giovedì 4 dicembre 2025

Addio a Steve Cropper: è morto "The Colonel", chitarrista dei Blues Brothers



Lutto nel mondo del soul: si è spento a 84 anni il chitarrista e produttore che, con Booker T. & the M.G.’s, ha definito il suono della Stax Records ed è stato l'autore di capolavori come "(Sittin' On) The Dock of the Bay"


Steve Cropper ci ha lasciato. Il leggendario chitarrista, compositore e produttore discografico, si è spento a Nashville ieri, 3 dicembre, all'età di 84 anni. Conosciuto affettuosamente come "The Colonel", Cropper è stato uno dei pilastri fondamentali che hanno plasmato il suono del soul americano.

La sua carriera è indissolubilmente legata alla Stax Records di Memphis. Cropper era il chitarrista della house band della storica etichetta, i Booker T. & the M.G.'s, un gruppo strumentale e multietnico che non era solo un'eccezionale macchina da groove ("Green Onions", "Time Is Tight"), ma anche il motore ritmico dietro alcune delle più grandi voci del soul e R&B.

La sua chitarra Telecaster, caratterizzata da un approccio essenziale, ritmico e mai fuori posto, ha fornito l'ossatura a capolavori immortali.

La sua maestria nel dare alla canzone esattamente ciò che serviva, senza virtuosismi inutili, lo ha reso uno dei musicisti di sessione più rispettati di tutti i tempi. La rivista Rolling Stone lo ha classificato tra i 100 più grandi chitarristi di sempre.

Per una generazione successiva, il suo volto e il suo suono sono stati cementati dalla sua partecipazione ai The Blues Brothers. Nel celebre film e nelle successive esibizioni, Cropper ha portato il suo inconfondibile stile chitarristico nella band di John Belushi (Jake) e Dan Aykroyd (Elwood), contribuendo a far conoscere la potenza del soul e del R&B a un pubblico globale. Chi non ricorda l'urlo di Belushi: "Play it, Steve!" in "Soul Man"?

Steve Cropper era anche produttore e arrangiatore, e ha lasciato un'eredità musicale vasta e profonda che continua a influenzare chitarristi e band di ogni genere.

Con la sua scomparsa, perdiamo un vero gigante della musica, ma il suo groove immortale continuerà a suonare per sempre.








mercoledì 3 dicembre 2025

The Who, 3 dicembre 1979: l’incidente mortale


The Who, 3 dicembre 1979: l’incidente mortale


Il fattaccio avvenne il 3 dicembre 1979, giorno in cui gli Who si esibirono al Riverfront Coliseum di Cincinnati (ora noto come Heritage Bank Center) sito in Ohio: nell’occasione, il movimento scomposto di una miriade di spettatori posizionata fuori dalle porte d'ingresso causò la morte di 11 persone.

Gli Who erano nel bel mezzo della tappa statunitense del loro tour mondiale, che iniziò a settembre e prevedeva un totale di sette date divise tra il Capitol Theatre di Passaic, New Jersey e il Madison Square Garden di New York City. La band si prese quindi un po’ di tempo libero e ricominciò il tour il 30 novembre all'auditorium del Detroit Masonic Temple.

Il concerto di Cincinnati fu il terzo spettacolo proposto in quella sezione di tour, e seguì quello alla Pittsburgh Civic Arena realizzato la sera prima.

Fu fu un tutto esaurito, con 18.348 biglietti venduti, la maggior parte dei quali - 14.770 - erano ticket d'ingresso generici, quindi non numerati/assegnati.

Poche ore prima dello spettacolo una folla numerosa si era già radunata fuori dall'arena e alle 19 erano presenti circa 7.000 persone.

L'ingresso avveniva attraverso una serie di porte posizionate lungo tutta la parte anteriore dell'arena, così come era possibile entrare da alcune porte piazzate su ciascun lato. La folla si concentrò nei vari punti di accesso che però non furono aperti all'ora prevista, facendo sì che la gente diventasse sempre più agitata e impaziente.

Quel giorno gli Who intrapresero un soundcheck tardivo. Parte dei presenti in coda lo sentirono ed erroneamente credettero che il concerto fosse già iniziato. Alcuni, posti nella parte posteriore, iniziarono a spingere, ma l’azione terminò presto, quando ci si rese conto che non era possibile entrare e che il concerto non era ancora iniziato.

