Pensiero Nomade- "Da nessun luogo" (Filibusta
Records)
Pensiero Nomade arriva al quinto album, Da nessun
luogo, nove tracce che appaiono come il volto nuovo di Salvo Lazzara, l’artista che, da
sempre, guida il progetto.
L’uscita del disco è
prevista per fine ottobre, ma ho avuto l’opportunità di ascoltarlo in anteprima
e provo a sintetizzare qualche immagine che mi è rimasta dopo l’ascolto
ripetuto.
Potrebbe essere il
lavoro della svolta, perché esistono elementi portanti che si distaccano in
maniera netta dal pregresso, ma è lo stesso Lazzara, nel corso dell’intervista
a seguire, che sottolinea la possibile episodicità della proposta, data la
complessità di una fase creativa che deve avere come punto terminale lo stato
di equilibrio, che sia in grado di soddisfare appieno artista e fruitore musicale: roba complicata.
Ma è anche difficile
dare giudizi che rendano pieno merito a lavori così curati e di impegno come Da
nessun luogo. Ritorno all’obiettività e alle diversità a cui facevo
accenno precedentemente.
Musica completamente
elettrica… prima novità.
Introduzione del
cantato, con la presenza della voce di Michela
Botti.
Avvicinamento alla
forma canzone, ed è forse questo lo sforzo maggiore, perché l’adattabilità
delle liriche a trame di costruzione complessa richiedono grande lavoro
supplementare.
La sperimentazione
musicale prosegue grazie, anche, ad un insieme di straordinari musicisti che
consentono a Lazzara di fare evolvere il suo contenitore musicale.
E in questo box magico
trova spazio, oltre alla contaminazione elettronica, il jazz e la ricerca di
nuovi spazi ritmici; “l’idea nomade” che risiede alla base delle linee guida di
Lazzara, diventa qualcosa di tangibile se si possiede la sensibilità giusta per
percorrere la strada suggerita dai nostri pensieri abbinando le figure che
quotidianamente ci si parano davanti, e lasciando che sia la musica a
commentare e suggerire, stimolando nuove curiosità.
“Da nessun luogo” è un
album che si può decisamente inserire nella sfera della musica progressiva, ammesso
che sia poi così importante trovare delle catalogazioni musicali.
Gli ingredienti ci
sono tutti, dalla commistione dei generi alla libertà espressiva, passando per
i ritmi composti e la sperimentazione.
La progressione è poi
caratterizzante della storia di Pensiero
Nomade, un cambiamento continuo alla ricerca degli aspetti sonori più adatti
al momento che si sta vivendo, sempre in movimento, cercando di operare azione
trascinante.
Non è alta la
propensione di Salvo Lazzara per la situazione live, ma vista la sua capacita
di ricerca dei sentieri da esplorare, non è escluso un mutamento delle
abitudine che, purtroppo, dovrebbe scontrarsi con la difficoltà odierna di
trovare spazi adeguati per presentare in diretta la propria arte. Forse un set acustico
potrebbe essere il giusto compromesso.
Un bel disco, un
gradevole ascolto, impegnativo al primo giro di giostra, molto più morbido dopo
opportuna metabolizzazione.
L’INTERVISTA
Parto dal passato, da
quei due dischi tuoi che ho avuto modo di apprezzare, “Materia e Memoria” e
“Imperfetta Solitudine”, e noto che la cadenza di rilascio, pensando all’imminente
uscita di “Da nessun luogo”, è precisa, due anni: è questo il tempo corretto
che ti permette di elaborare un nuovo progetto?
Bella domanda: i tempi
di elaborazione così cadenzati sono il frutto di una casualità e di alcune
routine per me abbastanza consolidate. C’è da dire che i materiali alla base di
ciascun CD, fino a questo in uscita, erano grosso modo tutti presenti, in forma
abbozzata, più o meno in contemporanea con l’uscita del precedente lavoro.
Capitava cioè di avere delle idee consolidate di un qualche cosa (che poi
sarebbe stato il lavoro successivo) più o meno nel periodo in cui il lavoro
precedente veniva rilasciato. Si trattava poi di capire quale direzione
definitiva far prendere alle tracce, quale gruppo di lavoro le avrebbe espresse
al meglio. Da quel momento, il tutto si traduceva nel gestire i tempi delle registrazioni,
dell’editing, del mix, del Mastering, e questo, devo dire, per me ha quasi
sempre significato un anno di lavoro ulteriore, al netto della ricerca
dell’etichetta con cui produrre, cosa non del tutto scontata.
La prima cosa che
risulta evidente col nuovo lavoro è l’utilizzo del cantato: è questa una
evoluzione dei tuoi progetti o trattasi di momento contingente, magari
episodico?
La maggior parte delle
tracce di questo CD sono state pensate proprio come delle canzoni, più o meno
dilatate. C’erano dei testi che facevano parte di un mio lavoro letterario (che
prima o poi vedrà la luce, spero) che si tagliavano benissimo su certe
strutture e sulle atmosfere; da li è stato facile lavorare per l’integrazione
delle due cose. Devo dirti che non sono del tutto sicuro di voler replicare
presto l’esperienza, che pure mi ha soddisfatto del tutto, dato che la fatica
del comporre si moltiplica esponenzialmente, e che non è poi così facile
riuscire a non esser banali o pretenziosi.
Quali sono le grandi
differenze rispetto al pregresso, dal punto di vista meramente musicale?
Mah, in questo CD c’è
intanto una grossa novità, e cioè l’ingresso di Andrea Pavoni dei Greenwall
nella compagine del gruppo, non solo come session man, ma come contributo
essenziale in fase di composizione. In questo senso questo è, nei fatti, un
lavoro che rappresenta il punto di incontro di parecchie sensibilità
artistiche, per così dire, e non solo una confluenza di stili o mero interplay.
Con Andrea, che ho conosciuto in maniera del tutto casuale, si è trovata
un’intesa efficace e felice che spero duri nel tempo. Da un punto di vista
dell’ispirazione e dell’arrangiamento, per me è stato un ritorno a certi
stilemi se vogliamo tipici del progressive e del rock d’autore, c’è poco jazz
rispetto al precedente lavoro, meno elettronica, meno world. Se lo dovessi
accostare a un lavoro precedente, direi Materia
e memoria; ed è anche il primo CD del tutto “elettrico”. Ma io sono un
musicista irrequieto…
Quali invece i
contenuti? Hai realizzato qualcosa di concettuale?
Diciamo che i testi
nascevano da ispirazioni fra loro accostabili; c’è in fondo una matrice che li
accomuna che è il senso di smarrimento, di crisi, di pericolosa leggerezza dei
fondamenti della nostra vita quotidiana, contro cui combatto, personalmente,
cercando sempre meno di emanciparmi attraverso derive “ascetiche”, ma di
ancorarmi alla realtà delle cose e degli affetti, alla verità delle relazioni
quotidiane, alla bellezza spesso involontaria del mondo intorno a me. Non è un CD
che vuole invitare alla spiritualità, ma alla vita.
Hai dedicato un grande
spazio al visual, e i due video tratti dall’album ne sono la testimonianza:
pensi sia fatto necessario per completare il progetto o ritieni sia un buon
ausilio per accompagnare la musica nella sua diffusione e condivisione?
Penso che sia
essenziale per chi, come me, non ha una grossa propensione al live. E
soprattutto lo ritengo necessario in un mondo che comunica sempre più per
contesti in cui vincono le immagini sulle idee e le parole. Non mi nego
l’evidenza di questa cosa, che certo appare come un limite a chi come me è nato
in un’epoca senza web e smartphones, dove la parola era anzitutto scritta e la
musica era anche letta. Il vantaggio di avere oggi 45 anni è quello di poterselo
ricordare il mondo, prima di internet!
Credo di averti già
fatto la domanda in passato, ma provo a riproporla, visto la possibile
dinamicità della situazione: come funziona -e come funzionerà dopo l’uscita del
nuovo disco- la fase live?
Ti dicevo, non sono un
animale da palco, e in più i miei lavori nascono dal contributo di persone
anche geograficamente distanti, con i quali è difficile mettere in piedi un
live set. Sto pensando però a delle situazioni di mini showcase, che possano
coinvolgere una compagine meno estesa e modulare. Spero in autunno inoltrato di
poter far partire qualche esperimento.
Mi dai una definizione
della tua musica, allo stato attuale, immaginando di spiegarla a qualcuno che
si avvicina per la prima volta a Pensiero Nomade?
“Pensiero nomade” è musica per immaginare, per accompagnarsi nel viaggio, fuori e dentro di noi, un piede dopo l’altro, un’idea dopo l’altra.
Tracklist
1. Dove
comincia il giorno
2. A
tensione costante
3. Più
lontano, più forte
4. Niente,
finalmente
5. La
coda dell’occhio
6. Da
nessun luogo
7. Il
verso che non trovo
8. L’apparente
allegria
9. Cercalo
in fondo agli occhi
FORMAZIONE:
Salvo Lazzara: chitarre, bassi,
stick, loop and samples, composizione e arrangiamenti
Alessandro Toniolo: flauto, midi
horns
Davide
Guidoni: drums, percussions, samples.
Fabio Anile: piano, keyboards,
percussioni, samples.
Luca Pietropaoli: trumpet,
flugelhorn.
Andrea Pavoni: piano, keyboards,
composizione, vocals
Michela Botti: vocals
DISCOGRAFIA
Pensiero nomade – per questi ed altri
naufragi (BTF/AMS Records)
Pensiero nomade – Tempi migliori
(BTF/AMS Records)
Pensiero nomade – Materia e memoria
(Dodicilune Records)
Pensiero nomade – Imperfetta
solitudine (zone di Musica)
Pensiero nomade – da nessun luogo
(Filibusta records)