E’ imminente l’uscita del
nuovo album dei Closure,
“The Memory Of A Madam”. L’atto zero avverrà il 21
Marzo nella zona di Torino, ma i
dettagli dell’evento, così come la biografia della band, sono sintetizzati nell’intervista
a seguire.
Quasi un’ora di musica
che sintetizza l’attuale volto di questi giovani e talentuosi artisti, un’immagine
che rapidamente si è evoluta dagli inizi - il lontano 2009!” - ad oggi, un
percorso cambiato in modo significativo in alcuni principi musicali, uno per
tutti il passaggio da una musica strumentale ad un’altra con presenza di
vocalità, con alla base la necessità di trovare un ulteriore modo espressivo e
comunicativo.
La velocità, in senso
generale, è tipica della giovane età, ma questo rinnovamento “pesante” appare
come frutto di approfondito ragionamento, perché esistono comunque pilastri che
non si toccano e che sembrerebbero impossibili da mettere in discussione: il
genere musicale e il modo di elaborarlo /fissarlo nel formato finale.
I Closure propongono una certa libertà espressiva, il che significa
aver appreso gli insegnamenti del passato che diventano ora
utili/indispensabili per realizzare in proprio, ringraziando gli illustri
predecessori, senza però utilizzare il “copia e incolla”. Ma quali sono le band
di riferimento? Emergono dallo scambio di battute, ma penso sia sufficiente ripensare
a quel periodo d’oro di inizio anni ’70, tra prog e rock.
E proprio da quell’era
i Closure cercano di trarre un
calore musicale che solo l’antica metodologia in analogico riesce a regalare:
le idee chiare non mancano!
Mark Mullighan è il personaggio di fantasia che simboleggia la concettualità del disco e della filosofia
musicale adottata; figura attuale, uomo del nostro tempo, prodotto comune
espresso da una società ammalata incapace di trovare soluzioni a esigenze
minime.
E la conduzione in “terza
persona” permette di arrivare ad una visione esterna che fornisce immagini più
chiare e complete.
Ma… immaginiamo di
ritrovarci tra le mani la musica dei Closure senza sapere niente di loro e
della loro storia, reagendo quindi istintivamente ad un ascolto non pianificato…
L’assimilazione del
passato ha lasciato il segno - aggiungo… fortunatamente - e il mix di rock e
prog (negli anni ’70 i due termini potevano essere confusi) si nobilita
contaminandosi con le idee fresche e vincenti di un gruppo di artisti brillanti.
Un tocco di psichedelica e qualche atmosfera sognante ed ecco rinverditi giorni
gloriosi, ma ormai compressi nella sfera dei ricordi, mentre le vicissitudini
di Mr Mulighan permettono di realizzare un bridge tra epoche ormai
lontanissime.
Un bell’album che ha
come limite nel mio giudizio il mero ascolto online (ma ovviamente è disponibile come CD), mentre il tocco e il
profumo di un formato fisico regalano emozioni e indicazioni supplementari.
E poi la fase live, da
cui non si può prescindere per completare l’idea un progetto musicale.
Ma se queste sono le
premesse, i Closure sapranno sicuramente sorprenderci… positivamente.
L’INTERVISTA
Possibile sintetizzare la vostra storia dal 2009 ad oggi?
Il progetto Closure nasce nel Gennaio 2009 da
un’idea di Enzo Latona e David Fulcheri. Dopo un periodo di sperimentazione e
composizione durato due anni, il progetto porta alla luce la prima creazione: “Striving for Knowledge”, un concept
album strumentale che unisce forme d’arte differenti: Musica, Scrittura e
Pittura. Con questo disco, la band
sbarca sui palchi di svariati festival e concorsi piazzandosi sempre tra le
prime tre posizioni. Dopo il periodo live, la band torna a chiudersi in sala
per la composizione di un nuovo progetto. Seguiti dal fonico Fabio Piotto, si
concretizza l’idea progettuale del disco identificandola in un personaggio: Mark Mullighan. Con questo nuovo disco i
Closure cambiano volto presentandosi a chi li ascolta come un mezzo
psichedelico attraverso il quale il Signor Mark Mullighan parla e prende vita. Parallelamente
alla composizione del nuovo disco, entra a far parte del progetto il cantante
Italo/Irlandese Syd, con il quale la band calca numerosi palchi della scena
piemontese e lombarda arrivando a vincere il mega contest Band Aid di Milano
dove vengono notati dall’etichetta discografica RNC Music di Nico Spinosa e Ros
Manica. Nel febbraio 2014 i Closure firmano quindi il loro primo contratto
discografico con la label milanese. La storia di Mark Mullighan viene
finalmente racchiusa nel disco intitolato “The Memory of a Madman” registrato
presso i Punto Rec Studios di Torino. Il disco viene pubblicato in data 11 Marzo
2014 e distribuito da Self Distribuzione. La data zero di presentazione
ufficiale del disco è fissata per il 21 Marzo 2014 presso l’Auditorium M.
