Roberto
Scippa è un giovane
cantautore romano che racconta il suo mondo nell’album “Vagando
Dentro”.
Tredici tracce sono un consistente numero di occasioni per
dare evidenza alle riflessioni personali che, in genere, assumono valore aggiunto quando chi ascolta
riesce ad entrare in sintonia col pensiero dell’autore, riconoscendo la
correttezza delle idee, immedesimandosi, godendo una melodia riuscita, ma
apprezzando al contempo la giusta dose di ermeticità propria della poesia, in
equilibrio tra bellezza estetica e spiraglio per l’interpretazione personale,
punto di innesco della corretta
interazione. Nel corso dell’intervista a seguire Scippa risponde
sull’argomento, ipotizzando una possibile evoluzione del ruolo musicale da lui
coperto, anche se lo schema classico parrebbe immutato. Non è fondamentale
stabilire in questo spazio e in questa occasione cosa sia il cantautore
dell’anno 2000, ma mentre un brano strumentale, un ritmo particolare, una
melodia, possono scuotere e far vibrare senza l’utilizzo del messaggio
“tradizionale”, chi utilizza-anche- la parola deve trovare la chiave che apre
la porta della fiducia reciproca, perché i concetti sono quasi sempre
condivisibili, ma creare empatia tra artista e fruitore della musica, non è
fatto automatico.
Roberto Scippa riesce nell’opera di “scardinamento” e
“corrispondenza di amorosi sensi”. Trame molto “americane”, voce limpida e tono
particolare, liriche trasparenti il giusto, e arrangiamenti molto curati, sono
gli ingredienti di “Vagando Dentro”.
Il modo in cui si “vive” un brano dipende molto dal mood del
momento, e ci sono stati attimi in cui ho “sofferto”, trovando spunto per
amplificare momenti significativi rivissuti durante l’ascolto, e credo che
smuovere l’animo degli uomini attraverso la propria musica debba essere fonte
di soddisfazione.
Amore, lavoro, fragilità personale, dubbi e domande,
demotivazione, sentimenti, attualità, situazione sociale, speranze,
introspezione, voglia di energia necessaria al cambiamento… questi gli
argomenti di Scippa, che disegna un percorso che si potrebbe quasi definire
concettuale. Ma mi piace sottolineare che alla fine di un sentiero fatto da
tante soste, spesso dolorose, si ritorna alla semplicità, a ciò che ci fa stare
bene… sempre e comunque, a quella magia che da sempre si ripete, annullando,
anche se per poco, i problemi del mondo: “ Sorriso senza preavviso, una goccia di
intenso blu… Toccandoti sento che viene, sollievo a tutte le pene… E intanto il
piacere ci chiude gli occhi, e l’amore inizia così…”
Davvero una bella scoperta!
L’INTERVISTA
Ho letto del
tuo innamoramento musicale iniziale, diviso tra cantautorato italiano e
americano. Hai però memoria di quando è scattata la scintilla, quel momento in
cui hai capito che la musica sarebbe
stata la tua vita?
Quando per
essere felice non potevo più fare a meno di suonare e di giocare con le parole
e… quando ho sentito davvero che valeva la pena di condividere le mie canzoni,
anche con degli “sconosciuti”.
Come
potresti spiegare l’evoluzione del ruolo del cantautore, dagli anni ‘ 70 ad
oggi? Quali sono le differenze sostanziali tra il tuo modo di esprimerti e un
De Gregori o un Guccini?
Allora, in generale credo che un cantautore oggi
sia in fondo quello che è sempre stato, anche in passato quindi: un artigiano
che fabbrica “oggetti non sempre ben identificati” mischiando le parole con le
note utilizzando il proprio marchio d'autore. Forse per quanto riguarda il tipo
di espressività col tempo siamo arrivati a delle forme sempre più essenziali di
canzone; come dire c'è meno abitudine
all'ascolto e quindi bisogna essere il più possibile immediati e
incisivi anche nella scrittura dei testi. Ma mentre sto scrivendo mi rendo
conto che è vero solo in parte... in fondo in questo mio primo disco mi sento
per alcuni aspetti quasi più vicino ai “classici” del passato che a tanti
cantautori moderni!
Ho iniziato
a leggere i tuoi testi e al primo brano ero già fermo a riflettere… quel tuo “I giorni sono tanti ma pochi quelli che…”. Col
passare del tempo si scopre che esistono giorni, mesi e a volte anni, di cui
non si ricorda niente, perché non c’è niente da ricordare. Ma di quei momenti
oscuri resterà sempre una canzone. Qual è oggi il vero ruolo della musica?
Secondo me lo stesso che aveva prima: cercare di
dare la forma vivente a qualcosa di universale, assoluto che ci accomuna tutti
e che spesso rimane inespresso. L'artista in generale, e il musicista forse in
modo ancora più evidente, non è che un sublime traduttore del linguaggio
dell'esistenza e dell'universo presente
sotto varie forme nella realtà. C'è quindi qualcosa di più importante dell'
“arte” e nello specifico della musica? Non credo proprio.
Sei un
cantautore “acustico”, ma esiste un lato di
Roberto Scippa più “elettrico”?
