giovedì 27 giugno 2013

Museo Rosenbach-Barbarica


In uno spazio temporale ridottissimo il Museo Rosenbach rilascia un nuovo album, il secondo, se si considera che il recente Zarathustra, Live in Studio, è di fatto la riproposizione ammodernata del disco seminale creato quarant’anni fa.
Barbarica è un altro concept, nel pieno rispetto dell’ideologia prog, con una lunga suite iniziale e quattro brani a seguire, una quarantina di minuti utilizzati per lanciare un nuovo forte messaggio.
Tracciare un bridge tra le idee antiche e quelle attuali è d’obbligo, anche se la sintesi, il “tirare le somme”, fa paura, e la scelleratezza delle nostre scelte di vita, dirette o indotte, presenta ora il conto da pagare, e nessuno sa se se esista un efficacie punto di svolta.
Con Zarathustra il ritorno alla semplicità  è più che un consiglio: solo attraverso il rispetto per noi stessi e per il mondo circostante si arriva alla serenità, coltivando i rapporti umani e l’ambiente in cui le anime si muovono.
Ma quanto il profeta auspicava non è avvenuto, e Barbarica si trasforma nella fotografia del risultato che siamo stati capaci di ottenere: degrado ambientale, morale, economico… umano. Visione pessimistica? Apprezzabile raccontare la verità, senza filtri che possano addolcire l’amara pillola.
Resta la speranza, piccola, che possa arrivare una forte reazione… ma saremo ancora in tempo?
La provocazione letterale contenuta nel titolo dell’album si affianca all’art work, un capolavoro di immagini e significati: evidente il contrasto tra la gioiosità della cover e la tristezza/durezza delle pictures che costituisco il booklet… le due facce di un mondo che piace poco… una facciata da immortalare ed una sostanza da condannare.

Museo Rosenbach presenta due poli temporali anche attraverso la line up: tre elementi storici (Stefano “Lupo” Galifi, Alberto Moreno, Giancarlo Golzi) sommati a forze nuove  (Sandro Libra, Max Borelli, Fabio Meggetto e Andy Senis), sono garanzia di  continuità e rappresentatività.
Un anno di lavoro è servito per fondere la band, per limare le asperità, per capirsi al volo, e l’ascolto di Barbarica da la forte idea di continuos improvement.
Anche dal punto di vista strettamente musicale non ci sono dubbi o fughe nell’approssimazione del genere: in un periodo in cui tutti sfoderano sfumature variegate per descrivere la musica che propongono, si può affermare che la proposta del M.R. non è cambiata, coerente col credo iniziale, e Barbarica lo si può considerare senza dubbio alcuno un album di musica progressiva, almeno secondo le linee guida della definizione. Questo significa brani articolati, con variazioni di tempi e temi sonori, con un rock che si fonde a momenti di atmosfera, con una certa rigorosità di copione al cui interno c’è spazio per la libertà espressiva.
Elemento caratterizzante è la voce di “Lupo”, che pare non senta l’inesorabile passaggio del tempo.
Un'altra perla, un altro disco destinato a restare nella storia: la speranza è che ora, ritrovata la strada della passione comune, il Museo Rosenbach si presenti ai suoi sostenitori - e sono tanti -  con una certa continuità.


L'INTERVISTA

Ci siamo lasciati da pochissimo con il commento del “Live in studio”.
Nell’occasione mi raccontasti della genesi di un nuovo concept di cui ora è noto il   nome: che sapore ha Barbarica rispetto alla recente rivisitazione di Zarathustra?
Barbarica ha il sapore del presente quindi aspro e pungente; Zarathustra in studio richiama invece i ricordi, le immagini, le sensazioni del passato. Abbiamo tentato di “piegare” il linguaggio musicale a queste due diverse dimensioni del tempo cercando di mantenere il nostro sound identificativo.

Di fatto Barbarica è il secondo album del gruppo, che mi pare avete realizzato in un  lampo: cosa significa ritrovarsi dopo tanti anni e creare in piena comunione di intenti?
Proprio in un lampo… ma in quest’attimo abbiamo condensato un lavoro di circa un anno durante il quale Giancarlo, Stefano ed io abbiamo rafforzato la nostra amicizia con Fabio, Sandro, Max e Andy. E’ difficile formare una band così numerosa ed eterogenea per quanto riguarda l’età e gli impegni. I buoni risultati ottenuti mi fanno capire che l’amalgama, musicale ed umano, sia riuscito.

La nuova linfa  - i giovani introdotti - hanno avuto un ruolo determinante?
Il nuovo, se non ha cattive intenzioni, arricchisce sempre il vecchio: gli fa sentire l’entusiasmo senza disillusioni, lo spinge verso strade che il camminatore abituale non conosce; lo rimprovera quando si attarda nella troppa riflessione. Il nuovo è slancio.

Veniamo al disco, perché Barbarica? Qual è il tema dominante?
Il tema dominante è il rapporto tra l’uomo e il suo ambiente (Il respiro del pianeta) e tra l’uomo e i suoi simili ( le altre quattro tracce); “Barbarica” si chiede se abbiamo un futuro in questo mondo inquinato e acciaccato dalla nostra avidità di risorse; la risposta è una speranza: che il pianeta sia talmente forte da non subire danni irreversibili. Si confida nella sua dimensione astronomica che rende la distruzione ambientale una malattia di stagione. La speranza si affievolisce quando ci si chiede se l’uomo sarà capace di cancellare lo scandalo della guerra, la terribile ombra che inquina dolorosamente i nostri cuori. Il titolo è una provocazione, sintetizza  la condizione della nostra civiltà in cui il progresso appare discutibile, ancora  prigioniero della mentalità di dominio sulla natura. Qualunque intelligenza tecnologica è inutile se i popoli si considerano reciprocamente pericolosi. Forse siamo preistorici!

Prova a tracciare un ponte concettuale tra i vostri due lavori, separati da enorme spazio temporale.
Il ponte c’è: come se Zarathustra, dopo aver lanciato il suo messaggio, tornasse per verificarne i risultati. E’ ovvio che non sarebbe contento! “Ama la tua terra …” diceva… e noi, sordi, la soffochiamo. Il profeta si augurava una liberazione dai dogmi e dalle ipocrisie, e non sembra che ciò sia avvenuto. Ritrova soltanto una sua frase: “ Come l’autunno il mondo vuol sfiorire... cresce ed uccide nel tempo la sua umanità”. Scuote la testa ma guarda sempre verso nuove aurore.

Trovo particolarmente convincente l’art work, ma mentre la cover colpisce - anche - per il colore, le fotografie interne evocano sentimenti angoscianti: mi racconti la scelta delle immagini?
Dalle risposte precedenti fluisce questa. La cover, colorata e astrale, è serena; lo sfondo vuole trasmettere la meraviglia del cosmo. La testa in primo piano è il profilo multicolore e variegato di una sola umanità. Come dire… lo scrigno è la bellezza di ogni diversità che esiste. Le fotografie interne sono il contenuto dello scrigno: i colori svaniscono, i contorni sono aspri, il messaggio è venato di tristezza. Le due facce di Barbarica.

E’ già pronta l’impalcatura live di Barbarica?
Per forza… perché l’abbiamo quasi inciso dal vivo!