“Spessi
Muri di Plastica” è un EP di HUNO.
Propongo a seguire un’interessante intervista ed un po’ di biografia del
gruppo.
Sei tracce di qualità con un grande sforzo teso a trovare una propria strada, senza cercare il
facile, con la consapevolezza che i veri valori di cui è intrisa la musica
vanno compresi con gradualità, senza cercare quelle scorciatoie che molto spesso conducono a
vicoli ciechi.
Il gusto per il testo raffinato e pieno di significato, si sposa con una
musica che vorrei solo definire rock,
senza andare alla ricerca di uno dei tanti
sottogeneri teorici che riempiono pagine e … bocche.
L’idea che ci si fa leggendo qualche nota oggettiva, e “chiacchierando”
via mail, è quella di trovarsi al cospetto di persone intelligenti, intraprendenti,
con le idee chiare, e sono questi presupposti fondamentali per pianificare un
progetto che abbia fondamenta solide su cui costruire.
Ragazzi che, nonostante la giovane età, pare abbiano una buona cultura
musicale (perché il passato lo si deve conoscere!), musicisti che provano a
fondere la storia con le esigenze attuali, evidenziando ancora una volta la
necessità primaria che ritrovo in tutti i nuovi gruppi, quella di non limitarsi
ad una espressione settoriale, tentando invece una strada multiespressiva,
magari con differenti forme d’arte.
HUNO parte bene… molto bene, e come spesso mi capita in queste occasioni
trattengo uno spicchio di giudizio per valutare la fase live che, sono certo,
prima o poi arriverà.
L’INTERVISTA
Domanda
classica… esiste un legame tra il nome
della band e la vostra filosofia musicale?
In qualche modo si. Il nome HUNO indica una singola unità
composta a sua volta da 4 lettere quanti sono i membri della band: tutto ciò, traslato nella nostra filosofia
musicale, sta ad indicare quattro individui diversi che mirano ad un sound compatto e unico.
Qual
è la scintilla che, scoccando, vi ha portato sulla via della musica?
Ciascuno di noi ha vissuto esperienze personali che l’hanno
indirizzato verso questo mondo: alcuni ascoltando i vecchi dischi che
ascoltavano i genitori, altri influenzati da parenti o amici che già si
dilettavano con qualche strumento. Ad ogni modo possiamo ritenerci fortunati di
essere stati stimolati continuamente da questa passione che ci ha fatti proseguire
su questa strada favorendo l’incontro e lo scontro con altre realtà e
situazioni, talvolta magari molto difficili, che però ci hanno fatto crescere.
Esistono
band o album che potete considerare un comune modello ideale da seguire?
Tutti e nessuno. Nel senso che i nostri ascolti non sono mai
legati a qualche artista in particolare. È chiaro che le diverse esperienze
coltivate da ognuno di noi hanno dato vita a personali gusti musicali più o
meno condivisi, ma cerchiamo di essere aperti il più possibile a tutto,
estrapolando da ogni artista ciò che di buono e di nuovo può offrirci. Così facendo ci sentiamo
più svincolati, soprattutto per quanto
concerne le nostre produzioni.
Cosa
significa per voi una performance live?
Per noi il live è sinonimo di opportunità: opportunità di dire
qualcosa, opportunità per lasciare un segno in chi ci ascolta. Sembra scontato
ma salire su un palco è una possibilità che non viene data a tutti. Va in
qualche modo conquistata. Ed è per questo che crediamo sia importante avere
rispetto di questa esperienza; la affrontiamo come se fosse un esame sempre
diverso per situazioni, stati mentali e fisici, sostenendolo non in maniera
fredda e distaccata, ma cercando di comunicare con chi abbiamo di fronte. È ciò di cui un musicista dovrebbe cibarsi in
abbondanza.
Provate
ad immaginare la vostra musica senza testi… esistono casi in cui non sentite
l’esigenza di aggiungere liriche?