Magnetto di Almese (TO).
Chi erano i Closure
prima di quella data? Che tipo di cultura musicale avete alle spalle e quali
passioni vi hanno guidato, sin dagli inizi?
Ognuno di noi ha il suo percorso. Facendo una
considerazione generale, la musica ci ha sempre accompagnati sin da piccoli.
Tutti noi abbiamo studiamo musica (e tutt’ora continuiamo a farlo) e ne abbiamo
sempre ascoltata molta. Ovviamente siamo particolarmente affezionati alla scena
progressive, sperimentale e psichedelica degli anni settanta, ma davvero
ascoltiamo di tutto.
Come definireste la vostra musica?
Guarda, in principio avevamo in mente di
scrivere musica dichiaratamente progressive. Poi pian piano, andando avanti con
gli anni, ci siamo resi conto che non avremmo mai potuto decidere “a tavolino”
quale sarebbe stato il genere della musica che avremmo scritto. E’ una cosa che
viene naturalmente… Voglio dire, non lo decidiamo a priori.
Per esempio, per il nostro ultimo lavoro “The memory of a Madman”, ci siamo
ritrovati in studio ad ascoltare il master del disco, e ci siamo resi conto di
aver creato un disco che può essere “catalogato” sotto diversi generi. E questa
credo sia una delle cose più belle che ci siano capitate. Ovviamente l’idea del
disco, delle sonorità e soprattutto di ciò che volevamo trasmettere erano ben
note a tutti noi fin dal primo giorno di composizione.
Nonostante siate all’inizio di un percorso avete alle spalle
già quattro “lavori”: come raccontereste l’evoluzione?
Si, quattro lavori due dei quali però non sono
album inediti; infatti uno dei due è la versione rimasterizzata e remixata di “Striving for Knowledge”, mentre l’altro
è un Ep Live di cinque brani registrati
al festival di Saronno “Festoria 2012”. L’evoluzione, anche in questo caso
rispecchia quella della band: il primo lavoro risulta essere strumentale, di
stampo progressive rock, nel secondo, “Live from Festoria 2012” si inizia ad
intravedere l’idea embrionale del nostro nuovo album; il terzo lavoro è stato
dettato più dalla volontà, specie di David, di applicare il nostro nuovo
approccio lavorativo al primo disco, andando ad effettuare nuovamente il missaggio
ed il mastering dell’intero disco. Una sorta di esperimento diciamo. Per quanto
riguarda “The memory of a Madman”
invece, si nota chiaramente un forte cambiamento sia dal punto di vista
compositivo che dal punto di vista concettuale. Chiaramente sono cambiate molto
anche le sonorità: vi è ampio spazio per le parti acustiche, ma al tempo stesso
si possono trovare anche molte parti psichedeliche e puramente rock.
Esiste un passaggio fondamentale che è quello che conduce
dall’album strumentale a quello cantato: che tipo di esigenza è nata col
passare del tempo?
Siamo arrivati ad un punto in cui non ci
bastava più suonare e trasmettere i nostri stati d’animo solamente attraverso i
nostri strumenti. Ricordiamo che una sera del mese di Settembre 2011, Enzo
venne in sala e ci illustrò la bozza della storia che c’è dietro a “The memory
of a Madman”, la storia di Mark Mullighan: un personaggio inventato al quale
abbiamo fatto vivere esperienze e sensazioni personali che realmente alcuni di
noi hanno vissuto… Ovviamente non tutte quelle raccontate nei testi delle
canzoni! Quindi si, possiamo dire che l’introduzione della voce all’interno del
progetto Closure è stata fondamentale per il nostro sviluppo.
Leggendo di voi si avverte una forte volontà di presentare
suoni vintage, con registrazioni in analogico e accorgimenti che portano ad un
mondo che, anagraficamente parlando, non avete vissuto: come siete arrivati ai
seventies, e cosa amate di più di quel periodo?
