sabato 19 aprile 2014

"Terre che suonano": Camogli e Marco Tortarolo


Dietro ad ogni angolo è nascosta una sorpresa. I pessimisti non amano l’ignoto, carico di profumo negativo; chi vede tutto rosa immagina altri scenari, e la possibile delusione finale non li smuove più di tanto. Forse accettare tutta la gamma delle possibilità ha a che fare con l’equilibrio. Filosofia spicciola, che mi serve per raccontare come sia rimasto stupito e allo stesso colto dal rammarico, quando un amico “esterno”, proveniente da Genova, è venuto a raccontarmi che, praticamente a casa mia, Albisola Superiore, esisteva un mago capace di trasformare la terra in musica, creando strumenti musicali unici e irripetibili: “Ma come, sono passato davanti al suo laboratorio stamattina e non me ne sono accorto? Ma perché nessuno mi ha avvisato negli ultimi quarant’anni?”.
La prima immagine che ho visualizzato mi ha portato nel campo delle realizzazioni da mostra, ceramiche da esporre, come le tante miniature di chitarra che ho bene in vista su una mensola di casa: “Ma no! Roba vera, materiale che suona, percussioni  varie, chitarre, forse un flauto!”.
E ancora: “ … ed è tutto amplificabile!”.
Incuriosito da tanto ben di Dio mi faccio immediatamente accompagnare nel rifugio delle meraviglie e conosco di persona Marco Tortarolo, più o meno mio coetaneo, appassionato da sempre di musica, e quindi non esiste una giustificazione plausibile al fatto che non ci siamo mai incontrati, nemmeno per caso. In realtà, a forza di scavare, abbiamo poi trovato un’occasione di vicinanza, quando a Genova erano di scena i Soft Machine Legacy e Il Tempio delle Clessidre, ed eravamo entrambi presenti, io sul palco come diligente presentatore e lui tra il pubblico: “Ecco dove ti avevo visto!”, mi dice lui.
Il suo luogo di lavoro è nascosto, e la scritta murale, su di una delle due possibili entrate, ricorda un vecchio negozio da elettricista. Tutto sa di storia, cultura, mestieri che sembrano quasi spariti e che invece potrebbero diventare uno sbocco salutare per giovani intraprendenti. Ma Albisola è mondo a parte, quando si parla di ceramica, e al cospetto dell’evidente nobiltà occorre inchinarsi.
Mi racconta un po’ di cose Marco, ma ciò che più mi colpisce è la sua passione musicale, assimilabile alla mia, con due tipi di espressione finale diversi, ma convergenti negli ideali.
Il forno, il tornio, gli attrezzi manuali, il lavoro quotidiano, la routine gestita con amore, e alla fine la sintesi di tutte le possibili passioni: la MUSICA.
Una breve descrizione, pochi minuti, e mi si apre davanti un mondo nuovo.
Ci accordiamo per un successivo incontro, per fissare alcune immagini che possano essere veicolo verso una diffusione doverosa dell’opera di pionieri e innovatori, capaci di adattare gli elementi antichi ad un’arte differente, ma anch’essa primitiva.
Mi esprimo al plurale, non è un errore. Il secondo incontro a distanza di tre giorni, mi permette di scoprire come alla base del progetto ci sia una seconda persona, Camogli, insegnante di professione, ma col DNA dell’alchimista: forse non conoscerà il segreto per trasformare ogni cosa in oro, ma pare che il suo “dialogo” con la terra conduca alle caratteristiche principali delle creazioni musicali che sto cercando di descrivere.
Tutto nasce una decina di anni fa, con un “progetto scuola” che forse presentava un mero modello didattico, casualmente applicato alla musica, un iter in cui Camogli credeva e che ha trovato piena soddisfazione nell’incontro con Marco Tortarolo: come dimostrano le prime righe di questo articolo, si può vivere anche a stretto contatto con uomini dai simili interessi, senza che le strade portino ad un crocevia.
Ma il crocicchio è arrivato per Marco e Camogli e la sperimentazione è partita.
Tutto nasce dalla ricerca della terra che Camogli riconosce “a naso”, tanto da affermare come quella di Albisola, ottima per le note ceramiche, non sia invece la migliore per creare un mondo di suoni. Esiste il feeling tra l’elemento basico e chi ne va alla ricerca, e il tatto, il profumo ed il colore indirizzano verso una scelta sicura, che solo un “mago” può determinare con precisione. E una volta colta la merce preziosa inizia un percorso, non lunghissimo, ma mirato e delicato, fatto di selezione granulometrica, di dosaggio dei componenti, di miscela accurata fatta a mano, di cottura finale del manufatto.
Non esistono miscelatori, setacci automatici, gestione di loop di temperatura, e di fatto nasce un ciclo che da solo dovrebbe lasciar tutti di sasso… se solo ci si pensasse un attimo: la ricerca della terra nel luogo in cui si vive, la sua lavorazione e trasformazione utilizzando mani, testa e cuore, e alla fine del giro la polvere di casa diventa suono! Questa è sapienza, tradizione, cultura e… segreto connaturato al mestiere.
Ciò ne che scaturisce è qualcosa di unico, perché mai e poi mai esisteranno due strumenti uguali, e chi casualmente o volutamente verrà in possesso di un pezzo di “terra suonante”, sarà sicuro che ciò che ha tra le mani non potrà essere clonato con la precisione che solo il modello industriale può regalare.
Camogli e Marco Tortarolo hanno un chiodo fisso, che non è legato al businnes, ma  alla ricerca di qualcuno che possa farli crescere, non essendo loro tecnici specifici, e quindi non in grado di realizzare una buona progressione evolutiva. Ma alla stesso tempo concordano su un dogma, quello che le loro creazioni possono finire solo nelle mani di chi le può amare come loro, meglio se in grado di usarli con perizia e talento.
Qualcuno lo ha già fatto, all’estero ad esempio. Marco è da tre anni ospite d’onore di un famoso festival francese della ceramica, e in un’occasione ha avuto modo di incontrare musicisti che hanno utilizzato dal vivo una serie di sue percussioni, con buon entusiasmo da parte di tutti i presenti.
Eccone un esempio:


Un set completo dell’equipaggiamento di Marco Tortarolo e Camogli sarà presente al prossimo FIM (Fiera Internazionale della Musica) che si terrà a Genova nei giorni 16-17-18 Maggio, e il musicista Giorgio Cesare Neri darà dimostrazioni pratiche delle possibilità ritmiche e sonore connaturate al progetto.
Come cambiano i suoni? Dimensione delle lamelle? Superficie? Spessore? Qualità dell’impasto?
L’intervista a seguire ci permette di entrare un pò nel dettaglio, mentre I due protagonisti ci parlano di un iter affascinante, fatto anche di delusioni, raccontate a telecamera spenta.
Una cosa fondamentale manca, e occorrerà fare in fretta per colmare il vuoto, c’è solo un mese di tempo: come si chiama l’invenzione di Marco Tortarolo e Camogli? In dieci anni di impegno e duro lavoro sul pezzo, l’ultima cosa che poteva venire in mente era perdere tempo nella ricerca di un marchio di fabbrica, eppure… se ogni creazione è un figlio un appellativo mi sembra doveroso… siete d’accordo?