Capolavori
senza tempo: “Trilogy” (il brano)
Questo articolo rientra in un’ipotetica rubrica che potrebbe
avere come titolo… “Guida all’ascolto“, o “Alla scoperta
di...”,
momenti capaci di indirizzare gusti e acquisti dei giovani di un epoca lontana,
cercando di sfatare qualche luogo comune ribadendo che esiste musica che tocca
nel profondo del cuore, qualunque sia la provenienza.
Vivo il presente musicale, e la grande quantità di nuove musiche
che superano l’uscio di casa, anche contro la mia volontà, fa sì che io
resti abbastanza aggiornato, nondimeno sono convinto che esistano perle
musicali che, ancor oggi, risultano insuperabili, qualunque sia il loro
DNA.
Sono stato testimone, casualmente, della nascita e della crescita
di quella che col tempo avrebbe assunto il nome di Musica
Progressiva. Troppo complicato spiegare in poche righe quali
siano le linee guida di questo genere, in grande evidenza solo per pochi e
remoti anni, ma tutt’oggi molto amato, seppur da una nicchia di persone,
non necessariamente costituita da nostalgici.
Di certo si può affermare come il prog, sin dagli inizi, abbia utilizzato un repertorio classico, grazie anche alla presenza di musicisti super virtuosi. The Nice, e il prolungamento ELP (Emerson, Lake & Palmer) furono maestri assoluti e archetipi del genere.
Ed è proprio su ELP che mi vorrei soffermare oggi, nella speranza che qualche lettore di passaggio, non dentro all’argomento, possa trovare affascinante un brano, Trilogy, tratto dal loro album omonimo, del 1972, traccia che normalmente innesca una reazione che conduce al ricordo e al senso di tristezza, per la cupezza di atmosfera e l’utilizzo particolare della voce (quella di Lake è una delle più belle che io conosca).
Brano molto lungo – quasi 9 minuti – come è tipico del prog, con una seconda parte a tratti strumentale che sfocia nel rock jazz e che potrebbe provocare, quella sì, una crisi di rigetto nei neofiti, ma sarebbe buona cosa appropriarsi almeno dei primi 3 minuti, cercando di cogliere l’attimo in cui parte l’attacco vocale… momento magico!
Ho tradotto la lirica, con interpretazione personale, e la storia che ne deriva è molto comune, ma rispecchia perfettamente il mood del brano.
Di certo si può affermare come il prog, sin dagli inizi, abbia utilizzato un repertorio classico, grazie anche alla presenza di musicisti super virtuosi. The Nice, e il prolungamento ELP (Emerson, Lake & Palmer) furono maestri assoluti e archetipi del genere.
Ed è proprio su ELP che mi vorrei soffermare oggi, nella speranza che qualche lettore di passaggio, non dentro all’argomento, possa trovare affascinante un brano, Trilogy, tratto dal loro album omonimo, del 1972, traccia che normalmente innesca una reazione che conduce al ricordo e al senso di tristezza, per la cupezza di atmosfera e l’utilizzo particolare della voce (quella di Lake è una delle più belle che io conosca).
Brano molto lungo – quasi 9 minuti – come è tipico del prog, con una seconda parte a tratti strumentale che sfocia nel rock jazz e che potrebbe provocare, quella sì, una crisi di rigetto nei neofiti, ma sarebbe buona cosa appropriarsi almeno dei primi 3 minuti, cercando di cogliere l’attimo in cui parte l’attacco vocale… momento magico!
Ho tradotto la lirica, con interpretazione personale, e la storia che ne deriva è molto comune, ma rispecchia perfettamente il mood del brano.
“Ho provato a mettere a posto le cose, l’amore che è finito
molto tempo fa, e anche se abbiamo continuato a fingere il nostro amore sta
volgendo al termine. Non sprecare il tempo che hai, devi poter amare ancora.
Abbiamo cercato di nasconderlo, ma io e te sapevamo bene cosa stava accadendo.
Il pensiero di mentirti mi fa piangere, e penso al tempo che abbiamo passato
assieme. Ho inviato questa lettera nella speranza che possa raggiungere la tua
mano, e se accadrà spero che capirai che devo lasciarti in un istante, e se io
sorrido sai che il sorriso è lì solo per nascondere quello che mi sento davvero
nel profondo, e vedo in te solo un volto in cui posso appendere il mio
orgoglio. Arrivederci… Parleremo dei luoghi in cui siamo stati, e del il
tempo passato insieme, senza un soldo ma liberi. Ora vedrai il giorno in un
altro modo, e ti sveglierai con il sole che scende in basso e illumina il
luogo in cui giaci. Ti innamorerai ancora, anche se non so quando, ma
se accadrà lo saprò, e alla fine vedrò la tua felicità”.
E dopo le parole
spazio alla musica…