mercoledì 1 febbraio 2012

Spirogyra


Da quanto si può desumere leggendo questo articolo, Spirogyra è uno dei gruppi più antichi, ancora in circolazione, e ingiustamente di estrema nicchia. “La nicchia” di cui parlo non è legata alla difficoltà di ascolto, ma alla grande distanza esistente tra la band e ogni forma di media. Mai un’apparizione in radio o tv, anche se non mi è chiaro se sia precisa scelta o mancanza di occasioni. Eppure negli  anni ’70 non era poi così difficile avere visibilità, per chi realizzava vinili!
Non ho trovato quasi niente in italiano, salvo una biografia che aggiungo alla fine, e qualche foto.
Evidenzio che   Boots & Bells Shambles, uno dei loro album, viene considerato dalla critica il “ The Seargeant Peppers of folk".
Non li conoscevo, e mai li avrei conosciuti se non avessi ricevuto da Black Widow Records “Spirogyra 5”.
L’ho ascoltato ed è diventato un album da cui non mi separo mai nei viaggi e, cosa non trascurabile, piace ai miei familiari, che non hanno particolari amori musicali. Un album per tutti, gradevole, tra il folk e il prog.
Il mio solito approccio prevedeva un‘ intervista e con il solito iter ho inviato le domande a  Martin Cockerham.
Ci sono rimasto un po’ male quando il file è tornato indietro con risposte insufficienti e, soprattutto, col commento di Martin che con estrema sincerità ammetteva che non aveva potuto svolgere bene il compitino perché poco stimolato dalle mie domande banali. In realtà dal proseguimento del suo commento ho capito che era rimasto infastidito dal fatto che non conoscessi la band, fatto innegabile ma… proprio quello era il mio compito del momento, colmare delle lacune, perché penso che sia davvero un… meraviglioso gruppo sconosciuto ai più.
Alla mia risposta un po’ dura Martin si ammorbidiva e gentilmente mi forniva l’intervista che una giornalista greca aveva realizzato da poco.
L’ho tradotta e la propongo perché racconta davvero molto di questo gruppo incredibile, che potremo vedere in Italia entro un mese.
Quello che pubblico oggi è forse l’unico documento esistente nel nostro paese e spero che questo possa far capire a Martin che il suo non è stato tempo perso, e forse chi andrà ai suoi concerti, tra febbraio e marzo, ci andrà un po’ più preparato.

Dice Martin Cockerham
Ho da poco rilasciato un'intervista per la radio anni 60”, in Grecia, e la ragazza aveva fatto un sacco di ricerche su  Spirogyra, e ha fatto molte domande profonde,  e io ho risposto di conseguenza. Se vuoi la puoi citare…”.



L’INTERVISTA

Martin Cockerham è una persona carismatica. Ci siamo conosciuti tramite un amico comune l'estate scorsa ed è stato originale e unico fin dal primo momento. Si è presentato con un paio di occhiali da sole vintage e una t-shirt degli Who. Dopo che lo hai conosciuto puoi dire di lui che  non è uomo comune, ma il suo atteggiamento non è per niente arrogante.
Martin ha creato i leggendari Spirogyra,  e ha oltre 44 anni di musica alle spalle. E’  compositore e  cantante, e suona molteplici  strumenti, come la chitarra, il bouzouki, ecc.
E’un vero gentiluomo e racconta storie molto interessanti.
Ci siamo incontrati recentemente, mentre era in viaggio da Sofia a Altamura in Italia, e ho avuto il piacere di porgli alcune domande riguardo al suo passato di musicista, alla”  English Psych folk/progressive  targata Spirogyra , al suo lavoro e alla sua vita attuale.

Partiamo dal  1967, anno in cui la band fu creata, inizialmente con te, Francis e poi, nel 1969, con altri tre musicisti. Come accadde tutto questo?  Fu il frutto di un tuo  bisogno interiore?
Mark ed io abbiamo iniziato a suonare  in una blues band sin dal 1966, insieme ad altri compagni di scuola di Bolton. Io ero il batterista, ma in quei giorni il chitarrista mi insegnò le basi della chitarra, abbastanza  da poter suonare le  canzoni di Dylan. Ero anche  un fan dell’ The Incredible String Band e,  probabilmente ispirato da loro e altri, formai con Mark un duo folk acustico “acido”. La musica folk pop degli anni 60 è stata fonte di enorme ispirazione per me e ha influenzato le mie scelte future, indirizzandomi naturalmente sulla via del cantautorato. Quando andai  alla Kent University nel ‘69,  Mark non mi seguì, così decisi di andare avanti con una nuova line up e aggiungere Mark durante le vacanze, quando poteva raggiungermi a  Canterbury. Ecco come è nata la classica formazione a quattro degli Spirogyra, con Barbara Gaskin, Steve e Julian. Eravamo tutti studenti della Kent University e abbiamo condiviso una casa al 5° St St Radigund, nel centro di Canterbury, nei pressi della cattedrale .

