domenica 4 aprile 2021

Elisa Montaldo - “dévoiler”


Elisa Montaldo - “dévoiler”

Commento già pubblicato su MAT2020 di febbraio

 

“A mind is like a parachute. It doesn’t work if it’s not open”

(Frank Zappa)

 

È questo l’assioma che chiude il booklet contenuto nel nuovo progetto di Elisa Montaldo, che ritorna all’impegno discografico - questa volta “in proprio” - come già accadde nel dicembre 2015 quando rilasciò "Fistful of planets part I".

Di certo il suo rapporto con la musica dimostra una mente molto aperta, tanto per dare seguito all’arguto pensiero di Zappa.

La sua nuova proposta si intitola dévoiler”, la cui traduzione dal francese significa “svelarsi”, verbo riflessivo che, unito alla magnifica copertina, apre la strada a contenuti e pensieri legati al momento contingente vissuto dall’artista genovese.

Grande privilegio quello di potersi raccontare in musica!

Ho conosciuto Elisa molti anni fa quando, con Il Tempio delle Clessidre, proponeva la musica complessa del Museo Rosenbach, a cui fece seguito una cospicua produzione originale in un ambito a lei congeniale, quello del rock progressivo, proposto anche oltre i nostri confini, tra America e Corea del Sud.

Un’immagine molto forte, nella presenza e nella qualità: le tastieriste femminili del prog sono davvero numericamente limitate!

Sono stato testimone del suo approccio graduale alla vocalità e credo che Elisa Montaldo possa considerarsi attualmente un’artista completa.

Il nuovo disco sfugge agli stereotipi a cui si fa riferimento quando si cerca di spiegare l’abbinamento tra il musicista e la sua proposta, per cui è bene dirlo subito, non è questo un album di musica progressiva, ma è un progetto davvero di presa immediata.

Elisa si mette a nudo e racconta la sua maturazione, le sue esperienze, la lontananza dagli affetti, un nuovo lavoro fatto di atmosfere rarefatte e raffinate, lontane anni luce dai palchi metallici, dai suoni dilatati e dai volumi esasperati.

L’intervista che mi ha rilasciato basterebbe da sola ad aprire la strada al nuovo progetto, ma provo a delineare qualche sensazione da ascolto.

I quattordici brani che compongono “dévoiler” - 10+ 4 bonus tracks - vengono presentati da Elisa nel corso della chiacchierata in cui emergono i tanti significati di un disco in cui si utilizzano differenti lingue - italiano, inglese e giapponese - e dove va in scena una traduzione di sentimenti in musica che tiene conto di ascolti formativi e della necessità di proporsi ad un pubblico variegato.

<< “dévoiler” può essere letto nel seguente modo: la prima parte, dalla traccia 1 alla traccia 7 sono tutte canzoni nuove scritte appositamente per essere cantate e suonate al piano bar (la traccia 6 è una cover, ma legata al repertorio che faccio sul lavoro). Canzoni nate spontaneamente, ma con un linguaggio più fruibile e in linea con le esigenze del piano bar.

Di seguito i brani si alternano andando più a fondo nel mio stile abituale, il linguaggio diventa un po’ più articolato fino a terminare nel brano più progressive dell’album, cantato in giapponese.>>EM

 ---------------------------

Si parte con una coinvolgente improvvisazione live al pianoforte (Is that from Batman) e si approda subito ad un brano magnifico - Except for himself, una potenziale hit internazionale in un mondo giusto. Atmosfera da grande palcoscenico e voce che assume colorazioni intimistiche da pelle d’oca.

Con Il giorno che non ti aspettavi - canzone composta il primo giorno di lockdown, e quindi figlia dell’incertezza che ancora persiste - subentra il cantato italiano e aumenta la vena di spleen che caratterizza un po' tutto l’album: “E quando tutto sembra spento le mani trovano da fare, creare e ricordare, tese, trovano altre mani che stringono la vita in un mosaico naturale che sfuma in tinta unita, il giorno che non ti aspettavi è qua…”.

Atmosfere distopiche per So much more - tra cantato e parlato - che presenta il lato più pop di Elisa, ed è curioso che i protagonisti musicali siano due tastieristi prog - il secondo è Giovanni Pastorino - che realizzano una chicca di stampo pop elettronico.

Lo strumentale Wesak riporta il tutto alla dimensione pianistica, al prolungamento naturale di Elisa, immagine immortalata, anche, da Andrea Montaldo nella copertina. 

