Jerry Cutillo sceglie Stazione Birra
per celebrare i 20 di vita degli OAK,
band romana di cui è creatore e leader, con cui ha calcato molteplici
palcoscenici raccontando storie di prog e contaminazioni estese.
Musica legata ai mostri sacri del
passato, ma anche un' importante produzione propria che unisce il credo musicale
iniziale a influenze che riportano a un mondo orientale da cui Cutillo ha
tratto grande fonte di ispirazione.
I vent'anni di attività sono un
traguardo importante, qualunque sia il “lavoro” svolto, e la festa andata in
scena a Stazione Birra - luogo di
riferimento per quanto riguarda la musica di qualità a Roma e dintorni - è
risultata una perfetta sintesi di epoche e musiche differenti.
Tanti gli ospiti, a partire da un
certo Maartin Allcock, ormai romano
di adozione, sino agli spagnoli Jose Melon
e Gabriela Guardiola, passando per Lincoln Veronese, con una lunga lista
di musicisti con un trascorso - o
presente - OAK. Per i dettagli occorre arrivare a fine post.
Menzione di merito al giovane
chitarrista Ariele Cartocci che,
come sottolineato dal palco, sino a pochi anni fa sedeva in prima fila con
l'obiettivo di “rubare “ un po' di mestiere, target ovviamente raggiunto.
A completare il pacchetto degli
ospiti la scuola di danza savonese Ensemble
Danse, conosciuta in precedente concerto e nell'occasione in piacevole
trasferta.
Si inizia con My
God - e quindi con i Jethro Tull - ma il mondo di Ian Anderson sarà solo uno dei tanti
porti cui gli OAK faranno tappa, scivolando su King Crimson, Genesis e
molto altro, proponendo un Time
Generator originale e piacevole.
La caratteristica principale
rimarrà alla fine la varietà di situazioni, il susseguirsi dei vari
protagonisti su di un palco spesso super affollato, e poco hanno importato le
occasionali sbavature legate all'impossibilità di soundcheck razionalizzato,
perché ciò che è emerso è stato lo spirito aggregativo, la voglia di realizzare
una sorta di famiglia musicale raccontando quattro lustri di vita, proponendo
qualità e provocando coinvolgimento totale.
Faccio un salto all'ultimo
episodio, il bis canonico di Siberian Man - la Fat
Man tulliana - momento di massima densità da stage, dove i problemi di
amplificazione della balalaika di Jerry trovavano copertura per opera di Allcock,
che come un perfetto driver, imboccava la strada di Get back - omaggio ai Beatles - e di Won't Get Fooled Again - omaggio ai The Who, eseguito per la felicità di Gabriela Guardiola, pronta ad urlare al microfono il suo amore per Townshend ... mai visto il compassato
Martin così pronto alla dimostrazione di gioia da palco!
A proposito di ospiti spagnoli, uno dei
momenti più spettacolari ha riguardato Jose
Melon... attore, musicista e chissà cos'altro, che ha ricondotto al mondo
di A
Passion Play, a quarant’anni di distanza dall’uscita dell’album,
e ha permesso di ricordare Jeffrey Hammond-Hammond
(inappuntabile la divisa di Mauro “Il
Professore” Delorenzi).
Sempre per restare in tema di
coinvolgimento e di Tull, l'ultimo brano
prima del bis è stato quello che pochi giorni fa avevo definito per me ormai inascoltabile,
quel Locomotive
Breath presentato da chiunque e
in tutte le salse - che nell'occasione ho al contrario avvertito come
rinvigorito e carico di nuova energia ed interesse.
Martin Allcock ha avuto un suo spazio personale, ma anche nei momenti di
gregariato il suo tocco si è fatto sentire... classe sopraffina al servizio del
team.
Anche la parte “dance” ha avuto
la sua ragione e visibilità, legata alla musica creata e incisa dagli OAK negli ultimi anni, e il connubio
tra differenti arti è risultato alla fine lo spettacolo nello spettacolo, e le giovani danzatrici dell’Ensemble
Danse hanno trovato il modo di lasciare il segno, nonostante le difficoltà
oggettive.
