Quasi un’ora di
musica, totalmente strumentale, per l’omonimo album d’esordio dei Mad Fellaz,
giovani musicisti di Bassano del Grappa.
Come sottolineato
nelle righe a seguire, l’assenza di un
vocalist è una scelta precisa, perché la necessità, primaria e dichiarata, è la
libertà espressiva, stato che trova paletti esclusivi quando le liriche devono trovare una collocazione, condizionando e rallentando una certa idea di musica
totalmente free.
I M.F. rielaborano il prog del passato,
dopo aver fatto un bagno purificatorio nel rock tradizionale e di qualità, e
ciò che sintetizzano è la proiezione di musica gloriosa, assorbita nel tempo, e
rinvigorita dalle idee personali, il tutto a vantaggio di una caratterizzazione
della proposta che li colloca in spazi ideali ben chiari.
Non è importante
rientrare nelle categorie musicali precostituite, ma è buona cosa creare una
propria identità, un terreno conosciuto che diventa col tempo il bridge tra
artisti e followers, che si realizza in pieno quando basta ascoltare poche note
per comprendere al volo chi le sta proponendo.
I M.F. iniziano col piede giusto,
concretizzando, in un contenitore psichedelico, un mix di blues, jazz e tempi
dispari, nell’occasione suddiviso su cinque brani che seguono anch’essi la
logica di anni ’70, con lunghe composizioni alternate a brani di dimensione
ridotta.
L’impressione, già
dal primo ascolto, è quella di trovarsi tra le mani un album pieno di talenti, perché
questi giovani coraggiosi - o solo virtuosi - sono davvero bravi!
Ma il know how e il
DNA non bastano per confezionare una musica gradevole, capace di passare dallo
stato di .“… compongo e suono le cose che mi piacciono”, a quello
di “… condivido la musica che creo…”.
I Mad Fellaz sembrano riuscire a superare l'ostacolo già col primo impegno ufficiale.
Non è per niente
facile la loro musica, anzi, un solo giro di disco serve solo a far venire l’appetito
- o a far capire che l’amore non potrà mai sbocciare - ma per chi decide di entrare
nel mondo dell’impegno musicale sono questi dettagli, perché il perseguire un
obiettivo ha valenza superiore della ricerca del compiacimento altrui.
Tutti i brani “prendono”,
per motivi differenti, e presentano diversi lati di osservazione.
Ne propongo uno, La Giungla,
che semplificherà ogni mio concetto espresso.
Il mio gradimento
personale va comunque a White Window, un
misto di Gentle Giant e Jethro Tull prima maniera che mette i brividi.
Bravi… questa è una
strada da non abbandonare!
L’INTERVISTA
Come nascono i Mad Fellaz? Possibile riassume la vostra
storia e il modo in cui vi siete avvicinati alla musica?
I Mad Fellaz nascono nel novembre del
2010 da un idea di Paolo Busatto (chitarra), del fratello Marco (batteria) e di
Emanuele Pasin (chitarra), che intraprendono inconsciamente la strada del
progressive rock; poco dopo si aggiungono alla band Carlo Passuello,
bassista stilisticamente settanti ano,
ed Enrico Brunelli, tastierista dalle influenze classiche. Fin dal principio si
propongono con composizioni complesse, e gli stili diversi dei musicisti
trovano il giusto punto di incontro, arrivando così ad un sound compatto, ma
allo stesso tempo raffinato. Nel marzo del 2012 entra nel gruppo Rudy Zilio,
detto il "pazzo", polistrumentista che con flauto e clarinetto
da ai Mad una marcia in più. Il fatto di essere tutti buoni amici e di avere
ricevuto un'educazione musicale di un certo rispetto dai relativi genitori, ci
ha sicuramente aiutato nell'essere uniti e ci da la forza e l'intraprendenza per
continuare con entusiasmo.
Quali sono i vostri punti di riferimento, musicisti da
cui avete attinto in maniera più o meno conscia?
Sicuramente le nostre influenze
provengono per la maggior parte dai gruppi degli anni '70. Siamo da sempre
attratti da band che hanno fatto la storia del rock, come i Led Zeppelin e i
Deep Purple; abbiamo cercato di estendere la nostra visione musicale verso
opere come “In The Court of the Crimson
King”, “The Dark Side of the Moon,
Octopus, Fragile, che hanno avuto per noi un peso notevole e ci hanno spinto
sempre più verso un universo sonoro più sperimentale.
Come raccontereste la vostra musica a chi non vi ha mai
ascoltato?
Fin dall'inizio c'era la volontà di
creare buona musica senza porci troppi quesiti, senza sapere che direzione
avremmo preso, andando un po' contro corrente e spinti anche dalla convinzione
che quello che stavamo creando poteva staccarci dai canoni del rock moderno.
Crediamo che i nostri pezzi siano in grado di stimolare le percezioni
dell'ascoltatore, così da fondere la nostra musica con emozioni, visioni,
fantasie.
L’album di esordio è completamente strumentale:
rinunciare alle liriche è una scelta legata a precisa necessità espressiva o ci
sono altre motivazioni, come ad esempio l’impossibilità di trovare il vocalist
giusto?
Sicuramente non avere una voce ci dà più
libertà di espressione e anche il vantaggio di passare da un genere all’altro
con più facilità. Non abbiamo mai cercato effettivamente un vocalist, ma allo
stesso modo non si è mai proposto nessuno, comunque qualcosa bolle in pentola e
nel prossimo album potrebbero esserci delle novità.
