Verso Bisanzio
Questo nuovo album di Valerio Billeri è vecchio. Nel senso di
antico, non di stanco. Anzi, c'è un'energia possente, vigorosa, in queste
poche, scarne, canzoni, l'energia quella vera, quella trattenuta.
È antico questo album perché è “originale”, risale su o se
vogliamo indietro, verso la fonte, l'origine. Sto parlando delle origini del
cammino musicale di Billeri che ha sempre amato ripercorrere i grandi miti
poetici e letterari, pensiamo all'album Pequod, ma anche le origini del mondo,
o almeno dell'Occidente, che si trovano proprio lì, a Bisanzio, cioè in Asia,
in Medio Oriente, a metà strada tra Roma e Atene da una parte e Gerusalemme
dall'altra. E qui c'è Bisanzio sin dalla prima canzone, la title track, e c'è
Gerusalemme. Verso Bisanzio, che prende lo spunto da Yeats, cioè verso Ilio,
Troia. Che è il luogo da cui si parte per tornare a casa, come raccontavano gli
antichi poeti e come canta oggi Billeri in Nostos (appunto: ritorno).
Le due canzoni si richiamano in modo circolare, aprendo e
chiudendo simbolicamente l'album; se in Verso Bisanzio lo sfondo, il colore, è
quello del tramonto (“scendi dal cielo/ tramonto d'oro”) in Nostos la luce è
quella dell'alba (“guarda dove s'alza il sole”) e se in Verso Bisanzio le vele
sono in amme, in Nostos “spinge il vento le tue vele”, tutto a indicare una nuova
ripartenza, e allora forse il navigante non è tanto Ulisse ma Enea che fa vela
verso la nuova/antica patria, Roma, così amata dal cantautore.
Ma non solo la Grecia e Roma, qui c'è anche Gerusalemme,
ovvero la spiritualità, il sacro: già nella prima canzone dell'album Billeri
deve ammettere che è necessario togliersi “le
scarpe da lavoro”. Ed entriamo con lui nella cruna della
storia, nel crocevia del tempo, dove umano e divino si incontrano e
misteriosamente si abbracciano.
Tutto questo è lo Stabat Mater di Billeri, secondo brano
dell'album che ci dona versi come questi: “Stava la madre / davanti a suo glio
/ contorto come un rovo / sul freddo legno / e malgrado gli angeli / cantassero
il Gloria / stava la madre / con la sua memoria”. Canzone vertiginosa anche a
livello teologico, con il mix tra il Venerdì Santo e il Natale (con il Gloria cantato
dagli angeli), tra la morte e la nascita, ma canzone che anche detta la
sonorità di tutta la raccolta. Una sonorità che può essere riassunta in quel
“contorto come un rovo”.
C'è un suono torvo, livido, in queste canzoni che sembrano
fatte di “sabbia e sale” come Billeri canta nella title track. E qui troviamo
anche le altre origini, quelle del cammino musicale di Billeri che in questa
nuova opera prosegue nel lavoro michelangiolesco di “ablatio”, di scavare e
togliere.
Il cantautore si inoltra nel bosco di cui canta in Electra,
in un “cuore scuro”, dove la conoscenza si ferma e deve lasciare spazio ad
altro.
Un album antiilluminista si potrebbe dire, perché fatto di
materia, carne e sangue e di un lavoro di lima che riduce tutto all'essenziale,
per far splendere il “marmo” di queste canzoni ruvide, aspre e levigate. Viene
in mente l'album Nebraska di Springsteen, o The Boatman's call di Nick Cave. O
forse qualcosa ancora più folk, scritto oggi ma che risale a millenni fa,
contemporaneo di qualche aedo greco o profeta veterotestamentario, e tutto sta
insieme, passato e presente, concentrato in pochi semplici accordi e
nell'abbraccio fatto di parole/pensieri/ricordi di Maria, la Mater che tiene e
trattiene “attimi e anni”.
Andrea Monda
Valerio Billeri, cantautore romano con 11 dischi all'attivo. Una carriera
musicale che inizia nei primi anni ’90 e va dal blues e al folk americano delle
origini al rock, fino alla musica elettronica.
Durante il suo percorso, Billeri ha ricevuto diversi
riconoscimenti, uno fra tutti, la targa per il secondo posto al Premio De
André.
Emblematico della sua visione artistica è l’album
"Giona” (2016): un lavoro dai suoni essenziali che esplora con forti
immagini evocative un mondo fatto di migrazioni, lavoro e caccia alla balena
bianca.
Valerio, appassionato di storia, ha inoltre musicato nel 2019
le poesie di Gioachino Belli in chiave folk/blues nel disco“Er tempo bbono”
edizioni Folkificio.
Nel 2020 esce il nuovo lavoro in studio "La
trasfigurazione di delta blind billy" con la collaborazione dello
scrittore e giornalista Rao Vittorio Giacopini, l'album nella prima settimana
raggiunge la top 50 classifica album ITunes.
Nel 2022 vede la luce il secondo album incentrato sui sonetti
di Giuseppe Gioachino Belli:il titolo è "Er Tempo Cattivo".
Nel 2023 Billeri lavora al progetto "Electra" e partecipa, insieme a grandi nomi dello spettacolo italiano come Antonella Ruggiero, Ascanio Celestini e Flavio Insinna, al triplo album "Sharida. Tracce di libertà" a sostegno del Centro Astalli per i rifugiati.
Fabio Mancini inizia da giovanissimo a suonare in gruppi di musica
originale e non come violinista, per poi perfezionarsi anche come cantante,
chitarrista acustico e flautista. Nell'arco di più di un decennio è stato (come
membro fisso e come ospite) in numerosi progetti che vanno dal folk irlandese e
dalla world music al rock, al country, al blues, al cantautorato italiano.
Scrive e arrangia pezzi da circa dieci anni. Ha pubblicato due album in inglese
come The Lefthander e due album e un EP in italiano col proprio nome
all'anagrafe; ha prestato violino, chitarra, voce e/o arrangiamenti all'album
d'esordio dei Sottotraccia, al primo singolo di Simone Ruggiero (vincitore del
premio Aquara Music Fest) e in diverse occasioni a Valerio, con cui si è
trovato anche diverse volte sul palco.
Al momento vive a Vienna e suona con la dublinese Susan Shea,
interprete della tradizione folk, e il talentuoso songwriter londinese Dan
Raza, oltre a unirsi spesso a formazioni jazz/blues locali e a portare avanti
la sua dimensione solista chitarra e voce.