Ogni volta che imbraccio una chitarra mi viene da svisare,
alla ricerca di qualche passaggio blues. Ciò non significa che io sia
autorizzato a farlo, che la mia abilità e le mie competenze siano quelle
giuste, ma perché usare il freno? Avrà pure un significato preciso il
gesto d’impulso e quindi… lascio che sia l’istinto a guidarmi.
Ho conosciuto molti uomini di blues, e ho visto con i miei
occhi e sentito con le mie orecchie cosa accade a Beale Street,
nella calda Memphis. Ma è in Italia che ho scoperto qualcosa di
più. Il mio avvicinamento al mandolino e ai sui molteplici impieghi, mi ha
portato alla conoscenza di un bluesman italiano famoso negli States, Fabrizio Poggi. Partecipare ai suoi concerti
significa anche ricevere in dono perle di saggezza che riguardano le nostre
esistenze. Deve avere sofferto molto, Fabrizio, perché è scandito nella pietra
l’assioma “No pain… no blues”, niente blues senza sofferenza, e
se tanto mi da tanto…
Un giorno lo sentii dire al pubblico, nel corso di una
performance:”… venite avanti…non abbiate timore, la differenza tra me e
voi è solo nella posizione, uno di fronte ad altri!”. Ma
tutto ciò presuppone che esista sempre e comunque della musica.
In uno dei tanti fatti casuali quotidiani, favoriti
enormemente dalle nuove tecnologie, ho elaborato una teoria che dona significato
al blues, senza obbligatoriamente rifarsi alle note e agli strumenti che
le generano.
Un tempo diventai “americano”, nel senso
lavorativo del termine, e ciò provocò un difficile mutamento nelle
abitudini, essendo d’obbligo un adeguamento culturale. Uno dei primi risvolti
riguardò un’ossessionante e capillare condivisione delle informazioni, anche le
più insignificanti… share it!
Curiosa fu però la mail che trovai un mattino: recava in oggetto la parola
“blues”. Blues? E che c’entra col lavoro?
Dopo la prima lettura niente era chiaro. Non era la
traduzione della lettera che complicava le cose, ma il soggetto, talmente
inusuale che… sembrava impossibile, così come non era chiaro, inizialmente,
l’obiettivo e lo stato d’animo dello scrivente.
Ciò che propongo a seguire è una cosa inedita, mai pubblicata, mai musicata, mai cantata in pubblico; eppure un americano, uno del posto, con radici profonde su quella terra, non ha esitato nel chiamarla “blues”, essendo il suo un grido di dolore e di forte delusione. L’uomo in questione era appena stato licenziato e da li a poco avrebbe intrapreso un viaggio che, dall’Ohayo lo avrebbe portato in Florida. Il suo ultimo pensiero era stato quello di far sapere a tutti i colleghi attorno al mondo che lui era ferito, perché licenziato, e che avrebbe urlato il suo dolore (e forse curato qualche ferita), creando un testo che per lui era blues, e lo avrebbe cantato durante il suo lungo tragitto. Blues come sofferenza. Blues come pianto. Blues come speranza. Anche senza musica.
Ciò che propongo a seguire è una cosa inedita, mai pubblicata, mai musicata, mai cantata in pubblico; eppure un americano, uno del posto, con radici profonde su quella terra, non ha esitato nel chiamarla “blues”, essendo il suo un grido di dolore e di forte delusione. L’uomo in questione era appena stato licenziato e da li a poco avrebbe intrapreso un viaggio che, dall’Ohayo lo avrebbe portato in Florida. Il suo ultimo pensiero era stato quello di far sapere a tutti i colleghi attorno al mondo che lui era ferito, perché licenziato, e che avrebbe urlato il suo dolore (e forse curato qualche ferita), creando un testo che per lui era blues, e lo avrebbe cantato durante il suo lungo tragitto. Blues come sofferenza. Blues come pianto. Blues come speranza. Anche senza musica.
E chissà che a qualcuno, leggendo queste righe, non venga in
mente qualche strana idea!
Ain’t gonna sing the blues no more…
There is a train
running through my brain
An acid reflux in
my trout
It makes me wanna
vomit
I feel I’m gonna
choke
My mind won’t
turn-off
To let me sleep
I feel so helpless
I want to weep
But I ain’t gonna
sing the Blues no more
Uncle Owens gave
me the boot
They say I cost
them quite a lot
The projects they
gave me are all wrong
Because they take
to long
To reach the
commercial stage
And by-the-way
I should be more
positive
But I ain’t gonna
sing the Blues no more
It may not be fair
It may not be
SMART
To expect the
Sales
Before the
programs start
But it’ s the new
way
You find in the
USA
elimination, for
better said:
But I ain’t gonna
sing no Blues no more…
My darling wife
tells me:
“God will provide
for you and me
You have a whole
year to think an decide
You have been
lamenting day and night
It’s time for a
different song
The next chapter
won’t be wrong
Is yet to be
written you know
Yes, but I still
feel a rolling stone
I am not sure what
to do
But I ain’t gonna
sing the blues for two
Some gave me scorn
For not being
re-born
But this white
two-headed eagle
Is not a parrot or
a sea-gull
The cage they said
was gold
Is really solid
brass, so cold
Finally, it opens
And I am free
To be the best
Drago
I could possibly
be
So, I ain’t gonna
Sing the blues no
more
What’s coming in
2008?
The bean counters
will not hesitate
To rootlessly cut
costs, big and small
For the benefit of
a few
Not for all
I wish you well in
this rumble
‘Cause I do not
want the stock to tumble
But if it does,
it’s only money
Which we will find
quite funny
Let’s not sing the
Blues no more…
There will be no
party
Perhaps not even a
cake
Recognition is
slow to come of late
For 30 years and
210 days
The millions this
old solder made
For the only
company he ever knew
Not many of us old
timers left
Just a few…
But I ain’t gonna
sing the blues no more…
No more BB, Eric
or Stevie Ray
Or Balasevic to
make me cry
To all of you I
say good-bye
With a tear in my
eye
But my pink heart
beats so strong
For a happier song
– My friends, so long…