sabato 23 aprile 2011

Paolo Rigotto-Corpi Celesti


Corpi Celesti” è il primo album di Paolo Rigotto batterista ( ma non solo) torinese.
Un po’ di tempo fa scrissi (anche ) di lui in quanto membro dei Syndone, gruppo di cui presentati l’album “Melapesante”:


L’autobiografia di Bill Bruford ha “svelato al mondo” che il drummer di una band non è soltanto il 50% della sezione ritmica, ma il ruolo si è evoluto al pari degli altri strumentisti, anche se nell’immaginario comune il batterista( almeno quello del passato) è quello che ha meno idee compositive da condividere con i compagni di avventura. Concetto superato.
Giovane, ma non giovanissimo, Rigotto presenta qualcosa di originale, ironico, dissacrante e… preoccupante per le riflessioni a cui induce. Ho evidenziato l’aspetto anagrafico perché sembra palese la voglia di fare un primo bilancio, di uscire allo scoperto col proprio pensiero, e queste cose sono tipiche di un certo grado di maturazione personale.
Dieci brani “corti”, forse perché i messaggi e le denunce sociali hanno bisogno della “forma canzone”, con un unico filo conduttore che Paolo, forse per “nascondersi”, dice di aver scoperto solo alla fine.
Un concept album quindi, divenuto tale casualmente, e rinominato quindi “Casual Album”.
Rigotto sintetizza l’argomento topico come quello de”l’ambizione umana”.
“Ambizione e motivazione” vanno spesso a braccetto, e condizionano i movimenti dell’uomo, determinando molti dei successi che lastricano un percorso di vita. Ma l’ambizione spinta oltre il limite porta a comportamenti deteriori, e … a “La Fine del Mondo”, presentata nell’ultimo brano del CD.
Lo scorrere del tempo, raccontato in “Cronofilia”, scandisce ogni passaggio, ogni momento della giornata, ogni momento della vita, con la costante ricerca del benessere, che ogni tanto si può raggiungere (o è solo un’illusione?), ma non è mai duraturo. Pesante conclusione!
Corpi Celesti” non può quindi prescindere dalle liriche, e non è una regola scolpita nella pietra perché esistono “strutture musicali” che si reggono bene, forse meglio, senza testo.
La musica proposta sfugge, a mio giudizio, alle etichette conosciute. Pop, rock, elettronica, loop, tempi dispari…
Io conierei un nuovo filone, quello di “Musica Funzionale”, inventata apposta per il singolo messaggio, plasmata sul testo e sullo stato d’animo dell’autore che utilizza con forza l’arte dell’(auto) ironia.
Ho sentito qualche accostamento con Elio e Le storie Tese, ma la prima immagine che mi è venuta alla mente ascoltando l’album, è quella del Camerini di fine anni settanta, periodo in cui solo lui sapeva prendersi in giro con l’utilizzo del rock elettronico.
Ma forse l’intervista a seguire e l’ascolto di un brano potranno fornire l’aiuto necessario per una corretta lettura dell’album di Paolo Rigotto.



L’INTERVISTA

Leggendo le tue note biografiche mi ha colpito la tua precocità, il tuo “non uniformarsi” al gruppo, in età in cui identificarsi in qualcosa di consolidato sembra una necessità. Hai mantenuto nel tempo la coerenza di comportamento? Sei sempre rimasto legato a principi rigidi o sei dovuto scendere, a volte, a compromessi?

Possiamo dire che per molti anni ho fatto musica preoccupandomi molto poco di chi l'avrebbe ascoltata. Ho attraversato fasi di scoperta e sperimentazione che hanno portato, come tutte le sperimentazioni, a cose a volte interessanti e a volte improponibili. Oggi sto trovando una formula che concilia il mio desiderio di fare ogni volta qualcosa di nuovo (almeno per me) e al tempo stesso qualcosa che sia ascoltabile da un pubblico di ascoltatori il più eterogeneo possibile. Ma non lo definirei un compromesso, perché è esattamente ciò che voglio fare adesso.

