Sono
passati un paio di anni - l’uscita è di alcuni mesi fa - ed ecco l’evoluzione, “Fate of a Thousand Worlds”, prodotto dall’etichetta MUSEA.
La
musica contiene in se il concetto di viaggio; è unica la sua capacità di esser mera compagnia, che ci scegliamo a completo piacimento, così come appare
elemento essenziale per i nostri journeys mentali, attraverso ere, spazi,
stagioni, stili… si ritorna bambini o si fa il passo opposto, estremo, basta
decidere.
Il
viaggio è anche il tema del nuovo lavoro dei Gran Torino, che nell’occasione dipingono gli accadimenti di
Velasquez, un uomo dotato di enormi poteri a cui è stata affidata una missione,
quella di conquistare tutti i pianeti dell’universo, azione che provoca un aumento di energie derivante dalla distruzione di tutto ciò che si trova davanti. Ma è un uomo triste, capace di sconfiggere chiunque,
ma impossibilitato nel comunicare. E nel suo iter distruttivo il dialogo
interno cresce, e il vuoto che lo attanaglia trova un po’ di pace solo per un
attimo, quando incontra l’amore, su un pianeta appena scoperto. Sarà però un breve
momento perché un allarme improvviso lo porterà lontano, ad una distanza di
sicurezza, e da quella posizione potrà osservare l’esplosione che solleciterà
la sua memoria: era quello il suo pianeta, distrutto alla sua nascita. Non solo
un viaggio nello spazio quindi, ma anche nel tempo, in un percorso fatto di
solitudine e tristezza, immerso in un mare di stelle.
Il
racconto è di Paolo Gadioli, e il
significato appare spaventosamente attuale, se solo si riesce a focalizzare l’attenzione
sull’incapacità tipica della nostra epoca di tessere relazioni corrette,
immersi come siamo nella tecnologia che ci aiuta solo nell’invio del messaggio,
senza che resti mai il tempo e la voglia di attendere una risposta, incapaci di
chiudere il cerchio; evoluzione, potenza, ed energia, in questi giorni - e in questo racconto musicato - trovano un
unico sinonimo: isolamento.
Questo
piccolo riassunto era necessario, perché la proposta dei Gran Torino è strumentale, e per entrare in sintonia con chi ha creato
musiche riferite ad uno svolgimento letterario, creandone quindi la colonna sonora,
occorre un minimo di informazione di base.
I
titoli da soli non bastano per raccontare una storia, ma unendo le varie
componenti - tra cui lo splendido art
work tipicamente seventies - il profumo del disco cresce lentamente.
I
sistemi utilizzati per comporre sono molteplici, ma credo che provare a
tradurre i pensieri e le immagini in una musica che possa dare significato coerente, senza utilizzo di liriche, sia atto complicatissimo, carico di responsabilità,
ma affascinante.
Cinquantatrè
minuti, suddivisi su dieci tracce, sono quelli che servono a questa giovane
band per compiere… la loro missione.
Vediamo
i loro nomi e ruoli.
Alessio Pieri alle tastiere, Fabrizio Visentini Visas al basso, Gian
Maria Roveda alla batteria e Leonardo
Freggi alle chitarre.
L’idea
di passare messaggi importanti senza l’utilizzo di testi è ambiziosa, ma la
scommessa appare vincente.
Dal
sito di riferimento si apprende come le esperienze passate siano state molto
varie e diverse per i singoli componenti, e l’attuale formula appare quindi come
la migliore sintesi possibile, che ha come zoccolo duro il rock, ma che
recupera la difficoltà esecutiva della musica progressive prima maniera, non sfociando
mai nell’autoreferenzialità e nella bellezza superflua, ma ricercando uno stile
personalissimo fatto anche di melodie capaci di sposarsi ad una potenza fuori
dalla norma.
La
sfida è forse proprio questa, il tentativo di inventare il nuovo attraverso l’antico,
filtrato dal vissuto e dalla didattica, che evolvono di pari passo e hanno
anche a che fare, anche, col DNA, e quindi col talento.
Non c’è
tregua, non c’è sosta, solo un attimo intimistico dedicato ad “Arida”,
ma il sound è potente, almeno quanto Velasquez, il ragazzo delle stelle.
Abbastanza
facile e usuale appiccicare un’etichetta e un nome di approssimazione, ma onestamente
non riesco, in questa occasione, a fornire immagini chiare che riportano al
conosciuto, e credo sia questo un primo successo per i Gran Torino, immersi in una nicchia musicale che potrebbe dare loro grandi
soddisfazioni. E anche questo è da considerarsi un viaggio…
La
musica proposta a fine post permetterà di delineare meglio il quadro che ho
provato a descrivere.
Le tracce…
1. Child of the Stars (6.46)
2. Absolute Time (5.17)
3. The Battle of Velasquez (5.23)
4. Dead Suns (6.25)
5. The Fog of Time (5.36)
6. Empty Soul (5.07)
7. Arida (4.24)
8. The Short Dream (5.22)
9. End of a Planet (5.50)
10. Fate of a Thousand Worlds (4.40)