lunedì 2 aprile 2012

Franck Carducci-Oddity



“Oddity” è l’album di esordio di Franck Carducci, musicista francese, residente in Olanda e di origini italiane.
Quando ci si trova davanti a musica con un marchio di fabbrica così “nobile”, si tende spesso a fare opera di comparazione e ad esercitarsi con il “… assomiglia a… mi ricorda i… è come se sentissi la…”, utilizzando il proprio know how per stroncare o sminuire, magari tra le righe, un bel progetto colpevole di possedere frammenti di passato, come se l’originalità prevedesse l’uccisione di ogni traccia consolidata.
Io preferisco di gran lunga il “… che fortuna ritrovare tracce di…”, perché certa musica, scolpiamocelo nella testa a caratteri cubitali, è l’unica in grado di dare emozioni attraverso l’unione  di talento, tecnica, melodia e gusto.
Che cosa propone  Carducci?
Musica sua, personalissima, marcata pesantemente dal segno di un certo prog anni ’70, in particolare quello dei Genesis. Basterebbe leggere attentamente le note di copertina per crearsi una prima immagine: una bonus track dal titolo… “The Carpet Crawlers” e  un brano in cui John Hackett, fratello di Steve, suona il flauto; e dalle note biografiche si evince che è stato proprio l’ex chitarrista dei Genesis  che ha spinto Franck sulla strada dell’album “solo”.
“Oddity” è un gran disco, qualunque sia l’influenza che ne ha provocato la crescita. Come si può leggere   nell’intervista a seguire, non si tratta di un concept “volontario”, anche se al tirar delle somme si può ritrovare una certa concettualità che lega brani, comunque creati in momenti differenti.
Si passa dalla suite lunga-15 minuti- al brano intimistico/melodico, sino alla contaminazione country e rock, con l’utilizzo di strumenti di varia natura, in aggiunta a quelli più tradizionali: parlo di flauto, violino, mandolino e mellotron (fu proprio Steve Hackett a dichiarare che il prog non sarebbe esistito senza mellotron).
I temi pescano nella mitologia (Achilles) sino ad arrivare alle storie spaziali di Kubrick (The Last Oddity), passando per la saggezza orientale utilizzata da Harrison per i Beatles (The Eyes of Age).
E il tutto appare come un prodotto di classe, estremamente piacevole, e decisamente alla portata di tutti.
Incredibilmente bello l’artwork dell’italianissima Manuela Manbretti, riassunto dei personaggi protagonisti dell’album, un’esplosione di colori e originalità che non ha niente da invidiare all’opera di Roger Dean.
Tutto molto piacevole, e per la verifica finale, la performance live, non ci sarà molto da aspettare, perché appare quasi certa la presenza di Franck Carducci in tour nel nostro paese.



L’INTERVISTA

Ho letto qualcosa su come sei stato precoce dal punto di vista musicale. Quale è stato il musicista o la band che ti realmente portato sulla via della musica?

Sono cresciuto in una famiglia dove la musica era ed è uno stile di vita, quindi direi  che Gilles Carducci, mio zio, e mio cugino Richard Vecchi, sono state le due persone che mi hanno maggiormente influenzato, e  trascinato sul percorso musicale.

Se dovessi scegliere un album che ti ha cambiato la vita, cosa potresti indicare?

Ce ne sono stati diversi, ma quello che realmente mi ha cambiato la mia vita, e ha modificato  il mio approccio verso la  musica, è certamente un album dei Pink Floyd, "The Dark Side of the Moon", anche se non è il mio album preferito in assoluto.  Dopo quell’ascolto le cose cambiarono realmente.

Suoni, canti, componi, ma… qual è il ruolo che preferisci?

Se consideriamo il mio ruolo all’interno della band direi il basso, ma quando sono solo preferisco suonare il pianoforte.

Cosa significa per te la fase “studio” e quanto ami la performance live?

Lavorare in studio può essere difficile e certamente è molto faticoso; occorre rimanere concentrati su ciò che si vuole raggiungere, non importa quanto tempo ci vorrà (e se ne può impiegare molto!). Preferisco la performance live, lì  devi solo lasciarti andare e … vedere cosa accade!

Come nasce la collaborazione con  John Hackett?

