Qualche anno fa ho messo sulla carta i seguenti ricordi.
La Casa della Musica chissà
che fine ha fatto!?
Un paio
di anni fa, un mio collega ex Gibsoniano mi ha raccontato di come si servisse
in un certo magazzino del Piemonte.
La
seconda immagine mi riporta ad un settembre del 73 , ed io ero in villeggiatura
a Bossolasco, paese delle
Langhe.
In
questo negozio posso prendere la
Gibson che
voglio, attaccarla ad un ampli, magari valvolare, e provare, svisare, giocare.
La
seconda isola a tema riguarda “Fender”.
Difficile
capire qualcosa in mezzo a tanto ben di Dio.
Entrare
in un negozio di strumenti musicali e’ una cosa affascinante per
chi ama la musica.
E
questo e’ abbastanza scontato.
Quei
piccoli laboratori in cui mi sono imbattuto nella mia vita avevano i connotati
della normalità.
Come un
negozio di abiti o televisioni degli anni settanta , i “miei” negozi di
strumenti avevano dimensione ridotta e alcuni pezzi per ogni categoria, e chi
offriva la merce aveva qualcosa di misterioso che chi vende pane non potrebbe
mai avere, nemmeno “costruendo “ una pagnotta a forma di violino.
Naturalmente
io non faccio testo, essendo il mio un livello … amatoriale, e avendo smesso di
suonare per molti anni, una ” vacatio ” che non mi permette di fornire visioni
oggettive.
Ma
quando entravo alla” Casa
della Musica”, al primo piano di un vecchio stabile di via Pia, nel centro storico di
Savona, gli occhi mi brillavano e le chitarre appese, in fantastica visione,
erano Dei da venerare.
Noi
ragazzi senza una lira in tasca entravamo, e con la scusa del plettro o del
"mi cantino" passavamo delle mezze ore a girare in un silenzio tipico
della biblioteca, nella speranza che nessuno ci cacciasse via. E’ li che vidi
la mia prima chitarra elettrica, quella che e’ sbattuta in faccia a chiunque
attualmente entri in casa mia .
Suonavo
da due mesi e i miei genitori, vedendomi sul palco dell’oratorio col mio gruppo
senza nome, si convinsero che
avevo una carriera davanti e che era giusto fare qualche sforzo per un acquisto
appropriato. Girando per quel negozio vidi appesa una chitarra di legno
marrone, con la forma di una Gibson Les Paul, ma piatta come una Fender, e
ovviamente mi occupai solo dell’estetica e della somma a disposizione. Era
una Framus che mamma e papà pagarono 50 mila lire, usata.
Non
sono mai riuscito a far uscire granché da quella chitarra e il suono non mi e’
mai piaciuto.
Forse
era colpa di quell’amplificatore valvolare, con una testata con su scritto
Pioneer Steelphon, con solo effetto distorsione e riverbero, ripitturato di
nero da mio padre, ma suoni decenti non ne ho mai sentiti.
E mi
sono convinto che la colpa fosse della chitarra, dei pick up, delle corde …
santa ignoranza!!!
Da poco
tempo ho scoperto che la
Framus non e’
l’ultima delle chitarre, e i modelli “vintage” fanno parte di una specie di
museo, in Germania.
Il mio
attrezzo, con tanto di matricola incisa sul manico, non e’ rintracciabile e non
risulta nella lista delle chitarre del tempo.
Io ho
ripreso a suonare con una certa frequenza, in casa, e nonostante un bel
multieffetto , il suono continua a non soddisfarmi.
Ma
quella chitarra, comprata in quel piccolo negozio non e’ paragonabile a
nessun’altra, per i ricordi che mi evoca , per quei valzer odiati che ho dovuto
suonare, per “Samba pa ti”, per “Sereno e’, per “Love Like a Man”. Poi il
buio.
Le
alternative, di simile hanno solo la ridotta superficie e la materia trattata.
