L’album di cui parlo oggi è proposto dal duo brindisino Vostok,
e reca il nome “Lo spazio dell’assenza”.
Vostok è formato da Mina Carlucci (26 anni - voce) e Giuseppe Argentiero (28 anni - chitarra).
Il nome del gruppo - per chi non
ricordasse il “progetto Vostok”
rimando all’intervista a seguire - unitamente al concetto racchiuso nel titolo
del disco, conduce verso una musica che “perlustra” ambiti nuovi, moderati,
eterei, profondi.
E’ certamente difficile inventare
nuove sonorità, ma spesso il ritorno alla semplicità espressiva rappresenta la
vera ventata di aria fresca.
Mina e Giuseppe si ritrovano
quasi per caso a modificare un percorso che nelle intenzioni iniziali prevede
maggiore partecipazione, perché l'unità di intenti che sboccia tra i due detta le leggi
successive.
Ne nasce qualcosa di intimistico,
dove la voce diventa protagonista, dove ogni idea viene sussurrata, dove l’eleganza
della lingua francese si sposa al più chiaro idioma italiano, dove alcuni
spazi musicali vengono coperti dal violino, dai fiati (sax e flauto) e dalle
percussioni.
“Lo spazio dell’assenza” sa molto di ossimoro, di complicato gioco di parole, ma in
realtà racchiude un concetto basilare, a cui difficilmente si pensa, se non
capita l’occasione specifica: ciò che spesso chiamiamo “vuoto”, relativo a
qualcuno o a qualcosa che non c’è più, è in realtà “pieno”, almeno di ricordi, rimembranze
che non esisterebbero - e quello sarebbe il vero gap - in assenza di esperienze.
Vostok racconta con estrema classe il
contrasto tre il “vuoto” ed il “pieno”, utilizzando la vita di tutti i giorni,
con una maturità da evidenziare, tenuto conto della giovane età dei due
artisti.
Nello scambio di battute a
seguire risulterà più chiaro il loro pensiero, e il brano proposto a fine post
potrà essere l’esempio concreto di una musica che lascia molte porte aperte
alla speranza… in tutti i sensi.
L’INTERVISTA
Partiamo dal titolo dell'album e dal nome che avete assunto... "Lo spazio dell'assenza" e "Vostok". Che
cosa lega la vostra musica al concetto fisico e simbolico di
"Spazio"?
(Giuseppe) Chiariamo
subito: non c'è un grosso concept che lega la nostra musica al
"concetto" di spazio (inteso come universo). Il titolo dell'album è
ovviamente un piccolo gioco di parole ma non solo... lo spazio a
cui facciamo riferimento è in realtà il vuoto lasciato da
qualcuno. Qualcuno che "va via", ma nonostante la sua assenza riempie
"un posto" (e qui ognuno di noi, ogni essere umano - o quasi
- può dare un volto a quel qualcuno e un perché
di quell'assenza). Una mancanza sempre tangibile insomma.
Vostok l'ho sempre
considerato un nome affascinante (per chi non lo sapesse il programma
Vostok fu il primo progetto sovietico di missioni umane spaziali, Jurji Gagarin
- il primo uomo nello spazio - era a bordo della Vostok 1, insomma un ottimo
nome per un gruppo, anche se noi siamo "solo" un duo ad esser
pignoli.
Da dove nasce il vostro amore per
la musica?
(Mina) Non nasce, da
che me ne ricordi c'è sempre stato! È lei che ha scelto me... sono stata sola
fortunata.
(G.) Nel mio caso il
classico fratello maggiore che torna a casa con un album dei... boh? Black
Sabbath, Metallica quel-che-è... e ti apre un mondo a te fin'ora sconosciuto.
Naturalmente faccio parte di una generazione pre-internet, da questo punto di
vista credo che ora i fratelli maggiori siano stati sostituiti da Youtube.
Che tipo di cultura musicale avete
alle spalle?
(M.) Abbastanza varia
a dire il vero. Non mi sono mai "chiusa" (non ci siamo mai chiusi)
in un genere musicale, ascolt(iam)o di tutto: dalla classica al metal passando
per rock, cantautorato... e ovviamente roba più vicina a
quello che facciamo con i Vostok, quindi ethereal, darkwave neoclassica,
neofolk, jazz...
Come nasce il vostro incontro musicale e che tipo di percorso avete
seguito dagli inizi ad oggi?
(M.) Il nostro incontro
nasce casualmente. Vostok è un progetto partito da un'idea di Giuseppe, l'album
doveva esser cantato da più voci (tutti artisti della nostra zona, cioè
Brindisi), un'opera corale potremmo quasi chiamarla così. Ci
siamo incontrati per questo motivo (tutto ciò avveniva nei primi mesi del
2012) e, ritrovatici con gli stessi obiettivi, abbiamo deciso di
continuare insieme questo progetto, di unire come si suol dire le forze e
mescolare le nostre caratteristiche.
(G.) Sì, come ha detto
Mina l'album doveva avere più voci, quattro cantanti diversi. Ma quando abbiamo
iniziato a registrare le parti cantate dei vari brani mi sono reso conto che
Mina era l'unica che viaggiava sulla mia stessa lunghezza d'onda (entrava nei
brani, nel mood) ma, soprattutto, aggiungeva
del suo. E a dirla tutta mi sono reso conto anche che bisognava dare
"uniformità" al lavoro. L'opera
corale implodeva su se stessa, ed era necessario un punto fermo.
