venerdì 21 marzo 2014

GnuQuartet: intervista a Francesca Rapetti


Il vero coinvolgimento musicale arriva e ti annienta nel corso di un concerto. Non sempre, ovvio, ed è qui la differenza tra una serata riuscita ed una che non lascerà traccia.
La bravura non c’entra, il mondo è pieno di musicsiti virtuosi, ma l’atmosfera giusta si crea solo in alcune occasioni, e quando la scintilla scocca l’audience rimanderà al mittente il feeling positivo, ed il loop rimarrà attivo per molte ore.
Ho passato uno di questi momenti di pura felicità, in occasione della manifestazione a carattere benefico organizzata da Aldo De Scalzi a Genova, un paio di mesi fa. Da queste pagine ho sviscerato e commentato un bel momento di assoluta comunione di intenti.
E’ stata quella l’occasione per fare alcune scoperte, artisti solo ascoltati episodicamente, ma mai incontrati on stage. Tra questi il GnuQuartet, una sorprea piacevole.
Nell’occasione hanno si sono esibiti come ensemble e come co protagonisti, e in tutte le situazioni mi sono sembrati stratosferici.
Si cerca sempra la novità, nonostante sia opinione diffusa che ci sia ben poco da inventare, ma è certo che i componenti del gruppo profumano di vera novità.
Arrivano sul palco con strumenti che, all’impatto, forniscono il brand all’esibizione che di lì a poco arriverà… che tipo di sorpresa ci si aspetta da stumenti classici? E invece… ecco il nuovo, la commistione tra tecnica e gusto, tra atmosfere classiche e musica più “giovane”, tra rock e folk. Provo a sintetizzare con un termine: musica totale.
La loro musica è trasversale, e di fatto il GnuQuartet può navigare agevolmente acque che dal pop conducono al prog, sfiorando ogni tipo di contaminazione.
Certo, c’è tanta scuola dietro, ma il conservatorio non basta per emozionare un pubblico spesso molto esigente.
La band è formata da una… quota rosa, la flautista Francesca Rapetti che, molto gentilmente, ha soddisfatto qualche mia curiosità.


L’INTERVISTA

Partiamo dall’ultimo evento in senso cronologico, quello del Teatro Verdi organizzato da Aldo De Scalzi. Approfitto della vostra esperienza da palco e vi chiedo se riuscite a spiegare il successo di pubblico, dal mio punto di vista non collegato a niente di razionale (il fine benefico, la dedica alla città, il cast).

E' uno dei segreti delle serate live. Qualche giorno prima "senti" che  sarà un botto. Non sappiamo spiegarlo neppure noi ma fa sempre  piacere! Se qualcuno dei nostri amici di questa sera vi ha svelato  come si ottiene un successo del genere ditecelo voi! 

Nonostante io viva la musica quotidianamente vi conoscevo superficialmente e sono rimasto sorpreso da ciò che riuscite a dare sul palco. Fantasia e tecnica al servizio di una musica che non saprei definire, ma che … colpisce duro. Come potreste raccontare la vostra proposta?

Il modo migliore che conosciamo per raccontare cose è suonare. Anche  spiegare la nostra musica non è semplice. E' un contenitore di  esperienze, il trampolino delle nostre emozioni e soprattutto il modo  di comunicare più naturale che abbiamo.

Immagino che nelle vostre storie singole ci sia molto studio rigoroso e applicazione: in che modo siete stati contaminati da altre fonti musicali?

Con la curiosità dei bambini continuiamo ad avvicinarci a tutto quello  che di musicale non conosciamo, e lo osserviamo come uno scrigno che da  un momento all'altro potrebbe aprirsi e rivelarci qualcosa di  prezioso. 

Leggendo la vostra storia resta evidente il vostro essere trasversali, tra jazz, pop e cantautorato: qual è la vera anima di GnuQuartet? Esiste un modello espressivo che prediligete?

No. Abbiamo cercato di creare un nostro modello che però non si  cristallizzi mai. La ricchezza di essere quattro elementi paritari,  diversi per gusti, modi, caratteri, ricerca si riflette nella nostra  musica. Abbiamo il desiderio e la sensazione di non essere mai  arrivati, forse, nel mondo complesso e ricchissimo nel quale viviamo,  un modello monolitico è anacronistico. Panta rei. 

Per chi vive di musica la visibilità appare come elemento necessario, e spesso occorre scendere a qualche piccolo compromesso: esistono nella vostra storia decisioni prese che, col senno di poi, modifichereste?