Come accennato prima, siamo aperti a qualsiasi cosa. Abbiamo
creato in passato brani interamente strumentali. Tutt’ora utilizziamo per i
nostri live un intro strumentale e alcuni brani lasciano spazio a
sperimentazioni che per lunghi tratti non richiedono l’utilizzo della voce
(come in “In Duello Libero”). Il nostro appoggio alla musica esclusivamente suonata
è dato, inoltre, dal fatto che due di noi sono impegnati in un progetto
parallelo che si chiama “Il Muro Di Anthony”, basato esclusivamente sulla
musica strumentale. Riteniamo infatti che la comunicazione sia la cosa più
importante, ma questa può avvenire con o senza testi. Quindi ben vengano parti
strumentali o qualsiasi tipo di sperimentazione, purché finalizzate a penetrare
l’ascoltatore.
Avete
mai pensato di introdurre strumenti “poco tradizionali” per arricchire le
vostre possibilità espressive o ritenete che la ricerca di nuovi suoni sia cosa
da vedere solo in prospettiva futura?
“Paletti” di questo genere tendiamo ad evitarli. Le nostre produzioni non si sviluppano a
tavolino, ma cerchiamo sempre le sonorità giuste per il pezzo, a prescindere dallo
strumento che ciascuno di noi suona. Lo strumento, in quanto tale, è un mezzo
per giungere ad un risultato; è il fine
ciò che conta, non il mezzo. Nel nostro ultimo lavoro “Spessi Muri Di Plastica”
abbiamo sperimentato molto in studio, andando alla ricerca di colori che
contribuissero ad esaltare le tinte di ciascun pezzo. In questo senso abbiamo
adoperato strumenti “poco tradizionali” se contestualizzati in chiave rock,
quali glockenspiel, vibrafono, contrabbasso, marimba e vari tipi di percussioni
utilizzate anche in modo non convenzionale.
Che tipi di fermenti musicali
esistono nella vostra regione?
È difficile delineare la
varietà e gli stili che si alternano nella nostra regione. Già solo nella
provincia di Cuneo si può ascoltare qualsiasi genere musicale, dal folk al
rock, dal metal alla musica sperimentale. È davvero difficile
riuscire a seguire tutto e tutti, nascono e si dissolvono progetti musicali di
ogni tipo. Questo può essere un bene perché sintomo di fermento, ma bisogna
forse domandarsi se la quantità non precluda la qualità.
Perché, secondo voi, il talento musicale dei giovani fa così fatica
ad emergere?
Il problema è che
quello della musica è un mondo saturo, anche se forse lo è sempre stato e
sempre lo sarà. Il discorso del “do it yourself”, suggerito dai discografici e
da chi si occupa del settore, rasenta l’utopia. Si trovano molti ostacoli
nell’organizzare le date “fuori casa”: a meno che non si abbiano conoscenze o
contatti è improbabile che il locale accetti il “pacchetto” a scatola chiusa e,
in un momento come questo di crisi discografica (ma anche di crisi assoluta),
vengono seppellite le possibilità di esibirsi e quindi di farsi conoscere.
Altri sbocchi sono difficili da individuare: concorsi e audizioni rappresentano
spesso un grosso dispendio di tempo e di energie (e talvolta anche di soldi).
La maggior parte delle volte “il gioco non vale la candela” e raramente portano
a qualcosa di concreto. Anche qui forse il punto sta nella comunicazione: manca
uno spirito di aggregazione e di condivisione fra i giovani musicisti e non
solo. Non è cosa nuova affermare che questo momento storico necessita di
aggregazione: creando una rete di musicisti validi che girano in una rete di
locali organizzati fra di loro, si potrebbero favorire scambi nei quali tutti
gli attori facenti parte della comunità possano trarne profitto. Questa
“politica” basata sull’unione potrebbe avere un senso se fatta con intelligenza
e se basata su un progetto lungimirante. Qualche anno fa, a Cuneo, abbiamo
creato con altre due band della provincia (Diverba e Schneeflock)il “Condominio
Rock”, un collettivo di musicisti col proposito di darsi una mano a vicenda e
di organizzare eventi, ricercando una continua comunicazione e collaborazione
con l’esterno. La cosa ha funzionato e sta funzionando tuttora!
Se poteste scegliere un ospite per un
prossimo album, su chi puntereste?
Abbiamo già avuto la
fortuna di avere come ospite nella realizzazione di “Spessi Muri Di Plastica”
Davide Arneodo dei Marlene Kuntz. Per il prossimo album sarebbe bello riaverlo
di nuovo in studio con noi, e sarebbe altrettanto bello allargare la collaborazione
ad altri musicisti, non per forza personaggi di spicco del panorama italiano.
In ogni caso sarebbe gratificante e ben accolto un eventuale interesse
proveniente dall’esterno.
Aprite il libro dei sogni. Cosa
vorreste vedere realizzato, musicalmente parlando, da qui al 2015?
Da qui al 2015 puntiamo
come minimo ad un paio di dischi di platino! Scherzi a parte, il libro dei
sogni lo apriamo raramente e di nascosto perché il tempo di sognare è davvero
poco! Ci piace lavorare tanto ai nostri progetti, preparare i live, continuare
a collaborare con altri artisti. Se potessimo scegliere, vorremmo continuare a
fare quello che già stiamo facendo, con la possibilità però di farlo a tempo
pieno. Sarebbe importante trovare gli sbocchi per portare in giro la nostra
musica, essere supportati da chi lavora nel mestiere o da quella rete di cui ho
accennato prima. Musicalmente parlando crediamo di avere delle cose da dire, e
sarebbe bello perlomeno avere la possibilità di dirle.
Biografia HUNO
Dalle ceneri di
Hacienda nasce HUNO.
Il gruppo appare in
pubblico per la prima volta il 21 giugno 2O11, in occasione di un concerto al
Nuvolari Libera Tribù di Cuneo.
L’obiettivo è
rappresentare attraverso musica e parole i pensieri, le sensazioni, i
sentimenti e le intenzioni che agiscono durante la composizione, vivendo
situazioni musicali connesse alla propria sfera personale e alle proprie
inclinazioni emotive.
Cantare in italiano è
una scelta consapevole per esprimersi al meglio.
Ottobre 2OO7: nasce a
Cuneo Hacienda.
Primavera 2OO8: il
trio vince il concorso Saluzzo Underground promosso dal circolo ARCI Ratatoj di
Saluzzo (CN); da questo momento s’impegna in concerti distribuiti per tutto il
territorio piemontese, partecipando ai maggiori concorsi nazionali e in
apertura artisti quali Banshee, Lombroso, Alibìa e Paolo Benvegnù.
Estate 2OO8: crea
insieme ad altri due gruppi cuneesi (Diverba e Schneeflock) il collettivo
Condominio Rock, impegnato nell’organizzazione di diversi eventi/concerti nella
provincia di Cuneo per promuovere e valorizzare l’arte emergente; intanto auto
produce il primo demo dal titolo Ucronia, registrato presso il TRStudio
(Saluzzo).
Novembre 2OO9: suona
sul palco del MEI di Faenza per GMP/KEEP ON.
Agosto 2O1O: la
formazione vive un primo cambiamento vedendosi costretta ad allontanarsi dal
bassista Giacomo Sansoldo .
Nell’autunno dello
stesso anno iniziano i lavori dell’EP Spessi Muri di Plastica, registrato da
Massimiliano “Mano” Moccia al Blue Records Studio e con la partecipazione di
Mattia Bonifacino (basso e contrabbasso) e del polistrumentista dei Marlene
Kuntz Davide Arneodo (pianoforte elettrico, sintetizzatore), Il mastering è di
Carl Saff per Saffmastering di Chicago (USA).
Dicembre 2O1O - Marzo
2O11: il gruppo prosegue nelle performance live presentando i nuovi pezzi in
alcuni locali del nord Italia tra i quali il Ratatoj con “Iosonouncane”, il
Lapsus con “Serpenti”, il C.P.G., l’ArciBlob.
Gennaio 2O11 - Aprile
2O11: si unisce al gruppo Andrea Ceraso (chitarra, voce e synth) e il gruppo
viene invitato all’MJC di Manosque (Francia) dove riarrangia in versione
acustica i propri pezzi presentati alla Fiera Internazionale del Libro di
Torino.
Maggio 2O11:
l’ingresso di Alessandra Barbero al basso ed il concerto al Nuvolari Liberà
Tribù di Cuneo (in apertura di “A Classic Education”) il 21 giugno 2O11,
sanciscono ufficialmente la nascita di HUNO.
Formazione
Giacomo Oro: voce,
chitarre, pianoforte.
Armando De Angelis:
batteria, percussioni, voce.
Andrea Ceraso:
chitarre, sintetizzatori, voce.
Alessandra Barbero:
basso.
“Spessi Muri di
Plastica” è un EP autoprodotto.