Il pubblico era stato originariamente informato da una stazione radio che i possessori di biglietti generigi, non abbinati a posizioni assegnate (i GA), sarebbero stati ammessi alle 15:00 e quindi alle 17:00 si era formata una folla considerevole. Anche se ci si aspettava che tutte le porte venissero aperte contemporaneamente, ciò accadde solo con un paio di esse - all'estrema destra dell'ingresso principale. Mentre il pubblico entrava nello stadio attraverso queste due entrate, coloro che aspettavano davanti a tutte le altre ricominciarono a spingere in avanti. Dopo un breve periodo di attesa, bussando alle porte e al vetro accanto, i presenti presunsero che nessuno degli accessi rimanenti sarebbe stato aperto.

Alle 19:15 circa iniziò il vero problema.

Rapporti contrastanti suggerirono che i concertisti potessero sentire distintamente il soundcheck, o forse la colonna sonora del film “Quadrophenia”, ma qualunque fosse la percezione, la folla pensò che gli Who fossero sul palco in anticipo rispetto al previsto. A quel punto tutti si misero a spingere verso le due porte che erano state aperte e ciò provocò il calpestamento di tanti, causando molti feriti gravi. Undici di questi non furono in grado di sfuggire alla massa densa che spingeva verso di loro e morirono per asfissia.

Il concerto continuò come previsto, con i membri della band che non raccontarono della tragedia fino alla fine della loro esibizione.

La notte seguente, un lungo resoconto del fattaccio andò in onda sul CBS Evening News, con la trattazione della connessione tra violenza e concerti rock.

Pete Townshend fu intervistato dalla corrispondente di CBS News, Martha Teichner, che si spinse al confronto tra le reazioni della folla ai concerti e quelle che avvengono nel corso dei match di calcio e boxe, definendoli tutti "eventi ad alta energia".

La notte successiva, nel corso del concerto di Buffalo, Roger Daltrey, rivolgendosi alla folla disse: "Abbiamo perso molti componenti della nostra famiglia ieri sera. Questo spettacolo è dedicato a loro.”



Conseguenze 

A Providence, Rhode Island, il sindaco Vincent A. Cianci annullò una performance programmata al Civic Center della città nello stesso mese.  Questo nonostante fossero previsti posti a sedere assegnati. Trentatré anni dopo, la band tornò a Providence per onorare l’impegno mancato del 1979.

Le famiglie delle vittime citarono in giudizio la band, il servizio di promozione concerti Electric Factory Concerts e la città di Cincinnati. La class action presentata per conto di dieci entità fu risolta nel 1983, assegnando a ciascuna delle famiglie di ogni defunto circa 150.000 dollari. La famiglia di Peter Bowes optò per non partecipare alla class action e concordò un importo che non venne mai divulgato. Circa 750.000 dollari furono divisi tra i 26 feriti.  La città di Cincinnati impose, a partire dal 27 dicembre 1979 e per i successivi 25 anni, il divieto utilizzare ticket di entrata per “posti a sedere non assegnati”, salvo piccole eccezioni.


Le undici persone che morirono nella ressa furono:


Walter Adams Jr., 22 anni, Trotwood

Peter Bowes, 18 anni, Wyoming, Ohio

Connie Sue Burns, 21 anni, Miamisburg

Jacqueline Eckerle, 15 anni, Finneytown

David Heck, 19 anni, Highland Heights, Kentucky

Teva Rae Ladd, 27 anni, Newtown

Karen Morrison, 15 anni, Finneytown

Stephan Preston, 19 anni, Finneytown

Philip Snyder, 20 anni, Franklin

Bryan Wagner, 17 anni, Fort Thomas, Kentucky

James Warmoth, 21 anni, Franklin

 

L'incidente è stato oggetto di un libro, “Are The Kids All Right? The Rock Generation And Its Hidden Death Wish”, così come un episodio della seconda stagione di “WKRP in Cincinnati” chiamato "In Concert". Ha anche ispirato scene del film “Pink Floyd-The Wall”, la cui prima del 1982 vide la partecipazione di Pete Townshend.

Nel 2004 la città di Cincinnati ha definitivamente abrogato il divieto di utilizzare posti a sedere non assegnati, due anni dopo aver temporaneamente fatto un'eccezione per un concerto di Bruce Springsteen. L'obiettivo di revocare il divieto era ovviamente quello di attirare altri grandi artisti. Tuttavia, la città ora impone che ci siano nove piedi quadrati a persona in ogni luogo e il numero di biglietti venduti per ogni evento viene regolato di conseguenza.

Paul Wertheimer, il primo Public Information Officer della città al momento della tragedia, ha continuato a far parte di una task force sul controllo della folla, e in seguito ha fondato Crowd Management Strategies nel 1992, una società di consulenza specifica con sede a Los Angeles.

Nel 2009, trent'anni dopo la tragedia, la stazione rock WEBN/102.7 ha pubblicato una retrospettiva sull'evento, includendo clip provenienti da notizie pubblicate nel 1979.