Analogamente alla traccia “lanterne” sarà presente in "Fistful of planets part II", di prossima uscita.

I'm still here è la rilettura di una canzone Tom Waits, derivazione del repertorio da piano bar, ovvero parte del lavoro quotidiano. Un ascolto piacevole e onirico.

Con Wine tastes better si cambia luogo, tempo, ambientazione. Dice Elisa: “… è scritto appositamente per creare l’atmosfera del classico club, dove le coppie vestite eleganti trascorrono momenti romantici ed intensi e dove tutto è raffinato…”.

Sassofono e fumo per un’immagine newyorkese di forte impatto.

Lanterne rappresenta un altro intermezzo privo di liriche, un paio di minuti di pura magia.

Washing the clouds è un brano che conoscevo già, presente in "Beyond the wardrobe" dei The Samurai Of Prog, multinazionale del prog con cui Elisa collabora con continuità.

Anche questo pezzo sarà presente in "Fistful of planets part II" ma, racconta l’autrice, in “dévoiler” è completamente arrangiato dai TSOP ed è quindi denominato "alternative version".

Comptine d’un autre été, l’après midi è una cover di Yann Tiersen utilizzata nell’attività di piano bar: un pezzo di bravura, una questione tra Elisa e il suo piano.

Il giorno che non ti aspettavi (by the shore version) ripropone la terza traccia ma in un modus acustico, una soffusa bossanova che mette in risalto l’ecletticità di una musicista completa.

Per avere conferma della versatilità di EM arriva Dolce Madre (old demo), dove il versante folk e cantautorale prende forma.

Un ritrovamento casuale di una vecchia demo registrata in casa con Alberto Gaviglio (La Locanda delle Fate) ha portato a questo episodio acustico che risale ad alcuni anni fa. Interessante leggere i dettagli nel corso dell’intervista.

Goldrake è una cover che riporta alla sigla del famoso cartone animato, probabile punto di riferimento dell’infanzia dell’autrice. Viene qui proposta in versione romantica, completamente trasformata, gradevole e fruibile per un pubblico molto diverso da quello di un tempo.

Chiude l’album la versione giapponese (ne esiste una italiana su “Omnibus”) di La magia è la realtà, brano che Elisa aveva composto e registrato per la compilation "Toki no kaze" dei The Samurai Of Prog.

Chiusura in ambientazione prog, forse per evidenziare la liason con il suo passato e, sicuramente con il futuro, perché le forti passioni non muoiono mai.

Non ho citato i tanti collaboratori presenti in quanto oggetto della chiacchierata a seguire che, ne sono certo, apparirà esaustiva e completa.

“dévoiler” racconta una sintesi di vita, un momento del percorso, un’evoluzione artistica.

Spesso si utilizzano paletti rigidi per incasellare la musica e i suoi protagonisti, esercizio a volte utile e semplificativo, ma la qualità - del musicista e del suo lavoro - sfugge da codici e caselle ortodosse e, ne sono certo, la proposta attuale di Elisa Montaldo verrà accolta da un pubblico trasversale.

Io ne sono rimasto molto colpito e, prog o non prog, credo che la strada intrapresa oggi da Elisa possa camminare di pari passo con tutti gli altri sentieri che le capiterà di percorre in futuro, con la certezza che, unendo arte e genuinità, arriverà sempre al cuore del suo pubblico.

Consiglio vivamente “dévoiler”.

Queste le sue risposte…

 


Ultimamente mi è capitato di ascoltarti e scrivere di te soprattutto per le tante collaborazioni con i The Samurai Of Prog. È passato un lustro dall’uscita di "Fistful of planets part I" e ora arriva un tuo nuovo capitolo: prima di “affrontarlo” proviamo a fare il punto sul tuo periodo musicale, quello con congiunge il tuo esordio solista al presente, laddove per “presente” intendo anche il prossimo e imminente capitolo di “Fistful…”.

