E’ appena uscito IL MIO Volo Magico CON CLAUDIO ROCCHI, di Susanna
Schimperna.
Conoscevo Claudio Rocchi per aspetti musicali,
ovviamente, e ho nitidi ricordi di un suo concerto genovese, a cui partecipai
quando ero un adolescente, ad inizio anni ’70.
La sua valenza artistica è
nota a tutti quelli seguono le vicende musicali, così come è conosciuto il
prematuro epilogo della sua storia su questa terra.
Ho avuto modo di leggere
in anteprima le prefazioni e un capitolo del book, ed è risultato evidente come
il contenuto sia estremamente personale, una costruzione a quattro mani, come
la definisce Susanna, che permette di raccontare il loro mondo nella musica,
oltre la musica.
Solo lei, Susanna, poteva
dare la corretta versione di un legame che appare speciale, magico, come quel
volo breve, troppo breve, vissuto dai due scrittori/protagonisti.
Ho posto quindi, con un
po’ di pudore, alcune domande ad una donna che immaginavo carica di dolore,
pronta a convivere con ferite impossibili da tamponare in modo definitivo, ma
questa, non è retorica, è un po’ la vita di tutti noi… tempo e fede -per chi la
possiede- renderanno la vita accettabile.
Ecco che cosa mi ha
raccontato…
Savona, 13
settembre 2015: l'intervista a Susanna
LA
PREMESSA
Vorrei partire da uno stralcio di dialogo
tra me e Claudio, che ho già pubblicato e che, a posteriori, mi ha dato
elementi di riflessione da ribaltare sul quotidiano: l’efficacia è rimasta
intatta!
10
giorni prima della sua morte, l’8 giugno, gli avevo scritto:
“Ciao
Claudio, sono Athos e ho visto che ti sei iscritto alla nostra rivista,
MAT2020. Volevo sapere se hai voglia di rispondere a qualche domanda via mail
da inserire poi sul giornale. Grazie”.
La sua risposta: “Con piacere, ma non subito, sono concentratissimo a
chiudere impegni precedentemente assunti. Che tempi hai?”.
Il tempo, come l’età, pare non abbia molta
importanza per alcuni… io pensavo ad una scadenza e lui al futuro, nonostante
la piena coscienza della propria precaria condizione di salute…
Ciò che non ho potuto fare con Claudio è
invece realizzabile oggi con te.
Mi
racconti come è nato e si è evoluto il vostro rapporto?
Lui
sapeva chi io fossi anche più di quanto io sapessi di lui. Perché io ricordavo
il suo “Spazio Rocchi” alla RAI (spazio che non mi piaceva, tra l’altro), e
avevo letto, tra il 1997 e il 1998, i suoi articoli su Olis, un mensile in cui
lavoravo (ma questi mi erano, al contrario, piaciuti moltissimo). Lui mi aveva
invece vista in TV nel 1997 a presentare il mio libro “Castità”, e aveva
«gettato un seme di desiderio» nei miei confronti, per dirla con le sue parole.
Si era fatto timidamente avanti due volte chiedendo di me all’editore di Olis,
via fax, ma io non ne avevo mai saputo nulla. Alla fine ci eravamo incontrati
attraverso facebook. Rispondendo a una mail circolare di un amico, che aveva
tra i destinatari anche Claudio, mi ero incuriosita: «ma è lo stesso Claudio Rocchi musicista, che scriveva per Olis? Ricordo
un pezzo molto bello sulla capanna del sudore». Credevo di parlare solo col
mio amico (ero ancora poco pratica di FB), invece mi rispose proprio Claudio,
con una mail privata. Nel suo linguaggio così particolare, personale. «Sono in Sardegna ad osservare con lenti di
ingrandimento imprevedibili ricadute di investimenti spirituali che ho fatto
nel tempo, come credo anche tu», era una delle frasi della sua risposta…
Poi abbiamo cominciato a scrivere insieme quello che sarebbe diventato un
poema, e un mese dopo mi sono dichiarata innamorata di lui, senza che ci
fossimo mai visti né parlati al telefono. Sua replica: «Ma certo. Noi stiamo insieme da quel 31 marzo in cui hai chiesto di me
e ti ho risposto. Io ti desidero e sogno da sempre e te lo dimostrerò.
