Pearl Jam-"Gigaton"
Qualche mese fa i Pearl Jam, dopo anni di assenza
discografica in studio, sono ritornati proponendo “Gigaton”, l'undicesimo album, pubblicato il 27 marzo 2020.
Comunemente il termine “gigatone” è inteso come unità di
misura dell'energia sviluppata dalle esplosioni nucleari, e viene quindi facile
ipotizzare come questo nuovo lavoro abbia l’intenzione di sprigionare grande
forza d’urto dopo un considerevole letargo.
Sette anni di vuoto sono molti in ambito di uscite
discografiche costituite da inediti, soprattutto se si fa riferimento a un
gruppo importante come quello dei Pearl Jam, relativamente giovane, tanto da
non poter vivere dei soli splendori del passato.
Immagino che questa situazione
sia stata fonte di “preoccupazione” per i fedeli seguaci della band di Seattle,
perché l’ultimo decennio sembrava vissuto nel segno del rallentamento. Il
precedente “Lightning Bolt”, del 2013, era ormai qualcosa da guardare in
lontananza. Poco il sollievo legato al singolo del 2018, “Can't Deny Me”,
così come appariva deludente la notizia che il loro ultimo tour avrebbe incluso
tappe in sole quattro città del Nord America. Insomma, la band sembrava concentrata
su altri progetti, ancora tutti da scoprire.
Improvvisamente una serie di misteriosi cartelloni digitali è apparsa in tutto il mondo, con la presenza di immagini della natura e un nuovo logo dei Pearl Jam in stile elettrocardiogramma, il tutto unito alla parola “Gigaton”. Ed è arrivato "Dance of the Clairvoyants", un singolo sorprendente che ha agitato le acque e dato un po' di speranza, e anche se poteva apparire come una canzone ispirata al dance-punk dei primi anni 2000, si è avuto il segnale di una potenziale nuova direzione per la band, con un'espansione sonora che incorporava maggiormente gli aspetti elettronici.
A quel punto il dibattito si è
animato: tradimento delle classiche radici rock? E ancora… la loro
deflagrazione “singola” sarebbe stata rappresentativa del successivo e sperabile
album? Forse la cosa più interessante e anomala era il fatto che la band pubblicava
rapidamente tre video musicali inerenti allo stesso brano, una decisione bizzarra,
dal momento che i Pearl Jam hanno volutamente evitato video a favore di filmati
di performance dal vivo e lungometraggi sin dal 1998, quando uscì "Do
the Evolution", estratto da “Yield”.
Un mese dopo "Dance of the Clairvoyants" è arrivato un altro brano, "Superblood Wolfmoon", un rock giocoso inserito in un altro video, questa volta un movie d'animazione, e il nuovo singolo sembrava rassicurare molti fan sul fatto che l'album non si sarebbe allontanato troppo dagli elementi distintivi dei Pearl Jam.
“Gigaton” è il primo
rilascio discografico nell’era dell’odiato Trump, ma non è solo lui l’oggetto
delle considerazioni di Vedder e soci.
A mio giudizio potrebbe essere
il disco della “soddisfazione per tutti”: complesso e dinamico, pieno di
sincere emozioni e umorismo sottile, e la sua sostanza ricorda sia “No Code”,
del 1996, che “Yield”, del 1998, due album sottovalutati, che hanno però
fornito slancio alla crescita della band, proiettata verso una sperimentazione
in continuo incremento.
Per chi solo ora arrivasse a
perlustrare il mondo dei Pearl Jam, il brano di apertura, "Who Ever
Said" (con l’intervento dell’amico Pete Townshend) spiegherà
essenzialmente la formula inventata per riempire gli stadi sin dagli inizi,
quando esordirono con l’album “Ten”, nel 1991. Hard rock anni ’70 fuso
con la morbidezza tutta “West Coast”, chitarre agguerrite, ritmica ossessiva,
il tutto coperto da una forte voce baritonale. Ed un monito”, la mission di “Gigaton”:
"Chiunque abbia detto che è stato già detto tutto, ha rinunciato alla
soddisfazione". Eddie Vedder parla direttamente al mondo presentando
l’album - e presentandosi -, un modus sia rassicurante che provocatorio. E, per
fortuna, il resto dell'album mantiene in gran parte questo impegno.
Per chi
invece fosse attratto dalla band per una acuta nostalgia degli anni '90, "Quick
Escape"(con citazione a Freddie Mercury), quarto brano del disco, potrebbe
essere ciò che serve: una grande introduzione in stile Led zeppelin e un’impennata
corale che sprigiona profumo di “Seattle grunge”.
La musica è stata scritta dal bassista Jeff Ament e i testi di Vedder adottano un approccio più sofisticato al commento politico. Molte delle canzoni di Gigaton sembrano affrontare vari argomenti contemporaneamente: "Alright" è un inno di resistenza e rassicurazione di fronte alle sfide personali e/o ambientali; "Seven O'Clock" si occupa di perdita e dolore, incoraggiando gli ascoltatori a "… nuotare lateralmente rispetto alla risacca e non scoraggiarsi", mentre "Buckle Up", con le parole e la musica del chitarrista Stone Gossard, affronta direttamente il tema della morte.
Se poi si è un super fan dei
PJ, “Gigaton” è pieno di regali. In "Never Destination"
Vedder fa riferimento al protagonista del libro di Sean Penn, “Bob Honey Who
Just Do Stuff” (dove l’autore se la prende
praticamente con l'intera scena politica e sociale del proprio paese) , mentre “Take
the Long Way” è stata scritta e cantata dal batterista Matt Cameron e
presenta la prima voce femminile in qualsiasi versione ufficiale dei Pearl Jam
(accreditata a Meagan Grandall, alias Lemolo). Il nuovo produttore Josh Evans,
oltre ad aver co-progettato l’album, dà segno della sua bravura alle tastiere,
mentre l’antico Brendan O'Brien è presente in alcune tracce, e la sua mano si
sente soprattutto in “Retrograde”, scritto dal chitarrista Mike McCready,
ma solo Evans (insieme alla band) è accreditato come produttore. È il suo primo
grande album in quel ruolo e, a detta di tutti, è riuscito a creare qualcosa di
davvero convincente.
Un lavoro pregevole, adatto al
generico e trasversale pubblico tendente al rock, anche se quando si parla di
Pearl Jam l’ambiente più consono appare uno solo, il palco, cioè quello che
mancherà ancora per molto tempo.
La band sta per intraprendere
un vero e proprio tour mondiale (che è ovviamente in fase di riprogrammazione
sulla scia di COVID-19), e molte delle canzoni dell’album aggiungeranno nuova linfa
ai loro già epici spettacoli dal vivo. Tra le varie sedi una è davvero
speciale, l’Ohana Music Festival, curato come sempre da Eddie Vedder, un po'
come giocare in casa… nella speranza che a settembre l’emergenza sanitaria sia
passata, ma realisticamente, per un po' di tempo, dovremo accontentarci della
musica, anche quella dei Pearl Jam, ascoltata all’interno delle nostre case!
Godiamoci quindi l’energia di
“Gigaton”!
Tracklist:
Who Ever Said
– 5:11
Superblood
Wolfmoon – 3:49
Dance of the
Clairvoyants – 4:26
Quick Escape
– 4:47
Alright –
3:44
Seven O'Clock
– 6:14
Never
Destination – 4:17
Take the Long
Way – 3:42
Buckle Up –
3:37
Comes Then
Goes – 6:02
Retrograde –
5:22
River Cross –
5:53
Lineup:
Eddie Vedder – voce, chitarra,
tastiere
Stone Gossard – chitarra, basso, percussioni,
tastiere su Retrograde
Mike McCready – chitarra,
percussioni, tastiere
Jeff Ament – basso, chitarra e
tastiere
Matt Cameron – batteria, percussioni,
chitarra