Fotografie di Francesco
Monti
La giornata di apertura del 2Days Prog +
1, Festival Prog organizzato da anni a Veruno, e diventato ormai tra i più
importanti del genere, mi ha permesso di scoprire alcune nuove entità musicali
davvero interessanti.
Non conoscevo, ad esempio, i Syncage, giovanissima band vicentina che ha avuto l’importante
compito di aprire la kermesse, il 4 settembre.
Inutile sottolineare le influenze e fare opera di comparazione con il passato, molto meglio evidenziare una buona originalità, una
efficacie presenza scenica e una voluta contaminazione che permette di miscelare gli elementi classici al rock, tra il sinfonico e l’hard, con una decisa tendenza alla teatralità,
che in questo caso significa realizzare uno spettacolo con più ingredienti, per la musica, oltre la
musica.
Molto meglio delle mie parole risulterà
il video a seguire, che ripropone il brano di apertura di Veruno.
La discografia è al momento ridotta e
riconduce all’EP “ITALIOTA”, ma è in
cantiere la realizzazione di un album completo.
L'INTERVISTA
Come,
dove e con che motivazione nascono i Syncage?
Proveniamo
tutti da Vicenza e dintorni; come band nasciamo tra i banchi del liceo e tra le
fila di un’orchestra giovanile. Siamo prima di tutto un gruppo di amici,
personalmente credo che questa sia la condizione senza la quale l’esistenza di
una band non avrebbe alcun senso. Nonostante gli anni siano passati e le
responsabilità aumentate, penso che siano tutt’ora la voglia di stare assieme,
divertirsi e intrattenere, le ragioni per cui i Syncage esistono. Sono sicuro
quando affermo che quanto più un gruppo è affiatato, tanto più il suo sound
sarà efficace e veritiero.
E’
abbastanza anomalo vedere musicisti così giovani impegnati in un genere
musicale abbastanza trasversale, ma di certo non easy listening: c’è qualcuno
in famiglia che ha la… responsabilità di aver gettato il seme?
Questa
domanda dev’essere risposta caso per caso: io e Riccardo siamo fratelli,
veniamo da una famiglia dove la musica è un accompagnamento alla vita
quotidiana, nulla più. Lo stesso caso vale, più o meno, per Daniele. Matteo
Graziani è invece figlio di musicisti classici professionisti, suona violino
dalla tenera età di 7 anni. Ciononostante, è stato proprio Daniele che, un
giorno, mi diede Metropolis pt.2 Scenes from a Memory, dei Dream Theater,
introducendo me e tutti gli altri al mondo del Progressive.
Vi
ho appena visto al Festival di Veruno e mi ha colpito il vostro “tenere la
scena”, aggiunto ad una certa disinvoltura che non è scontata quando si ha il
compito di aprire un evento così importante: da dove arriva tale padronanza
della situazione?
Dall’amore
che proviamo per quello che suoniamo e dalla connessione che è possibile
instaurare con il pubblico. C’è da dire che non è stato sempre così: talvolta
ci è capitato di suonare di fronte a degli spettatori non entusiasti della
nostra musica e in quei momenti non saremmo apparsi tanto disinvolti quanto hai
visto tu. Adesso probabilmente gestiremmo meglio la situazione, visto che da
qualche tempo cerchiamo gli espedienti più effettivi per intrattenere il
pubblico: vorremmo che la nostra proposta live non fosse un semplice concerto,
ma piuttosto un viaggio sonoro, uno show vero e proprio dove
l’ascoltatore/osservatore possa avventurarsi totalmente.
Rock,
metal, prog, ma leggendo il tipo di strumentazione da voi usata -tromba, flauto
e violino- mi pare che esista una buona fusione con un lato musicale più
classico e serioso: è fatto voluto o casuale, legato magari a rapporti di
amicizia che sfociano nel professionale?
Strumentazione:
è la parola giusta, da cui possiamo partire. Si tratta infatti di mezzi
espressivi. Il fatto che il violino e il flauto siano strumenti utilizzati
prevalentemente in ambito classico non ne preclude la presenza in contesti
musicali diversi da quest’ultimo.
Mi
pare che sino ad oggi abbiate pubblicato un solo EP, “Italiota”: me ne parlate?
È
corretto, se non consideriamo il singolo Hellhound, rilasciato qualche mese
prima di “Italiota”. È costituito da
3 tracce, che offrono una panoramica eterogenea ma unitaria del sound Syncage.
Si parte con Leash and Necks, un
blues d’acciaio e ironia, considerabile come il divertissement dell’opera.