Scemotta, sei tu che ancora non l’avevi capito». Abbiamo passato il tempo
tra Roma e la Sardegna, praticamente vivendo insieme da subito. Sull’evoluzione
del rapporto posso dirti che… ecco, per esempio non l’abbiamo mai chiamato
“rapporto”. Era altro. Eravamo “noi” e basta, eravamo uniti e indispensabili
l’uno all’altra come se davvero fosse stato sempre così. Qualunque cosa possa
dire in proposito suonerebbe folle, esagerata. Solo chi ci frequentava, o anche
chi ci ha visti insieme una sola volta, forse può capire.
Il 22
giugno hai descritto pubblicamente parte del tuo dolore e del solco incolmabile
che si era venuto a creare con la dipartita prematura di Claudio: come hai
vissuto questi due anni? Che cosa da la forza di continuare quando sembra che
la vita abbia perso il valore reale?
Anche
questo è indicibile. Pensa che avevo fatto giurare a Claudio che non sarebbe
morto prima di me. E lui mi aveva assicurato che avremmo «lasciato il corpo»
insieme, sempre per dirla con le sue parole. Quando? Aveva deciso: nel 2051.
Gli avevo creduto e tu che lo conosci sai che non avrei potuto dubitare. Lui
riusciva nelle imprese impossibili, l’ha dimostrato in tutti i tre anni e mezzo
della sua pazzesca, atroce sofferenza. Mai un lamento, energie come quelle di
un ragazzo. Incoraggiava gli altri, si occupava di me che non ho un carattere
facile ma sono decisamente una peste, stava dietro a tutto, a tutti, creava,
produceva, viveva. E sorrideva, rideva. Era sempre e soltanto propositivo e
grato alla vita. La mia forza adesso? Semplicemente resistere. Attraverso mille
trucchi per proteggermi un po’. Spinta da un senso del dovere che viene prima
di tutto: ho una figlia, una sorella. Ma è come se fossi tagliata a metà e
sanguinante. A parte l’amore (ma possiamo metterlo da parte?), Claudio era il
mio referente, la persona con cui potermi confrontare su tutto. Io ero lo
stesso per lui. Fosse stato un amico, invece che il mio Amore, sarei lo stesso
persa, disperata. Non è solo perché lui non è qui con me: è perché lui non c’è,
non può vivere, non esiste più. Una realtà con cui non posso scendere a patti.
Ho
trovato nelle parole di Claudio, da te pubblicate, il conforto al mio concetto
di felicità, uno status di altissimo livello, raggiungibile poche volte nella
vita: che cos’è la felicità? E’ un termine che ha cambiato significato, per te,
nel tempo?
La
felicità è l’unica cosa per cui viviamo. La provi quando ti riscaldi dopo aver
provato freddo, quando addenti un cibo buono; la provi quando hai un pensiero
eccitato e di speranza, in un’attesa che sai che sarà coronata dalla
realizzazione del tuo desiderio. La trovi in tante cose. E non è vero che sia
solo un attimo. Possiamo prolungarlo, quell’attimo. È questo che distingue le
persone, che conta veramente: c’è chi si aspetta la felicità dall’esterno ed è
rassegnato ad averne briciole, chi lavora per conservarla in ogni situazione.
Anche se è dura… a volte, troppo.
Ho visto Claudio dal vivo quando ero
adolescente, nei primi anni’70. Ho poi avuto sentore di modifiche radicali alla
sua vita, con largo spazio agli aspetti metafisici: come descriveresti il suo
essere uomo e musicista?
Sette
vite, lui diceva di avere avuto. Ma in realtà non era mai cambiato. Diceva,
faceva, pensava, “era” a cinque anni come a venti, trenta, sessanta. Lo provano
i suoi scritti e il ricordo di chi l’ha conosciuto nel tempo. Da piccolo – ho
le cose che scriveva, so le cose che faceva – sembrava avesse un’anima antica.