Una voce guida. Allora ho resettato tutto (o per lo meno tutto quello
fatto fino a quel momento), le ho dato carta bianca e abbiamo ri-registrato le
voci di tutti i pezzi con lei (tranne un pezzo intitolato 'Lacryma' che è
cantato da Raffaella Esperti - un'altra mia amica molto brava). A quel punto
Vostok non era più un mio progetto, c'era stato un passo in
avanti. Più passi in avanti a dire il vero. Mina ha donato una "dolcezza
pop" alle canzoni che non era affatto prevista, quindi Vostok è
diventato plurale: i Vostok. Oltre che plurale siamo diventati
anche "caldi" perché la freddezza del
"progetto da studio" è venuta meno, mentre registravamo abbiamo
iniziato a fare concerti dal vivo. Un percorso alla rovescia insomma: di solito
si parte dai garage impropriamente chiamati sala prove, si continua
suonando in qualche locale e si finisce in studio... siamo andati al di là
del progetto da studio, cosa che ha fatto benissimo all'album.
Ovviamente non vogliamo
completare il percorso da gambero, siamo partiti da uno studio di
registrazione, abbiamo iniziato a suonare dal vivo ma il nostro obiettivo non è
finire in un garage-impropriamente-chiamato-sala-prove. Si spera almeno.
Esiste un artista o una band che vi ha fortemente influenzato?
(M.) In genere cerco
di non avere "influenze particolari" per non lasciarmi condizionare.
Apprezzo molto gli Afterhours, ma non so quanto questo finisca nei Vostok
(sicuramente qualcosa ci finisce) ma, soprattutto, se si senta.
(G.) No, un artista
soltanto no. Dovrei tirar giù una lista lunga qualche metro.
Cosa significa per voi una performance live?
(M.) È uno
scambio. È un prepararsi a dare il meglio, a dare tutto. Se trattieni
qualcosa la gente se ne accorge. Chi sta dall'altra parte parla la tua
stessa lingua. Se sei pronto a mettere a nudo le tue emozioni, più che dare...
ricevi.
(G.) ... vero,
verissimo. Aggiungo solo un po' di pragmaticità: le performance live,
ritornando a quanto dicevo poco fa, ci aiutano a diventare un
"gruppo" vero.
Difficile
collocarvi in una delle tante etichette che si è soliti dare per identificare
un artista. Provate a dare voi una definizione che possa... stimolare la
curiosità del lettore.
(G.) Innanzitutto
grazie, grazie davvero. È una domanda che ci mette in difficoltà, quando
preparavamo la cartella stampa da spedire a voi addetti ai lavori siamo stati
ore e ore a cercare una "frase ad effetto", una definizione che
un ipotetico pubblicitario avrebbe bollato come "un'ottima idea!"
ma... nulla. Nessuna idea particolarmente brillante. Caro lettore (si spera incuriosito),
veniamo al sodo, qui c'è l'album: http://vostok-project.bandcamp.com ... null'altro importa. :-)
Perché la scelta di esprimersi, anche, nella lingua francese?
(M.) La lingua
francese ci piace un sacco. Pensiamo che sia romantica (come la nostra lingua).
Poi proviene dallo stesso ceppo e non a caso assomiglia molto al nostro
dialetto. È molto "sognante", come sognante è
Parigi, la sua atmosfera...
Vi cimentate anche con qualcosa di meramente strumentale. Che cosa
rappresenta per voi un brano privo di liriche?
(G.) Dirò una banalità
ma tant'è: ci sono delle sensazioni, dei sentimenti che è difficile spiegare a
"parole". La relazione musica-emozioni è qualcosa che non so
decifrare. Sentivo che in quel brano (Komet 42) non era necessaria
la voce di Mina, bastava a se stesso così com'era.
La vostra giovane età autorizza a sognare e a pianificare. Che cosa
vorreste vi accadesse, musicalmente parlando, nel futuro immediato?
(M.) Inutile dire
"successo"... partendo dalle nostre piccole e poche risorse è già
un successo/un buon risultato aver avuto al nostro fianco
gente che ha creduto in noi/nel nostro progetto e ha contribuito attivamente
per realizzarlo: i musicisti coinvolti nelle registrazioni, i ragazzi della
Golden Morning Sounds (un saluto particolare a Gianni e Luigi), i ragazzi con
cui abbiamo registrato il video-clip di Bonjour tristesse e
tanti... tanti altri. Questo, oggi, è il nostro piccolo successo e speriamo
davvero che questa "cosa" che noi facciamo possa coinvolgere
ascoltatori in numeri sempre maggiori.
(G.) ... sì, questo è
quello che ci auguriamo nell'immediato futuro. L'unica cosa che conta
davvero. Non importa se è gente che acquista il nostro CD o gente che scarica
(free download) l'album dal nostro sito, l'importante è che Lo spazio
dell'assenza venga ascoltato da più persone possibili.
Tracklist:
1. Me terah 02:06
2. Lontano dalla luce 04:15
3. I tuoi occhi 03:21
4. Come marea 03:35
5. Bonjour tristesse 04:46
6. Lacryma 03:21
7. Jerusalem 04:59
8. Le néant scintillant 03:14
9. Komet 42 04:26