lunedì 8 febbraio 2010

I miei ricordi musicali

Qualche anno fa ho messo sulla carta i seguenti ricordi.



Entrare in un negozio di strumenti musicali e’ una cosa affascinante per chi ama la musica.
E questo e’ abbastanza scontato.
Quei piccoli laboratori in cui mi sono imbattuto nella mia vita avevano i connotati della normalità.
Come un negozio di abiti o televisioni degli anni settanta , i “miei” negozi di strumenti avevano dimensione ridotta e alcuni pezzi per ogni categoria, e chi offriva la merce aveva qualcosa di misterioso che chi vende pane non potrebbe mai avere, nemmeno “costruendo “ una pagnotta a forma di violino.
Naturalmente io non faccio testo, essendo il mio un livello … amatoriale, e avendo smesso di suonare per molti anni, una ” vacatio ” che non mi permette di fornire visioni oggettive.
Ma quando entravo alla” Casa della Musica”, al primo piano di un vecchio stabile di via Pia, nel centro storico di Savona, gli occhi mi brillavano e le chitarre appese, in fantastica visione, erano Dei da venerare.
Noi ragazzi senza una lira in tasca entravamo, e con la scusa del plettro o del "mi cantino" passavamo delle mezze ore a girare in un silenzio tipico della biblioteca, nella speranza che nessuno ci cacciasse via. E’ li che vidi la mia prima chitarra elettrica, quella che e’ sbattuta in faccia a chiunque attualmente entri in casa mia .
Suonavo da due mesi e i miei genitori, vedendomi sul palco dell’oratorio col mio gruppo senza nome,  si convinsero che avevo una carriera davanti e che era giusto fare qualche sforzo per un acquisto appropriato. Girando per quel negozio vidi appesa una chitarra di legno marrone, con la forma di una Gibson Les Paul, ma piatta come una Fender, e ovviamente mi occupai solo dell’estetica e della somma a disposizione. Era una Framus che mamma e papà pagarono 50 mila lire, usata.
Non sono mai riuscito a far uscire granché da quella chitarra e il suono non mi e’ mai piaciuto.
Forse era colpa di quell’amplificatore valvolare, con una testata con su scritto Pioneer Steelphon, con solo effetto distorsione e riverbero, ripitturato di nero da mio padre, ma suoni decenti non ne ho mai sentiti.
E mi sono convinto che la colpa fosse della chitarra, dei pick up, delle corde … santa ignoranza!!!
Da poco tempo ho scoperto che la Framus non e’ l’ultima delle chitarre, e i modelli “vintage” fanno parte di una specie di museo, in Germania.
Il mio attrezzo, con tanto di matricola incisa sul manico, non e’ rintracciabile e non risulta nella lista delle chitarre del tempo.
Io ho ripreso a suonare con una certa frequenza, in casa, e nonostante un bel multieffetto , il suono continua a non soddisfarmi.
Ma quella chitarra, comprata in quel piccolo negozio non e’ paragonabile a nessun’altra, per i ricordi che mi evoca , per quei valzer odiati che ho dovuto suonare, per “Samba pa ti”, per “Sereno e’, per “Love Like a Man”. Poi il buio.
La Casa della Musica chissà che fine ha fatto!?
Le alternative, di simile hanno solo la ridotta superficie e la materia trattata.
Un paio di anni fa, un mio collega ex Gibsoniano mi ha raccontato di come si servisse in un certo magazzino del Piemonte.
Non più per lui, ma per il figlio.
Un magazzino…
Dalla Casa della Musica al magazzino … dal negozio di TV all’Iper Mercato.
Non e’ l’unico a parlarmi in termini entusiastici del negozio.
Nessuno mi esalta i prezzi contenuti, ma tutti descrivono la quantità, la possibilità di scegliere, l’ambiente, l’atmosfera da elite, la musica che scatta non appena si vede la scritta :
 Magazzini M.…” , all’uscita dell’autostrada.
E così, alla prima occasione, trovandomi sulla strada di ritorno verso casa dopo un viaggio di lavoro, metto la freccia ed esco a Bra.
Sono solo ed e’ questa la condizione di massima libertà per visitare ambienti del genere.
L’impatto e’ forte.
Abituato ai negozietti di un tempo, forse solo caratteristici della mia vita provinciale, le dimensioni dell’edificio mi turbano.
Ma da che parte si entra?!”
Seguo le indicazioni e trovo la porta giusta. A pianterreno c’e’ il “Tuttotastiere”, nuovo ed usato.
Ma prima salgo su all’attico. Entro e … rimango a bocca aperta. E’ un giorno feriale, un pomeriggio, attorno alle sedici.
Teoricamente e’ un buon momento per queste visite. I suoni arrivano da ogni parte .
E come se io fossi l’elemento centrale, colpito da tutte le direzioni, ma con tipologia di suoni ed entità differenti.
Ci sono cabine di prova, ma la maggior parte delle esecuzioni improvvisate avviene in maniera udibile da tutti i visitatori.
Ovunque chitarre di ogni genere … piccole, medie, dodici corde, acustiche, classiche … ogni ben di Dio.
Batterie sparse in lungo e in largo ... tradizionali, elettroniche, percussioni, accessori.
Mandolini, fiati, nuovo, usato, ampli.
Personale tecnico indaffarato e dall’apparenza professionale.
E poi le “isole” a tema.
E i temi per me sono due e mi smuovono le viscere.
Il primo, quello che in me lascia il segno, e’ il mondo” Gibson”.
Non conosco l’evoluzione degli ultimi anni, ma una Gibson era il sogno proibito della mia adolescenza.
Ho due immagini sopra le altre.
Nei miei pomeriggi inizio seventies , almeno per un certo periodo, ho presenziato assiduamente alle prove di un gruppo che si chiamava “Il Sigillo di Horus”.
Per noi alle prime armi quei musicisti apparivano come mostri di bravura e noi 4 o 5 venivamo tollerati come spettatori non paganti.
Un giorno rimanemmo folgorati da una presenza importante per quei tempi, un musicista che aveva già fatto dischi e persino un film.
Si chiamava, e si chiama ancora, Joe Vescovi.
Era di Savona, e suonava nei Trip, gruppo di un certo rilievo nel panorama nazionale del Progressive italiano.
A volte lo si scorgeva in giro per il centro città , con i suoi capelli biondi lunghissimi e la sua barba bionda , muoversi con lentezza mentre gli sguardi dei ragazzi più aggiornati, musicalmente parlando, erano tutti per lui che, conscio del ruolo, alimentava l’alone di mistero.
