Ad inizio estate ho descritto in
tutti gli spazi possibili “Skyline”, il nuovo album dei Barock Project.
Questo il mio pensiero di quei
giorni:
Disco a mio giudizio straordinario,
impreziosito da guests importanti (Vittorio De Scalzi e Paul Whitehead), ma non
sono i nomi altisonanti che hanno fatto sì che sia stato quello che più ho
ascoltato durante l’estate, presente in tutte le mie playlist.
Perché torno a parlarne?
Anche all’interno di un contenitore
che giudichiamo perfetto -è il caso di Skyline, secondo il mio gusto
personale-, esiste una graduatoria di gradimento, il brano che si ascolta
sempre per primo, quando si può scegliere. Non è un giudizio tecnico, ma solo
la dimostrazione dell’irrazionalità che ci guida quando decidiamo di fruire di
una determinata musica, adatta ad un particolare momento.
Nel caso di Skyline punto il dito su
The Longest Sigh, il brano di chiusura, quello che Luca Zabbini, tastierista del gruppo, giudica “… il
più prog del disco…”; ma non è la disquisizione sul genere che mi ha
condizionato, piuttosto quel suono così genesisiano, quell’atmosfera creata
dalle tastiere, difficile da spiegare a parole, che infonde quasi la speranza
di un nuovo giorno, disegnando il sole dopo la tempesta, con un tocco vocale che rimane
per sempre, galleggiante sui tempi composti creati ad hoc.
Ora il brano è
ascoltabile/guardabile/leggibile online, e la sola cosa che si può fare è
condividere tanta bellezza, e capire se quell’irrazionalità di cui scrivevo
poc’anzi tocchi solo me o sia elemento contagioso.
Buon ascolto/visione/lettura!