Non più
per lui, ma per il figlio.
Un
magazzino…
Dalla
Casa della Musica al magazzino … dal negozio di TV all’Iper Mercato.
Non e’
l’unico a parlarmi in termini entusiastici del negozio.
Nessuno
mi esalta i prezzi contenuti, ma tutti descrivono la quantità, la possibilità
di scegliere, l’ambiente, l’atmosfera da elite, la musica che scatta non appena
si vede la scritta :
“ Magazzini M.…” , all’uscita
dell’autostrada.
E così,
alla prima occasione, trovandomi sulla strada di ritorno verso casa dopo un
viaggio di lavoro, metto la freccia ed esco a Bra.
Sono
solo ed e’ questa la condizione di massima libertà per visitare ambienti del
genere.
L’impatto
e’ forte.
Abituato
ai negozietti di un tempo, forse solo caratteristici della mia vita
provinciale, le dimensioni dell’edificio mi turbano.
“Ma da
che parte si entra?!”
Seguo
le indicazioni e trovo la porta giusta. A pianterreno c’e’ il
“Tuttotastiere”, nuovo ed usato.
Ma
prima salgo su all’attico. Entro e … rimango a bocca aperta. E’ un
giorno feriale, un pomeriggio, attorno alle sedici.
Teoricamente
e’ un buon momento per queste visite. I suoni arrivano da ogni parte .
E come
se io fossi l’elemento centrale, colpito da tutte le direzioni, ma con
tipologia di suoni ed entità differenti.
Ci sono
cabine di prova, ma la maggior parte delle esecuzioni improvvisate avviene in
maniera udibile da tutti i visitatori.
Ovunque
chitarre di ogni genere … piccole, medie, dodici corde, acustiche, classiche …
ogni ben di Dio.
Batterie
sparse in lungo e in largo ... tradizionali, elettroniche, percussioni,
accessori.
Mandolini,
fiati, nuovo, usato, ampli.
Personale
tecnico indaffarato e dall’apparenza professionale.
E poi
le “isole” a tema.
E i
temi per me sono due e mi smuovono le viscere.
Il
primo, quello che in me lascia il segno, e’ il mondo” Gibson”.
Non
conosco l’evoluzione degli ultimi anni, ma una Gibson era il sogno proibito della
mia adolescenza.
Ho due
immagini sopra le altre.
Nei
miei pomeriggi inizio seventies , almeno per un certo periodo, ho presenziato
assiduamente alle prove di un gruppo che si chiamava “Il Sigillo di Horus”.
Per noi
alle prime armi quei musicisti apparivano come mostri di bravura e noi 4 o 5
venivamo tollerati come spettatori non paganti.
Un
giorno rimanemmo folgorati da una presenza importante per quei tempi, un
musicista che aveva già fatto dischi e persino un film.
Si
chiamava, e si chiama ancora, Joe
Vescovi.
Era di
Savona, e suonava nei Trip,
gruppo di un certo rilievo nel panorama nazionale del Progressive italiano.
A volte
lo si scorgeva in giro per il centro città , con i suoi capelli biondi
lunghissimi e la sua barba bionda , muoversi con lentezza mentre gli sguardi
dei ragazzi più aggiornati, musicalmente parlando, erano tutti per lui che,
conscio del ruolo, alimentava l’alone di mistero.
Non
esagero … avrebbe potuto fare la parte di Gesù in un qualsiasi musical a sfondo
artisticocristiano.
Quel
pomeriggio il Sigillo di Horus , al cospetto di quel mito di Joe, e davanti a
noi ragazzi intimoriti, presentò il suo progetto rock.
Ho
vagamente il ricordo di una stroncatura del tipo:”Questa
e’ roba che non tira più … la fanno già in molti … meglio provare con quel tal
pezzo … più commerciale, piu’ orecchiabile”.
Questo
e’ quello che ricordo … spero che nessun protagonista del tempo si offenda al
cospetto delle mie inesattezze.
