Solitamente scrivo di musica, non
amo innescare polemiche sui social dove non è percepito il tono della voce e
dove un moto di reazione può scatenare l’inimmaginabile: parlando di musica,
tutto sommato, si contengono i rischi.
Ma mi piacerebbe urlare i miei pensieri
in altri campi, anche se sento quel senso di impotenza che alla fine sfocia
nella rassegnazione, e allora mi sono dato un termine e sono solito dire che il
giorno in cui non avrò più legami lavorativi aprirò il libro, la bomba che
tutti vorrebbero e potrebbero aprire. Per ora i miei libri, i miei scritti,
restano confinati all’ambito delle passioni.
Oggi descrivo un incontro diverso,
ma significativo.
Il 23 aprile, la pregevole Ubik
di Savona ha organizzato la presentazione del libro di Gian Carlo Caselli e Guido Lo Forte,
“La verità sul processo Andreotti”.
E’ da poco terminata la fiction
televisiva “Il cacciatore”, incentrata su quel Pool Antimafia che nei primi
anni ’90, nel periodo post Falcone e Borsellino, riuscì a catturare elementi di
spicco come Bagarella e Brusca - tanto per citare i più conosciuti -, un tipo
di impegno che Caselli ha conosciuto in prima persona.
Avere la possibilità di trovarsi
davanti cotanta esperienza e sapienza rappresenta un richiamo assoluto per un
comune mortale, e l’idea che la persona che parla e si racconta abbia visto,
sentito e fatto “cose che noi umani…”,
non lascia indifferenti.
Arriva con la consorte e la sua
scorta - che a me appare minimale - una mezz’ora prima e rapidamente la sala si
riempie: un pubblico non troppo giovane, interessato, probabilmente competente,
gremisce l’Aula Magna del Liceo Artistico e quando parte la prima domanda di
Mimmo Lombezzi il silenzio e l’attenzione sono assoluti.
Caselli si alza in piedi per ogni
risposta, e si rivela un fiume in piena, quasi impossibile da interrompere,
gentile ma fermo nei suoi intendimenti, e il suo ego (sarà lui a definirsi
“egocentrico”) non permette intromissioni, perché l’argomento è… la sua vita,
il suo lavoro, la sua passione, i suoi dolori, le calunnie, le verità nascoste,
la rabbia.
Il libro di cui parla è
incontestabile, fatti concreti e fastidiosi per molti, tanto che l’unica
presentazione televisiva, su RAI 1, è stata realizzata alle… 6.15, un’ora
improbabile. E’ lui che lo evidenzia.
Eppure in poco tempo si è arrivati
alla 5° ristampa, fatto che Caselli butta lì tra una frase e l’altra, non per vanto,
ma per sottolineare la sete di verità della gente.
Si leva qualche sassolino dalla
scarpa quando racconta degli incontri che avvengono nel terzo ramo del
Parlamento, quello di Bruno Vespa, ma non è certo questa l’occasione per
cercare rivincite, e il tutto appare quindi come istintivo.
E il contenuto? Credo che per
tutti il processo ad Andreotti sia terminato con una assoluzione, ed è questo
il falso storico che prende il via dall’opera mediatica inscenata ad arte
dall’avvocato Giulia Bongiorno nel 2004 quando, dopo la sentenza della Cassazione,
si lasciò andare alla gioia pubblica (al telefono con Andreotti) urlando
appunto “Assolto, assolto, assolto”,
davanti alle telecamere.
Caselli e Lo Forte nel libro
raccontano in modo molto semplice che Andreotti non è mai stato assolto.
Riprendo qualche nota trovata in rete (Il Fatto Quotidiano): “Per farla breve: i giudici di primo grado, nel 1999, mandarono assolto Andreotti con l’articolo 530 secondo comma, paragonabile alla vecchia insufficienza di prove; l’appello del 2003, invece, decretò il “non doversi procedere… in ordine al reato di associazione per delinquere… commesso fino alla primavera del 1980, per essere lo stesso reato estinto per prescrizione“; nel 2004 la Cassazione confermò riga per riga. Fine della storia. Fino al 1980 Andreotti ha “commesso” il reato di associazione per delinquere con Cosa nostra (il reato di associazione mafiosa, il 416 bis, è stato introdotto soltanto nel 1982), che però è prescritto”.
Per
tutto il resto rimando al libro.
Poche
le domande finali, perché si è fatto tardi, e mi rimane in canna un dubbio che
è il seguente: la sensazione che rimane al popolo in occasione di eventi
epocali (Moro, Ustica, JFK…) è che parte della verità non venga mai a galla,
ma… esiste una giustificazione a tutto questo? Esiste l’albi del segreto di
Stato? E’ forse condivisibile la chiosa di Buscetta che, rivolgendosi a Falcone,
riteneva che quello non fosse il momento giusto per raccontare certe verità,
talmente grandi e impensabile da essere scambiate per fantasie?
Il contraddittorio con Tatti Sanguineti
Un libro da… divorare!