 La band ha registrato tre album tra il 1971 e il 1973. Puoi descriverceli, evidenziando il tuo preferito, e accennare alla tua vita come membro di una  band di primo piano?
A proposito, esiste un quarto album registrato in quei giorni, uscito con il titolo “Burn The Bridges”, che raccoglie le nostre prime registrazioni insieme, con quattro  brani  realizzati nel periodo “69-70”. Nel 1970 abbiamo ottenuto un contratto discografico con la September Productions, con l’impegno di realizzare  tre album. Era  una piccola casa di produzione e ogni album finito, per poter uscire, dove appoggiarsi ad un’ etichetta discografica diversa. Il primo è stato “St Radigund”, e  prende il nome dalla strada in cui vivevamo a Canterbury. Ora è cresciuto  a tal punto da  diventare uno dei più importanti  album seminali di musica  popolare progressiva di tutti i tempi, secondo la critica e gli esperti del settore (folk progressivo), come si può vedere su:
 www.progarchives.com
Al momento dell’uscita fu quasi ignorato e vendette solo 2000 copie circa. Ma con il passaparola e la sua reale  qualità- e senza alcuna promozione da parte di qualsiasi casa discografica-  è salito fino alla top 10 di tutta la musica progressive degli ultimi 50 anni. Questa è l'opinione degli esperti e dei fan, nei paesi in cui ottiene sufficiente attenzione dei media, come in Giappone, Corea del Sud, Italia e Scandinavia. Il secondo album si chiama “Old Boot Wine,  ed è ora un album molto raro. Il terzo è il mio preferito e si  chiama “Boots & Bells Shambles”. Alcuni lo hanno definito il " Sergeant Peppers del folk progressivo". Oggi è un importante pezzo da collezione e lo si vende a oltre  £ 1000. Occupa un posto molto elevato  nella classifica stilata dai critici musicali che lo collocano tra i primi cinque album di progressive folk. "Molti pensano  che dovrebbe essere n. 1, ma se ciò non accade è solo perché tanta gente non l’ha l'ha mai sentito.

Hai fatto diversi tour in giro per  il mondo. Il tuo ultimo risale al 1974, con Barbara Gaskin (voce e piano elettrico), Rick Biddulph (basso e chitarre) e Jon Gifford (fiati). Quali sono i ricordi  più significativi?
C'è un quinto album di quel periodo che si intitola “'Swan Songs” , con alcune registrazioni dal vivo relative  all’ultimo tour del 1974,  un album  di canzoni gradevoli subito dopo “Bells Boots & Shambles”, così, con quello  e “Burn The Bridges”, ci sono in realtà cinque 5 album di Spirogyra, nel periodo1969-1974. Quella line up è stata molto buona, specialmente per come Barbara stava suonando il piano elettrico e anche perché tutti abbiamo utilizzato  al massimo le esperienze fatte con le formazioni precedenti, quando era la norma  lavorare con un bel po’ di tensione artistica e personale. Ho un bellissimo ricordo dei tempi in cui abbiamo suonato nei folk club olandesi, come il Melkweg di Amsterdam Elettrica e l’ Electric Centre  di Haarlem. Il pubblico olandese era formato da ascoltatori che apprezzavano il nostro genere “tranquillo”, e per noi è sempre stato piacevole  suonare per loro ".

Qual era la ragione per cui vi siete divisi, e pensi che sia stato un bene oppure no? E perché?
"Non avrei mai voluto che ci dividessimo. Di sicuro se fossimo rimasti stati insieme, con con la line up completa, come nell’album “Old Boot Wine”, con Mark, Julian, Steve, Barbara e Martin, avremmo finalmente raggiunto il top. Era solo una questione di tempo. Purtroppo Julian decise di diventare  politico e banchiere,  essendo un ruolo che dava maggiori garanzie economiche, e Steve si mise in affari. Nessuno di loro due  quindi fece  il musicista professionista come abbiamo fatto io, Barbara e Mark. E 'stato un peccato.

