Giovedì 25 ottobre ho assistito ad un concerto particolare.
Mi riferisco al “Rock Symphony” e cioè ad una manifestazione
avente l’obiettivo di ripercorrere le tappe fondamentali del Rock Progressivo.
Gli attori di questa magnifica azione di
buona volontà sono stati molteplici, ma una prima divisione
tra differenti entità era dichiarata, in quanto insita all’interno del progetto
stesso. Parlo di una proposta musicale in cui sullo stesso palco si sono
ritrovati un gruppo Rock Prog, i Nathan e un'orchestra, l'Orchestra Sinfonica di Savona, e il
risultato è stata una miscela che un tempo avremmo potuto chiamare “tra sacro e profano”, ma con cui tutti i
grandi gruppi progressive si sono cimentati, anche in tempi recenti (vedi Yes
nel 2000). Ciò di cui io riferisco è solo quello che ho percepito da
spettatore di passaggio, e non sono quindi in grado di sviscerare motivazioni e
storie personali dei presenti sul palco.
Mi dolgo di non saper niente di questo gruppo savonese, io che sono di Savona,
io che mastico questo tipo di musica da sempre.
Vedrò di riparare in futuro.
La cornice è fantastica ed il Teatro Chiabrera garantisce
l’elemento suggestivo, oltre alla buona acustica.
Incontro tanti amici, i soliti “ammalati “come me, e qualche “forzato” che, come direbbe
qualcuno molto conosciuto…”cosa ci
azzecca questo con la musica?”, e poi mi accorgo di conoscere
di vista almeno un paio di musicisti.
La scaletta è da palati esigenti e prevede brani che
possono essere considerati pilastri del genere, alcuni dei quali ho ascoltato
dal vivo in originale.
Non ho alcun interesse, ne da scrittore ne da lettore,
relativo allo sviscerare il singolo pezzo con commento supertecnico (ammesso
che ne sia capace), ma preferisco dare una visione dell’insieme.
La prima immagine riguarda la disposizione on stage.
Il frontman e leader, Bruno Lugaro,
suona il basso e
divide la parte vocale con Monica
Giovannini, voce davvero
interessante.
Sulla sinistra Flavio Esposito, un tastierista dalla
strumentazione minimalista (rispetto a ciò a cui ci aveva abituato il prog), e
non aver più bisogno di un Hammond e
di un Leslie o di
un Mellotron e’
chiaro segno dell’evoluzione tecnologica.
Alle sue spalle Massimo Spica, chitarrista (che fascino
il doppio manico!) che divide la parte solista con Mauro Brundu, seduto alla Robert Fripp, sull’estremo
opposto.
Fabio Sanfilippo, il batterista, resta un pò nascosto , ma è abbastanza tipico del ruolo, e comunque si percepiscono bene i
suoi tempi dispari.
Sullo sfondo una vera orchestra, composta da professionisti e diretta da un altro membro del gruppo, Marco Milano, che avrà modo di deliziare il
pubblico al pianoforte.
La cornice è perfetta .
Anche la proposta è, dal punto di vista personale,
perfetta.
Ho davanti a me la possibilità di vedere/ascoltare un
concentrato di quanto più ho amato, cioè la musica di gruppi che, in tempi
antichi e recenti, ho ascoltato assiduamente , e poco importa se non è fruibile dai legittimi proprietari.
Lugaro, prima di iniziare “Close to the Edge” degli Yes , evidenzia
come sul palco ci siano i Nathan, cioè musicisti “normali”, e questo segno di
umiltà, questa ammissione di capacità “solo” umane, rispetto agli dei
irraggiungibili del Rock proposto, nulla toglie alle emozioni che la musica
riuscirà a suscitare, nel corso della serata.
Lego questo concetto ad un’altra espressione del
bassista, che evidenzia la grossa difficoltà di creazione ed esecuzione di
brani difficilissimi, nati negli anni '70, cioè un’era in cui in Italia era in
voga la gara di Canzonissima.
A mio giudizio, davanti a certe “invenzioni”, anche i Beatles e non solo Modugno, nonostante le grandi
dimensioni artistiche, possono essere visti sotto un’altra luce.
Mi rendo conto di non essere più in grado di
sottolineare gli eventuali risvolti negativi di fine concerto.