Segue Anxiety pezzo che rivela il nostro lato più
introspettivo e meno sguaiato: hai presente un caleidoscopio? Ecco, questa
traccia per me è la traslazione sonora di un caleidoscopio. Conclude la suite
Italiota’s Journey no2 , pezzo a sfondo politico (rimando al testo della
canzone per chi ne volesse sapere di più) dai toni teatrali e grotteschi. Forse
è la traccia più difficile dell’EP, ma anche quella che può dare di più
all’ascoltatore, quella di cui non ci si stanca attraverso gli anni.
Che
tipo di soddisfazioni potete registrare sino ad oggi, sia per i giudizi sui
live che per quelli derivanti dall’ascolto dell’EP?
La
critica si è espressa positivamente riguardo il nostro EP e i nostri concerti:
ovviamente ciò ci ha fatto piacere. La soddisfazione più grande rimane sempre e
comunque vedere il pubblico che si entusiasma.
I
vostri testi sono rivolti al sociale: che ruolo pensate possa avere la musica,
in questi giorni, per favorire il cambiamento in positivo?
Questa
non è del tutto giusta: in effetti, della nostra produzione ad oggi, solo Italiota (la traccia) è a sfondo
sociale. Tuttavia anticipo che il nostro prossimo LP lo sarà interamente, per
quanto in chiave favolistica. Il cambiamento è un processo estremamente
articolato e lungo, certo qualsiasi mezzo d’espressione può concorrere a
ispirare e istigare una rivoluzione. Ciò che fa la Musica e che manca alle
altre arti è il toccare l’emotività cruda dell’ascoltatore, scavalcando
barriere concettuali e logiche. Pelle d’oca, lacrime, esaltazione, tristezza,
ilarità e quant’altro possono essere innescate senza il consenso dell’individuo
nello stesso, attraverso la Musica. È uno strumento meraviglioso, allucinante,
quasi magico.
Perché
nel vostro repertorio esiste alternanza dal cantato inglese e quello in
italiano?
Si
è trattato di un singolo caso: sono stato spronato dal resto della band a
traslare (non tradurre) i contenuti di Italiota’s
Journey no2 in italiano visto il soggetto trattato. Non penso che ciò si
ripeterà in futuro. La ragione per cui scrivo in inglese non è commerciale o
comunicativa. Io scrivo in questa lingua per il suo suono, che si adatta
perfettamente al contesto sonoro generato dai Syncage.
Mi
date un giudizio su quanto pesi sul vostro “lavoro”, nel bene e nel male,
l’evoluzione tecnologica?
La
tecnologia ci ha sempre dato una grande mano. Se fossimo nati qualche anno prima,
non sarebbe stato possibile registrarci per conto nostro, per esempio. L’idea
musicale e compositiva, tuttavia, deve essere libera e nasce prima dei marchingegni
tecnologici, non grazie e questi.
Cosa
dobbiamo aspettarci dai vostri prossimi progetti?
Da
ormai un anno lavoriamo a quello che sarà il nostro prossimo LP. Posso anticipare
che si tratta di un concept: nell’epoca della velocità, dell’internet ancora
più veloce, vogliamo proporre un’alternativa apprezzabile su una scala temporale
più vasta. Un concept permette di incidere molto di più di qualsiasi altro
lavoro musicale, grazie a espedienti come la narrazione e la ricorrenza degli
elementi. Posso essere onesto e dirti che con Italiota ci siamo appoggiati ad elementi musicali di comprovata
efficacia, mentre ora stiamo esplorando la nostra identità, alla ricerca di
nuovi canali espressivi. Siamo consapevoli del fatto che il progetto sia ambizioso,
ma vogliamo che l’ascoltatore si senta cambiato, una volta ascoltata l’opera.
Non vedo l’ora di condividere ciò che bolle nella nostra pentola! Ultima
anticipazione a riguardo, non ci limiteremo alla musica. Per quanto riguarda la
musica dal vivo, la prossima stagione di concerti ci sposteremo all’estero.
Un
ultima curiosità legata ad un fatto che mi ha molto colpito, positivamente,
appena vi ho visto sul palco, mi riferisco all’utilizzo di earplugs da parte di
Daniele Tarabini, particolare che ho cercato di immortalare per usare come
esempio (prossimamente sarò più chiaro): da dove nasce tanta saggezza?
Nasce
dalla consapevolezza dei danni che un sistema di amplificazione tradizionale
causa alle orecchie, che altro non sono che i nostri principali strumenti di
lavoro. Non è sempre possibile
lavorare live con i costosissimi inear systems, che limitano e riducono
drasticamente il pericolo di lesioni al timpano, per cui Daniele (e Riccardo),
hanno intelligentemente adottato questo metodo alternativo.
Line up:
Matteo Nicolin: voce, chitarre, live electronics
Daniele Tarabini: basso, cori, flauto
Matteo Graziani: tastiere, cori, violino
Riccardo Nicolin: batteria, cori,
percussioni