Ho  incontrato John nel 2010, periodo in cui ho fatto da supporto a Steve Hackett nel corso di un suo  tour, e nell’occasione mi disse  che stava lavorando su del nuovo materiale. Ne approfittai per raccontargli che io stavo pianificando la registrazione del mio album solista e che avevo già delle demo di alcuni brani. Lui mi disse che avrebbe voluto ascoltarli, e così glieli mandai, e dopo poco tempo mi propose la sua partecipazione nel brano “Achilles” che gli era piaciuto molto. Nell’insieme direi un processo molto naturale.

All’interno del tuo album “Oddity” hai inserito “The Carpet Crawlers”. Dove nasce la voglia di fare un omaggio ai Genesis?

Beh, questa è in realtà una bonus track , ed è stata registrata durante alcune  sessioni in studio realizzate  con la cantante francese Yanne Matis, pochi anni fa Steve ha avuto occasione di ascoltarla e  gli è piaciuta molto, perché abbiamo suonato la “sua parte” utilizzando il violino, e quando fu composta ed inserita in  “The Lamb…”,  la chitarra fu idealizzata proprio come un violino, di conseguenza ho pensato che sarebbe stato bello inserirla nell’album come “brano aggiunto”.

Ho apprezzato molto l’art work  e la copertina che riporta alla simbologia dei vinili degli anni ’70. Puoi spiegarne il significato?

E 'stata fatta dalla mia amica italiana Manuela Mambretti (che è  mia vicino di casa qui ad Amsterdam). Lei e suo marito (lui è di Genova) sono prog-rock fans.
Rappresenta in sostanza tutti i personaggi delle canzoni messi insieme in una scena che ha  qualcosa di  magico e misterioso. Così si potrebbe riconoscere, Achille, Alice e il Jabberwocky, o il Maggiore Tom perso nello spazio.

Sono rimasto affascinato dalla frase “I travelled the world. I could be anyone, but without going anywhere I could be love everyone”. Non potrebbe essere questo il bilancio di ogni uomo e di ogni donna?

Suppongo di sì, se la gente potesse capire che amarsi è l'unica cosa che conta davvero. Questa frase è comunque  tratta da una poesia cinese inclusa nel "Tao Te Ching" e utilizzata da George Harrison per la canzone dei Beatles "The Inner Light.

”Oddity” si può considerare un concept album?

Probabilmente no,  perché le canzoni non sono collegati tra loro e sono state scritte in momenti differenti della mia vita. Tuttavia si può captare un tema ricorrente rappresentato dalla tristezza di "Achille", che ritorna  verso la fine dell'album, nel brano “The Last Oddity”. Ma suppongo che tutto  questo possa essere considerato più che altro una sorta di tributo ai   grandi concept album del passato.

Che cosa c’è nel futuro di Franck Carducci?

The ODDITY TOUR, si è svolto  tra la  fine del 2011 e l'inizio del 2012, periodo in cui abbiamo toccato  Olanda, Belgio e Germania, e ora  stiamo ora lavorando sulla pianificazione di un tour in Italia, dove l'album sta vendendo molto bene (forse perché il mio nome è già famoso lì?). Nel frattempo, sono stato impegnato sul progetto "The Rome pro(G)ject",  insieme a Steve Hackett e a  un sacco di altri grandi nomi del prog-rock; inoltre stiamo anche preparando un fantastico video-clip per la canzone "Alice",  per cercare di raggiungere un pubblico più ampio. Un sacco di gente mi chiede se ho intenzione di  fare un secondo album, e  ripongono in me molte aspettative; questo comporterebbe un sacco di lavoro, ma sto cominciando a considerare seriamente la cosa.


Distribuzione: Black Widow Records




ODDITY

Franck Carducci

 Achilles 14:51
The Quind 09:23
The Eyes of Age 04:30
Alice’s Eerie Dream 11:50
The Last Oddity 10:17
The Carpet Crawlers 06:06
Alice’s Eerie Dream (radio edit) 03:59

Franck Carducci: Basses, Electric and Acoustic Guitars (6 and 12 strings), Melltron, Hammond Organ, Piano, Lead and Classical Guitar, Tambourine, Synths, Mandolin, Tibetan Belss, Handclaps. Lead and Backing Vocals.

