cambiamenti e
delle situazioni sociali del periodo, descrizioni che risiedono nei capitoli “Gli
scontri per la musica gratis” e “Il festival di Woodstock”.
Ian Gillan nel 1971
Lascio per ultimo l’argomento “Malibran”, ovvero il racconto
della vita musicale dell’autore, un obiettivo personale, una passione, un mezzo
per l’autorealizzazione e un elemento trainante e motivante che ha permesso a
Scaravilli di comprendere musica non propriamente in linea con la sua età, di
assimilarla, di trasferirla nei suoi progetti, di studiarla in maniera approfondita,
e di regalare al mondo le sue ricerche e i suoi sentimenti.
Paul Rodgers con i Free all'isola di Wight nel 1970
E’ ovviamente un book che si può leggere dimenticando la
storia di chi lo ha scritto, nel senso che si può rinunciare a quel tipo di
valore aggiunto perché la sola lettura porterà a conoscere cose non sempre
note, aspetti spesso nascosti, e come si sa, chi è appassionato di musica è
alla costante ricerca di particolari interessanti che consentano la
compilazione di un mosaico che, sebbene iniziato lustri addietro, si vorrebbe
non finisse mai di essere alimentato attraverso nuove tessere, perché la
creazione del mito e della sua storia può creare un discreto stato di benessere
a cui non si vuole rinunciare.
Ian Anderson nel 1968
A completamento del racconto Giuseppe Scaravilli propone un
ampio inserto fotografico che viaggia in parallelo rispetto al racconto, foto
inedite restaurate per l’occasione che delineano la storia delle band, realizzando
una seconda modalità di fruizione de “Gli incroci del rock”.
Un grande lavoro, un libro imperdibile, utile al ricordo per
i più navigati, necessario alla conoscenza per i più giovani e meno esperti, ma
curiosi.