Ho letto nomi altisonanti tra i tuoi “maestri”drummers. Esiste qualche musicista che non hai potuto conoscere direttamente, che è stato comunque fonte di ispirazione?

Quasi tutti i miei “miti” appartengono al periodo rock a cavallo tra i '60 e i '70, e in gran parte sono morti senza preavviso. Syd Barrett, Frank Zappa, Demetrio Stratos, Gaber, De Andrè, più molti altri che, anche se viventi, difficilmente mi capita di incontrarli facendo colazione al bar, tipo Brian Eno o Roger Waters. Ad ogni modo credo che tutto quello che un artista possa dare ad una persona stia nelle sue opere, che sono spesso l'aspetto migliore di una persona creativa.

Dalle tue note relative all’album, definisci “Corpi Celesti” come un lavoro che, “casualmente”, ha un unico filo conduttore, e il concetto di fondo potrebbe essere quello dell’ambizione, che muove il mondo, in qualsiasi rappresentazione del quotidiano. Io credo che “l’ambizione” sia importante, se moderata, ma vada trasformandosi in qualcos’altro, col passare del tempo. Secondo te, qual è la vera motivazione di chi decide tenacemente di vivere di sola musica(non basta la passione per poter sostentarsi)?

Spesso, almeno nel mio caso, si sceglie la musica perchè è l'unica cosa che si ha davvero voglia di fare. Più se ne ha voglia, più si è tenaci nel tentare di raggiungerla. Il problema è quando la musica diventa frustrazione. Nel momento in cui dovessi accorgermi che fare musica sta diventando per me un obbligo e non una scelta, sceglierei probabilmente un altro lavoro.

Ho letto il tuo pensiero a proposito della nascita di un brano e del rapporto testo/canzone. Personalmente ho sempre pensato che il testo abbia importanza minore, dal momento che ci siamo innamorati da bambini di dischi di cui non capivamo una parola ( e anche oggi che “sappiamo le lingue” accade la stessa cosa). Ma allora… musica, poesia o tutte e due le cose?

Da ragazzino mi imbattevo spesso in casa mia in dischi di grandissimo livello (penso ad esempio ai lavori di Gaber) e non li ascoltavo mai perché “non assomigliavano ai Pink Floyd”. Credo che un’opera artistica completa debba dare spessore musicale e concettuale, e quindi anche lirico. I lavori migliori sono quelli in cui la profondità dei testi influenza la qualità della musica e viceversa. E dove non c’è testo, esiste sempre nelle opere d’arte uno spessore concettuale palpabile, come nelle stupende suite degli avanguardisti jazz degli anni ’60 e ’70 (Max Roach, John Coltrane).

Qual è il tuo pensiero rivolto all’attuale mondo del business musicale?

Penso che il mondo musicale debba stare attento a non trasformare la “crisi del mercato discografico” in crisi della musica. Prima dell'invenzione della musica riprodotta i musicisti vivevano di concerti e di scuola. Lentamente si sta tornando alla stessa condizione, dove il musicista deve innanzitutto suonare. Permettere alla crisi del business discografico di frenare la promozione live e artistica in generale sarebbe un catastrofico errore.

Cosa da e cosa toglie internet a un musicista come te?

E' un giocattolo stupendo. Ad esempio, poter girare in casa video improbabili con le mie poche risorse e renderne partecipe il mondo mi diverte tantissimo. Peraltro, un musicista deve esistere fisicamente. I concerti sono il suo lavoro, per questo sulla locandina dei miei concerti c'è scritto “Paolo Rigotto in concREto”.

Quale tipo di rapporto riesci a stabilire col pubblico, in fase live? Cerchi e trovi una sorta di interazione?

Sul palco devo innanzitutto divertirmi. È un concetto assoluto. Solo l'artista che si diverte realmente porta un reale divertimento a chi lo ascolta e guarda. Che poi il divertimento sia il frutto di mesi di prove e che, come nel mio caso, quasi tutto ciò che accade sul palco sia stato accuratamente pianificato, non deve togliere nulla alla spontaneità del momento. Mi piace stupire il pubblico con piccole trovate che ovviamente ora non descrivo ma che mi pare divertano davvero la gente e di conseguenza anche me.