Non esagero … avrebbe potuto fare la parte di Gesù in un qualsiasi musical a sfondo artisticocristiano.
Quel pomeriggio il Sigillo di Horus , al cospetto di quel mito di Joe, e davanti a noi ragazzi intimoriti, presentò il suo progetto rock.
Ho vagamente il ricordo di una stroncatura del tipo:”Questa e’ roba che non tira più … la fanno già in molti … meglio provare con quel tal pezzo … più commerciale, piu’ orecchiabile”.
Questo e’ quello che ricordo … spero che nessun protagonista del tempo si offenda al cospetto delle mie inesattezze.
Quei ragazzi avevano anche strumentazione adeguata.
Impianti voce importanti, amplificatori megagalattici, strumenti di qualità.
Ma a me interessava la chitarra.
Quel chitarrista, che ogni giorno vedevo passare dalle mie parti, e che assumeva autorevolezza ai miei occhi per il solo fatto di suonare in un gruppo, aveva una Gibson.
Era una Les Paul …. mi pare … deluxe, color oro.
Col tempo ci venne concesso un minimo di confidenza e quel bravo chitarrista, che oggi di mestiere dovrebbe fare il magistrato, mi raccontò un aneddoto , che ancora oggi propongo quando parlo dei prezzi attuali delle chitarre, in rapporto al passato.
Non so se la questione fosse in questi termini, o se fosse una favola rivolta verso un sprovveduto come io ero, ma mi raccontò che in quel periodo, probabilmente coincidente con i 18 anni, il padre gli avesse domandato cosa preferisse come regalo, forse per l’ottenimento della maturità’.
La scelta proposta era tra una Fiat 600 e la Gibson.
E lui scelse.
Ora con i soldi di una Gibson non compri certo una Panda!
La seconda immagine mi riporta ad un settembre del 73 , ed io ero in villeggiatura a Bossolasco, paese delle Langhe.
I fermenti delle nuove musiche erano nell’aria ed i tipi trasgressivi prolificavano.
Una ragazzina che anni prima mi aveva fatto piangere, improvvisamente si era accorta che esistevo ancora e passò tutto il pomeriggio con me.
Sino a che arrivarono due musicisti, amici degli amici, freschi dall’Inghilterra.
Era le 8 di sera quando comparvero e sembravano due rock star.
Mi colpirono due cose.
La prima.
Da quel momento Paola non mi guardò più.
Che doloreeeeeeee.
La seconda.
Avevano due custodie rigide che aprirono per mostrarci due Gibson nuove fiammanti, con le corde allentate. Era quello lo scopo del viaggio Oltremanica, ed ora i totem erano ben in vista.
Impossibile spiegare cosa significa avere una chitarra da guardare, da toccare, da accarezzare.
Parlo ovviamente per i “malati” come me.
Il rapporto diventa simbiotico e, senza voler scomodare lo studio della simbologia ed il suo rapporto con la nostra psiche, la chitarra, per un chitarrista, diventa il proprio prolungamento, materiale e spirituale.
In questo negozio posso prendere la Gibson che voglio, attaccarla ad un ampli, magari valvolare, e provare, svisare, giocare.
Lo fanno tutti , in contemporanea.
Nessuno si guarda in faccia, ma l’orecchio e’ teso e i commenti muti si sprecano.
Cavolo se e’ bravo quello”. “Quello e’ un bassista con le palle!!!”
Uscirebbero delle belle jam session!
Non ci sono graduatorie di merito e ci si sente tutti suonatori, ma la testa e il cuore sono divisi tra ciò che accade attorno e lo scopo vero e proprio, cioè il test alla chitarra.
La seconda isola a tema riguarda “Fender”.
Meno fascinoso per me, ma legato a tanti suoni antichi.
Jimi Hendrix su tutti.
Era il 6 settembre quando nel solito paese delle Langhe si sparse la notizia della sua morte.
Avevo Jimi ben impresso perchè da poco avevo visto Woodstook.
E io ricordo Hendrix dotato di Fender e basta.
In questi giorni sto leggendo la sua biografia ed ho acquistato un film in lingua originale di molti anni fa.
Jagger, Clapton e Towsend , nelle interviste post morte, sembrano bambini.
La cosa che al momento mi ha colpito di più ( sono ad ¼ del libro) e’ la passione che un uomo e’ capace di mettere nelle cose che ama.
La passione che tutto trasforma e tutto modifica, e fa si che anche rifiuti della società (così mi e’ apparso nella biografia Jimi) possano dimostrare valori assoluti …. con un minimo di fortuna che li mette al posto giusto nel momento giusto.
Questa dovrebbe essere per me un’ importante linea guida per i nostri figli.
Segui una passione, se hai la fortuna di averne una…”
Difficile capire qualcosa in mezzo a tanto ben di Dio.
Ringrazio per la prova strumento e, frastornato, mi dirigo verso l’uscita, bypassando anche il locale tastiere.
A questa visita ne seguiranno altre.
L’acquisto di un flauto traverso seguirà quello di una travel guitar e altro ancora.
Ad ogni visita una compera.
Quest’estate ero in quel di Frabosa Soprana, nel cuneese, luogo in cui passo molte vacanze estive ed invernali.
Partiamo con due macchine, bambini e genitori, con direzione Bra, a non più di trenta minuti di strada.
E’ pieno agosto e, arrivati davanti all’entrata scopriamo che e’ giustamente chiuso per ferie.
Riapertura il 24.
Ritorno dopo qualche giorno, con tre bambini e un altro genitore.
Tutti loro amano la musica, ma nessuno ha dimestichezza con la creazione dei suoni.
Incominciamo a girare per i locali semivuoti di visitatori, ma stracolmi di strumenti .
Osservo i miei accompagnatori e li vedo interessati …. anzi affascinati, dal contesto.
Mi convinco sempre di più della magia della musica e di ciò che di pulito ruota attorno (non tutto credo).
Provo una chitarra acustica in un box isolato.
Loro quattro mi guardano muti, in religioso silenzio, come se fossi Segovia.
La chitarra provata mi soddisfa ed il prezzo mi sembra giusto.
La prendo.
“Aspetta papà, lo sai che la mamma si lamenta sempre di tutte le cose che porti a casa!!”
”Hai ragione , la chiamo e le spiego che e’ questione di vita o di morte.”. “Maura … sono qui ….ho provato una cosa fantastica …. ti dispiace se la prendo ? “

