Per la terza volta
in un ristretto spazio temporale mi capita di ascoltare un nuovo album dei Syndone,
band torinese nata alla fine degli anni ’80, scioltasi dopo qualche anno e nuovamente e vigorosamente in campo dal 2010: Melapesante, La bella è la bestia, e ora arriva ODYSSÉAS.
Un prolificità unica, e
colpisce l’affermazione del vocalist
Riccardo Ruggeri che racconta: “I
periodi di crisi sono momenti incredibilmente fertili per la nascita di idee.
La musica vive anche di questo. Quindi la musica non va mai in crisi”, concetto, nelle
fondamenta, applicabile in ogni momento della nostra quotidianità, nei settori
più disparati.
Trio atipico, che unisce la voce di Ruggeri
al vibrafono di Francesco
Pinetti e alle tastiere del fondatore/mente/motore/cuore Nik Comoglio.
Da questa atipicità di line up derivano
pregi e svantaggi facilmente intuibili, come lo stesso Comoglio dichiara, e
alla facilità di lavoro in studio - con il fascino aggiunto delle
collaborazioni di livello - si contrappone l’handicap dei live, momento in cui
la costituzione del team adatto all'occasione può essere lunga e faticosa.
“ODYSSÉAS” è un
concept album che nasce dalla nuova collaborazione con la Fading
Records/Altrock, etichetta che ha come obiettivo l’unicità dei progetti che
propone, e quelli di Nik Comoglio possono essere presi certamente come esempio.
L’utilizzo di tecnologia
avanzata, mista a tecniche espressive analogiche, rappresenta il vero carattere
della filosofia della band, con un mantenimento della tradizione - e della
qualità ad essa connessa - ed un costante sguardo al futuro, alle evoluzioni
possibili e alle collaborazioni stimolanti. Ma ci sono dei limiti entro i quali
bisogna restare. Comoglio a tal proposito afferma concetti
che dovrebbero essere un insegnamento per molti musicisti, nuovi e antichi:
“È fondamentale in tutti gli stili
musicali guardare sempre avanti e cercare in tutti i modi di progredire il più
possibile. Però è anche importante ricordarci da dove veniamo: per chi fa
musica ed è agganciato, come Syndone, a un genere ben definito bisogna stare
molto attenti a inserire gli elementi di modernizzazione con moderazione per
rimanere sempre “leggibili” dal pubblico che ci segue. È un gioco molto sottile
per il quale si rischia di non venire capiti: infatti, se non si sta attenti in
questo senso, spesso succede che l’album sul quale si lavora e su cui si sono
investite energie per circa un anno e mezzo/due, dopo pochi mesi dall’uscita,
cada senza speranza nel dimenticatoio. Unitamente alla ricerca del nuovo bisogna
onorare le radici della musica che tentiamo di modernizzare: questo è il motivo
per cui uso sempre suoni di tastiera vintage e analogici quando nel disco ci
sono elementi freschi molto forti come, ad esempio, il drumming di Marco, la
scrittura di Francesco o l’uso personalissimo e geniale del cantato di Rik. È
un modo per farti vedere cosa c’è al di là di un muro alto dandoti però la
sensazione di restare sempre con i piedi per terra.
Sono questi i pensieri che convivono
concettualmente col la storia di ODYSSÉAS, quella
del viaggio di Ulisse, delle sue avventure, degli incontri e delle fortune
alterne. Cinquanta minuti di musica, suddivisa su tredici brani, per
sintetizzare il fascino del “viaggio”, della sperimentazione, del cercare oltre
per vedere cosa accade; l’amore per il rischio - non sempre calcolato - e per
la ricerca di noi stessi, che spesso non trova sbocco sino a che, dopo il giro
totale, ci si ritrova al punto partenza, e a questo punto il “vecchio” verrà
visto con una nuova ottica. Il viaggio… possibile per chiunque, anche se
vittime dell’immobilismo, perché la mente tutto può. Il viaggio attraverso la
musica, quella incredibile che questo trio inusuale riesce ad inventare, all’
interno di quella sfera che per comodità etichettiamo come prog, ma che io
modifico spesso in “Musica Totale”.
Questo importante percorso ha
visto un paio di ospiti sulla prua della nave.
Il primo è il pluridecorato Marco Minnemann, batterista tedesco che, dopo aver ascoltato la fase
demo dell'album, ha deciso di estendere la sua prestazione a tutti i brani,
registrati poi nel suo studio californiano. Un impegno così totale il suo, in
grado di influenzare ciò che già era stato scritto.
Il secondo è John
Hackett, fratello del più famoso Steve, capace di donare il tocco
personale con il suo flauto al brano Penelope,
fatto non certo scontato quando si è in tema di ospitate, spesso forzate.
E ritorno così a evidenziare le opportunità che
certi incontri forniscono, quando il coinvolgimento è sentito e la
partecipazione quasi spontanea.
Apprezzo molto la musica sin qui ascoltata dei Syndone,
ma è indubbio che ODYSSÉAS rappresenta l’apice, la maturazione, non tanto personale, ma della band, della
comunione di intenti e del messaggio musicale che appare sempre più chiaro.
Attraverso liriche cariche di
messaggi e di metafore attualissime, la poesia si mischia alla completezza a
volte impenetrabile della musica progressiva, e la melodia emerge, come
elemento fondamentale della nostra tradizione, come la ricerca delle radici
che, coerentemente col tema del viaggio di Ulisse, si realizza attraverso “suoni caldi di legno, corda e ottone per un disco che
doveva suonare molto mediterraneo” (Comoglio).
Il brano che propongo a seguire, Vento Avverso, mostra la faccia più
“delicata” del disco, e regala l’incredibile voce di Riccardo
Ruggeri, autore delle liriche.
La composizione musicale è tutta di Comoglio
e Pinetti, e l’affiatamento che emerge determina la qualità finale.
Nik si è addentrato nella parte con una ricerca
sonora davvero varia, attraverso un campionario incredibile di tastiere…
Mi capita spesso di entusiasmarmi al cospetto di
cover colorate e dai soggetti impossibili, che riportano agli amori dei
seventies, ma l’immagine di ODYSSÉAS abbaglia.
Il titolo del quadro è A Oriente (1979, olio su
tela), una picture dalla lunga storia, firmata nel 1979 da Lorenzo Alessandri, pittore surrealista piemontese. Dice Nik a tal
proposito: “Sembrava proprio essere stata
dipinta su commissione. Tre uomini-uccello (chiamati Bedu) vestiti con un saio
rosso e con zoccoli biellesi ai piedi contemplano il mare in silenzio,
enigmatici e distaccati tra loro ma nello stesso tempo uniti mentalmente verso
un ideale comune. La storia dei Syndone insomma!”.
Un altro centro per la band torinese.
Info:
Syndone:
Fading Records:
Ufficio Stampa Synpress44: