Articolo apparso su MAT2020 di Giugno
IL RITRATTO
Alessandro Gaglione, un grande collezionista ci racconta
il suo amore sviscerato per i Jethro
Tull, tra rarità e memorabilia.
Ho conosciuto Alessandro Gaglione
nel 2008, ad Alessandria, Convention dei
Jethro Tull. Rimasi ovviamente folgorato dall’esposizione della sua
collezione, ma la cosa che ebbe il sopravvento nella scala dello stupore era
che Ale era di Savona, ovvero abitava a pochi chilometri da casa mia e a poche
centinaia di metri dal mio luogo di lavoro. Ma come era possibile che passioni
così grandi e specifiche non si fossero mai incrociate, nonostante le piccole
distanze?
Da quel giorno abbiamo occasionalmente fatto un po’ di strada assieme,
qualche concerto, molti aneddoti e ricordi, e qualche collaborazione pro fan
club Itullians.
Nelle foto allegate Alessandro mostra con un certo orgoglio il suo nuovo
“studio”, dove sono racchiusi venti anni di vita.
Tra pochi mesi nascerà per lui una nuova occasione espositiva, nel corso
della prossima Convention di cui parleremo a breve.
Nel frattempo scopriamo come e
perché si muove un collezionista… musicale.
Come nasce il tuo amore per i Jethro Tull?
Per caso. La cosa ha radici piuttosto lontane, ma neanche
troppo, considerando che i mie dati anagrafici mi impediscono di aver goduto
del fenomeno Jethro Tull a tempo debito (sono nato nel ’71…). Durante la mia adolescenza
nei, passami il termine, “famigerati” anni ’80, ero pressoché disinteressato da
ciò che il panorama musicale era in grado di offrire, e quindi, in pratica, non
ascoltavo musica. Fu per caso che, nel 1987, mi imbattei in quella che fu la
mia prima esperienza di musica di qualità: Shine
on you crazy diamond dei Pink Floyd. La mia curiosità di sedicenne mi
condusse da li a poco a raccogliere l’intera discografia dei Floyd, ed a
cercare approfondimenti musicali che mi portarono in breve a spaziare tra i
brani dei principali gruppi rock, dai Beatles, Led Zeppelin, Deep Purple, Black
Sabbath, alle sonorità più aggressive di Iron Maiden, Metallica, Megadeth… I
Tull non furono inizialmente tra questi, essendo evidentemente divenuti, già
all’epoca, un prodotto di “nicchia”. Solo alcuni anni più tardi un amico mi
diede un’audiocassetta, una Maxwell da 90 minuti, sulla quale aveva registrato,
sul lato “A”, l’opera rock “Jesus Christ Superstar”, invitandomi ad
ascoltarla. Sebbene siano passati più di vent’anni, ricordo nitidamente il
tratto di strada che stavo percorrendo quando inserii la cassetta
nell’autoradio, tanto grande fu l’emozione che provai a quelle prime note. Il
fato, diciamo così, volle che la cassetta fosse “avvolta” per partire dal lato
“B”. Due
riff paurosi e poi… Sitting on a park
bench eyeing little girls with bad intent….
Ho difficoltà ad
esprime appieno cosa rappresentò quella musica per me: ascoltai ripetutamente i
6 minuti e mezzo di “Aqualung” per giorni, senza mai estrarre la cassetta
dall’autoradio e senza proseguire nell’ascolto dei restanti brani dell’album.
Solo qualche giorno più tardi ascoltai “Cross-eyed
Mary” e gli altri pezzi. Per la cronaca, sono passati più di vent’anni, e
devo ancora ascoltare “Jesus Christ Superstar”… Bene, da allora, neanche a dirlo, la mia band
preferita sono senza dubbio i Jethro Tull, seppur continui, naturalmente, ad
apprezzare ed ascoltare dozzine di altre band del periodo e non solo, Pink
Floyd. Conservo ancora quell’audiocassetta, e talvolta mi stupisco nel pensare
come un oggetto così piccolo possa, in qualche modo, cambiarti la vita…
Raccontami qualcosa sulla tua collezione, sia dal punto di vista della
quantità che da quello della qualità.
Colleziono specificatamente materiale dei Jethro Tull da
circa vent’anni: dico materiale, poiché colleziono vinili (album e singoli),
CD, tour programme, locandine biglietti e poster dei concerti, memorabilia di
vario genere tipo contratti originali di tournè e concerti, documenti delle
sessioni di registrazione, foto e dischi
promozionali, press kit, bootlegs, dischi d’oro, eccetera. Insomma, una sorta
di collezionismo a 360°. Ho però le mie brave specializzazioni: mi interessano
soprattutto i singoli, ed il tentativo, seppur vano, è quello di riuscire ad avere una copia di ogni 7” dei Tull conosciuto:
oggi ne ho 490 diversi, su un totale noto di 520. Credo, verosimilmente, che si
tratti di una delle più complete collezioni al mondo di singoli dei Tull, se
non la più completa in assoluto. Amo particolarmente i singoli per la varietà
di copertine, etichette, combinazioni dei brani. A questi si aggiungono gli LP,
di cui colleziono le prime stampe o quelle di particolare rilevanza, circa 400
dischi, in varie edizioni e di varie nazionalità. Poi i CD, anche qui siamo
circa a 400, i singoli in vinile 12” (50), i CD singoli (50), quasi 500 bootleg
tra vinile e cd, ecc. Dal lato
“cartaceo”, oltre a tutti i tour programme della band (da stand-up ad oggi), la
collezione comprende circa 150 locandine di concerti e un centinaio di poster
promozionali vari, e circa 600 biglietti di concerti, anche in questo caso
spaziando dal 1968 ad oggi.
Quali sono le perle rare raccolte nel tuo studio?
Beh, lo storico primo singolo inglese del ‘68, erroneamente
attribuito a Jethro Toe, per esempio, o alcuni singoli noti in numero
limitatissimo di copie (talvolta 3-4 copie, come nel caso del test pressing
inglese del singolo di TAAB), alcuni contratti originali del Marquee Club, il
contratto della tourneè americana del ’76, firmato dalla band al completo, o
ancora rari LP in vinile colorato di origine centroamericana, e così via…
Come si muove un collezionista come te? Di che cosa si va alla ricerca in
particolare?
Beh, la prima cosa è la ricerca… di informazioni. Infatti,
a differenza di altre collezioni, non esiste un catalogo di riferimento in base
al quale poter dire “ce l’ho, mi manca”. Internet in tal senso ha semplificato
non poco la vita: un valido riferimento, in passato, è stato il sito “Collecting Tull”, che riporta
discografie abbastanza complete sia per quanto riguarda i singoli che gli
album. Proseguendo nella ricerca collezionistica non si può però prescindere da
approfondimenti e continue ricerche: nel tempo ho catalogato ad esempio, in
maniera più completa possibile, tutti i singoli dei Jethro Tull: in base a tale
ricerca mi mancano una trentina di pezzi per completare la collezione.
Completare tra virgolette, poiché ogni anno appare sul mercato almeno
un’edizione in 45 giri fino al momento sconosciuta (è di pochi giorni fa la
“comparsa” su E-bay di un’edizione guatemalteca del singolo di Too old…).
Come giustificheresti la soddisfazione che si ricava dall’essere
circondati da “pezzi inusuali”?
Ho difficoltà a rispondere: quando chiedo a me stesso che
senso abbia investire tempo e denaro in una collezione, per giunta così
specifica, non trovo risposte che mi soddisfino. Credo comunque che la
soddisfazione, che normalmente si prova quando si ha l’occasione di mostrare la
collezione a qualcuno che condivida l’amore per i dischi, sia direttamente
proporzionale alla difficoltà nel
reperire quella specifica edizione.Talvolta mi trovo ad immaginare quale storia
stia dietro a quell’oggetto, chi l’ha comprato, chi lo ha conservato, ascoltato
o sfogliato, chi lo ha regalato o lo ha ricevuto in regalo… e ancora, in quale
angolo di mondo tutto questo sia accaduto. Un disco usato, o un biglietto di un
concerto, avrebbe un sacco di storie da raccontare. In ogni caso, la classica
frase “Vieni da me che ti mostro la mia collezione dei Jethro Tull” non
sortisce sulle donne lo stesso effetto che ottieni con la più consona
collezione di farfalle…
Per chi si dedica da anni ad una raccolta di nicchia come fai tu, da dove
arriva il maggior piacere, dalla ricerca o dal possesso?