Quando riesco a provare qualche emozione nel
corso della performance, giudico che l’artista sul palco abbia fatto bene il suo
mestiere.
In questa occasione di brividi ne ho provati a
più riprese, in brani diversi.
Se mi trovo in questa situazione, il segnale parte da sotto la nuca e si ferma
alle ginocchia, e
spesso rimane per alcuni
secondi… troppo bello da provare… difficile da spiegare.
Il primo forte sintomo l’ho ricevuto dopo un minuto di
“And You and I”
(Yes,) uno dei miei pezzi preferiti.
Elementi determinanti, la voce di “Monica/Anderson”, fusa con
gli archi dei musici presenti.
Una sensazione indescrivibile!
Segnalo altri due “miei momenti” catartici.
Il primo riguarda l’esecuzione di “The great gig in the sky”,
dove Monica dimostra una grande estensione ed ecletticità, emulando l’intenso
ed interminabile vocalizzo di Clare Torry.
Ma l’apice si raggiunge (o meglio, lo raggiungo)
quando Milano posa le dita sulla tastiera del piano a coda ed attacca”Firth of Fifth”.
“Selling
England by the Pounds” rappresenta per me la perfezione targata Genesis.
Ebbi occasione di vederlo presentare a Torino, nel 72 , e
ancora oggi lo ascolto con regolarità.
Ma il pezzo in questione è per me la sintesi del
lavoro di Gabriel e
company, con un assolo di chitarra che Hackett impiego’ 6 mesi a perfezionare (così
lessi), e che stasera è riproposto degnamente da Brundu, un musicista
“elastico”, capace di calarsi nei panni di Gilmur, Fripp e Howe, utilizzando anche tecniche
particolari come il “Tapping”.
Non mi ha entusiasmato “21 Century Schizoid Man” , ma
è un pezzo che non ho mai amato particolarmente e questo mi ha sicuramente
condizionato.
Menzione a parte per “Song for America”.
Ammetto di conoscere poco i Kansas, ma avevo bene
impresso il fantastico brano proposto in questa occasione.
Mi ha colpito particolarmente il pezzo di violino di
un orchestrale, che ha saputo strappare applausi a scena aperta.
Tutto bene nell’insieme… tutto bene… ce ne fossero di
proposte simili.
Musica, pubblico, ambiente, voglia di comunicare.
Volendo fare giusto un minimo di critica, direi che
non e’ emersa la”grinta da
palco”, quel…“fare anche
un po’ di scena”, tipico di certi animali da palcoscenico.
Forse la presenza austera di vera orchestra,
l’emozione, o la concentrazione su pezzi obiettivamente difficili, hanno un pò “legato” la band, tranne Monica che mi è parsa più sciolta, e meritava più
successo nel suo tentativo di coinvolgimento che qualche mese fa, sullo stesso
palco, tanto bene era riuscito a Franz Di Cioccio.
Ma ripensandoci… Gilmour e Banks ,
avevano una grande presenza scenica?
Ciò che conta è la musica.
Una nota di merito a Lugaro che, da quanto ho potuto
capire dall’esterno, rappresenta l’anima del gruppo e del progetto stesso.
Un grazie di cuore a tutti… davvero sentito.
Cenni biografici
Nathan.
Formazione attuale:
Fabio Sanfilippo , batteria
Flavio Esposito, tastiere
Marco Milano, pianoforte
Mauro Brundu , chitarre
Massimo Spica, chitarre
Bruno Lugaro, basso e voce
Monica Giovannini, voce
Formazione attuale:
Fabio Sanfilippo , batteria
Flavio Esposito, tastiere
Marco Milano, pianoforte
Mauro Brundu , chitarre
Massimo Spica, chitarre
Bruno Lugaro, basso e voce
Monica Giovannini, voce
Nel 2006 presentano dal
vivo l’opera “The Lamb Lies Down on Broadway, anche in forma teatrale. I Nathan nascono nel 1997,
ma Sanfilippo, Esposito e Lugaro, iniziano nel lontano 1977, come cover
band dei Genesis.
Incidono un cd, “The
path is clear”, nel 2005 , con brani dei Genesis.
Realizzano concerti
anche con l’orchestra classica di Alessandria, otre ad
una trentina di esibizioni con la formazione tradizionale.
Nel 2006 presentano
dal vivo l’opera “The Lamb Lies Down on Broadway, anche in forma teatrale.
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