“Fili del Tempo” è il nuovo album, il nono, di Marcello Capra.
Meno di un anno fa, dalle pagine di questo blog avevo pubblicato le mie impressioni su “Preludio ad una nuova Alba”, e da quel momento ho iniziato a seguire con continuità i “movimenti” di Marcello. Nel link a seguire, oltre il ricordo di quell’album, è possibile ripercorre i momenti salienti della vita del chitarrista torinese:
http://athosenrile.blogspot.com/2010/04/preludio-ad-una-nuova-alba-marcelo.html
Le motivazioni (titolo, forma e sostanza) che hanno condotto verso “Fili del Tempo” sono tutte racchiuse nella bella intervista realizzata da Synpress 44, presentata a seguire. Amo lo “spazio intervista” perché è un metodo che permette di mettere in luce fatti oggettivi e spesso fornisce chiavi di lettura che, senza un piccolo aiuto, sarebbero inaccessibili. Ma l’opinione di chi scrive, specialmente per musicisti “puri” come Marcello Capra, serve da cartina tornasole, da indicatore, per capire se il messaggio centrale è passato e, soprattutto, come è passato.
Comunicare correttamente è cosa complicata, ma la musica facilita la trasmissione dei pensieri, dei ricordi, delle immagini, e… ascoltare/capire questo nuovo album di Capra è per me relativamente semplice.
Marcello “lavora” trasformando le proprie immagini in musica. E’ sufficiente un ricordo, una fotografia, un viaggio, per innescare la vena creativa… la poesia.
Questo è il filo che unisce “Fili del Tempo” all’album precedente e, probabilmente a tutta la produzione pregressa. Ma rispetto a “Preludio…” c’è una grossa novità, la presenza di due super ospiti, che rendono l’opera di Capra da solitaria a partecipata. Non sono presenze a caso, ma parliamo di due amici, anch’essi di Torino, due musicisti “antichi”: la vocalist Silvana Aliotta e il tastierista Beppe Crovella, che ha curato l'intera produzione artistica.
Anche loro, come Marcello, sono “nati” negli anni ’70, e spero che questa affermazione non suoni come nostalgica. Di fatto l’esperienza di quei giorni è qualcosa di indimenticabile, che molti giovani cercano di afferrare, e che è assolutamente presente nell’album.
I viaggi raccontati da Marcello in “Fili…” sono reali, frutto di movimento fisico, ma soprattutto temporali, pieni di ricordi, dall’infanzia ai giorni nostri. Le trame di chitarra regalano qualche omaggio a persone importanti nel corso di una vita, tra affetti familiari e personaggi capaci di segnare un’era, ma l’unione di un Hammond, di una sei corde e di una voce particolare, crea un’atmosfera immediatamente intuibile, se si ha conoscenza di un certo periodo musicale glorioso.
E in questa “apertura” di Marcello, in questa voglia di compagnia musicale, si riescono ad afferrare abbinamenti che, nonostante “l’esperienza”, sanno di novità. Non è, e non è mai stato usuale l’abbinamento tra una chitarra acustica ed un organo Hammond, ad esempio, e il risultato, in questo caso, è sorprendente. Se poi a tutto questo si aggiunge una voce incredibile come quella di Silvana Aliotta, il quadro si completa e prende luce.
Qualche parola in più per Silvana, che ho ritrovato, musicalmente parlando, dopo svariati lustri. Eravamo entrambi bambini quando la vidi da pochi metri su un palco … agreste, assieme al suo Circus 2000. Nei miei ricordi di adolescente la rivedo “ruvida”, arrabbiata, indemoniata, con il sacro fuoco della giovinezza in corpo.
La ritrovo oggi con una voce da sogno, capace di “lavorare in piena libertà”, come le ha suggerito Marcello, creando momenti che toccano il cuore.
Una esemplificazione dell’incredibile risultato dell’interazione tra Capra, Crovella e Aliotta è il brano “I’m so glad”, molto conosciuto nella versione dei Cream, e trasformato in acustico da questo “nuovo ensemble torinese”, con uno scambio chitarra, tastiera e giochi vocali che potrebbe essere considerato da manuale del rock.
