Per pura casualità,
o forse per un segno del destino, ho seguito alcune delle tappe dello
strumentista, poi sfociato in cantautore, Paolo Rigotto, giunto al terzo album in tre anni: Corpi Celesti, Uomo Bianco e ora … Tabù.
Rigotto sceglie un
iter tutto suo, forse dettato dal momento contingente, o frutto di precisa strategia
di marketing, per lanciare il nuovo disco, attualmente in ascolto gratuito, e
da settembre disponibile fisicamente. Ma è proprio Paolo che, rispondendo alla
prima domanda, spiega i dettagli dell’operazione.
Oltre quaranta
minuti di musica servono all’autore per raccontare l’evoluzione della sua
musica, soprattutto del messaggio, che appare immutato, ma proposto utilizzando
un’analisi che parte da un punto di vista nuovo: una casa la si può giudicare
dall’esterno, rimanendo anche abbagliati dalla bellezza estetica, ma altra cosa
è avere la chiave di ingresso e la possibilità di viverla.
E nel racconto
della nostra ammalata società, Rigotto si espone, si mette in gioco e analizza
i comportamenti personali, comparandoli allo standard.
Il suo modo di
porsi è ancora una volta originale, dissacratorio e vincente.
Ricorda un po’ l’ultimo
Rino Gaetano, molto meno pop, sicuramente rock, con la voglia di paradosso,
acustico e visivo.
La sua proposta
arriva al segno, e spesso fornisce tormentoni che non ti abbandonano per giorni
interi, e questo non è un fatto trascurabile.
L’assorbimento di
stili e influenze è cosa inconscia, legata a fattori spesso casuali, e ciò che
Paolo Rigotto crea con buona parte dei suoi brani, attraversa le epoche
musicali, soffermandosi su zone sonore che profumano di beat anni ’60 e di
tipico rock seventies.
La parte visual è
strettamente connessa e integra in modo perfetto parole e musica.
Brani come Sempre Peggio, Tabù, Ladro, ne sono l’esempio
concreto.
L’uscita digitale
dell’album è stata preceduta dal lancio di (Cosa)
cerchi nel grano?, ovvero come esprimere profondità di pensiero con ironia e
semplicità, e… spingere ad andare oltre la superficie: giusto utilizzare questo
piccolo gioiello per aprire la strada al resto dell’album.
E Paolo Rigotto…
cosa ne pensa?
L’INTERVISTA
E’ appena uscito il nuovo album TABù, che hai cercato
di lanciare in modo anomalo, che è presentato in modo nuovo, che si può
ascoltare uscendo dai normali schemi di fruizione: mi racconti la fase di
pianificazione e l’iter realizzativo che
hai deciso di utilizzare?
Tabù, in realtà, vedrà la luce due volte:
in formato “virtuale”, ovvero in ascolto gratuito sul web (dal 21 giugno) e in
formato “fisico” a partire dal 21 settembre. La prima fase di promozione,
quella legata al web e che si protrarrà per tutta l'estate, è totalmente
pianificata da me, attraverso i piccoli mezzi che ho a disposizione e con
l'aiuto esclusivo dei collaboratori più stretti e degli amici che, nei tempi e
nei modi che ritengono opportuni, promuovono il disco virtuale attraverso
Facebook, Youtube, web radio e quant'altro.
Questa fase di promozione è coadiuvata da
una dozzina di immagini (chiamate in modo volutamente pretenzioso
“immagini-icona”) che vengono condivise in rete non solo dagli amici ma
talvolta da perfetti sconosciuti. Grazie.
A settembre, con la stampa e la messa in
vendita del Cd fisico partirà anche il lavoro di promozione ed edizione del
disco, grazie all'ufficio stampa delle edizioni New Model Label.
Mi descrivi il messaggio o le differenti tematiche che
vuoi fare emergere con questo disco?
Dopo Uomo
Bianco, che era in effetti un'interpretazione personale della nostra
società, ho provato ad entrare in ciò che succede dentro i membri che ne fanno
parte. Ho voluto parlare, insomma, di
ciò che si muove dentro le persone; per forza di cose ho provato a
parlare anche di cosa succede dentro me, che rimango a tutt'oggi l'essere umano
con cui passo la maggior parte del tempo.
Quindi Tabù è un disco “dentro”, a differenza di Uomo Bianco che era un
disco “intorno”.
Ciò non toglie che anche in questo lavoro
le tematiche sociali ci siano e siano fondamentali, un po' come raccontare una
storia d'amore vissuta durante la guerra. La guerra si sente ma non si vede.
Nella tua fase di avvicinamento hai voluto utilizzare
un brano rappresentativo, ma con la rotazione delle immagini. Quanto è efficace
il mezzo visivo… quanto aiuta a
raggiungere l’obiettivo?
Il mezzo visivo ha molto spesso la stessa
importanza del mezzo sonoro. Questa idea può non piacere, io stesso per un
sacco di anni ho faticato ad accettare il fatto che in moltissimi casi musica e
immagine non possano fare a meno l'una dell'altra. Ma è così. Molto raramente
sono riuscito ad innamorarmi di musiche o artisti senza sapere che volto
avessero i loro autori, o che copertina avessero i loro dischi, o che
personaggi fossero su un palco. L'arte, qualunque essa sia, non può secondo me
relegarsi al solo senso che prevalentemente impegna. Nel nostro caso l'udito.
La musica contemporanea senza immagine è
comprensibile quanto il gusto delle lasagne con il raffreddore.
Ho ascoltato in alcuni casi sonorità che riportano al
passato, che unite alla tua particolare vena interpretativa producono qualcosa
di estremamente originale: da dove trai la massima ispirazione quando crei
musica?
Probabilmente viviamo in un'epoca in cui
qualsiasi musica si cerchi di fare, è già stata fatta. Può sembrare il più
grosso ostacolo, in realtà trovo sia assolutamente liberatorio poter suonare
ciò che si vuole, per astruso che possa risultare, e trovare comunque qualcuno
che vi si riconosce perché lo ha già vissuto. Il rock ha attinto nella sua
storia in qualunque tipo di musica, dalla classica al jazz, dalle avanguardie
più “difficili” alla dance. Quando creo musica non faccio altro che attingere
ai suoni che mi appartengono e che possono meglio veicolare il messaggio che
intendo trasmettere.
Quindi l'ispirazione, o idea, non la
cerco nella musica; viceversa è la musica che viene ispirata da un'idea. E
l'idea, molto spesso, non è nemmeno volontaria.
Come e quando verrà presentato dal vivo TABù?
Stiamo già dando “assaggi” di Tabù con la
mia band, i prossimi live saranno il 13 luglio al pioppeto di Devesi – Ciriè
(To) dove ci piacerebbe realizzare anche un video live, e il 21 luglio alle
Case Gescal di Settimo Torinese, un'area popolare nella quale porteremo non
solo il nostro live ma anche quello di alcune delle giovani band più
interessanti nel movimento “underground di provincia”, desiderose di imporsi
innanzitutto sul proprio territorio attraverso situazioni autogestite come
questa.
La presentazione “ufficiale” di Tabù sarà
invece a settembre a Torino, il posto c'è, la data ufficiale non ancora ma la
saprete presto.
La mia fidata e fiduciosa band è formata
da Elvin Betti alla batteria, Silvio Vaglienti alle chitarre e ai cori,
Francesco Borello al basso elettrico, cori e modernità varie. E io che canto e
inveisco sulla chitarra elettrica.
Peraltro potete incontrarci anche in
situazione “duo eccentrico” (Io e Borello), le date in duo sono più
estemporanee e improvvise, quindi meglio se ci si aggiorna sul web.