Quei
ragazzi avevano anche strumentazione adeguata.
Impianti
voce importanti, amplificatori megagalattici, strumenti di qualità.
Ma a me
interessava la chitarra.
Quel
chitarrista, che ogni giorno vedevo passare dalle mie parti, e che assumeva
autorevolezza ai miei occhi per il solo fatto di suonare in un gruppo, aveva
una Gibson.
Era una
Les Paul …. mi pare … deluxe, color oro.
Col
tempo ci venne concesso un minimo di confidenza e quel bravo chitarrista, che
oggi di mestiere dovrebbe fare il magistrato, mi raccontò un aneddoto , che
ancora oggi propongo quando parlo dei prezzi attuali delle chitarre, in
rapporto al passato.
Non so
se la questione fosse in questi termini, o se fosse una favola rivolta verso un
sprovveduto come io ero, ma mi raccontò che in quel periodo, probabilmente
coincidente con i 18 anni, il padre gli avesse domandato cosa preferisse come
regalo, forse per l’ottenimento della maturità’.
La
scelta proposta era tra una Fiat 600 e la
Gibson.
E lui
scelse.
Ora con
i soldi di una Gibson non compri certo una Panda!
I
fermenti delle nuove musiche erano nell’aria ed i tipi trasgressivi
prolificavano.
Una
ragazzina che anni prima mi aveva fatto piangere, improvvisamente si era
accorta che esistevo ancora e passò tutto il pomeriggio con me.
Sino a
che arrivarono due musicisti, amici degli amici, freschi dall’Inghilterra.
Era le
8 di sera quando comparvero e sembravano due rock star.
Mi
colpirono due cose.
La
prima.
Da quel
momento Paola non mi guardò più.
Che
doloreeeeeeee.
La
seconda.
Avevano
due custodie rigide che aprirono per mostrarci due Gibson nuove fiammanti, con
le corde allentate. Era quello lo scopo del viaggio Oltremanica, ed ora i totem
erano ben in vista.
Impossibile
spiegare cosa significa avere una chitarra da guardare, da toccare, da
accarezzare.
Parlo
ovviamente per i “malati” come me.
Il
rapporto diventa simbiotico e, senza voler scomodare lo studio della simbologia
ed il suo rapporto con la nostra psiche, la chitarra, per un chitarrista,
diventa il proprio prolungamento, materiale e spirituale.
Lo
fanno tutti , in contemporanea.
Nessuno
si guarda in faccia, ma l’orecchio e’ teso e i commenti muti si sprecano.
“Cavolo
se e’ bravo quello”. “Quello e’ un bassista con le palle!!!”
Uscirebbero
delle belle jam session!
Non ci
sono graduatorie di merito e ci si sente tutti suonatori, ma la testa e il
cuore sono divisi tra ciò che accade attorno e lo scopo vero e proprio, cioè il
test alla chitarra.
Meno
fascinoso per me, ma legato a tanti suoni antichi.
Jimi
Hendrix su tutti.
Era il
6 settembre quando nel solito paese delle Langhe si sparse la notizia della sua
morte.
Avevo
Jimi ben impresso perchè da poco avevo visto Woodstook.
E io
ricordo Hendrix dotato di Fender e basta.
In
questi giorni sto leggendo la sua biografia ed ho acquistato un film in lingua
originale di molti anni fa.
Jagger,
Clapton e Towsend , nelle interviste post morte, sembrano bambini.
La cosa
che al momento mi ha colpito di più ( sono ad ¼ del libro) e’ la passione che
un uomo e’ capace di mettere nelle cose che ama.
La
passione che tutto trasforma e tutto modifica, e fa si che anche rifiuti della
società (così mi e’ apparso nella biografia Jimi) possano dimostrare valori
assoluti …. con un minimo di fortuna che li mette al posto giusto nel momento
giusto.
Questa
dovrebbe essere per me un’ importante linea guida per i nostri figli.