Assolutamente sì! Intanto suono la chitarra
elettrica (una bella Gibson SG rosso fiammante) in un tributo ai Doors che ho
con dei carissimi amici di Roma, i “Burning Bright”. Ora per i miei live
sto preparando alcuni brani del disco in una veste molto più incisiva. Sicuramente il mio
prossimo lavoro sarà di sicuro meno “soft” e credo che ci sarà spazio anche per
delle chitarre elettriche. Colgo la tua domanda per fare una riflessione però:
io sono convinto comunque che una chitarra acustica suonata in un determinato
modo può essere molto più “rock” di una chitarra elettrica(anche distorta) suonata
in un determinato modo.
Il messaggio
è uno dei fondamenti del tuo “lavoro”. Pensi si possano passare emozioni
importanti anche con un brano privo di lirica?
Sicuramente sì. A me piace moltissimo suonare anche
senza cantare, senza un testo, lasciando magari più spazio all'improvvisazione
musicale; anzi credo che da un certo punto di vista il testo spesso può anche
limitare l'espressività di un'artista. Mi definisco in fondo, prima che
cantautore, un musicista. La sola musica quando è ispirata tocca delle corde
profonde che forse nessun “testo musicato”, anche riuscito, a volte può raggiungere; ti porta fuori dalla
mente per intenderci, in un'altra dimensione.
Mi racconti
un aneddoto particolare, positivo o negativo, legato alla realizzazione di
“Vagando Dentro”?
Beh uno ce l’ho, e potrei definirlo negativo, ma in
realtà è positivo, e ora capirai perché: io in realtà iniziai il disco con un
produttore indipendente con il quale per quasi un mese registrai varie tracce,
o meglio varie parti delle tracce. Ma col passare dei giorni non tirava una
bella aria, insomma per farla breve dopo questo mese di lavoro, praticamente la
nostra collaborazione finì in modo immediato e mi ritrovai senza niente in
mano. Dato che mi vennero fatte delle richieste economiche, a mio parere
eccessive, per avere il materiale registrato(che a dirla tutta non è che fosse
venuto in modo eccezionale per una serie di motivi) decisi di riiniziare tutto
daccapo insieme ad un amico, Sergio Serafini, fonico di uno studio di Roma. Con
lui, in un clima di sicuro più disteso e familiare, registrai con molta calma
il disco che finalmente è venuto alla luce quest'anno. Come dire, ci vuole pazienza
e tanta determinazione; dopo tanto tempo posso sicuramente dire che è stata
un'esperienza molto formativa, in tutti i sensi.
Che cosa pensi del businnes che ruota attorno al mondo della musica?
Che in fondo c'entra ben poco con la musica, anche
se i soldi sicuramente possono essere di
grande aiuto per una bella produzione musicale. Il problema è quando la musica
viene concepita e realizzata soltanto per guadagnare: è qui che l'arte perde
forza, sostanza e si snatura, trasformandosi in un comune bene di consumo, come
le merendine al supermercato.
Quanto è un
aiuto e quanto è negativo internet, per un musicista come te?
Ma, forse pesando i pro e i contro di internet, per
un musicista come me alla fine mi sento di dire che “il mondo virtuale” sia sicuramente d'aiuto; ti
da la possibilità di fare ascoltare quello che fai a tanta gente e in modo
veloce; è chiaro che l'uso distorto che se ne può fare dipende poi soprattutto
da te.
Che cosa
accade di magico nei tuoi spettacoli live? Ami l’interazione con l’audience?
Beh, il live è sempre il live, ed escono delle
emozioni così forti che non possono essere descritte a parole. Non mi sento
sicuramente un “personaggio” sul palco, nel senso che non faccio nulla di
particolare per intrattenere il pubblico e seguo la mia natura che in fondo è
abbastanza schiva. A volte mi piace dire due parole per presentare alcune
canzoni, ma sai dipende molto dalle serate. Ognuna è diversa. Mi succede
spesso, soprattutto quando il concerto sta andando bene, di sentirmi come se
fossi completamente da solo, e paradossalmente è proprio in questi momenti che
sento la partecipazione più grande degli ascoltatori.
E ora sogna…
cosa vorrresti ti capitasse, musicalmente parlando, nei prossimi tre anni?
Intanto mi piacerebbe mantenermi solo con la
musica, senza dover fare altri lavoretti per arrotondare, e poi mi piacerebbe
continuare a scrivere canzoni che mi fanno sentire felice di essere vivo.
Biografia
Roberto Scippa nasce
a Frascati (Roma) nel 1980, i suoi ascolti sono precisi e
immediati, fin dall'adolescenza: la canzone d'autore italiana e
il folk-rock internazionale, De André, De Gregori e Bennato da
una parte, Dylan, Springsteen e Cohen dall'altra. Queste due
anime si fondono in una prospettiva acustica che Scippa ha
portato avanti fin dai suoi esordi: le prime affermazioni
dal vivo arrivano nel 2005, seguono i primi premi in
concorsi e le prime esibizioni in festival, infine l'intensa pausa
creativa dalla quale hanno visto la luce i 13 brani di Vagando
Dentro.
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