"Fistful of planets part I” è uscito nel dicembre 2015, e da allora la mia vita personale e professionale ha subito dei grandi cambiamenti. Mi sono dovuta trasferire in Svizzera per lavoro nel 2016 ed è stato molto difficile, specialmente per quanto riguarda la gestione dell’attività musicale. Con Il Tempio delle Clessidre abbiamo dovuto cambiare radicalmente il nostro metodo di lavoro, non più con frequenti sessioni in sala prove, bensì a distanza, anche per la lontananza geografica del batterista Mattias Olsson che è entrato nel progetto in quell’anno. Nonostante le difficoltà siamo riusciti a realizzare “il-ludere” e a organizzare il minitour promozionale. Al contempo, ho cominciato a sviluppare il mio studio “casalingo” e a diventare sempre più indipendente a livello di produzione musicale: come si dice, di necessità virtù. Ho ricevuto richieste di collaborazioni da The Samurai of Prog e altri progetti (uno dei quali dovrebbe uscire quest’anno): il mio problema principale è che lavorando sei ore al giorno al piano bar, le energie da dedicare alla mia musica erano sempre più basse. Questo mi ha portato a una depressione generale, causata dalla distanza dai miei cari e amici, la nostalgia della mia Genova, il sentirmi una “immigrata” in un Paese difficile in cui si parla una lingua che non conoscevo (il francese), e la frustrazione nel vedere i miei sacrifici per fare della musica il mio mestiere essere ostacolo per la parte creativa, la mia musica.

Non ho mai avuto periodi di vacanza o di riposo fino a marzo 2020, in cui come tutti possiamo immaginare molti artisti hanno subito uno “stop” obbligatorio. Sono stata quattro mesi senza lavoro: ho deciso di rimboccarmi le maniche e di utilizzare al massimo questo tempo libero per dedicarmi finalmente alla mia musica. Le idee e la voglia di fare non sono mai mancate, ma mi mancavano il tempo e la serenità. Ho lavorato ininterrottamente alla produzione di questi due album differenti ma con alcuni punti in comune da marzo fino a metà dicembre.

È appena stato rilasciato “dévoiler”. Nel nostro scambio di battute hai sottolineato che non si tratta di prog - genere di cui sei protagonista da molti anni - e allora ti chiedo come nasce l’album e… che cosa vuoi “svelare” con la tua nuova proposta?

dévoiler” nasce innanzitutto dalla necessità di esprimermi attraverso generi musicali diversi e di farmi conoscere dalle persone che non ascoltano abitualmente prog. Nell’hotel in cui lavoro ho la fortuna di avere la massima libertà e creare il mio personale repertorio di piano bar. Non mancano classici del prog riarrangiati per piano e voce e canzoni dell’universo prog e hard rock 70, che sono il mio linguaggio principale, ma ovviamente devo costruire la musica di sottofondo per un hotel di lusso, dunque suonare un genere più “fruibile” (spazio dallo smooth jazz, cover di brani pop in versioni lounge, folk americano, musica da film etc). Essendo cresciuta ascoltando pop (Elton John in primis), amando artisti come Tom Waits, Carole King, Jackson Browne, Lana del Rey, Nancy Sinatra e suonando moltissimi generi diversi, ho voluto creare un album che contenesse gran parte di queste mie sfaccettature artistiche. È un album nato spontaneamente, come spontanea è la scelta di un titolo in francese (per proporre il disco negli ambienti in cui lavoro e suonare questi brani nelle sessioni di piano bar), che appunto significa “svelare”, con un poetico doppio significato “togliere il velo, spogliare” (da lì la connessione con le immagini di copertina e dell’interno del digipak) e “svelare un segreto”, svelare una parte di sé. In questi brani i testi sono più intimi e personali di tutti quelli scritti precedentemente. Le esperienze della vita mi hanno fatto maturare molto in questi anni e ho voluto tradurre in canzoni alcune parti più intime di me.

Dopo la tua intensa attività con Il Tempio delle Clessidre la tua professione - e forse la tua voglia di fare esperienze in proprio - ti ha portato ad un’attività costantemente lontano da casa, dove ti esprimi da sola, col tuo piano, per un pubblico diverso da quello a cui eri abituata: quanto è figlio “dévolier” della musica più intima che caratterizza il piano bar?

dévoiler” può essere letto nel seguente modo: la prima parte, dalla traccia 1 alla traccia 7 sono tutte canzoni nuove scritte appositamente per essere cantate e suonate al piano bar (la traccia 6 è una cover, ma legata al repertorio che faccio sul lavoro). Canzoni nate spontaneamente, ma con un linguaggio più fruibile e in linea con le esigenze del piano bar. Devo pur proporre ai clienti un prodotto in linea con la musica che hanno ascoltato durante la permanenza all’hotel e ristorante. Di seguito i brani si alternano andando più a fondo nel mio stile abituale, il linguaggio diventa un po’ più articolato fino a terminare nel brano più progressive dell’album, cantato in giapponese.

