Oscar Louise, è un’artista di Losanna, il cui nome reale è Rachel Hamel.
Il suo album di
debutto si intitola Empty House, tredici tracce che…
stordiscono.
La mia solita “mania”,
la mia ricerca dello scambio diretto di battute, risulta ancora una volta il mezzo
più efficace per conoscere il pensiero oggettivo di un musicista, nello
specifico “una” musicista, potendo così scoprire l’essenza di un lavoro che
nessun osservatore esterno potrebbe comprendere nei dettagli.
Cantante di stampo
classico, diplomata al Conservatorio e operante nel settore specifico, ad un
certo momento del percorso, spinta dalla curiosità e dall’indole, decide di
imboccare strade differenti, partendo dal jazz e proseguendo nella
sperimentazione, dapprima in parallelo con l’originale “occupazione”, e ora,
forse, la svolta.
Il disco nasce a
seguito del fortunato incontro con Michael Frei, che ha scritto brani che descrivono i
sentimenti di O.L. senza renderla
protagonista assoluta della scena, ma un mero mezzo per generalizzare ed estendere
umori che tappezzano, periodicamente, le
vite di ogni essere umano: incomprensioni, solitudine, problemi di ordine
sociale e… amori.
Scritta così, non sembrerebbe una grande novità, ma pittosto
la tematica di sempre, magari con una veste nuova. Beh, il risultato è qualcosa
di incredibile, che sorpassa il messaggio, perchè è bene ricordare che
razionalità e musica non vanno poi così d’accordo, e l’ascolto di una canzone
riuscita può avere un impatto enorme e… magico.
La voce di Oscar
Louise è una pennellata di classe su di una tela non ancora formata, e la
sua versatilità conduce verso l’attimo intimistico, così come al puro
movimento.
Il giudizio globale riporta a certi dischi di grandi
vocalist che si possono considerare sempre attuali, buoni per tutti i palati e
adatti a tutte le situazioni: Empty House è anche questo, un
contenitore musicale che non passa inosservato e accompagnerà nel tempo, perchè
ci sarà sempre il momento in cui verrà voglia di ascoltare, ad esempio un’ Oklahoma
Betty (che O.L. non cita, ma che mi fa impazzire…)
o una Lucinda.
Se questo è l’inizio
di una lunga strada, beh, aspettiamo fiduciosi alla finestra per vedere che succede!
L’INTERVISTA
Partiamo dalle origini…
da dove nasce la tua passione per la musica?
Sono
arrivata alla musica molto tardi. Non provenivo da una famiglia di musicisti, e
quindi in casa se ne sentiva poca. I miei genitori avevano pochi dischi, e così
i miei ricordi musicali sono un mix di Rolling Stone, Dylan e Bessie Smith.
Tuttavia ho sempre cantato ... ma non chiedermi cosa! Quando avevo sette anni
Maria Callas morì, e questa fu la mia prima scossa. La musica mi è arrivata
tutto ad un tratto, attraverso la radio e la televisione. Mi commuovevano sia
la voce che i suoni, e da quel momento
ricordo di avere passato ore con il lettore musicale, cantando qualsiasi cosa
trovassi in casa, soprattutto Barbara Streisand e Ornella Vanoni (mia madre è
di lingua italiana). Ero una bambina solitaria e sognatrice, e ho certamente
trovato attraverso la musica - e anche attraverso l'esperienza fisica del canto
- una sensazione di tranquillità, di conforto. Poi con la mia famiglia sono
andata a vivere in Asia e in Africa, e con le modifiche di vita e le nuove
situazioni, non ho avuto l'opportunità di concentrarmi su una formazione
musicale. Il secondo
shock musicale è avvvenuto a circa diciassette anni, con l’album Let’s get lost del magico Chet Baker. E’ stato poi
un corso estivo in Italia, a Perugia, che mi ha fatto riscoprire l'emozione
fisica del canto e mi ha cambiato la vita.