Che altro aggiungere… c’è solo da abbandonarsi all’ascolto e iniziare a viaggiare, in attesa di nuove soste, in luoghi mai visti, magari… con gli stessi compagni di viaggio.
L’INTERVISTA (Synpress 44)
Ciao Marcello, il tuo nuovo album, il nono nella tua lunga carriera, si chiama Fili del tempo. Qual è il motivo di questo titolo?
Un titolo deve condensare un concetto, una creazione, una suggestione, un pensiero, una fantasia, una riflessione, uno stato dell’anima… Francesca Grispello non poteva immaginare che mi aveva involontariamente (ma questo è il bello…) suggerito questo titolo, che mi mancava a suggello del lavoro che stavo preparando, una serie di composizioni legate da “fili” di memorie antiche e nuove immaginazioni.
L’elemento più importante del disco sono le collaborazioni. Tu hai sempre avuto una dimensione “solitaria” nei tuoi lavori ma, come accadde ai tempi del primo lp Aria mediterranea, anche per questo nuovo album ti sei confrontato con altri musicisti. In questo caso si tratta di due colonne portanti del rock italiano. Come mai questa scelta?
La dimensione solitaria già dall’album precedente cominciava a intravedere scelte di collaborazioni “mirate”, con la partecipazione in Aura di una vocalist. In seguito sono nate idee per dare una maggiore espansione al contenuto di alcuni brani, espansione creativa, timbrica, melodica e di arrangiamenti: per questo mi sono rivolto a due persone che, per la loro grande esperienza e il background simile al mio, potessero dare un’impronta significativa alle musiche che avevo in testa e non sarei mai riuscito ad eseguire con il canto e le tastiere… ho scelto proprio Silvana Aliotta e Beppe Crovella.
In questo album si ha la sensazione che ci sia un ampio spazio di improvvisazione, anche nelle scelte vocali di Silvana. È stato proprio così?
Ho detto a Silvana: “ti faccio sentire questa armonia… fammi quello che solo tu sai fare, lasciati “influenzare” dal clima che ti propongo, lasciati andare, non ci sono problemi di “tempo” o di produzione ficcanaso, sei libera in uno spazio sonoro che ti consente di modulare ed interpretare la tua magnifica voce”… Sapevo che avrebbe recepito ma non solo, lei è coautrice del brano di introduzione Dreaming of Tinder.
In Fili del tempo non mancano rifacimenti di tuoi vecchi brani come Irio e Danzarella: che elemento di novità pensi di aver apportato questa volta?
Irio è qualcosa di più di un rifacimento, Beppe ha saputo creare un tema molto particolare prima dell’improvvisazione di Silvana, un inciso cantato che ricorda gli anni ‘70, le commedie satiriche di costume dei film di Salce o Scola, poi una lunga galoppata samba, con sapori notturni…. Danzarella invece è rimasta inalterata rispetto alla versione del mio disco omonimo del 1998, una particolare tarantella moderna che risente l’influenza del grande Raffaele Viviani, che ad “orecchio” eseguiva le sue musiche di teatro-strada…
La grande protagonista del tuo disco è la nuovissima chitarra Great Owl, che ha una storia speciale, ce la racconti?
Un amore a prima vista, o meglio al primo tocco… L’estate scorsa mi proposero di suonare uno strumento che era esposto in una mostra di liuteria: senza conoscermi Maurizio Cuzzolin, liutaio di Oderzo, mi diede quella sua “creatura” con il legno già stagionato, numero 001 di una serie dal nome Great Owl. Anche io non lo conoscevo ma quando cominciai a suonarla mi diede una sensazione talmente piacevole, un suono che mi apparteneva e che inconsciamente avevo già immaginato. Devo dire che di chitarre, oltre a quelle che possiedo, ne ho provate molte, ma per svariati motivi non avevo più trovato nulla di soddisfacente dal 1976, l’anno che acquistai la Ovation Legend.