Hai vissuto all'estero per molti anni. Quali sono stati i paesi che hai visitato e qual è stata l'esperienza  peggiore e quale la migliore in cui ti sei trovato?
Ho vissuto in India, Bali, le Hawaii, Thailandia e California a partire dal 1975, e per tutti gli anni '80 e '90. L’esperienza peggiore è relativa ad un viaggio che ho fatto nel sud dell’India, quando ebbi un problema con una doppia ernia e fui costretto a farmi operare in condizioni molto “primitive”; presi un’infezione che mi costrinse  a soggiornare  per due mesi in un albergo economico, vicino ad un cantiere dove c’era un sito in costruzione, con un martello pneumatico in marcia continua, e senza nulla da mangiare, tranne il pessimo cibo derivante  dal disastroso servizio in camera dell’hotel, e senza alcun aiuto  o  anche solo qualcuno a farmi visita, mentre colava pus dalla ferita ed i medici mi riempivano inutilmente  di antibiotici.  Ma ero troppo debole per fuggire e non avevo l'assicurazione di viaggio! Dopo quasi due mesi di questa inaccettabile situazione  decisi di provare a tornare in  Thailandia e affrontai un viaggio in treno di  tre giorni per tutta l'India, in infima classe,  cambiando la benda di protezione della ferita che ancora spurgava pus nelle toilette dei treni, le più sporche che abbia mai visto in vita mia, condividendo il vagone letto con un gruppo di uomini,  forti fumatori, maleducati e aggressivi. Sopravvissuto in qualche modo, sono riuscito a prendere  un volo per la Thailandia, e una volta arrivato lì sono andato dritto verso il miglior ospedale di Bangkok e  ho pagato  25  dollari per un chirurgo thailandese di livello superiore che, utilizzando l’opportuno anestetico ha  pulito la ferita e  ha eliminato gli antibiotici. A poco a poco  sono guarito. E tutto questo per ricercare una spiaggia esotica!
E 'stato un brutto periodo… astrologico!
Questo il ricordo peggiore (ma forse… ci sono molti altri episodi niente male!)
La migliore ... beh questo è relativo ... potrebbe essere quando un contadino irlandese mi lasciò parcheggiare il mio carro con i cavalli nel suo fienile, in una notte di tempesta e poi mi  invitò a  casa per la cena. Ma è giusto sottolineare che non è consigliabile essere fuori, di notte, se è prevista una tempesta di pioggia e vento, e molte cose me le sono andate a cercare,  come ottenere l'uso gratuito di una capanna molto semplice, in una valle isolata alle Hawaii, dove ho vissuto senza soldi, ma con la libertà di mangiare cibi selvatici, come avocado, banane, mango e ananas, frutti che letteralmente mi circondavano. Un'altra cosa da ricordare riguarda una permanenza di  40 giorni in una grotta buia sotto una montagna, e con solo un bicchiere di latte al giorno, come sostentamento alla meditazione. In effetti sto pensando di rifarlo alla fine del 2012… dopo tre mesi esco fuori e guardo cosa è rimasto del mondo! Forse  solo io! O forse incontro  Brigitte Bardot e  sua sorella più bella e più giovane,  bloccati su di una strada di montagna in Francia…. le salvo  e loro condividono con me il loro patrimonio, ma… sono cose che accadono solo nei film!

Sei vegetariano e segui la filosofia Yoga. Cosa ti ha spinto a queste scelte e quanto è duro seguirle?
E' abbastanza facile. Devi solo convincerti che non hai altra scelta, e tutto verrà naturale.

Le copie dei tre album  di Spirogyra sono ormai sempre più rare e costose. Quanto costano all’incirca e dove si possono trovare?
"Bells Boots & Shambles” è il più costoso e raro. Una versione originale Polydor vale più di £ 1000, se in buone condizioni. Ci sono anche valide edizioni della   Brain Records, con un  suono eccellente e con delle belle copertine apribili,  e anche della  coreana Si-Wan records. E’ anche uscito un cofanetto con i CD  ed un booklet relativo alla band. E naturalmente, “Burn The Bridges”, ma finora non è mai uscito su vinile. Inoltre stiamo progettando di far uscire  “Swan Songs”, e cioè le canzoni scritte subito dopo “Bells Boots & Shambes” intorno al 73-74. Possiamo mettere sul mercato le registrazioni originali,  che sono per lo più solo dal vivo, o potremmo ri-registrare l'intero album.

Con Francis e parecchi colleghi hai realizzato un altro album di Spirogyra, nel 2011, intitolato "Spirogyra 5". Che tipo di musica  stai suonando ora?
Ebbene sì, Mark, Francis ed io abbiamo fatto un album insieme, tra il 2006 e il 2008, intitolato  “Children’s Earth”, che è uscito su cd. Ho continuato a lavorare con Mark e altri amici  e fatto uscire  un album da solista, “Rainbow Empire”,  alla fine del 2009. Dopo aver fatto alcuni concerti nel 2010,  ho aggiunto diversi musicisti che avevano fatto alcune apparizioni  con Spirogyra nei concerti promozionali dell’album ”'Rainbow Empire”, e poi è uscito il vinile “'Spirogyra 5”. Tutti questi album -e molto materiale precedente- sono disponibili sul sito web di Spirogyra:

 Mi piacerebbe ascoltarti dal vivo! Sono previsti concerti nel futuro prossimo?
E’ previsto un tour  in Italia, tra febbraio e marzo, e faremo alcuni concerti in Grecia, soprattutto nella zona di Salonicco.





