“Storie di Rock” è l’ultima fatica di Innocenzo Alfano, scrittore che alterna saggi politico-sociali ad altri musicali.
Ed è proprio per la musica che, alcuni anni fa, l’ ho
conosciuto. La nostra costante corrispondenza, in alcuni casi collaborazione,
mi ha permesso di costruire una sua immagine che ritrovo appieno in questo
volume, e che è opportuno spiegare, benché siano ovviamente solo opinioni
personali.
“Storie di Rock” è
una raccolta di storie vere trattate senza compromesso alcuno; nessuna tendenza
al compiacimento di chicchessia, ma ricerca dell’oggettività condita con convincimenti
personali che, ovviamente, possono essere confutati. Il tutto incorniciato dal
periodo storico, dalle vicende sociali e da elementi che spesso passano
inosservati ai più.
Parliamo di oltre cinquant’anni di musica, di artisti che hanno
inventato ciò che prima non esisteva, di perle musicali che rimarranno
immortali. Ma anche in epoche “easier”, momenti in cui il successo era più a
portata di mano, strani meccanismi hanno realizzato una sorta di sperequazione
relativa al rapporto valore/successo, e
di fatto qualcuno ha vissuto e vive di gloria esagerata, mentre grandi talenti
sono rimasti nell’ombra, dimenticati, o rimasti realtà locali.
Nel corso della lettura mi è capitato due volte di fermarmi e
chiedere spiegazioni, o effettuare ricerche in rete, per saperne di più di un nome presentato da Alfano che io non conoscevo. Per chi possiede
curiosità musicale, questo libro può rappresentare l’apoteosi dell’effetto
domino, e questo mi pare già un grande successo. Di fatto la tendenza di Enzo a
dare un po’ di vera luce a chi ha vissuto nell’ombra, ridimensionando chi,
secondo lui, è stato sopravvalutato, aiuta nella scoperta del nuovo, perché
considero nuovo tutto quanto non sia conosciuto.
Ho pensato a questo book e ad Alfano pochi giorni fa, quando
visitando il sito di un musicista, ho trovato una frase di Aristotele, di circa
2500 anni fa. La cito testualmente:
“… solo chi padroneggia un’arte può essere un
bravo giudice … “ , e ancora: “ Non bisogna però che la pratica dell’arte si
trasformi in un’educazione professionale (e per professionale intendiamo
l’educazione che ha di mira le competizioni), perché in questo modo l’allievo
non pratica l’arte in vista della sua propria eccellenza, bensì in vista del
piacere degli ascoltatori, e questo piacere è grossolano, per cui tale
esecuzione non la riteniamo propria di uomini liberi, ma piuttosto roba a pagamento”.
Anche in “Storie di
Rock” viene ribadito uno dei cardini della filosofia musicale di Alfano,
che si potrebbe riassumere in … “Non si
può parlare di musica se non la si conosce …” , laddove la conoscenza è
riferita anche alla tecnica. Esiste secondo Alfano la possibilità di stabilire una
netta distinzione tra musica di qualità e musica di basso livello, cosa di per se incontestabile, ma con la difficoltà di stabilire secondo quali
canoni oggettivi una musica è buona o
meno buona, e una volta trovata la soluzione, indagare se sia più importante
ricevere forti emozioni da una musica “minore”, piuttosto che il nulla assoluto -può capitare- proveniente dall’eccellenza musicale.
Digressioni interessanti, su cui si potrebbe ragionare per
ore rimanendo ognuno della propria idea, e che evidenzio perché i lavori di
Alfano hanno qualcosa che molte altre opere non hanno, e cioè la capacità di lasciare segnali
indelebili della propria personalità - tracce che con un minimo di volontà e
interesse si potrebbero attutire o addirittura cancellare- e tutto questo non
ha niente a che vedere con lo stile e la tipologia di scrittura.
Si parte dagli albori, dai primi vagiti rock americani ed
inglesi, con la presentazione di alcuni festival, famosi e non, musicisti
storici, catturati sempre negli aspetti meno conosciuti, con un nome, quello
del chitarrista John Cipollina dei Quicksilver Messenger Service, che
ricorrerà spesso col progredire delle pagine.
E poi l’Italia raccontata attraverso musica e romanzo( quello
di Mauro Pagani), gli album dal
vivo, e la rivalutazione (ma in tanti lo stanno facendo) di chi, purtroppo, ha brillato per troppo poco tempo (Acqua Fragile).
Terza sezione dedicata allo stabilire alcune verità, a
evidenziare parte di una lunga lista di “furti e scopiazzature” musicali,
a esaltare il quinto Beatles (George
Martin), a descrivere la situazione di “Nemo
profeta in patria” di Hendrix, sino a giungere ad esperienze concertistiche personali, approfondendo la paura di
invecchiare dei The Who.
Ultimo quarto di scrittura dedicato al sound di San Francisco, con una
parte che conoscevo poco, quella relativa alle vicende dei vari Fillmore e al re degli organizzatori, Bill Graham.
Ogni album trattato è corredato da Set List e Track List, e
spesso viene sviscerata la parte tecnica, spiazzando forse quei lettori non
forniti di basi musicali, ma anche in questo caso ciò che può apparire ostico
può trasformarsi in opportunità di nuova conoscenza.
Un libro pieno di particolarità e di angoli bui -illuminati a giorno da Enzo- in cui
normalmente non si va mai a curiosare, dando per scontato che non ci sia niente di
interessante da vedere. Non è facile trovare cose nuove da dire, l’editoria è
piena di trattati musicali che sviscerano argomenti di dominio pubblico, almeno
in superficie, ma la peculiarità di Innocenzo Alfano è proprio quella di
stupire senza che questo sia da considerare un esercizio ad effetto, ma
piuttosto il mettere sul piatto la carta della curiosità che, se recepita nel
modo corretto, servirà a colmare delle lacune, a e far sì che la “verità” non ci sia imposta dall’esperto
di settore, ma derivi da valutazioni
personali.
Le affermazioni di Innocenzo Alfano danno spesso fastidio a
chi viene toccato in prima persona, e quando mi trovo a passare nei paraggi del
suo interloquire … spesso mi perdo. Certo è che Enzo mostra in ogni occasione il suo rigore intellettuale, sicuramente
un valore da aggiungere alle sue skills
e alla sua passione musicale. E questo contenitore ne è un’ulteriore riprova,
tra storia, storie e musica senza tempo.
A seguire propongo due filmati, due esempi di mie scoperte
fatte grazie ad Enzo.
La prima è relativa alle
serate conclusive del Fillmore West
con un incredibile band funky, i Cold Blood. Era il 1971,
e I brani sono You Got Me Hummin & I Wish I Knew How It Would
Feel To Be Free.
Nella stessa occasione si esibirono “It’s a Beautiful Day” e il brano si
intitola White
Bird.
Presentazione e biografia di Innocenzo Alfano fruibili al seguente link: