Prende ufficialmente luce il nuovo album de Le Maschere di Clara, il cui titolo è L’Alveare.
Era la fine del 2011 quando da queste pagine presentavo Anamorfosi, lavoro originale e inetichettabile di
questo trio atipico, e dopo un anno e mezzo di vita per tutti intensa, li
ritrovo… maturi, da molti punti di vista.
Per chi non li conoscesse è bene presentare qualche immagine.
Lorenzo e Laura Masotto, fratello e sorella,
rispettivamente basso/piano/voce e violino, unitamente al batterista Bruce Turri, uniscono il loro know how
classico alla voglia di sperimentare, forti della conoscenza degli standard
prog, assorbiti e utilizzati per creare uno stile personale, che sa tanto di
libertà espressiva. Siamo al cospetto di giovani e quindi artisti che, avendo
le idee chiare, utilizzano l’elemento anagrafico come marcia in più per pianificare e
progettare un percorso di tipo professionale.
Vivere di musica è un’aspirazione legittima, ancorchè
ambiziosa di questi tempi, ma quando talento, capacità e idee chiare sono un
evidente patrimonio personale, è un obbligo provarci, ed ecco che ritrovo LMdC con un assetto in grado di
affrontare le difficoltà e… andare all’attacco. Tutto ciò rimane forse un po’
nascosto - e poco interessante - per chi ascolta, ma una struttura solida, da
tutti i punti di vista, rappresenta una garanzia di continuità.
Questa nuova proposta mantiene una caratteristica importante,
uno stile espressivo che non ha eguali e impossibile da ricondurre al
conosciuto. Da sempre chi opera in ambito rock utilizza la carta della
contaminazione classica, e se spesso in passato ci si poteva trovare davanti
all’operazione commerciale mirata, ai giorni nostri sono ben altre le carte da
giocare per … sperare.
La musica di questi veronesi intraprendenti contiene un
profumo che sa di sacralità, di espressione superiore, di cultura non ostentata
e proposta con efficacia: una band che propone un “prodotto” che unisce libertà
e cultura che sconfina nell’impegno didattico.
Occorre però prendersi il tempo giusto e… saper ascoltare,
cosa banale a dirsi ma non facilissima da ottenere.
Il primo atto può essere devastante, l’impatto … un evento a
cui si è impreparati e a cui occorre avvicinarsi per gradi, ascoltando appunto.
Da tenere conto l’anomalia della tipologia strumentale, con
l’impossibilità - voluta - di sorreggere i brani con un tappeto di accordi, e
con il violino elettrico nel ruolo di conduttore, capace di creare uno stato di
tensione che lascia sempre aperta la porta per una nuova e attesa soluzione,
una sorta di “… aspettare la sorpresa dietro l’angolo”, in uno stato di
apparente entropia che accomuna i brani, e che è in realtà estrema libertà nel
mostrare precisione di dettaglio.
L’Alveare è qualcosa di schematico e preciso, il contenuto, il
messaggio, la definizione tecnica, l’ingegno creativo e propositivo.
Ciò che accade all’esterno è spesso fuori da ogni controllo e
volontà personale, ma va affrontato e raccontato, e per farlo, per disegnare
l’uomo e le sue nefandezze e debolezze, LMdC
miscelano la musica alla letteratura e alla storia, riunendo sotto lo stesso
cappello arti differenti.
Per parlare di guerra, solitudine, moralità, dubbi umani,
incertezze e problemi esistenziali che accomunano epoche differenti, la band
utilizza il pensiero di nove autori che, messi in sequenza, realizzano un
percorso concettuale. Si va dalla Merini
a Leopardi, da Quasimodo a Pirandello,
da Levi a Montale, da D’annunzio a
Calvino, sino al finale dantesco,
con quel “Fatti non foste a viver come bruti”, che presenta l’incomparabile voce di Vittorio Gassman, e decreta il giudizio
finale nei confronti di una società che pare mantenga il denominatore comune
dell’irragionevolezza.