Come sempre le tue influenze sono estremamente ampie: l’Argentina e il Brasile, l’Oriente. Che cosa ti affascina di paesi lontani dalla tua Torino?
Un po’ come Salgari, credo di avere molta immaginazione: mi basta una foto, un quadro per “viaggiare”, in musica poi non ci sono barriere spaziotemporali, quei luoghi mi affascinano, inoltre artisti come Shankar, Piazzolla, Gismonti e altri meno noti sono fonte di ispirazione, cosa c’e’ di meglio che lasciarsi cullare da suoni ed armonie lontane? Torino e’ un luogo che mi lascia lavorare in pace, non chiedo di meglio.
I’m so glad omaggia Skip James e i Cream, il medley dei Procession è un tributo ai tuoi esordi musicali con la leggendaria progressive band: per quale motivo questa scelta?
I’m so glad è stata anche il mio primo provino in uno studio professionale nel ’69: allora suonavo con i Flash e quel pezzo era il nostro biglietto da visita, era facile da suonare e lasciava molto all’improvvisazione. Ora, dopo 42 anni, si sono verificate le stesse condizioni, ma con una grande vocalist e un hammond evocativo, questo è veramente un lungo “filo” infinito. Frontiera dei Procession è stato il mio primo album, arrivato dopo mesi di prove fatte con grandissimo entusiasmo, eravamo giovani ma già preparati musicalmente. I 5 brani riproposti in sintesi nel medley sono un omaggio a quei ragazzi che suonavano con passione, in un paese dove vivere di musica senza compromessi è ancora utopia.
Un altro brano speciale del disco è Un sogno lucido, dedicato ai tuoi nonni: ci racconti questo aneddoto?
I miei nonni erano cantanti di lirica, oltre le opere decisero di formare un duo artistico musicale, cominciarono a viaggiare in tutta Europa nei caffè concerto o teatri, portavano con loro la mia mamma allora bimba, che vestivano da bambola e durante tutta la durata del recital restava in scena, seduta sul pianoforte a coda. La loro musica fu assorbita e trasmessa nel mio sangue, non solo, il nonno mi lasciò una piccola chitarra che utilizzò quando ormai era anziano in pensione, con quello strumento ho iniziato a strimpellare per gioco, inoltre possiedo ancora adesso un accordatore a fischietto, che ti consente di emettere tutte le note della scala e i semitoni, un oggetto unico degli anni ‘30, che ho fatto fotografare per il retro copertina del CD e si trova anche sul dischetto. Un lunga storia, vissuta con momenti tragici come la seconda guerra mondiale, che interruppe un grande sogno, ma dopo riprese a volare…
La copertina e l’art-work del disco mostrano curiosi oggetti: di cosa si tratta?
Un sole latino-americano in omaggio a Irio e Astor e due piattini tibetani in omaggio al Tibet, invaso e derubato , ma resistente e non scalfito nella sua grande spiritualità.
Qualche domanda a Beppe Crovella
Ho letto le motivazioni di Marcello che descrive il motivo per cui ha cercato, per questo album, dei collaboratori. Cosa invece ha spinto te ad accettare, amicizia a parte? Cosa ti ha colpito maggiormente in questo progetto?
Quando Marcello mi presentò la proposta per il suo nuovo CD pensai che fosse il momento di inserire altri strumenti, poiché le composizioni lo consentivano ed erano invitanti, tanto che poi, in diversi pezzi, sono intervenuto anche come compositore e non solo come arrangiatore ed orchestratore.
Da una prima ipotesi, dopo questo primo approccio, c’erano più strumenti previsti, e in seguito, dopo ulteriore esame, si giunse al fatto di inserire le tastiere e poi la voce di Silvana.
Silvana venne da me consigliata per collaborare con Marcello in virtù di uno spettacolo che avrebbe dovuto farsi e che verrà riproposto per l’anno prossimo.
Da qui Marcello ha preso giustamente spunto per invitare Silvana al progetto. Brillante idea.
Ascoltando oggi il progetto come lo presentò Marcello (che conservo in archivio, poiché lo registrammo in una sera), e comparandolo all’attuale, si vede quanto diverso sia nel risultato finale nei brani non di sola chitarra.