Inoltre, questo album prepara all’ascolto del prossimo “Fistful of planets part II”. le tracce “Wesak” e “Lanterne” saranno due “satelliti”, mentre “Washing the clouds” è qui presente nella versione alternativa in collaborazione con The Samurai Of Prog, ma la versione originale uscirà in FOP part II.

Parliamo dei contenuti: cosa racconti nell’album?

Ogni canzone parla di un argomento diverso: si passa dalle emozioni “scomode” come la delusione personale, l’analisi di alcuni tratti della personalità presenti nella società, il senso di colpa, di essere incompresi e la rabbia (“Except for himself” e “So much more”): abbiamo il tema di attualità ne “Il giorno che non ti aspettavi” (composta il 16 marzo, primo giorno di lockdown per me e fiume di strani sentimenti per come questa situazione COVID stava prendendo campo un po’ ovunque). Il brano “Wine tastes better” è scritto appositamente per creare l’atmosfera del classico club, dove le coppie vestite eleganti trascorrono momenti romantici ed intensi e dove tutto è raffinato. “Washing the clouds” è una riflessione su alcune sensazioni di solitudine ma di connessione con la natura, nella quale si ritrova l’energia nel credere che le cose buone e vere possano vincere il male umano.

Sono sempre alla ricerca della concettualità, che alla fine trovo: qual è il fil rouge che lega i brani?

Direi che la copertina può essere la raffigurazione del concetto di base di “dévoiler”: sono ritratta mentre dormo di fianco al mio pianoforte (peraltro è il mio pianoforte vero che ho a Genova, e la foto è stata presa da Andrea Montaldo effettivamente posizionando il mio letto accanto al piano). Vivo con la musica e vivo per la musica, ogni momento della mia giornata, è una croce e delizia, è il mio linguaggio. Sto svelando me stessa come persona, raccontando una storia attraverso le canzoni, sperando che le persone si riconoscano e condividano in parti di essa.

La tracklist prevede dieci brani a cui ne hai unito quattro che sono definiti “bonus track”: di cosa si tratta?

le quattro bonus track sono state aggiunte all’idea originale di album, in quanto ho voluto comunque inserire alcuni lavori a me molto cari: “Dolce madre” è una vecchia demo che ho ritrovato quasi per caso, una canzone scritta da Alberto Gaviglio (La locanda delle fate) e arrangiata e cantata da me, suonata con ukulele, lyra e pochi strumenti virtuali. Io e Alberto avevamo in programma di scrivere canzoni insieme perché ci eravamo trovati in armonia sul campo musicale, ma a causa del lavoro e della mia partenza il progetto si è bloccato. Questa demo è per me molto evocativa e ho voluto lasciarla così, con tutti i suoi difetti, perché è spontanea e riflette il lato più folk/cantautorale che ho.

“Goldrake” non ha bisogno di presentazioni, è una produzione di un paio di anni fa e ho voluto inserirla qui. “il giorno che non ti aspettavi - by the short version” è una versione alternativa della traccia 3, suonata da un bravissimo chitarrista brasiliano e cantata dalla mia amica e cantante Paola Franciosi: ho voluto immaginare che la canzone sul lockdown divenisse “virale” e che un piccolo gruppo di amici musicisti la suonasse su una spiaggia, in una condizione ideale di libertà e di serenità, dove tutto questo caos sarà divenuto ormai un lontano ricordo.

“La magia è la realtà” è la versione giapponese contenuta nell’album “Toki no kaze” di Samurai of prog (la versione italiana è invece nell’album “Omnibus”), composta sull’ispirazione del film animato di Hayao Myiazaki “spirited away” (“la città incantata” il titolo italiano). Chiude l’album e presenta all’ascoltatore il mio linguaggio principale, ovvero il prog più visionario con sfumature dell’Estremo Oriente.

Non esiste una lingua ufficiale, ma dimostri la tua ecletticità spingendoti sino all’uso del giapponese in un brano già pubblicato con i Samurai: tirando le somme, quale pensi sia l’idioma più adatto alle tue personali creazioni?

Vorrei poter parlare molteplici lingue per poter scrivere testi comprensibili in tanti Paesi, sarebbe il mio ideale, dunque mi limito a fare ciò che riesco come posso, componendo brani in diverse lingue. Trovo che dipende molto dal genere di musica e dallo stile dell’arrangiamento, normalmente trovo più semplice e versatile l’inglese, ma è con l’italiano che riesco meglio a giocare con le parole e a esprimere i concetti più profondi. Nonostante ciò, ho cercato di creare canzoni il più possibile in inglese per essere coerente con il mio obiettivo di “universalità” della musica.