John Hackett: Flute
      Larry Crockett on Drums
Yanne Matis on Vocals
Marianne Delphin on Vocals
Nicholas Gauthier on Vocals
Richard vecchi on Hammond Organ, Piano and Lead Guitar
Phildas Bhakta on Drums
Niko Leroy on Hammond Organ and Synth
Toff “crazy monk” on Drums
Fred Boisson on Bass
Vivika Sapari-Sudemäe on Violin

BIOGRAFIA
Franck Carducci è un polistrumentista (basso, pianoforte, chitarra, batteria, ecc)  cresciuto in una famiglia dove la musica è uno stile di vita.
Franck produce la sua prima melodia sulla tastiera di un organo all'età di 5 anni e rimarrà per sempre legato a questo strumento, in particolare l’ Hammond B3.
Successivamente  si avvicina alla  chitarra, partecipando ad un master basato sul  '' Rock 'n' Roll di Chuck Berry ed Elvis”, all’età 'di 11 anni.
A 14 anni, Franck scopre i Beatles e si unisce alla sua prima band rock.
Si innamora letteralemente dei  Pink-Floyd dopo aver partecipato a un loro concerto all'età di 15 anni. A poco a poco rivolge i propri interessi  verso una musica che, pur essendo accessibile, è anche strutturalmente più complessa e  con atmosfere variegate.
La scoperta dei Genesis all'età di 17 anni fa si che la music rock progressive entri stabilmente nel suo cuore e nella sua anima. Questa esperienza  gli permette di definire i contorni della sua passione musicale, una miscela che  sia molto rock e al contempo di atmosfera  o psichedelica. In questo periodo acquista la sua prima chitarra 12 corde, strumento a cui è ancora molto affezionato.
Nel progredire nella propria esperienza musicale, Franck coglie l’occasione per imparare sia il basso che la batteria, allargando  e approfondendo così la personale  conoscenza dei vari strumenti base di  un gruppo rock classico. Il culmine di queste esperienze gli dà la possibilità di esprimersi come compositore. Franck Carducci non ha bisogno di uno strumento “primario” per esprimersi; di solito suona il basso in varie band, perché , secondo Franck, è quello  “… lo strumento più interessante all'interno di una band, capace di collegare  ritmo e  melodia ". Tra  i 20 ei 30 anni ha suonato in più di 20 diverse band i cui generi spaziano dal folk al rock-song, al funk, al  blues o alla country-music. Durante questo periodo Franck è stato coinvolto nella registrazione di 15 album diversi, di cui 2 con la francese  Yanne Matis, cantante folk con la quale ha suonato in  tutta Europa.
Questo tour ha visto  Franck  “aprire” per musicisti come Murray Head, Bill Wyman, e Albert Lee. Nel 2008, Franck si trasferisce ad Amsterdam dove si inserisce nella scena locale e si esibisce regolarmente nei club più famosi della città, entrando in diverse band con stili molto differenti tra loro. Nel  2010, si avvera un sogno: Franck apre un concerto per uno dei suoi eroi, Steve Hackett. Steve guarda il concerto dal backstage e ala fine lo raggiunge nel camerino e  si congratula con lui, prima di presentare il proprio spettacolo. Alcuni giorni dopo Steve convincerà Franck di concentrarsi sulla produzione di un proprio album solista.
L'obiettivo è quello di produrre un album “personale” e sincero. E così nacque “Oddity”. L’album è incentrato sulla  mescolanza di  stili e suoni impregnati di Mellotron, di chitarre a 12 corde, di organo Hammond, e di molti altri dettagli importantissimi. Il disco conduce in un viaggio attraverso storie immaginarie  personaggi improbabili, ispirati alla letteratura inglese e alla  mitologia greca. Da Stanley Kubrick ai Beatles, Oddity propone un percorso attraverso la storia, fornendo un suono chiaro, omogeneo e moderno. La registrazione di questa opera è stata resa possibile grazie a  una serie di amicizie musicali di Franck,  tra  cui  "ospiti speciali" come John Hackett, Larry Crockett, Phildas & Bhakta e Yanne Matis. Questo album che, anche prima della sua uscita ufficiale  è stato accolto con grande favore dalla critica, darà l'opportunità  di condividere una filosofia musicale, lasciando agli ascoltatori il piacere di scoprire il mondo fantastico creato da Franck Carducci,  un universo affascinante e inquietante, un luogo dove i sogni sono i re e le emozioni                                                                 sono regine.