Ogni primo sabato di dicembre, i musicisti locali si esibiscono al P.E.M. Memorial, creato nell'agosto 2010 per commemorare la vita di coloro che sono tragicamente morti in attesa dell'ingresso al concerto.

Nel 2014, i Pearl Jam hanno suonato in città e hanno ricordato la tragedia, dedicando alle vittime di quel giorno una cover di "The Real Me" degli Who (https://www.youtube.com/watch?v=MmQBFMB-8W0).

Anche loro vissero una tragedia simile nel 2000, quando nove persone morirono nella ressa durante il loro concerto al Roskilde Festival.

Alla vigilia del 35° anniversario dell’accaduto, il sindaco di Cincinnati John Cranley, sotto la spinta di un comitato composto da tre sopravvissuti al concerto e da un membro della famiglia della vittima Teva Ladd, decise l’inserimento di una targa commemorativa sul luogo della tragedia, cerimonia avvenuta il 3 dicembre 2015.


Il 4 dicembre 2019, 40 anni dopo la tragedia, gli Who hanno annunciato che si sarebbero esibiti a Cincinnati per la prima volta dopo gli avvenimenti del 1979. Lo spettacolo era previsto per il 23 aprile 2020 alla BB&T Arena della Northern Kentucky University, che si trova a pochi chilometri da dove si svolse il loro concerto nel 1979. Tuttavia, è stato riprogrammato per una data non specificata a causa della pandemia di COVID-19.

Pete Townshend ha detto in un documentario andato in onda nell'anniversario della tragedia: "Dobbiamo tornare a Cincinnati, e lo faremo appena possibile. Sarebbe un'occasione gioiosa per noi, e una cosa curativa”.

Townshend ha anche recentemente detto di essersi pentito del fatto che la band, quel giorno, non fosse rimasta a piangere sul posto, la notte della tragedia, aggiungendo: "Non ci siamo perdonati. Avremmo dovuto rimanere.”

 

Questa la scaletta del concerto:

Substitute

I Can't Explain

Baba O'Riley

The Punk and the Godfather

My Wife

Sister Disco

Behind Blue Eyes

Music Must Change

Drowned

Who Are You

5:15

Pinball Wizard

See Me, Feel Me

Long Live Rock

My Generation

I Can See for Miles

Sparks

Won't Get Fooled Again

Encore:

Summertime Blues

The Real Me







martedì 2 dicembre 2025

Alla UniSavona si è parlato di Led Zeppelin e The Who

 


Il Rock negli anni ’70 e dintorni — 4° incontro, Savona, 2 dicembre 2025


UN PO' DI RESOCONTO


La Sala Stella Maris si è confermata ancora una volta gremita nel 4° incontro all’UniSavona del 2 dicembre, segno di un buon consenso. Naturalmente, non tutti i gruppi incontrano il gradimento dell’intera platea, visto che ognuno porta con sé gusti e sensibilità diverse. Tuttavia, parlando del rock di quel periodo, certi nomi non si possono ignorare, perché hanno indubbiamente segnato la storia della musica e sono entrati a far parte del tessuto culturale americano, oltre che europeo.

La giornata si è aperta con l’ascolto di Spirit in the Sky, di Norman Greenbaum, canzone del 1969 che mescola chitarra fuzz, cori gospel e un testo ironico-spirituale. Un brano che anticipa le atmosfere psichedeliche e mistiche che avrebbero caratterizzato il decennio successivo.

Il cuore della prima parte è stato dedicato alla conclusione dell’argomento “Led Zeppelin”,  iniziato la volta precedente, in particolare al concerto dei Led Zeppelin al Vigorelli di Milano. Quella serata, che avrebbe dovuto essere una celebrazione del rock, si trasformò in un disastro: lanci di lacrimogeni e atti pericolosi misero a rischio pubblico e artisti. L’esperienza fu così traumatica che la band dichiarò di non voler mai più tornare a suonare in Italia.

È stato poi ricordato il comunicato del 4 dicembre 1980, con cui i Led Zeppelin annunciarono la fine della loro storia dopo la morte del batterista John Bonham.

Si è evidenziato che la band si è riunita solo in quattro occasioni:

1985 – Live Aid (Londra)

1988 – 40º anniversario Atlantic Records (New York)

1995 – Rock and Roll Hall of Fame (Cleveland)

2007 – O2 Arena (Londra), con Jason Bonham alla batteria

Si è menzionato il concerto del 2007, evento storico con oltre 20 milioni di richieste di biglietti per una capienza di 20.000 posti. Il Live Aid del 1985 sarà invece approfondito nel prossimo incontro extra di venerdì sera, 5 dicembre; quell’evento, che vide la presenza di Phil Collins alla batteria, non fu proprio soddisfacente dal punto di vista tecnico.