La tua formazione
musicale è di stampo classico; come sei arrivata al rock, al jazz e a tutta
quella musica che sembra ti appartenga da sempre?
Ho sempre
miscelato differenti generi, pop, rock, jazz e classica. Ma è vero, quando ho
iniziato ad apprendere i rudimenti del canto, tecnicamente parlando, mi sono focalizzata sul modo classico, e per
alcuni anni è stata quasi un’ossessione.
Un nuovo
mondo, per intero, stava per inondarmi, dal bel
canto all’ opera, dal lied tedesco all’impressionismo francese, dall'inizio sino al ventesimo secolo ...
tantissime opere mozzafiato tutte da scoprire! E a tutti quei generi musicali
storici riuscivo a trovare un dialogo con i miei studi di architettura. La
tecnica classica è davvero impegnativa : devi fare e rifare un milione di
volte lo stesso movimento vocale sino a che non diventa naturale. A volte, i
primi anni, anche parlare era
spaventoso, quindi immagina cantare rock! Ma io sono curiosa, e non appena ho
sentito che potevo iniziare a provare altre strade, e imparare attraverso di
esse, ho tentato. Ho iniziato a sperimentare il jazz, e a fare con la voce
tutto ciò che è proibito nella musica classica. E 'stato spaventoso all'inizio,
confuso a volte, ma sempre emozionante. Qualunque sia lo stile, la musica ha le
stesse regole. Alla fine l'unica cosa che conta è l'emozione: come regalare una
sensazione, come essere veri, come
esprimersi liberamente. Mi ci è voluto tempo per trovare quella libertà a cui
si arriva solo quando ci si esprime senza pensare alla tecnica : a quel
punto si rimane soli cone le proprie emozioni, da offrire al pubblico.
Esiste un artista che
ti ha influenzato più di altri?
Ce ne sono
... tanti. Jacques Brel per il potere di interpretazione, Camille per la poesia
e l’umorismo, Chet Baker per la fragilità, la purezza e la semplicità della
linea, Shirley Horne per la sensazione di facile oppressione, Tom Waits per la
semplicità grezza ... ma sono davvero eclettica, purchè io possa sentire il brivido, che può arrivare
sotto tante differenti forme: Cat Power, PJ Harvey o Dietrich Fisher Dieskau
che canta i lieders di Shubert.
Sei una corista
professionista all’Opera di Losanna da molti anni, come riesci a conciliare
l’impegno “classico” con i tuoi tours e tutti gli altri impegni musicali?
Sino allo
scorso anno è stato tutto davvero perfetto : preparare il CD e lavorare
sulla musica durante il giorno, e poi in scena di notte con l'opera e
l'Ensemble Vocal de Lausanne. Solo l'anno scorso ho dovuto smettere di
esibirmi sul palco. Ora che le cose
stanno funzionando, mi pare difficile tornare ad un incarico regolare con
l’Ensemble di musica Classica ... ma riuscirò a
farlo nelle occasioni speciali e per
dei concerti. Adoro quel brivido che si prova quando si è immersi in un grande
suono umano, costituito dall’insieme di
tante persone.
Mi parli un po’ del tuo album
d’esordio, Empty House?
Questo album
è un miracolo e mi riferisco all'intero processo. Niente è stato pianificato.
Cercavo, accanto al mondo classico, di trovare nuovi modi per esprimere la mia
voce e me stessa. E’ successo : sono inciampata sull’universo di Michael Frei e tre settimane dopo erano
pronte venti canzoni su cui lavorare. Non avevo altra scelta, dovevo solo
provare e e cercare di crescere assieme alla musica. Ogni passo mi ha portato
in un posto nuovo. Stavo solo seguendo un percorso che ha le sue regole, e che
alla fine mi ha condotto a casa. Ero a un bivio della mia vita, con sentimenti
pesanti da gestire, e questo album è stato un modo per far emergere le mie
emozioni senza cadere nel personale. Tutte quelle canzoni hanno un legame molto
forte con lo stato d'animo in cui mi trovavo, ma nessuna veramente parla di me.