Si può’ vedere quanto intervento c’è stato da parte mia e di Silvana, senza snaturare affatto le idee originarie, ma amplificandole, rendendole più colorate, varie ed interessanti, espandendolo compositivamente, sia da parte mia che di Silvana: un lavoro autenticamente “in sinergia” come dall’etichetta “Insinergia” nel cui catalogo il progetto è stato pubblicato.
Al di là del tuo impegno nell’album, quanto sono importanti per te i “ Fili del tempo?”
Ogni produzione che io faccio, nel momento in cui la faccio diventa la cosa più’ importante.
Mia madre aveva un bar da piccolo e mi insegnava che quando entrava una persona nel bar in quel momento era la persona più’ importante al mondo.
E doveva essere un approccio spontaneo, sincero, realmente partecipe.
Nella musica mi avvicino allo stesso modo, quando intraprendo una produzione non la incasello in una classifica di importanza e mi concedo o l’affronto a seconda di questa classificazione, sarebbe ingiusto e… non sarei io; invece vivo quel presente nel modo più’ intenso, come fosse il mio.
Beppe quando entra in un progetto in quel momento da il suo massimo, come fosse il progetto più’ importante al mondo e lo fa al meglio.
Così’ è stato con “Fili del Tempo”, così’ come con ogni altra produzione in cui sono coinvolto in qualche modo. Il vivere con questa intensità’ da senso a quel che faccio.
Ascoltando “Fili del Tempo” si sente quanto ho dato a questo disco come produttore, arrangiatore ed esecutore, con passione, credo di aver dato davvero tanto anche se non c’e’ bisogno di dirlo e la cosa mi fa molto piacere ovviamente.
I brani non con sola chitarra, con orchestrazione, sono stati letteralmente trasformati, praticamente sono diventati altri pezzi, con altri temi, rispetto alla versione originale per sola chitarra, ed è stato in questo senso un Impegno tanto intenso quanto interessante e alla fine già’ gratificante, sul momento.
Quali sono le radici profonde che legano te, Marcello e Silvana?
Sono le radici dell’eccezionale momento storico creativo che furono gli anni 60 e 70. Ne fummo immersi tutti e tre. Chi ha vissuto quel momento se lo porta dietro tutta la vita. Chi ha vissuto creativamente quel momento, se lo porta dietro creativamente tutta la vita.
L’abbinamento Hammond e chitarra acustica, non è (e non era in passato) frequente, ma ha un grande fascino e una grande “resa”. E’ qualcosa di usuale nella tua esperienza di musicista?
L’Hammond per me è una tigre, un “gigante gentile” che, come King Kong sa dar prova di tanta potenza quanto di enorme dolcezza ed inoltre ... è un camaleonte, per come si può plasmare, e mi piace plasmare ogni strumento. Già con Antinucci avevo messo in atto qualche settimana prima, questo “connubio”.
Mi piace in modo particolare.
Se un domani uscisse una idea di lavorare su Hammond a violoncello oppure Hammond a digeridoo, o Hammond a koto, per fare esempi “imprevedibili” ... mi butterei subito all’opera... amo queste emozionanti sfide”.
Pensi che questa bella collaborazione potrà avere un seguito?
Da un lato non ci sono controindicazioni, dall’altro sono coinvolto in cosi tante produzioni al momento che non mi sento di fare previsioni a medio o lungo termine, perché se dico qualcosa, per mia etica, poi la faccio. La devo fare.
Vedremo in futuro, le porte sono sempre aperte con Beppe.
Insieme alle mie produzioni solistiche, agli album con gli Arti & Mestieri preannuncio “collaborazioni” molto, molto interessanti.. che son già partite o stanno partendo.
La “staffetta” tra sogni/progetti creativi è una delle cose che più mi prende nella vita... l’averne già un altro in partenza quando non è ancora neanche finito il precedente.
Questo... è Beppe.
