La prima volta che scrissi qualcosa
sul tema “Jethro Tull” era il 2006, anno in cui raccontai la mia prima Convention,
quella di Novi Ligure. Sono passati otto anni, periodo in cui la penna è caduta
più volte su di un argomento che non ho mai abbandonato, proseguendo nel nome di
un amore incondizionato che parte da inizio anni’70: non so esattamente perché,
ma è quella la musica della vita.
Il
mondo, anche dal punto di vista musicale si è stravolto e, rimanendo sul tema,
dopo una sorta di letargo da produzione inedita, Ian Anderson torna a riproporsi sul
nuovo, agganciandosi al personaggio e all’album che forse più lo caratterizzano, Gerald Bostock e Thick
as a Brick. Non era certo per mancanza di argomenti che il folletto si
asteneva, ma la rapida evoluzione tecnologica e filosofico musicale lo ha
portato a repentini cambiamenti manageriali che hanno condotto al…
licenziamento della band - e all’accantonamento dell’utilizzo del brand
originale - a favore di energie diverse che rappresentano la sua nuova squadra:
My God che rivoluzione!
E’
tutto esageratamente diverso, tanto che il giorno dell’uscita ufficiale nei
tanti formati disponibili, arriva l’annuncio che il nuovo album, Homo Herraticus, è fruibile anche su Spotify,
macro contenitore delle meraviglie musicali di ogni era e genere.
Sono
passati solo due anni da TAAB2,
che arrivava quarant’anni dopo TAAB1.
Per
la prima volta nella vita scrivo di un disco ascoltato in questa modalità,
attraverso il virtuale Spotify, e non so se gioirne o soffrirne, combattuto tra
la facilità di fruizione e la memoria che mi riporta ai giorni in cui, comprati
gli album dei Tull - ma valeva per tutti i protagonisti dell’epoca - potevo
mostrarli con orgoglio ai miei compagni di strada, correndo subito dopo verso
ascolti infiniti, progressivamente gracchianti, per effetto di una puntina sempre
più consumata.
Devo
dire con un po’ di rammarico e sforzo di razionalità che non comprerei più un J.T’s album a scatola chiusa, perché non ritrovo più nel nuovo la luce intensa che ha saputo illuminare un percorso di svariati lustri.
Non
mi ha colpito particolarmente TAAB2, e nemmeno Homo Herraticus,
giunto al terzo ascolto, mi fa impazzire.
L’imprenditore
Ian ha fatto le cose in grande questa volta, non limitandosi alla forma tradizionale,
ma inventando confezioni per tutti i gusti e tutte le tasche:
-De
Luxe Edition - 2 CD + 2 DVD –Edizione limitata, con libretto di 60 pagine e
copertina rigida
-Edizione
limitata - CD –DVD con mix 5.1 surround e booklet di 24 pagine
-Doppio vinile (180 grammi) - con libretto 8
pagine
-Solo CD
Il tutto
compreso tra 16 e 48 euro.
E
così Gerald Bostock, diventato adulto, si ritrova tra le mani uno
scritto realizzato da un autore locale, Ernest T. Parritt, con un titolo
latino, "Homo Britanicus Erraticus": il topic è la
storia della civiltà britannica. Basandosi sulle argomentazioni raccolte,
Bostock suggerisce idealmente a Ian Anderson la costruzione di tre sezioni, che
dividono l'album in tre capitoli: "Chronicles", "Phropecies" e"Revelations".
Quindici le tracce che servono per proseguire il racconto.
La
band è quella ormai collaudata da tempo in fase live, e comprende oltre a Ian Anderson - voce, faluto e chitarra
acustica - la “stampella” Ryan O'Donnell alla seconda
voce, Florian Ophale alla chitarra
elettrica, David Goodier al basso, John O'Hara alle
tastiere e Scott Hammond alla batteria.
Se
è vero che entrando in contatto con il personaggio “Anderson”si era facilmente
colpiti dall’originalità del modo di proporre uno strumento - il flauto - nella
sfera rock, col passare del tempo si è imparato ad apprezzare il suo arpeggio di
chitarra acustica sino ad arrivare alla conclusione che la voce era forse
l’elemento più significativo e concreto, che restava nel tempo scolpito sulla
pietra, forse più del “soffiato” alla Roland Kirk.
Come
è noto tutto questo ben di Dio ci è stato tolto da reali problemi fisici, e da
anni siamo sofferenti con Ian, nel corso delle sue performance live, momenti in
cui il collo si distende per fare uscire note ormai impossibili e incapaci di
fluire con semplicità.
Ma
in “studio” ci si può anche curare, ed ecco rispuntare nell’occasione la voce
di un tempo, e forse questo basterebbe per dare la sufficienza a questa fresca
release. E anche sul palco Ian cede un
po’ del suo spazio vocale: resa, realismo
o dimostrazione di maturità artistica?
Certo
parlare di maturità in questi casi può far sorridere, ma l’uomo simbolo dei
J.T. non è certo un tipo arrendevole cui si può sottrarre spazio vitale, e se
si è arrivati a Ryan O’Donnel un motivo ci sarà.
Il
team e’ rodato da anni di lavoro partecipativo e tutto ciò emerge con
precisione nel corso dell’ascolto. Mai niente appare fuori posto, tutto dosato
alla perfezione, tutto improntato all’alternanza del rock - anche duro - con trame estremamente
delicate, quelle pictures musicali che sanno di “agreste” e che da sempre hanno
costituito la parte più toccante, riuscendo a dare significati ai momenti più
grigi del quotidiano.
Un
concept album, nel senso del legame tra i brani, ma con una normale soluzione
di continuità, al contrario dell’archetipo TAAB.
Non trovo utile sviscerare i singoli episodi che,
seppur piacevoli, nulla aggiungono alla sterminata raccolta di brani che hanno
fatto la storia della band; ritengo invece che l’equilibrio e il dosaggio degli
ingredienti abbiano fatto scaturire un prodotto che a tutti gli effetti si può
considerare un sunto di epoche trasversali, adatto a condensare tutto ciò di
cui Anderson è capace, senza aggiungere nulla di nuovo al conosciuto.
Appare
invece sincera la motivazione che porta a scrivere, perché ritrovarsi a
quell’età e con quella storia alle spalle, ancora capaci di suscitare simili
interessi, è fatto che produce una spinta difficile da spiegare a parole.
Nell’insieme
un disco piacevole, che potrà sicuramente soddisfare i sostenitori di sempre,
anche se ho dei dubbi che sarebbe in grado di catturare nuovi adepti.
Le
Tracce
1. Doggerland 4:20
2. Heavy Metals
1:29
3. Enter The
Uninvited 4:12
4. Puer Ferox
Adventus 7:11
5. Meliora Sequamur
3:32
6. The Turnpike Inn
3:08
7. The Engineer
3:12
8. The Pax
Britannica 3:05
9. Tripudium Ad
Bellum 2:48
10. After These
Wars 4:28
11. New Blood, Old
Veins 2:31
12. In For A Pound
0:36
13. The Browning Of
The Green 4:05
14. Per Errationes Ad Astra 1:33
15. Cold Dead Reckoning 5:28