L'album è attraversato da un tema generale: la sensazione di essere
intrappolati nella propria vita. Racconta di emozioni come la solitudine, il
vuoto, la malinconia o l’incomprensione, sia in circostanze sociali (Fourteen), politiche (Beyond the wall), penali (For ever and a week) o personali (Absence, Empty house, Practically blue,
Unhappy). Uno può avere tutto o niente, ma provare in ogni caso la
sensazione di essere intrappolato in una vita che non è ha scelto.
Artisticamente
parlando, ho avuto la fortuna di incrociare un uomo come Michael Frei (Hemlock
Smith), che ha veramente capito il mio universo, come se potesse leggere la mia
mente. Lui è un mago. Non solo ha captato il sentimento generale, ma ha trovato
il modo di esprimerlo con una semplicità radicale che rende ogni canzone ovvia.
Inoltre mi ha guidato in ogni scelta cruciale, nel totale rispetto della mia
espressione, lasciandomi l'intero spazio per realizzare un progetto tutto mio.
Abbiamo avuto la possibilità di registrare con musicisti incredibili, come
Julien Feltin (mi entusiasma!), o Massimo Zampieri, e soprattutto il quartetto
unico "Barbouze de chez Fior. Abbiamo registrato in cinque giorni, e quasi
tutti i brani dell'album sono venuti al primo take : sono quelli dove si
può sentire qualcosa di speciale, una vera emozione.
Che cosa accade quando…
Oscar Louise si propone in fase live?
Io arrivo dal
palco ... Opera, Cabaret, Lieder. Amo trasformarmi e mi sono abituata a essere
qualcun altro on stage. Essere qualcun altro è sempre stato un modo di
liberarmi e paradossalmente sentimi libera di essere quello che sono veramente.
Quindi non è strano aver scelto "Oscar Louise" come nome d’arte.
L'idea è quella di essere la voce di altri - non la mia - in ogni canzone, e rendere ogni storia umana e universale. Ma
con Oscar Louise ho subito capito che avrei dovuto portare qualcosa di mio in
scena, e avrei dovuto rappresentare tutti quegli aspetti che convivono in
me ; no allle ciglia finte e ai costumi. Solo io, nuda sul palco, con i
miei sentimenti, vera e semplice, come sono le canzoni.
E ora, dopo questo sorprendente
album, dove rivolgerai il tuo … sguardo musicale?
Ho ancora bisogno di
tastare il terreno per qualche mese, tutto è nuovo per me, ma continua ad
evolversi e sono entusiasta e amo veramente questa esperienza. Spero anche di
incontrare altri musicisti per miscelare, condividere e lasciare che ogni brano
dell'album possa trovare un modo naturale per sviluppare se stesso. Poi,
ovviamente, io non penso al futuro, io butto giù le idee, le canzoni, i temi in
relazione ad ogni nuovo capitolo della mia vita, ma tutto assume per il momento
la forma di una bella nuvola bianca che porto con me ... staremo vedere quando
ricomincerà a piovere!
BIOGRAFIA IN PILLOLE
Di formazione classica, Rachel Hamel si é diplomata in canto presso
l’Istituto Ribeaupierre ed il
Conservatorio di Losanna. Dal 2000 è
corista professionista all’Opera di Losanna e dal 2005, fa parte dell’
“Ensemble Vocal” diretto da Michel Corboz.
Negli anni successivi, ha calcato le scene con un repertorio
cabarettistico assieme al quartetto «Swinging Bikinis» al “Théatre de Poche” a
Vevey (2009) e al “Casino Théatre de Rolle” (2011), prendendo poi parte ad un
jazz tour accompagnata al piano da Julien Galland (OYO, Losanna 2010) e ad un
successivo tour accompagnata da Christophe Duplan (Casino de Paris 2011).
INFO
Oscar Louise: www.oscarlouise.com Phènix
Records: www.phenix-records.com
New Model Label: www.newmodellabel.com
New Model Label: www.newmodellabel.com