domenica 13 dicembre 2015

Delirium e La Fabbrica dell'Assoluto in concerto a Genova


Serata Prog nel cuore di Genova, venerdì 11 dicembre.
A La Claque erano di scena un paio di band con un discreto denominatore comune legato al genere musicale proposto, i “locali” e super conosciuti Delirium IPG e i romani La Fabbrica dell’Assoluto, una novità nel panorama italiano.
Il sunto potrebbe essere... l’esperienza e l’antica visibilità di Ettore Vigo e soci contrapposte alla recente costituzione - 2013 - di un ensemble musicale con le idee estremamente chiare, che decide di percorrere una strada tutta in salita dopo aver assorbito la discografia prog rock degli anni ’70.
Detta così sembrerebbe quasi una sorta di passaggio di consegne, ma nella realtà dei fatti la proposta dei Delirium vede il timone saldamente posizionato sulla direzione “futuro”, perché la svolta di cui ho parlato più volte, e in differenti spazi, ha portato ad un deciso cambio di strategia, probabilmente arrivato in via del tutto naturale.
Ma il filo che unisce le due band è più forte di qualsiasi razionale spiegazione, e risiede proprio nel coraggio di affrontare sentieri sconosciuti, infarciti di incognite: forse una necessità, nel caso dei Delirium, probabilmente coraggio per “La Fabbrica…”.
E sono proprio questi ultimi ad aprire la serata, presentando un set che durerà quarantacinque minuti, praticamente senza soluzione di continuità.
Loro sono: Claudio Cassio - voce e cori -, Daniele Sopranzi - chitarra elettrica e acustica -, Daniele Fuligni - tastiere -, Marco Piloni - basso -, Michele Ricciardi - batteria.
Si presentano rigorosamente in tuta da lavoro e propongono parte del loro album di esordio, "1984 - L'ultimo Uomo d'Europa", disco di cui parlerò prossimamente, cercando di captare i significati ed i particolari caratterizzanti.
Posso quindi commentare in pillole ciò che ho visto, senza alcuna preparazione preventiva:  musica complicata, di non facile assimilazione, costruita nei dettagli, con risvolti tecnici impegnativi preferiti agli aspetti melodici; tempi composti impossibili e una voce narrante coinvolgente e recitativa. Trame vintage con una proposizione tastieristica variegata e molto seventies, atmosfere rarefatte che in alcune sfumature inventano una miscela corposa fatta del mondo hammilliano intriso di fratelli Shulman.
Suggestioni, solo immagini che non determinano comparazioni ne estrema enfasi, ma solo la sorpresa per l’aver trovato un profumo conosciuto che mi permette di intravedere cosa possa esserci dietro l’angolo. Mi piacerebbe avere la possibilità di risentirli, perché l’applicazione d’ascolto - necessaria al cospetto di una novità, per giunta impegnativa - mi ha impedito quel dolce “lasciarsi andare” che è l’aspetto ludico e piacevole degli eventi live.
A metà della loro esibizione entra in scena un pezzo storico della musica prog italiana, il cantante Pino Ballarini, ex Il Rovescio della Medaglia, che si esibisce in un paio di brani, uno dei quali del vecchio repertorio del Rovescio, documentato a seguire.
Una bella sorpresa!


Non è invece per me una sorpresa la performance dei Delirium.
A fine esibizione Ettore Vigo, il tastierista storico, assumendo il ruolo di archetipo del prog, sottolineava qualche imprecisione - come accade in tutti i live di qualsiasi gruppo! - dando rilievo all’ultima cosa a cui il pubblico è interessato in queste occasioni, ma si sa, i professionisti…
Molto più importante il calore che scaturisce e porta ad interagire audience e palco.
Ritorno alla chiosa precedente, quel cambio di strategia naturale che è in atto dal cambiamento della line up, che attualmente prevede: Ettore Vigo  - tastiere -, Martin Grice - sax e flauto -, Fabio Chighini - basso -, Alfredo Vandresi - batteria -, Alessandro Corvaglia - voce, chitarra acustica e tastiere -, Michele Cusato alla chitarra elettrica.
Il set dei Delirium è temporalmente il più ampio possibile, e parte dal primo album del 1971 sino ad arrivare all’ultima creatura, L’era della menzogna, disco che sta portando a casa molteplici soddisfazioni.
Ma anche la parte più antica trova vivacità di colore grazie ai nuovi arrangiamenti e all’entusiasmo dei “giovani”, che fanno da traino a chi pensava ormai di non poter trovare lo stimolo giusto per innovativi filoni musicali.
I Delirium sono il gruppo che ho maggiormente seguito negli ultimi sei anni, e sono testimone della sterzata che è stata sancita ancora una volta a La Claque, dove il folto pubblico ha accompagnato, brano dopo brano, l’evolversi del concerto.
Se nel caso de La Fabbrica dell’Assoluto, per i motivi citati, era richiesta una buona dose di razionalità, nel caso dei Delirium la “pancia” poteva bastare, e questo mi sembra uno degli obiettivi primari di un live concert.
Va da sé che unire gli elementi porta alla piena soddisfazione.


Ancora un pensiero per i Delirium: osservare l’affiatamento, il divertimento e lo scambio di ruoli e cortesia fa pensare ad un progetto davvero riuscito, ed è bello e didattico vedere musicisti in pista da diversi lustri protesi in avanti e non fossilizzati sui successi passati, che mai vanno rinnegati, ma dosati sapientemente, come accaduto nel canonico bis, quando a Dolce Acqua ha fatto seguito Jeshael, brani che hanno provocato l’entusiasmo generale.
Tutto esaurito a La Claque, molti i musicisti tra il pubblico, e sottolineo  la presenza di Mauro La Lluce, storico paroliere dei Delirium, e di Anna Ferrari, pittrice che ha realizzato il dipinto da cui fu tratta la copertina dell’album “La voce del vento”.
In visita anche l’amica giapponese Yoshiko, ma ormai è una di casa e fa parte dei fedelissimi.
Una bella serata di musica organizzata in collaborazione con Black Widow: un piacere essere stato tra i presenti.