E
pensare che, forse, basterebbe il cuore per vivere!
L’INTERVISTA
Ci siamo lasciati su “Anamorfosi”: che
cosa vi è successo da quel momento in poi, musicalmente parlando?
Ci siamo chiusi in studio
per tanti mesi, abbiamo frugato nell’armonia e nella costruzione minuziosa di
ogni singola nota, siamo andati oltre l’istintività di “Anamorfosi” creando
così un disco articolato nella struttura, nel suono e nei diversi colori
interpretativi.
Il nuovo album si intitola “L’Alveare”,
quale il motivo della scelta?
Le distorsioni
rappresentano le api all’esterno dell’Alveare, mentre la costruzione armonica
dei brani vuole rifarsi alla meticolosità e precisione dei cunicoli al suo
interno.
Una sicura - e inusuale - concettualità dell’album è l’utilizzo di
episodi importanti della letteratura per fornire spunti di riflessione e
lanciare i messaggi. Come avete elaborato questo percorso?
L’idea di omaggiare i
grandi della letteratura italiana è un messaggio forte rivolto ai ragazzi che
seguono il nostro progetto. Un messaggio culturale
che vorremmo fosse recepito come un monito alla nostra memoria storica, alla
bellezza, all’arte.
Perché “Basterebbe il cuore per vivere”?
Nessuna legge, nessun
crimine, nessun potere. Basterebbe il cuore per vivere.
Riuscite
a spiegare l’entità della vostra evoluzione, sia dal punto di vista prettamente
musicale che da quello dell’impegno sulle liriche?
Come dicevamo all’inizio,
siamo andati oltre l’istintività e la visceralità del primo disco. Il lavoro è
stato molto più lungo, sia nella fase di composizione che in studio di
registrazione, non abbiamo lasciato nulla al caso. L’attenzione maggiore è
stata dedicata alle varie sfaccettature dell’emozione umana, raccontate nei
nostri testi con maggiore consapevolezza. E’ un disco dedicato
all’essere umano.
Mi pare anche che abbiate fatto buoni
passi avanti nel senso dell’organizzazione manageriale, facendovi aiutare nella
gestione della band. Mi raccontate qualcosa in proposito?
Assolutamente si.
C’è una vera e propria
squadra che lavora attorno a questo progetto. Abbiamo costruito il tutto lentamente, vorremmo poter continuare a lungo e per
questo, oltre alla musica, c’è bisogno di organizzazione e obbiettivi. Vorrei citarli tutti: Max Monti il nostro manager, Arianna Conforto (Guestar)
il nostro ufficio stampa, Federico Rasetti (Maninalto!) il nostro Booking,
Giordano Sangiorgi il nostro Presidente (Audiocoop e organizzatore del MEI),
Vanja Zappetti il nostro booking per l’estero..
Anche dal punto di vista del recording
mi pare che niente sia stato lasciato al caso…
Esatto. Davide Venco,
grande fonico e produttore artistico (Anna Calvi, Klaxoon, Killin Joke etc.)
che lavora a Londra nei migliori studi di registrazione (Abbey Road, Strongroom)
e grazie a Federico Pelle e il suo
Basement studio di Vicenza con la collaborazione di Edoardo Piccolo ci hanno
permesso un lavoro in studio molto lungo e tecnicamente al top. Tutto quello
che avevamo in mente è stato possibile riportarlo su disco, niente è stato
lasciato al caso.
Avete alle spalle studi classici e la vostra proposta profuma di conoscenza. Vi potrebbe infastidire l’appellativo di “band colta”?
No. Non siamo una “band
colta” fine a se stessa, nella nostra musica c’è un forte messaggio culturale,
la bellezza e l’arte fanno parte della nostra creatività, la pittura ( basta
osservare la copertina dipinta da Riccardo Cecchini Prof. all’accademia di
belle arti di verona), la poesia (l’omaggio nei testi dedicato ai nostri grandi
della letteratura), la Musica ( l’utilizzo del quartetto d’archi e della voce
lirica nelle citazioni a Haendel/Schumann/Prokofiev) ne sono un esempio.