Dal punto di vista meramente musicale, si può dire che “dévoiler” rappresenta un’evoluzione del tuo essere musicista?

Sicuramente sì. Non significa che mi sono “convertita” ad una musica di stampo più commerciale o mainstream (anche perché non posso e non voglio competere in quella giungla!), ma è il mettermi in gioco come musicista che non disdegna suoni più moderni o melodie più orecchiabili, purchè siano sempre sinceri e con un’anima.

Mi parli dei tuoi collaboratori e di tutti quelli che, in un modo o nell’altro, rientrano nel progetto?

Ho portato avanti tutta la fase creativa di composizione per lo più da sola. Ho scritto i brani e creato gli arrangiamenti per quasi tutti gli strumenti. Il collaboratore che ha maggiormente influito è il chitarrista Ignazio Serventi, con il quale ho iniziato a lavorare per caso con la produzione de “il giorno che non ti aspettavi”. Ci conosciamo da lunga data, ma questa è la nostra prima collaborazione discografica. Si può sentire la sua presenza nel disco soprattutto in “I’m still here” (nata da una sua idea di arrangiamento) e “Except for himself”, in cui suona anche il basso. Ho voluto il sound di Paolo Tixi per “Except for himself” e “Wine tastes better” perchè anche lui come me suona molti generi oltre il prog ma riesce a mantenere un tocco molto personale. Mattias Olsson è il collaboratore più eclettico, la persona con cui riesco a rendere reali le mie visioni musicali senza bisogno di troppe spiegazioni. Matteo Nahum e Stefano Guazzo rendono “Wine tastes better” un brano da live club, Sara Accardi e Paola Franciosi hanno prestato le loro belle voci a dare più colore a “il giorno che non ti aspettavi”, Giovanni Pastorino ha accettato il gioco di produrre il mio brano pop moderno (lui è un ottimo esperto nel campo), non è curioso come da due tastieristi prog possa nascere un brano come “So much more”?

Ho trovato molto bello l’artwork e il booklet annesso, con la proposizione di tutti i testi: chi si è occupato dell’aspetto grafico?

La lavorazione del libretto è stata curata in tempi brevissimi dall’atelier Delfilm Studio: non avevamo molto tempo, ma quando noi donne ci mettiamo qualcosa in testa dobbiamo arrivare alla fine! Delphine è una fotografa artista che si occuperà anche delle grafiche del prossimo “Fistful”. Due sono le sue foto all’interno del libretto. L’intero concetto d’immagine è stato pensato da me e le foto che ne raccontano la “storia” sono state realizzate da mio fratello, Andrea Montaldo.

Domanda d’obbligo per concludere: quali sono i tuoi progetti musicali certi in questo periodo di… scarsa visuale?

Innanzitutto, il mio progetto di poter promuovere e vendere il cd durante il mio lavoro è temporaneamente interrotto a causa della situazione generale. Questa è ovviamente un’ulteriore difficoltà per arrivare alla realizzazione di “Fistful of planets part II”. Ho investito molto in queste autoproduzioni, ma senza vendite nè concerti non si riescono ad avere i mezzi per andare avanti. Non mi do per vinta e continuo con i lavori in ogni caso. Sto parallelamente collaborando al prossimo atteso album di Max Manfredi, “Il grido della fata”, ho collaborato con Celeste e Logos e un altro progetto che spero verrà presto alla luce e mi sto dedicando a implementare il mio sito personale, ho aperto la mia pagina BandCamp per poter vendere i miei album, sono attiva sui social e Spotify, vorrei riuscire a organizzare un concerto in streaming, insomma cerco di adeguarmi alla situazione attuale e far sentire la mia piccola voce in mezzo a mille altre mediante il web. Inoltre, siamo in contatto con Fabio e Giulio del Tempio per capire come fare per riprendere l’attività… le idee non mancano, la voglia e l’ispirazione nemmeno…ma non è semplice. Grazie a voi giornalisti, appassionati e ascoltatori si riesce ad avere un po’ di visibilità e a far scoprire alle persone che c’è tanta, ma tanta musica da scoprire, e che con gran parte di essa si può veramente viaggiare o diminuire le distanze spaziali, o ancora evadere da questo pianeta soltanto ascoltando le visioni musicali e lasciandosi trasportare dalla fantasia.

Elisa Montaldo

pianist, singer, composer, producer

www.elisamontaldo.com