Lo dico da agnostica, perché non credo alla reincarnazione, non credo a nulla
pur non escludendo la possibilità che esista un aldilà a noi impossibile da
immaginare. La malattia, i dolori terribili e continui, il calvario delle cure,
la diagnosi infausta da subito, una serie parallela di disgrazie ulteriori a
livello familiare e non solo, avrebbero stroncato chiunque. Non lui. Claudio
era quello che pensava, pensava quello che sentiva, viveva come pensava e
sentiva. Mai conosciuto una persona così integra. Per questo generava in alcuni
dei sospetti, persino odio: non c’era discussione, lui era a un livello di
coscienza superiore, inutile provare a metterlo in dubbio. E guarda che io non
sono accecata dal dolore o dall’amore. Ho la dannazione di avere una lucidità
estrema, e anche di uno spirito ipercritico.
Veniamo
al libro appena nato, IL MIO Volo Magico CON CLAUDIO ROCCHI, scritto a quattro
mani, te e lui: mi racconti i contenuti?
Si
tratta di 12 capitoli scritti tra il 2009 e il 2010. Scrivevamo, all’inizio,
per il gusto di fare qualcosa insieme, prima di esserci incontrati e anche
prima di esserci rivelati innamorati. Botta e risposta, un poema epistolare,
via mail. Quando non scrivevo per un po’, Claudio protestava: teneva a questo
lavoro moltissimo, lo considerava la cosa più bella mai fatta fino a quel
momento, persino più della sua musica. È un lavoro che racconta naturalmente di
noi, ma insieme parla di molto altro. Ha punte inarrivabili di poesia, e di
nuovo sono consapevole di usare iperboli, ma niente altro renderebbe l’idea.
Non avevo più ripreso il poema in mano («l’Opera» era il nome che gli dava
Claudio), lui sì e per fortuna, perché all’inizio dell’anno, quando ho deciso
di pubblicarlo, se non avessi trovato le rispettive parti divise, io non avrei
ricordato facilmente chi avesse scritto cosa… Ho inserito poi, all’inizio di
ogni capitolo, un’introduzione in cui si spiega un po’ quello che accade, e si
aggiungono particolari (per esempio: che musiche ascoltavamo in quel periodo),
storie, aneddoti. La prefazione è di Gianni Maroccolo, che definirei un
fratello gemello per Claudio, non perché gli assomigli, ma per il rapporto
profondo che avevano, e di Marcello Loprencipe, mio amico da molti anni e amico
anche di Claudio, colui che mi ha aiutato in questa impresa – per me da sola
impossibile – leggendo il poema con me e seguendomi in ogni passo, avendo
pazienza mentre piangevo, dicendomi cose rasserenanti quando vedevo solo buio,
e che con le sue edizioni Campi di Carta ha pubblicato questo libro. Devo
aggiungere che la dedizione, l’amore che hanno mostrato altri due soci di Campi
di Carta, Marcello Rodi (presidente dell’associazione) ed Elena Rasmini, ha
permesso che il libro uscisse così come lo vedete.
Ho
letto il capitolo che mi hai inviato… poesia, telepatia, “corrispondenza di
amorosi sensi”, romanticismo, alti valori spirituali, sentimenti che sembrano
non far parte del nostro quotidiano, e quando esistono -era il vostro caso-
tutto finisce in un attimo: basta la fede, quando c’è, a fornire validi
giustificazioni e nuovi obiettivi di vita?
Non so risponderti,
Athos. È tutto così individuale. Posso raccontarti, e non l’ho mai raccontato a
nessuno, un episodio che Claudio diceva di ricordare, della sua vita precedente
a questa. In quella vita io ero “svanita” prima di lui, e lui aveva passato un
periodo di tristezza che sembrava infinita, ma se ne era riscosso pensando che
ci sarebbe stato un domani insieme, e nel frattempo perdersi l’oggi avrebbe
significato commettere qualcosa di stupido, negare la vita, costringersi
all’infelicità. Io non so se Claudio senza la fede nell’eternità che aveva
sarebbe stato ugualmente, perennemente ottimista, generoso, aperto agli altri e
al mondo. Non ne ho la controprova. Forse il suo carattere era proprio così,
sarebbe stato così anche non avesse avuto alcuna fede. Ma lui diceva che fare
ipotesi è fuorviante, perché le risposte alle domande che iniziano con «se…» sono
sempre irrealistiche: «tempo, luogo e circostanze» rendono infatti tutto
irripetibile.
“…è stupendo! Claudio ci teneva infinitamente: è il nostro
poema a quattro mani… musica pura!”
Susanna
Il
libro è acquistabile online (IBS Amazon, Campi di Carta) e in libreria, anche
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