I Betters
parteciperanno al FIM,
manifestazione di respiro internazionale che si terrà a Villanova d’Albenga nei giorni 25
e 26 maggio.
MAT2020 ha chiesto ad
un esperto, Gianni
Sapia, un pensiero sulla band e sulla produzione
conosciuta.
Ne esce fuori un bel ritratto che fotografa appieno
gli elementi base del giovane gruppo savonese.
L’esperienza
ci fa uomini. La vita vissuta. Il mondo ci costringe ad interagire con esso e
noi con esso interagiamo, fin da quando spuntiamo indifesi dalle viscere di
nostra madre ed iniziamo a respirare l’aria, che del mondo fa parte e riempie i
nostri polmoni raggrinziti annullandone le pieghe, come quando si soffia dentro
un sacchetto di carta. Le prime sensazioni che viviamo sono di fastidio, di
dolore. Forse è per questo che, inconsciamente, per il resto della nostra vita,
cerchiamo la semplicità, la gioia, la felicità. E se cresciamo insieme a chi
condivide con noi la voglia d’allegria, se condividiamo le nostre esperienze
con chi come noi ha voglia di spensieratezza e se questa spensieratezza si
traduce in musica… Pensate a Mick Jagger e Keith Richards: stessa generazione,
stessi luoghi, stessa crescita, stesse esperienze. O a John Lennon e Paul
McCartney, anche loro tante stesse cose. I gruppi musicali sono spesso fatti da
uomini che hanno percorso e percorrono la stessa strada, perlomeno quelli più significativi
e i Betters, cinque ragazzi
anche loro con tante stesse cose in comune, hanno appena cominciato a
percorrere la loro. Ossimoro, ecco la parola! Una parola che quasi non
ricordavo, ma che è stata la prima che mi è venuta in mente ascoltando i Betters, perché la sensazione che ho
avuto è stata di un pensiero spensierato. Questo è quello che mi è successo
ascoltandoli la prima volta. Una sorta di scomposizione di idee il cui unico
filo conduttore era quella musica così ventosa. Ventosa sì, perché mi rasserenava
e mi increspava come il vento fa col mare e mi avvolgeva, come il vento in
faccia e tra i capelli quando ancora andavo sul mio Primavera senza casco. È un ritmo che ti coinvolge fin da subito
con la sua immediatezza e la sua oggettiva spontaneità. Non si riesce proprio a
non ondeggiare la testa quando suonano i Betters. La loro semplicità e la
voglia che ti fanno venire di saltellare e piroettare rendono onore meglio di
ogni altra cosa al rock’n’roll. Lasciamo agli altri gli orpelli, noi suoniamo,
ci divertiamo e speriamo di farvi divertire, questo è quello che sembra uscire
dai loro amplificatori. Chitarra, basso, batteria e voce, senza tante menate.
Loro stessi, in un’intervista rilasciata a MAT2020, alla domanda “che ruolo hanno le nuove tecnologie
nella vostra idea musicale?”, rispondono, cito testualmente: “Dal punto di vista prettamente musicale, potremmo
essere gli stessi anche tornando ai mezzi tecnici di 50 anni fa. Per noi il
rock'n'roll è semplicità: una batteria, un basso, un pò di chitarre e una linea
vocale orecchiabile” e sentite un po’ Mr. Keith Richards, uno che di rock
se ne intende: “Per fare un disco rock la
tecnologia è la cosa meno importante”. La lunghezza d’onda sembra proprio
essere quella giusta. Un rock’n’roll proletario, popolare, pop-rock insomma,
nell’accezione più nobile del termine. Non ci può essere niente di
dispregiativo nel fare arte per la gente, per tutti. I Betters mi sembrano
lontani dall’autocelebrazione, da una vanagloria che spesso colpisce i giovani
musicisti. Permettetemi ancora una citazione, questa volta di Mr. Lou Reed, un
altro che di rock ne sa: “Come può
qualcuno imparare qualcosa da un’opera d’arte se questa riflette solo la vanità
dell’artista e non la realtà?”. Il concetto quindi mi sembra chiaro:
semplicità e immediatezza. Sono le parole d’ordine di Matteo "Matt"
Scotolati (Voce), Riccardo
"Richi" Marinucci (Chitarra), Agostino "Ago" Scotto
(Chitarra), Matteo "Frume"
Frumento (Basso), Simone "Simi
Live" Brunzu (Batteria), ovvero i Betters. Non si può fare a meno,
ascoltando i loro pezzi, di accostarli a gruppi come Oasis, The Verve o Blur,
ma non basta. Penso a Marta, per esempio, il loro primo
singolo. E penso ai Clash, a Tommy Gun.