Assolutamente vero. Abbiamo sempre amato le
sonorità calde dei vinili e dei mix eseguiti in analogico. Crediamo fermamente
che il calore che può dare un disco come “The dark side of the moon”, non potrà
mai darlo nessun altro disco. Ovviamente questo non è dettato solamente
dall’analogico, (altrimenti saremmo sommersi da capolavori discografici!), ma
comunque tramite il missaggio in analogico si riesce a dare un valore aggiunto
ad un disco, sia in termini di qualità, sia in termini di calore e fedeltà del
suono. Purtroppo un passaggio in digitale siamo stati obbligati a farlo
comunque. Per quanto riguarda gli anni d’oro, beh, sono stati loro a venire da
noi! Tutto ad un tratto ci siamo ritrovati a passare nottate guardando
documentari sui Pink Floyd, King Crimson, Deep Purple… Insomma, i colossi della
scena sperimentale e rock di quel periodo. Di quel periodo amiamo praticamente
tutto, ma in particolar modo amiamo la scena che la musica si era creata
attorno a se. Non so, non avendo vissuto quegli anni non sapremo mai realmente
che cosa si provasse nel vivere quegli anni, ma credo che nemmeno i giovani di
quegli anni se ne stessero rendendo conto vivendoli; credo che solamente con la
fine degli anni ottanta si sia creata effettivamente la vera consapevolezza di
quello che erano stati gli anni settanta. Ancora ora continuiamo a scoprire
cose e band di quel periodo che ci sconvolgono! Di recente per esempio, alcuni
di noi si stanno affezionando ai Led Zeppelin ed al loro modo di vivere il
rock, e qui ritorniamo al discorso sui generi musicali: se non era sperimentazione
quella di John Bonham, allora diteci cos’era!
Ritorniamo su “Mark Mullighan”: come riesce a rappresentarvi?
Mark Mullighan è un uomo qualunque, un padre di
famiglia degli anni cinquanta che vive nel nord dell’Inghilterra: una famiglia
modello, un’auto nuova con la quale tutte le mattina si reca al suo posto di
lavoro d’ufficio. Ad un tratto si pone delle domande sul suo stile di vita,
sulla sua esistenza ed improvvisamente viene emarginato ed incompreso da tutti
sentendosi come un palombaro che nuota nei più profondi abissi. Si risveglia in
un ospedale psichiatrico dove passerà dieci anni della sua vita. Insomma,
potremmo tranquillamente essere tutti un po’ “Mark Mullighan”, non credi?
Qual è l’anima dell’imminente uscita, “The Memory of a Madam”?
“The
Memory of a Madman”, almeno per quanto ci riguarda, è un progetto profondo,
alla scoperta di sonorità nervose, psichedeliche e melodiche. E’ un disco vivo,
capace di sprigionare stati d’animo opposti in pochi minuti. Racchiude anche
rabbia e desolazione, ma solo dopo essere arrivati alla fine del disco ci si
può rendere effettivamente conto dei veri messaggi che vogliamo trasmettere;
molti dei quali probabilmente rimarranno ermetici oppure interpretati a proprio
modo, ma è anche questo il nostro obiettivo.
La vostra attitudine ad unire arti differenti è qualcosa che
trova spazio anche nei vostri live?
Diciamo che nel live show di “The Memory of a Madman” ci siamo
concentrati prevalentemente su ciò che esce dall’impianto audio cercando di
andare ad incidere sull’impressione delle persone che ci ascoltano e ci
guardano nei live. Non mancano però alcuni momenti prettamente teatrali, come
quando durante “No one will forget”
indossiamo le maschere antigas o quando Syd entra in scena nelle vesti del
palombaro Mark Mullighan.
A proposito di live… cosa accade quando i Closure sono su di un palco?
Come detto sopra notiamo che con il nuovo
spettacolo, il pubblico, specie quello composto da persone che ci vedono per la
prima volta, reagisce in modo diverso rispetto a quando portavamo in giro lo
spettacolo legato al primo disco. Con “The
memory of a Madman”, il pubblico è più curioso, più attento a capire che
cos’hanno da raccontare questi cinque personaggi strambi che portano tutti la
stessa casacca nera con la scritta “M. Mullighan” cucita sul petto.
Cosa avete pianificato per pubblicizzare il nuovo disco?
Senza dubbio cercheremo di suonare il più
possibile, sia in Italia che all’estero (è previsto per fine Aprile 2014, un
tour promozionale nell’Est Europa, organizzato dalla nostra etichetta
discografica RNC Music). L’attività live, partirà con la data zero di
presentazione ufficiale del disco fissata in data 21 Marzo 2014 presso
l’Auditorium M. Magnetto di Almese, (TO) alle ore 22.00, per info e
prenotazioni biglietti scrivete a closure.management@gmail.com oppure chiamate
il numero 3466269405.
Se volete vivere di persona tutto ciò di cui
abbiamo parlato fin ora, non potete mancare!
INFO
L’album
è stato registrato tra ottobre e dicembre 2013 nei Punto Rec Studios di Torino, e
pubblicato
l’11 Marzo 2014 dalla label RNC Music.
Il
disco ospita in un brano la voce di Giulietta Passera (e Sweet Life Society).
Nello
stesso studio è stato eseguito il mixaggio dal loro fonico Fabio Piotto ed il
mastering da Fabrizio Argiolas
Album disponibile su prenotazione in tutti i più grossi punti vendita italiani, online, oppure direttamente attraverso la band.
Album disponibile su prenotazione in tutti i più grossi punti vendita italiani, online, oppure direttamente attraverso la band.