9)Che cosa rappresenta nel vostro “Alveare” l’atto conclusivo “Fatti non foste a viver come bruti…”?
Un messaggio.
La famiglia Gassman ci ha
concesso l’utilizzo della voce del grande Vittorio, ha saputo cogliere
l’importanza di quest’opera e della sua forza culturale, per questo gli siamo
immensamente grati. Quale frase migliore se
non “Fatti non foste a viver come bruti” per criticare la desolazione etica e
culturale che stiamo vivendo?
E’ troppo presto per chiedervi che cosa avete pianificato per il futuro prossimo?
Un nuovo disco, forse un
doppio disco. Un tour lunghissimo in
Italia e in Europa.
Tracklist
1.Rasoi di Seta/2.A sé
stesso/3.Forse il cuore/4.Il Fu Mattia Pascal 5.Se questo è un uomo/ 6.Satura/
7.Notturno/ 8.Collezione di sabbia 9.Fatti non foste a viver come bruti…
Ospite speciale Andrea
Battistoni, uno dei giovani emergenti del panorama musicale internazionale.
L’ALVEARE è stato registrato al "The
Basement" Studio di Federico Pelle con la collaborazione speciale di "Dave" (Davide Venco) sound engineer londinese degli Abbey road, Strongroom
e Britannia
Row Studios, che ha collaborato con numerosi artisti
internazionali (Anna Calvi, i Klaxons, Killing Joke, The Charlatans). Insieme a Dave, dalle riprese ai mix, l'assistenza di Edoardo Piccolo
e il mastering di Federico Pelle.
CONTATTI:
Le Maschere di Clara http://www.lemascherediclara.com/
Le Maschere di Clara
Biografia
Tutto nasce dal desiderio di elaborare una sorta
di "sfogo" artistico, frutto di studi classici e di una viscerale
passione per il rock, cercando di legare due correnti culturali così lontane e
allo stesso tempo idealisticamente vicine.
Lorenzo
Masotto (voce, basso, piano), Laura Masotto (voce e violino elettrico) e Bruce Turri (batteria), tutti e tre con studi classici alle spalle,
suonano nelle più svariate formazioni cameristiche e per molteplici progetti
che spaziano dal pop, al rock, al jazz fino alla sperimentazione elettronica.
Due terzi delle Maschere
(Lorenzo e Laura) sono fratelli e suonano insieme fin da piccoli,
rispettivamente al pianoforte e violino. L’essere in tre permette loro di
lavorare armonicamente sul concetto di contrappunto Bachiano utilizzando il
basso come tappeto armonico tonale e il violino per quanto riguarda la melodia.
La voce si intreccia tra
i due strumenti creando una sorta di trio da camera, condito dalla precisione
ritmica della batteria
Nel 2009 le Maschere
realizzano un EP “23” per
Jestrai Records e nel 2010
esce l’album d’esordio “ANAMORFOSI”
per l’etichetta Black Widow.
ANAMORFOSI ristampato nel 2011 in un prezioso
restyling con inediti prodotto da Max Monti (Quintorigo) folgora
pubblico e critica dalla quale viene
considerato una delle
migliori produzioni del 2011 (l’album è disponibile in free
download su http://lemascherediclara.bandcamp.com).
Nel settembre 2012 le
Maschere Di Clara vincono il contest "Modena
29 Settembre: Via Mei di Faenza" con la miglior cover della storica
canzone beat "29 Settembre" interpretata dall'Equipe 84 e scritta da
Battisti e Mogol nel 1966. Aprono il concerto in Piazza Grande a Modena e si
esibiscono al TEK di Faenza per il MEI - Meeting delle Etichette Indipendenti.
Dopo mesi e mesi di tour in giro per
la penisola e di lavoro duro, entrano finalmente in studio per registrare il
nuovo album “L’ALVEARE”.