I cinque Betters sanno anche di
punk. Inconsapevolmente ma in maniera altrettanto inevitabile (cosa c’è di più
“primordiale” del punk?), i ragazzi spolverano di punk la loro musica come si
spolvera il tiramisù col cacao amaro. Il riff di chitarra ti si insinua dentro,
cadenzato da una ritmica che non lascia dubbi anche sulle qualità tecniche
della band. In ordine cronologico, dopo Marta,
arriviamo a Sveglio alle 6, forse il pezzo più rock’n’roll di tutti, a
partire dalla schitarrata iniziale, che ricorda i Queen di Crazy Little Think Called Love. Ma mentre i Queen poi prendono una
direzione più rock’n’blues, i Betters
restano irrimediabilmente rock’n’roll, con, anche qui, qualche venatura punk
che si può cogliere nei riff delle chitarre. Il ritmo di Simone “Simi Live” è
sempre ben preciso e cadenzato e la giusta mescolanza tra tamburi e piatti
colora il pezzo di giusti toni. Il gruppo resta omogeneo in un pezzo fatto di
stop e riprese. E prima di arrivare al loro ultimo singolo, peraltro corredato
di video, c’è da fare un passaggio sull’embrionale Se non Sai. Per ora ne esiste solo una versione acustica da
chitarra in compagnia intorno al falò sulla spiaggia, ma vive già di una sua
franchezza, così come gli altri pezzi. Aspetto con curiosità di sentirla
elettrificata. E siamo a In Macchina. Il video mantiene fede
a quella semplicità e immediatezza che ormai mi sembrano essere il loro marchio
di fabbrica. Appaiono per quello che sono, con jeans, felpe, magliette e
giacche, che credo siano le stesse che usano ogni giorno. Il video è incentrato
su di loro che suonano, praticamente live,
sul tetto di un edificio. Scelta azzeccatissima, vista la loro impronta. E sono
carini! Per quanto io sia poco adatto a giudicare l’estetica maschile, direi
che sono dei bei ragazzi, che non guasta mai. C’è anche una ragazza nel video e
lei, di lei lo posso dire, è carina davvero! Anche qui confermano quanto di
buono avevano già fatto sentire in precedenza. L’intreccio di chitarre resta
morbido e pannoso, la ritmica mantiene la sua personalità e l’ironico e insieme
malinconico canto di Matteo “Matt” Scotolati si amalgama perfettamente col
resto dei suoni e quello che ne viene fuori possiede un proprio DNA. Un DNA all’insegna
dell’allegria. Allegria che, come dicevo all’inizio, tutti noi ricerchiamo,
anche se molti, troppi, vorrebbero far coincidere l’allegria e la semplicità
con la superficialità e si nascondono ipocritamente dietro una profondità di
pensiero, così profonda da non vederne la fine e l’unica cosa di cui non si
vede la fine è il vuoto. La vera profondità d’animo, il vero coraggio, in
questo mondo, è mantenersi semplici malgrado tutto e trasmettere felicità agli
altri. Aspetto di sentire il vostro primo album, che dovrebbe uscire entro fine
anno e nel frattempo grazie Betters,
per non essere profondamente vuoti, ma coraggiosamente semplici.