Dalla ricerca direi, sia in termini di approfondimento
(ricostruire discografie oltremodo complesse come quelle dei singoli, o
piuttosto la storia delle tournée partendo dai biglietti e dalle locandine è
sicuramente affascinante) che in termini di ricerca del pezzo. In tal senso le
cose sono profondamente cambiate: quando iniziai a collezionare dischi Internet
era ancora poco più di un sogno nella mente di qualche informatico
lungimirante, e se volevi trovare delle rarità dovevi recarti ai mercatini
dell’usato, rispondere agli annunci di vendita su “RARO”, frequentare le fiere
del disco o i già allora semideserti negozietti di vinile. Ricordo con
particolare piacere i viaggi in treno alla volta di Milano, per visitare la
fiera del disco di Novegro o i vari negozi di dischi usati della città, che
offrivano comunque di più di quanto Savona non fosse in grado di offrire. O i
viaggi a Londra, a Camden, o da “Buy-Sell-Trade” a Nottingh hill, o in Berwick
Street, o ancora alla fiera di Wembley: ti sembrava di essere nel paese dei
balocchi, e ti ritrovavi a rientrare in Italia con 20 chili di vinili che
facevano impazzire gli addetti ai controlli in aeroporto. Oggi il web ha ucciso gran parte di quella
magia, e su E-bay, col numero di carta di credito a portata di mano, puoi accaparrarti dischi che fino a dieci anni fa
erano così rari da trovarsi a metà tra oggetti reali e mere leggende
metropolitane…
Mi racconti un aneddoto che ricordi con particolare piacere, legato al
tuo hobby?
Ne avrei mille. Fu ad esempio alla fiera di Novegro che,
nel giugno del 1996, incontrai un tizio che, notando che stavo acquistando un
disco dei Tull (una copia di Thick as a Brick), mi si avvicinò ed iniziò a
parlarmi della sua passione per i Jethro e del recente incidente capitato ad
Anderson nel maggio di quell’anno (l’embolo che lo raggiunse mentre era in tour
in Australia): l’attore principale della nostra comune passione musicale aveva
rischiato la pelle, ed io non ne sapevo nulla. Mi parlò anche del suo incontro
con Ian, in occasione del tour inglese dell’anno prima, e mi disse che da li a
poco si sarebbero incontrati un certo numero di fan con l’idea, magari, di
fondare un fan club. Da allora sono trascorsi diciassette anni (!), quel tizio,
Maurizio “Kallarma” Traina, da subito una delle colonne portanti dell’allora
neonato fan club “Itullians”, sarebbe diventato un caro amico e, un bel po’ di
tempo dopo, il mio testimone di nozze… All’epoca
la mia collezione era agli albori, essendo limitata alla discografia ufficiale
in CD ed LP e a poco altro, e Maurizio mi diede utili dritte per evitare di
incappare nelle “fregature” da novellino: quando, nell’autunno di quello stesso
anno, fui suo ospite e vidi la sua collezione, fui folgorato sulla via di
Damasco…
Qual è il mercato dal quale si attingono attualmente le maggiori chicche?
Ebay senza dubbio. Lo consulto giornalmente: ci sono
costantemente circa 10.000 pezzi dei Tull in vendita! Muovendosi con cautela si
possono fare discreti affari (quasi mai ottimi però, per il meccanismo stesso
dell’asta). Certo, roteare la rotella del mouse scorrendo le videate di e-bay
non ha nulla a che vedere col rovistare in uno scaffale di vinili di una
bancarella in fiera.
Molto, come quasi la totalità degli hobby e delle
collezioni. Soprattutto ora che i pezzi mancanti sono quasi tutti “pezzi da
90”… qualche volta mi domando se non sia più sensato vender tutto, però poi
desisto: al collezionista resta sempre l’illusione di investire in qualcosa
destinato ad acquisire valore in un futuro non ben determinato.
Se dovessi tracciare un percorso futuro per arrivare al top, all’onda
perfetta da dover incontrare una volta nella vita, a cosa mireresti?
L’onda perfetta non saprei individuarla: esistono
certamente alcuni “pezzi” che cerco da quasi vent’anni, alcuni mai visti, altri
che mi son lasciato sfuggire, in fiera o su E-bay. Certamente mi piacerebbe
completare alcune discografie specifiche, soprattutto per quanto concerne i 45
giri: l’unico timore è che, raggiunto l’obiettivo da troppo tempo atteso, la
magia che ti spinge a collezionare si spenga e venga davvero l’ora di chiuder
bottega…