I titoli dei brani fanno supporre storie e messaggi
difficilmente decodificabili: possiamo approfittare di questo scambio di
battute per chiarire cosa c’è dietro ad ogni traccia?
Non ci sono delle vere e proprie storie e
i titoli sono stati associati ad episodi buffi che ci sono accaduti. Come primo
lavoro ci siamo soffermati solamente sull'aspetto strettamente musicale
cercando di mescolare le nostre influenze, mantenendo una certa identità senza
cadere in inutili virtuosismi. Logicamente l'obbiettivo che ci siamo prefissati
per il prossimo futuro è quello di crescere sotto tutti i punti di vista, dando
più valore ai nostri brani, e il risultato a cui auspichiamo sarebbe quello di
ottenere un vero e proprio concept album con una storia che unisca le tracce
che lo andranno a comporre.
Mi parlate dell’art work?
Abbiamo lasciato libertà assoluta a
Riccardo Stocco e Michele Vangelista, i due autori della copertina che si sono
fatti una visione tutta loro: l'uomo seduto rappresenta il padre di Paolo e
Marco, che durante le nostre esibizioni se ne sta sempre in disparte con il suo
fedele mangia cassette; la tranquillità data dal paesaggio incontaminato è
interrotta dalla vivacità delle fiamme che sembrano uscire dalla sabbia e la
ragazza di spalle scottata dal sole, apparentemente fuori dal contesto
generale, da un tocco demenziale e inconscio, tutti stati d'animo che
rappresentano qualsiasi persona e noi in particolare
Che cosa accade nei vostri spettacoli live?
Fino ad ora abbiamo puntato tutto
sull'aspetto tecnico e sulla precisione esecutiva ottenendo buoni risultati e
parecchi consensi, ma siamo consapevoli che ciò non è sufficiente per aspirare
ad un salto in termini di visibilità. Stiamo pensando di proiettare filmati e
immagini a tema che scorrano perfettamente a tempo con le nostre esecuzioni, è
un po' ambizioso ma ci proveremo.
Che cosa offre in questo momento, musicalmente
parlando, il luogo in cui vivete? Esistono fermenti positivi?
Indubbiamente c'è fermento, una realtà in
cui emergono delle band interessanti, proposte musicali valide e promettenti.
Purtroppo però trovare lo spazio per esibirsi e farsi notare è sempre più
difficile, soprattutto per band indipendenti che puntano su composizioni
ricercate e senza compromessi. Gruppi come il nostro devono tentare per forza
di cose di agganciarsi all'estero, dove sicuramente c'è un' apertura mentale
maggiore verso chi propone musica propria. Il popolo italiano è ormai abituato
a recepire canzoni radiofoniche di personaggi da talent show e tribute band. Il
fatto che abbiamo ricevuto molti ordini d'acquisto per il cd da Giappone e Nord
Europa, mentre dall' Italia forse cinque, sei, dieci (?) ne è la conferma.
Purtroppo in questo paese esiste una omologazione in termini di produzione e
promozione discografica che non lascia scampo a band creative e coraggiose.
Cosa sperate accadrà, nell’immediato futuro, nel vostro
percorso di vita professional musicale?
Per noi sarebbe allettante suonare su
palchi prestigiosi e poter organizzare delle tournèe, sia in Italia che all'
estero, in modo da avere la possibilità di suonare più spesso e di portare in
lungo e in largo la nostra musica soprattutto in versione live. Finora questo
non è stato possibile, ma speriamo accada presto. Magari con l'aiuto di qualche
persona esterna che sa muoversi in questo campo, dato che noi non abbiamo molta
esperienza in merito.
Il brano a seguire è una demo e non la versione ufficiale dell'album.
Biografia
I Mad Fellaz, gruppo italiano
molto giovane (età comprese tra 22 e 26 anni) di Bassano Del Grappa, nascono
nel 2010 come trio sperimentale ancora anonimo che vedeva in formazione Paolo
Busatto ed Emanuele Pasin alla chitarra elettrica e Marco Busatto alla
batteria. Con il passare del tempo si sono aggiunti altri elementi (in ordine
di arrivo) : Carlo Passuello (basso), Enrico Brunelli (tastiere) e Zilio Rudy
(flauto traverso e sintetizzatore). Le composizioni e il sound della band sono
influenzati dai grandi del passato come King Crimson, Gentle Giant, Pink Floyd,
Mahavishnu Orchestra, Area, Banco del Mutuo Soccorso e molti altri, ma anche da
band recenti come Opeth e Porcupine Tree. La mentalità aperta del gruppo verso
la totalità della musica permette allo stesso di sperimentare con diversi
generi e di contaminare le proprie composizioni anche con il flamenco,
sfumature jazzistiche, addirittura con il metal per certi versi. L' obiettivo
della band, infatti, è quello di non porsi limiti a livello creativo, evitando
di categorizzarsi in un genere in particolare e sfruttare tutte le conoscenze
per creare una musica coinvolgente ed emozionante cercando sempre un'espressione
naturale.
Line Up
Marco Busatto: drums
Paolo Busatto: electric guitar
Carlo Passuello: electric bass
Enrico
Brunelli: keyboards
Rudy
Zilio: flute-clarinet
Track Listing
-Il Colpevole Parte I
-Il Colpevole Parte II
-Banda Scavejoni
-White Whindow
-La Giungla
Track Listing
-Il Colpevole Parte I
-Il Colpevole Parte II
-Banda Scavejoni
-White Whindow
-La Giungla