E’ freschissima l’uscita dell’album Al Vento, proposto
da i Nient'Altro Che Macerie, a distanza di una
anno dal loro esordio, Circostanze.
Ascoltando la loro
musica, e leggendo con attenzione i testi, che trovano largo spazio anche nella
presentazione del progetto, d’istinto viene da pensare che quel… “E
se mettessimo su un gruppo?”, a cui si fa
accenno nell’intervista a seguire, tipico della giovane età, qualunque sia l’epoca
vissuta, segua un motivazione che si scosta dallo standard; lo stereotipo per
me è rappresentato dalla necessità emulare il conosciuto e lasciare spazio al
rock più duro possibile. La formazione a tre - chitarra, basso e batteria - alimenterebbe
maggiormente il sospetto, in attesa di un’analisi più approfondita.
Ma poi si legge, si ascolta, si segue il
testo mentre i brani incalzano, e ci si rende conto come l’obiettivo di questi
ragazzi milanesi sia quello di lanciare forti messaggi, riflessioni ad alta
voce che superano l’esigenza primordiale, e urlano il più forte possibile - e non
è una questione di decibel - per spingere con tutta la forza del corpo le
degradanti fotografie del quotidiano, regalandole … Al Vento…
A questo punto della storia, il malessere
nascosto sotto - e tra le macerie - non
conosce più categoria generazionale, sociale, geografica, perché tutti, ma
proprio tutti, spesso inconsciamente, si affidano al vento, per far viaggiare
la loro rabbia, nella speranza che qualcuno la raccolga e reagisca nel modo
corretto.
I Nient’Altro
Che Macerie disegnano, per chi ha voglia di ascoltare e vedere, l’alienazione
e la tristezza, il degrado e la mancanza di energia, la delusione e l’impossibilità
di cambiare, che nello specifico si localizza nella periferia milanese, ma che
è dietro l’angolo di ogni casa di questo nostro paese.
La musica è essenziale, funzionale al
racconto di vita, ma ha la peculiarità di saper generare piccoli tormentoni che
ti rimangono dentro, e i lick di chitarra sono elemento caratterizzante che…
amplificano il grido di disagio.
Al Vento sorprende per l’efficacia, per il saper dire in estrema sintesi ciò
che l’attuale generazione vive drammaticamente, ma, ripeto, è una costante di
ogni tempo.
Era il 1971 quando quattro geni della
musica scrivevano e cantavano:
Teenage wasteland
It’s only Teenage
wasteland
They're all wasted!
E anche loro si facevano fotografare su
di un cumulo di macerie!
Ma noi abbiamo l’obbligo di lasciare
spazio, seppur minuscolo, alla speranza.
L’INTERVISTA
Chi sono i “Nient’altro
che macerie”? Come nasce la vostra passione per la musica?
I “Nient'altro Che Macerie” sono Simone (voce, basso), Andrea
(chitarra) e Matteo (batteria). La passione per la musica di Andrea è nata
quando ha visto Amedeo Minghi e Mietta cantare “Vattene Amore a Sanremo” (si
scherza, ovviamente). In realtà abbiamo sempre coltivato tutti e tre questa
passione, ognuno con sfumature differenti, fino al magico momento in cui ci
siamo detti «E se mettessimo su un
gruppo?».
Esistono band o artisti che vi hanno influenzato e su cui siete tutti
d’accordo?
I quattro nomi facili sono Mogwai, Radiohead, Fine
Before You Came, Raein.
Qual è il filo conduttore che lega i brani di “Al Vento”?
Come suggerisce il titolo ci
piaceva l'idea di trasmettere, anche musicalmente parlando, un certo tipo di
ariosità, un senso di apertura non meglio definito. Il filo conduttore potrebbe
essere una "speranza disillusa", una speranza fine a se stessa, non
entusiastica. Una speranza "al vento" che, venendo trasportata, può
arrivare a posarsi da qualche parte ma può anche andare a perdersi.
Che giudizio date dell’attuale stato della
musica, relativamente a talenti e opportunità di ottenere la giusta visibilità?
Facciamo fatica a rispondere a
domande come questa perché sono questioni che tendiamo a non affrontare nemmeno
fra di noi. Noi facciamo quello che facciamo perché ci diverte e stop. C'è
sempre chi meriterebbe più attenzione (e c'è sempre chi ne meriterebbe di
meno); resta il fatto che visibilità non è sinonimo di qualità e di
credibilità, che per noi è forse la cosa più importante. Per noi l'importante è
risultare credibili al nostro piccolo pubblico; arrivare a chiunque ora come
ora non è una nostra priorità.
Che cosa accade nei vostri live? Amate
l’interattività?
Dei
nostri live non ci ricordiamo nulla se non che alla fine il palco è sempre pieno di reggiseni e il
giorno dopo facciamo fatica a camminare.
Che cosa può fare la musica per alleviare il
disagio che ormai attanaglia tutti, senza esclusione di fasce “protette”?
La musica dovrebbe semplicemente
essere onesta, diretta. Dovrebbe parlare al cuore, allo stomaco e non solo al
cervello.
Che tipo di rapporto avete con le nuove
tecnologie?
Io (Matteo) e Andrea abbiamo un
rapporto normale nel senso che ne facciamo tranquillamente a meno quando ci è
possibile. Simone è più pratico e professionale perché facendo il fotografo le
nuove tecnologie le mangia a colazione.
Come definireste
la vostra musica in sintesi?
Electropoprocksynthkrautblacksymphonicdeephousepostrockpowermetal.
La vostra formazione in trio è funzionale alla
vostra proposta o esiste casualità?
Metà e metà.
Che cosa vorreste trovare, nell’immediato futuro,
sotto alle macerie?
Tanti, tanti, ma tanti soldi. Ma
anche no.
Biografia
I Nient’altro Che Macerie
sono in tre e vengono dalla provincia di Milano, quella che ti opprime e ti fa
venire voglia di andare da tutt’altra parte, o che forse non esiste più ed è
solo uno stato mentale. Suonare per prendere aria; suonare e urlare sentimenti
talmente personali da diventare quasi universali. Urlare per prendere coscienza
delle condizioni casuali che accompagnano i fatti e ne determinano la natura.
“Circostanze”, esordio autoprodotto, è uscito nell’aprile 2012
in streaming e in free download su Bandcamp.
“Al Vento”, nuovo album, esce ad
aprile 2013 in free download e cd su V4V Records.
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