Certo. Abbiamo sbagliato tante scelte, ma ci siamo sempre sforzati di  trarre linfa per il futuro dalle strade sbagliate che abbiamo preso.  Brecht diceva: "Sto lavorando duro per preparare il mio prossimo  errore".

Che cosa pensate dello stato attuale della musica, italiana e straniera? La rete fornisce solo opportunità a rilascia anche qualche problema?

In generale stiamo attraversando un periodo che definiremmo Ba-rock.  Dalla “house” in poi non ci sono stati elementi di novità dal punto di  vista estetico. Stiamo digerendo gli stimoli di un secolo di grandi  rivoluzioni sperimentando mescole nuove, cristallizzando generi,  scambiando pratiche esecutive. Negli ultimi anni gli strumentisti  "classici" si sono avvicinati all'improvvisazione con la riscoperta  del barocco mentre il jazz è diventato accademico, e oggi più che un  genere è una forma mentale con la quale avvicinarsi alla musica. Non è  un caso che gli inventori della “house” a Detroit fossero proprio  jazzisti. La rete, come qualsiasi altro strumento, porta occasioni nuove  distruggendo i sistemi di condivisione della musica del passato. Non è  facile esprimere un giudizio lucido; forse non è molto equo che iTunes  o Spotify trattengano percentuali elevate dei proventi a scapito dei  musicisti. D'altro canto la SIAE credo paghi 0,02 euro per canzone nei  concerti con meno di 300 persone. 

Credo che il palco sia il vostro contesto naturale (come quasi tutti i musicisti), ma… esiste il fascino da studio?

Abbiamo una quantità impressionante di sessioni in studio, abbiamo  sfiancato un buon numero di ingegneri del suono superando le 12 ore.  Da quando abbiamo cominciato la collaborazione con Lorenzo Pattellani,  nostro attuale fonico, è cambiato anche il rapporto con lo studio. Lo  viviamo come uno strumento nuovo da studiare ed usare al meglio. Siamo  molto soddisfatti dell'ultimo lavoro con i Tiromancino ad esempio -  un'orchestra di oltre 40 elementi con un flauto che arricchisce alcune  linee di colore o si stacca come solista.  Il palco comunque è proprio il nostro habitat, ha il fascino  dell'imprevisto, l'adrenalina dello sport estremo, la gioia di  comunicare e la condivisione religiosa di un momento comune a pubblico  e musicista che nel suo essere effimero raccoglie più significati  filosofici sulla vita di quattrocento chili di trattati. 

Pensate sia possibile passare dei messaggi utilizzando una musica priva di liriche?

La domanda se la sono posta per la prima volta intorno al '600… direi  che c'è uno stuolo di eccellenti esempi da Bach a Chick Corea. A noi  la musica strumentale parla con maggior chiarezza di quella testuale,  lasciando più spazio alla fantasia personale ci appare come un libro  rapportato ad un film. Può anche dare messaggi politici la musica 
"pura", pensa a contestualizzarla, ad esempio, in un luogo nel quale  è vietata o sgradita. 

Cosa c’è dietro l’angolo per il GNU Quartet?

La più grossa novità sarà il nostro primo lavoro di brani originali - come i due  che avete ascoltato nel corso della serata - che si chiamerà  "Untitled" e sarà composto di brani senza titolo, scelta voluta per condizionare il meno possibile l'ascoltatore, dare meno riferimenti o suggerimenti per permettere un maggior libertà immaginativa. Fra breve prenderemo parte ai 2 concerti di apertura del Tour di Arisa all'Auditorium della Musica a Roma (6 aprile) e agli Arcimboldi a Milano e poco prima faremo una capatina oltreoceano a Baja Prog, uno dei più grossi festival prog del mondo. In questi giorni abbiamo finito di registrare un EP di omaggi a questo genere così ricco e così "italiano". Lo porteremo prima in Messico e in Italia uscirà il 15 aprile. C'è stato subito grande interesse, si sono mobilitati persino dalla Corea dove stanno  già stampando l'edizione coreana. Siamo ovviamente molto contenti per l'interesse che stiamo suscitando in questo, per noi, nuovo mondo musicale, oltre che alla riuscita dell'EP di cui tutti e 4 siamo molto soddisfatti.


La band:
Raffaele Rebaudengo-viola
Francesca Rapetti-flauto
Roberto Izzo- violino
Stefano Cabrera-violoncello

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