Inventa il supergruppo dei tuoi sogni… trova sei musicisti da mettere sul palco, compresi quelli del passato.

Mi piace questo gioco. Innanzitutto stabiliamo che si parli di un gruppo rock. Credo che con uno Stewart Copeland alla batteria e un Tony Levin al basso la ritmica sia bella che a posto. Il volume sonoro di David Gilmour come chitarrista e un manipolatore di suoni tipo Brian Eno ai sintetizzatori potrebbero immergere il tutto in sonorità davvero intriganti. A questo punto un vero maestro dell'arrangiamento come il nostro Mauro Pagani e la voce di Bono Vox creerebbero un gruppo, almeno sulla carta, che risponderebbe a tutti i miei criteri musicali. Certo immaginare che questi musicisti possano convivere su un palco senza pestarsi reciprocamente i piedi è davvero una bella fantasia. Alla fine i gruppi che hanno dato le cose migliori hanno sempre avuto metà formazione in prima linea e metà in posizione “defilata”, è la condizione che dà secondo me i frutti migliori.

Dimmi il nome di cinque album che sono il simbolo della “tua perfezione musicale”.

Before and After Science - Brian Eno
Animals – Pink Floyd
The dark side if the moon – Pink Floyd
Salvadanaio – Banco del Mutuo Soccorso
Selling england By the pound - Genesis

E dopo “Corpi Celesti”… disegna i tuoi desideri per i prossimi tre anni.

Caro Babbo Natale, è tantissimo tempo che non ti chiedo qualcosa per cui ho diritto ad un credito. Potresti, per i prossimi tre anni, farmi fare un sacco di bei concerti, farmi pubblicare un secondo CD (per aiutarti ti dirò che l'ho quasi finito, appena ti arriverà in Lapponia mi dirai che ne pensi) e farmi portare a casa quanto basta per vivere decorosamente di musica? Grazie. Dal quarto anno in poi se riesci fammi diventare una ricca rockstar... ma ne riparleremo...






PAOLO RIGOTTO – BIOGRAFIA UFFICIALE


Paolo Rigotto è a Torino il 18 dicembre 1973. All'età di 12 anni si avvicina alla registrazione multitraccia e alla programmazione di sintetizzatori e sequencer. Primi esperimenti e composizioni. All'età di 18 anni si avvicina allo studio della batteria con i maestri Dario Bruna e Marco Volpe. Frequenta seminari di Giulio Capiozzo, Ellade Bandini, Tommy Campbell, Tullio de Piscopo e Walter Calloni e corsi di musica d'insieme con i maestri Tessarollo e Chiricosta.
Coinvolto fin da adolescente in vari progetti musicali (sia come tastierista che come batterista) attualmente le sue principali collaborazioni sono quelle con Banda Elastica Pellizza (premio SIAE Tenco 2008); la reunion dei Syndone (la gloriosa prog band del compositore Nik Comoglio); il cantautore Francesco Stabile. Collabora inoltre con due ensemble di ricerca musicale ed inserimento sociale: il CLGEnsemble di Dario Bruna e il progetto Groove 'n' Therapy di Albino Vicario.
Nel 2010 il brano Scheda Madre vince il premio La musica elettronica italiana nel 2061, promosso dal Festival Club To Club in collaborazione con il Comitato Italia 150. Scheda madre è uno dei dieci brani che compongono il suo primo album solista Corpi celesti, realizzato nel 2010 e uscito all’inizio del 2011. Grazie all'esperienza con il gruppo Banda Elastica Pellizza (che ha visto questa band impegnata sui palchi di Premio Tenco, MEI Faenza, Caterraduno 2009) e alle interessanti collaborazioni con personaggi quali Roberto "Freak" Antoni, nasce il progetto solista di Paolo.

BAND LIVE:


Paolo Rigotto: voce, tastiere, batteria

Francesco Borello: basso

Silvio Vaglienti: chitarra

Felice Sciscioli: batteria


Paolo Rigotto web: