Bazzicando
la scena musicale genovese nascono spontanei gli incontri live con Andrea Maddalone, genovese di adozione, chitarrista
per passione e mestiere.
Biografia
super nutrita la sua, tra collaborazioni e album, musica da film e impegni
didattico letterari. Uno sguardo alla sua storia, nel sito di riferimento, chiarirà
le idee e potrà fornire la corretta dimensione della grandezza dell’artista.
Da un po’
di tempo avevo voglia di togliermi qualche curiosità e l’occasione è arrivata
subito dopo un evento organizzato a Sassello, nell’entroterra savonese, pochi
giorni fa.
Insieme
ad un gruppo di amici musicisti dal curriculum spaventoso (Aldo De Scalzi,
Roberto Tiranti, Danilo Madonia, Massimo Trigona, Luca Cresta, Lorenzo
Ottonello e Mauro Culotta come ospite) ha deliziato la piazza con una proposta
trasversale, rappresentativa dell’ecclettismo -suo e dei compagni di serata- che
lo contraddistingue.
Ecco
che cosa mi ha raccontato pochi giorni dopo…
L’INTERVISTA
Leggendo la tua biografia emerge un
percorso straordinario, tra collaborazioni con miti della musica mondiale e
intensa attività discografica: potresti sintetizzare i tratti che giudichi più
appaganti e formativi, musicali e umani?
Dunque, senz'altro essere
catapultato da un piccolo club di Genova ai palchi con Eros Ramazzotti fu una
bella esperienza. Un altro aspetto è stato scoprire piano piano come nelle
forme d'arte (anche la musica lo è, non dimentichiamolo) spesso il come è più
importante del cosa. Imparare a lavorare sui dettagli è un punto fondamentale
della mia formazione professionale.
Come nasce l’amore per la chitarra e
quali sono i tuoi musicisti di riferimento, quelli che ti hanno fortemente
influenzato?
L'incontro e la passione per il mio
strumento sono arrivati molto presto, non riesco proprio ad immaginarmi senza
la musica, anche se col tempo ho scoperto cose più importanti. Come molti della
mia generazione sono partito dai Beatles, per poi dirigermi verso orizzonti più
nervosetti, e diventare nell'adolescenza un provetto chitarrista heavy metal.
La scoperta del jazz è stata un'illuminazione che mi ha quindi portato a
conseguire la capacità necessaria per intraprendere successivamente la
professione di musicista. Insomma, da Zappa a Stravinsky passando per Coltrane,
Joni Mitchell e innumerevoli altri.
La tua attività live è bilanciata da una
massiccia presenza in studio che vede anche un’attività specifica legata alla
musica da film/teatro/TV: aspetti pratici a parte, quale attività ti appaga
realmente?
Tutto. Ripeto, il fulcro non è
quello che bisogna fare ma come e con chi lo faccio. Devo dire che da qualche
anno a questa parte posso ritenermi davvero fortunato in quanto lavoro sempre
con ottimi musicisti, preparati e colti, ma soprattutto con il tasto
"humor" sempre acceso.
Esiste un aneddoto che ritieni abbia
cambiato la tua storia personale… un treno preso -o perso- in un preciso
momento?
Ne esistono almeno due: un giorno
mi chiama il mio amico Riccardo Onori, attuale chitarrista e braccio destro di
Jovanotti, che mi chiede di sostituirlo in alcuni concerti con Mike Patton, il
celebre cantante dei Faith No More, che io ritengo uno dei più talentuosi
artisti contemporanei. Nulla da fare, avevo troppi impegni e ho dovuto dire di
no!
L'altro è stato il mio incontro
con Natalia Lafourcade, intorno al 2000: stavamo registrando il suo primo album
e il suo incredibile talento mi folgorò. Allora aveva 16 anni, suonava molto
bene chitarra, piano, basso e batteria, scriveva dei brani stupendi ed aveva
una voce incredibile. Nell'album rimasero alcune voci guida, erano talmente
belle... Lei mi chiese più volte se a mio avviso sarebbe diventata famosa e io
le risposi di sì, ne ero convinto. Quel CD in Messico vendette più di un
milione di copie, lei vinse un grammy award ed ora è una grandissima star, da
poco tra l'altro approdata anche in Italia.
Quest’ anno è uscito il tuo libro “La
Chitarra Moderna”: necessità didattica o qualcosa di più? Me ne parli?
Nel manuale, disponibile sul sito
www.andreamaddalone.it,
ho voluto sintetizzare due aspetti che sono in assoluto i più richiesti nella
mia ormai trentennale carriera di didatta: "non ho chiare alcune parti di teoria" e "mi sembra di suonare sempre le stesse cose".
Il libro tratta appunto questi argomenti in modo molto discorsivo senza troppi
schemi o pentagrammi, in modo da risultare il più chiaro possibile.
Mi racconti invece qualcosa sull’album
realizzato con Stefano Nosei?
Durante i nostri concerti è sempre
esistito un siparietto dove ci divertivamo a dare vestiti diversi a brani
improbabili, unendo una mia idea alla storica comicità di Stefano. L'amico
comune Rocco Tanica ci suggerì poi di farne un album e così è stato. Abbiamo
Jamestaylorizzato le canzoni più inaspettate, da Barbie Girl a Waka Waka etc...
Se escludiamo i tuoi obblighi in qualità
di endorser, qual è l’elettrica che ti ha dato maggiori soddisfazioni?
Non si può chiedere ad un
chitarrista di scegliere una sola chitarra, è troppo crudele! Ogni strumento ha
una sua caratteristica che lo rende unico. Adoro le Ibanez per la grande
versatilità che hanno e posso dire che avrei comunque comprato tutti gli
esemplari che mi hanno dato. Ne ho una che uso addirittura per il blues, ed è stupenda!
Fender e Gibson sono la storia ed il loro suono non può a mio avviso non far
parte dell'arsenale di un chitarrista, infatti ne posseggo 5. Stessa cosa per
le Martin sul versante acustico. Ho poi anche una Gretsch per il rockabilly,
una 12 corde elettrica e molte altre... insomma, mi piacciono le chitarre!
Mi soffermo sul ruolo del chitarrista:
al di là dell’evoluzione personale, esiste una differenza oggettiva che pone il
modo attuale di suonare diverso rispetto a quello dei guitar heroes dei seventies?
Traduco con altra immagine: si possono paragonare i Rivera e Mazzola con Messi
e Ronaldo?
Domanda molto intelligente, ci
vorrebbe un mese per rispondere. Quando ero giovane c'era il conflitto
tecnica-cuore, ora fortunatamente quei tempi sono passati e ritengo che un
professionista debba assolutamente possederli entrambi. Non è una questione di
chitarristi, bensì del ruolo che la musica ha oggi rispetto ad allora. Tutto si
è modificato, c'è ovviamente una consapevolezza superiore rispetto a 40 anni fa,
in virtù del fatto che la tecnologia ci ha portato a sapere tutto in un attimo.
La collocazione temporale della musica unita alla percezione di ciò che noi
eravamo quando la ascoltavamo ha un effetto molto forte e ci fa capire quanto
cose decisamente semplici oggi fossero impensabili prima. Alla base di tutto
c'è la cultura. Ora possiamo fare un assolo in un brano del Beatles con
tecniche che sono state concepite 20 anni dopo di loro, un po' come un film dove
Nerone usa il cellulare...
Che cosa ha pianificato Andrea Maddalone
per il suo immediato futuro musicale?
Ah ah ah,
nulla, assolutamente nulla. La continuità della mia professione si è sempre
basata su una telefonata che arrivava, non sono mai stato capace di
procacciarmi del lavoro. Se tutto ad un tratto smettessero di chiamarmi potrei
aprire una tabaccheria. Chissà...