Gli album di Spirogyra si possono trovare al seguente link:


www.rainbowempire.com

BIOGRAFIA
Gli Spirogyra sono un gruppo fondamentale perché rappresentano il tramite fra l’area folk e quell’espressione particolare della musica progressive che fu il suono di Canterbury. Il gruppo si formò alla fine degli anni Sessanta, proprio in quel di Canterbury, per iniziativa del chitarrista-cantante Martin Cockerham, e ne facevano parte la vocalist Barbara Gaskin, il bassista Steve Borrill e il pianista-violinista Julian Cusack. È questa la formazione che nel 1971 – con l’aiuto di Dave Mattacks alla batteria e Tony Cox (il produttore dei Trees) al sintetizzatore – pubblicò “St. Radigunds” su etichetta B & C. Il disco, nonostante fosse un po’ acerbo e grezzo, ottenne un’ottima accoglienza per la capacità dimostrata dal gruppo nel miscelare folk progressive, dylanismi e jazz-rock canterburyano. La replica arrivò nel 1972, con “Old Boot Wine” (Pegasus), quando Cusack s’era già perso per strada e il gruppo iniziava a dare i primi segni di sbandamento. Al posto del violinista c’era Mark Francis, chitarra elettrica e tastiere, ma Cusack appariva come ospite di studio insieme al solito Mattacks e ad una nutrita serie di comparse (Alan Laing, Rick Biddulph, Peter Ball, Steve Hillage…). Il disco, che con A Canterbury Tale presenta il doveroso omaggio di Cockerham alle proprie radici, abbandona la freschezza dell’esordio senza raggiungere però il solido equilibrio della maturità. Un equilibrio che verrà finalmente toccato nello splendido, e conclusivo, disco del 1973. Raffinato e moderatamente notturno, fin dalla copertina che ricordava vagamente quelle della Blue Notes, “Bell, Boots And Shambles” venne realizzato da una formazione ormai scremata ai soli Cockerham e Gaskin. Ma, in linea con i precedenti lavori, c’erano gli ospiti di turno che, oltre ai soliti Borrill, Cusack - i quali, evidentemente, non si erano mai staccati completamente dal gruppo - e Mattacks, avevano in questa occasione i nomi di Stan Sulzman (flauto), Henry Lowther (tromba) – entrambi attivi nell’ambiente del jazz inglese, John Boyce (violoncello) e Steve Ashley (zufolo). Quest’ultimo proveniva dalle fila dell’Albion Country Band, ma la vera ciliegina nella torta era un’altra ed era simboleggiata dagli arrangiamenti di flauto, tromba e violoncello curati dalla dark lady Dolly Collins. I brani sono tutti dei piccoli capolavori d’equilibrio fra le varie componenti che da sempre confluivano nella musica del gruppo, ma l’ondeggiante An Everyday Consumption Song e la sorprendente suite In The Western World (autentica saga progressive non distante dai Genesis di “Nursery Cryme”) restano assolutamente inarrivabili. Nel 1974 ci fu lo split, e solo la delicata voce della Gaskin continuò a tessere la tela della continuità, in ambito più propriamente canterburyano, con Hatfield & The North (prima) e in coppia con Dave Stewart (poi).


Commento del giorno dopo di Innocenzo Alfano:
Ciao Athos, ho appena terminato di leggere il tuo articolo-intervista dedicato a Martin Cockerham degli Spirogyra. Ottimo, complimenti! In effetti, da ciò che leggo, non è chiara neppure a me la ragione per cui Cockerham si sia rifiutato di rispondere alle tue domande, che immagino - conoscendoti - fossero serie e sincere. Nello specifico, leggendo l’articolo da te tradotto pare che Cockerham apprezzi solo domande “profonde”, rispondendo “di conseguenza”. Poi però vedo che ci tiene molto a raccontare di quanto fosse straordinaria e unica la sua band, apprezzata da tutti, nei primi posti in classifica per critici e addetti ai lavori, del Sgt. Pepper del folk, e delle quotazioni stratosferiche (in sterline) dei loro dischi in vinile, rari e ricercati. Detto tra noi, tutti questi argomenti, senz’altro interessanti per certi aspetti, a me non paiono affatto “profondi”. Ma forse il concetto di “profondità”, per Cockerham, è diverso dal mio... Saluti.