Ma il momento topico arriva
quando meno te lo aspetti, provocato da chi, ed era il mio caso, non conosci. Mi
riferisco alla shamana Sainkho Namtchylak che, inizialmente da sola sul
palco, ha proposto magici vocalizzi linkati ad una base ritmica coinvolgente,
mentre sullo sfondo le proiezioni video completavano il quadro, in un'atmosfera
surreale e inusuale che molti presenti hanno immortalato, dimostrando interesse
per un'interpretazione un pò ai confini della nostra cultura musicale.
Jerry Cutillo sugli scudi: polistrumentista, cantante, animatore e conduttore,
unisce epoche e stili musicali con estrema facilità, riuscendo a fare emergere,
tra tanto materiale conosciuto e illustre, un set di pensieri e musiche
personali che non hanno lasciato indifferente l’audience.
Inutile stilare graduatorie e
stabilire meriti nel giorno della festa, ma è bene sottolineare come tutto
abbia funzionato e come sia stata un'occasione per una reunion di amici, calati
a Roma dal nord (Alessandria, Savona, Firenze, Venezia), dalla Spagna e
dall'Inghilterra.
Una dimensione internazionale di
cui gli OAK devono andare fieri anche se, assistendo al concerto, stabilire
quali fossero i veri OAK mi è sembrata
cosa azzardata.
Una bella serata di musica e alla
fine tutti visibilmente soddisfatti.
Jerry Cutillo, da me intervistato qualche tempo fa, aveva detto, tra le altre
cose: “ In questi venti anni abbiamo raccolto così tanto materiale video che
dovremmo passarne almeno dieci per guardarlo tutto. Vorremmo però poterlo
racchiudere presto in un film. Siamo attualmente impegnati con i concerti per
il ventennale della nostra band e ci attendono spettacoli in Inghilterra con
Maartin Allcock ed in Europa con la cantante siberiana Sainkho
Namtchylak, molto nota nel panorama della world music per il suo magico canto
armonico. Continueremo anche il nostro tributo ai Jethro Tull con sempre
maggiore energia e speriamo di avere presto un nuovo album con le novità che
queste ultime esperienze hanno fatto maturare nel nostro sound”.
E le speranze di
Jerry, come sempre, si trasformeranno in fatti concreti!
La lista dei
partecipati in ordine alfabetico
Alex
Barocchi
Chitarra
Antonio Orlando - Piano
Ariele Cartocci - Chitarra
Carlo Fattorini - Percussioni
Daniele Di Noia - Basso
Emanuele Ranieri - Chitarra
Ensemble danse di Savona - Balletto
Francesco De Renzi - Tastiere
Gabriela Guardiola - Sinth
Jerry Cutillo - Voce, flauto, chitarra e balalaika
Jose Melon - Voce e recitazione
Lincoln Veronese - Chitarra
Luca Leonori - Batteria
Maartin Allcock - Chitarra
Marco Viale - Sinth
Mauro Delorenzi - Basso
Mauro Gregori - Percussioni
Michele Vurchio - Batteria
Mirka Karakopoulos - Danze
Sainkho Namtchylak - Voce
Antonio Orlando - Piano
Ariele Cartocci - Chitarra
Carlo Fattorini - Percussioni
Daniele Di Noia - Basso
Emanuele Ranieri - Chitarra
Ensemble danse di Savona - Balletto
Francesco De Renzi - Tastiere
Gabriela Guardiola - Sinth
Jerry Cutillo - Voce, flauto, chitarra e balalaika
Jose Melon - Voce e recitazione
Lincoln Veronese - Chitarra
Luca Leonori - Batteria
Maartin Allcock - Chitarra
Marco Viale - Sinth
Mauro Delorenzi - Basso
Mauro Gregori - Percussioni
Michele Vurchio - Batteria
Mirka Karakopoulos - Danze
Sainkho Namtchylak - Voce
La set list
-My God
-What’s
that sound
-Murfatlar
-Forest
Cathedrals
-When
rock was young
-Parallel
dances
-Prog
medley
-Danse
macabre
-The Hare
who lost
-A
passion play
-Mongolian mix
-Sainkho solo
-L’ombra
delle danze
-I am the
Shaman
-Koongoorei
-My song
-Erge
chokka
-Baba
Gaia
-Sibirsky
ska
-Locomotive
breath
-Kaar
deerge
-Siberian man