Il pensiero di Silvana Aliotta
Ho letto le motivazioni di Marcello che descrive il motivo per cui ha cercato, per questo album, dei collaboratori. Cosa invece ha spinto te ad accettare, amicizia a parte? Cosa ti ha colpito maggiormente in questo progetto?
La collaborazione con Marcello è arrivata in un momento in cui stavo riprendendo in mano “i fili” della mia produzione artistica, rielaborando sonorità idee e colori delle mie esperienze con nuove suggestioni e composizioni. Marcello mi ha proposto una collaborazione perfetta in cui sperimentare nuove melodie ritrovando allo stesso tempo le mie radici. Infatti il sound proposto da Marcello affascina per la sua bravura, ma anche per lo spirito di libertà e il richiamo al tema del viaggio, che può anche essere visto come viaggio interiore, proprio come è stato per “Dreaming of Tinder”, dove la melodia e il testo che ho composto sono stati fortemente ispirati dalla sua musica. Il grande regalo di questa collaborazione è stata anche una bella amicizia, infatti con Marcello non c'era stata una precedente conoscenza personale, ma è nata dalla condivisione musicale e dalla stima reciproca, come anche con Beppe Crovella, il quale mi ha messa completamente a mio agio durante le registrazioni nel suo studio.
Trovo che la tua voce sia molto più completa di quando, forse, eri solo guidata dall’istinto, e in questo “Fili del tempo” dai ampia dimostrazione di talento e maturità. Come ci si prepara per una collaborazione come questa? Basta “lasciarsi influenzare dal clima…”, come ti ha suggerito Marcello?
Ma, se qualcuno mi dice di lasciarmi influenzare dal clima... beh... non fa altro che invitare il matto alle sassate! Devo dire comunque che a parte “Dreaming of Tinder” che ha una sua struttura precisa il resto l'ho improvvisato in studio. Riguardo la mia voce, posso dirti che ultimamente ho lavorato sui toni più bassi insieme ad altre tecniche miste, per questo la mia voce risulta più piena, il tempo ha fatto il resto. Ogni cosa cambia, si spera sempre in meglio. Quello che però non mi ha mai abbandonato e che considero una fortuna è sempre stata la fantasia; con i Circus ci si divertiva un mondo ad improvvisare situazioni immagini e momenti, come colonne sonore di un film da inventare, un bellissimo gioco in cui l'istinto e la passione mi hanno permesso di portare a galla quanto di più profondo sento dentro. Quindi direi che in generale io mi sono lasciata influenzare dal clima... anche se oggi preferisco parlare di ispirazione.
Le immagini che hanno colpito Capra, quelle che lo hanno portato alla creazione dei brani, quanto sono riuscite ad influenzarti?
Moltissimo, anche perché le sue sonorità cristalline sono un cesello di immagini che dipinge con mille colori e che mi hanno affascinata sin dal primo momento. Pensa ad un pub inglese per un “I'm so glad” assolutamente intrigante, o alle calde influenze brasiliane in “Irio”, dove mi sono divertita un mondo ad improvvisare... e poi ancora in “Tibet” dove ho potuto con la voce esprimere ogni tipo di colore e sensazione, gridando la rabbia dell'ingiustizia o invocando con tutto l'amore che conosco la mia preghiera per un popolo martoriato.
Una chitarra acustica, un Hammond ed una voce… possibile la proposta live?
E perché no, se funziona su disco... potrebbe essere un'idea interessante, ma bisogna vedere se è possibile mettere insieme artisti con impegni differenti... chi lo sa, mai dire mai
E ora, cosa accadrà tra di voi, musicalmente parlando?
Sicuramente ci saranno alcuni appuntamenti interessanti che riguardano la promozione dove spesso saremo insieme e non escludo la possibilità di concerti, sempre considerando che ognuno di noi è impegnato singolarmente sulle proprie situazioni musicali. Marcello con la sua amata guitar, Beppe con “Arti e Mestieri”, mentre io sto lavorando in studio alla composizione di nuovi brani... la mia energia ora è rivolta verso un nuovo progetto che come sempre metto nelle mani di Dio.