Dopo tanti anni e’ abituata alle mie manie.
Messo da parte il nuovo attrezzo, posso provarmi una Gibson … ancora quella.
So che tra un po’ me ne comprerò una … ora ho un garage dove mettere tutti i miei cimeli!!
Scelgo nel mazzo la chitarra da provare, senza fingermi un intenditore.
Metto un po’ di distorsione, un po’ di delay e percorro la tastiera, con i miei enormi limiti tecnici.
I suoni sporchi mascherano gli errori e i miei accompagnatori mi guardano come ipnotizzati. Sembro quasi bravo e l’esaltazione fa aumentare la mia velocità.
Sono davanti al mio piccolo pubblico, ho in mano il mio sogno e sto duettando a distanza con altri “colleghi”… o antagonisti.
Nel film”Missisipi Adventure , l’attore Ralph Macchio sfidava a duello il chitarrista/diavolo Steve Vai , allora semi sconosciuto, e lo batteva sul suo stesso campo.
Anche io mi immagino duellante, ed essere in quel posto, con tale strumento tra le mani, mi fa sentire parte integrante dell’elite, di quel gruppo ristretto di persone che e’ in grado di prendere in mano una chitarra, una batteria , una tastiera, un flauto e farne uscire almeno uno …. dico uno... suono decente.
Qualche giorno fa, trovandomi in una casa dove era presente un basso (Fender anche questo) l’ho imbracciato (sto parlando di quello di mia nipote 18 enne, impossibilitata a negare un favore allo zio) e ho iniziato a muovermi sulla tastiera.
Mia figlia mi ha guardato stupita ed ha aperto i suoi occhioni enormi:
“Papa’, ma tu suoneresti anche una cornamusa?!!!”
Si, se l’avessi proverei a suonarla e qualche cosa ne uscirebbe … almeno una nota decente.
A Savona continuano ad esistere negozi non molto forniti.
Mia moglie continua a capirmi e a venirmi incontro, ma e’ contenta che il magazzino di Bra sia relativamente lontano … in inverno.
A ciascuno la propria croce.

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