“Segui
una passione, se hai la fortuna di averne una…”
Ringrazio
per la prova strumento e, frastornato, mi dirigo verso l’uscita, bypassando
anche il locale tastiere.
A
questa visita ne seguiranno altre.
L’acquisto
di un flauto traverso seguirà quello di una travel guitar e altro ancora.
Ad ogni
visita una compera.
Quest’estate
ero in quel di Frabosa Soprana, nel cuneese, luogo in cui passo molte vacanze
estive ed invernali.
Partiamo
con due macchine, bambini e genitori, con direzione Bra, a non più di trenta
minuti di strada.
E’
pieno agosto e, arrivati davanti all’entrata scopriamo che e’ giustamente
chiuso per ferie.
Riapertura
il 24.
Ritorno
dopo qualche giorno, con tre bambini e un altro genitore.
Tutti
loro amano la musica, ma nessuno ha dimestichezza con la creazione dei suoni.
Incominciamo
a girare per i locali semivuoti di visitatori, ma stracolmi di strumenti .
Osservo
i miei accompagnatori e li vedo interessati …. anzi affascinati, dal contesto.
Mi
convinco sempre di più della magia della musica e di ciò che di pulito ruota
attorno (non tutto credo).
Provo
una chitarra acustica in un box isolato.
Loro
quattro mi guardano muti, in religioso silenzio, come se fossi Segovia.
La
chitarra provata mi soddisfa ed il prezzo mi sembra giusto.
La
prendo.
“Aspetta
papà, lo sai che la mamma si lamenta sempre di tutte le cose che porti a
casa!!”
”Hai
ragione , la chiamo e le spiego che e’ questione di vita o di morte.”. “Maura …
sono qui ….ho provato una cosa fantastica …. ti dispiace se la prendo ? “
Dopo
tanti anni e’ abituata alle mie manie.
Messo
da parte il nuovo attrezzo, posso provarmi una Gibson … ancora quella.
So che
tra un po’ me ne comprerò una … ora ho un garage dove mettere tutti i miei
cimeli!!
Scelgo
nel mazzo la chitarra da provare, senza fingermi un intenditore.
Metto
un po’ di distorsione, un po’ di delay e percorro la tastiera, con i miei
enormi limiti tecnici.
I suoni
sporchi mascherano gli errori e i miei accompagnatori mi guardano come
ipnotizzati. Sembro quasi bravo e l’esaltazione fa aumentare la mia velocità.
Sono
davanti al mio piccolo pubblico, ho in mano il mio sogno e sto duettando a
distanza con altri “colleghi”… o antagonisti.
Nel
film”Missisipi Adventure , l’attore Ralph Macchio sfidava a duello il
chitarrista/diavolo Steve Vai , allora semi sconosciuto, e lo batteva sul suo
stesso campo.
Anche
io mi immagino duellante, ed essere in quel posto, con tale strumento tra le
mani, mi fa sentire parte integrante dell’elite, di quel gruppo ristretto di
persone che e’ in grado di prendere in mano una chitarra, una batteria , una
tastiera, un flauto e farne uscire almeno uno …. dico uno... suono decente.
Qualche
giorno fa, trovandomi in una casa dove era presente un basso (Fender anche
questo) l’ho imbracciato (sto parlando di quello di mia nipote 18 enne,
impossibilitata a negare un favore allo zio) e ho iniziato a muovermi sulla
tastiera.
Mia
figlia mi ha guardato stupita ed ha aperto i suoi occhioni enormi:
“Papa’,
ma tu suoneresti anche una cornamusa?!!!”
Si, se
l’avessi proverei a suonarla e qualche cosa ne uscirebbe … almeno una nota
decente.
A
Savona continuano ad esistere negozi non molto forniti.
Mia
moglie continua a capirmi e a venirmi incontro, ma e’ contenta che il magazzino
di Bra sia relativamente lontano … in inverno.
A
ciascuno la propria croce.
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