È stato segnalato come i Led Zeppelin, pur essendo britannici, siano entrati a pieno titolo nel tessuto culturale americano. Un esempio toccante è avvenuto al Kennedy Center Honors del 2012, quando la band fu premiata alla Casa Bianca. In quell’occasione, altri artisti eseguirono Stairway to Heaven - con Jason Bonham alla batteria - e i membri dei Led Zeppelin si commossero ascoltando il loro brano reinterpretato come tributo.

Il passaggio dal primo al secondo argomento è stato curato da Giacomo, che ha quindi introdotto gli Who. Anche loro, come i Led Zeppelin, sono diventati parte integrante del tessuto culturale americano, grazie alla forza dei loro brani e alla capacità di raccontare la società attraverso la musica.

Si è partiti dagli inizi, con My Generation e Substitute, quest’ultimo ascoltato da me per la prima volta a soli otto anni, un ricordo personale che ha dato colore al racconto.

Si è poi passati ad analizzare A Quick One (1966) , considerato un antesignano delle opere rock che sarebbero arrivate in seguito,  Tommy e Quadrophenia. Questi lavori hanno mostrato la capacità degli Who di trasformare il rock in narrazione teatrale e in esperienza collettiva.

Infine, si è affrontato uno dei brani simbolo della band, Won’t Get Fooled Again. Oltre alla versione originale degli Who, è stata proposta anche l’esecuzione del Rockin’1000 di Linate, che ha dato nuova vita al brano attraverso la forza di un’esecuzione corale e partecipata.

La lezione si è chiusa con un invito all’ascolto, lasciando che la musica parlasse direttamente al pubblico, sempre numeroso e curioso. Il prossimo incontro, tra 15 giorni, sarà l’ultimo dell’anno: oltre alla musica, ci sarà, probabilmente, anche tempo per brindare insieme all’arrivo del Natale.





Un migliaio di voci: "Won't Get Fooled Again" e l'ascesa di Rockin'1000


Chiunque abbia avuto modo di visionare la celebre performance di 1000 musicisti che eseguono con potenza titanica "Won't Get Fooled Again" degli The Who, ha assistito non a un semplice concerto, ma a un'esperienza sonora di portata epocale.

Quella memorabile esibizione, registrata nell'estate del 2019 presso l'aeroporto di Milano Linate, non si è limitata a rendere omaggio a uno dei più grandi inni rock della storia. Ha bensì cementato lo status di Rockin'1000, un progetto musicale italiano unico nel panorama mondiale.

Rockin'1000 trascende il concetto di una semplice cover band, affermandosi come un vero e proprio movimento. L'idea, concepita da Fabio Zaffagnini (fondatore e General Manager del progetto), è tanto semplice quanto rivoluzionaria: radunare un migliaio di strumentisti – chitarristi, batteristi, bassisti e tastieristi, sia professionisti che amatoriali – e farli suonare all'unisono.

Sotto la direzione energica di un maestro come Alex Deschamps, l'obiettivo è la creazione del muro sonoro definitivo, trasformando stadi e location inusuali (come le piste aeroportuali) in arene del rock. La potenza emotiva e la perfetta sincronizzazione di mille musicisti che attaccano il riff di "Won't Get Fooled Again" dimostrano la capacità aggregativa della musica rock, che supera ogni immaginazione.

L'epopea di Rockin'1000 ha avuto inizio nel 2014 a Cesena. In quell'occasione, un video virale vide 1000 musicisti implorare i Foo Fighters di esibirsi nella città. L'obiettivo fu raggiunto, segnando il punto di svolta del progetto.

Da allora, il format è esploso a livello internazionale, portando la sua formula unica in giro per il mondo: da Madrid a Parigi, fino a San Paolo in Brasile e in Portogallo.

Questa band composta da mille elementi non solo celebra la grande musica, ma esalta i valori di comunità, passione e la capacità di realizzare imprese ritenute impossibili. Dopo aver dominato il palco di Linate, l'avventura è pronta a proseguire con nuove, incredibili tappe.






Carla Boni canta i Pink Floyd – Un venerdì fantastico (e tragico)

 


Dai Pink Floyd a Carla Boni, una storia di reinterpretazioni italiane tra ironia, memoria e contaminazione culturale


C’è un momento nella storia della televisione italiana in cui tutto sembra possibile. È il 1986, e sul palco di Un fantastico tragico venerdì appare Carla Boni, icona della canzone melodica anni ’50, pronta a interpretare… Another Brick in the Wall dei Pink Floyd.

Sì, proprio lei. La voce di “Casetta in Canadà”, il volto rassicurante del varietà postbellico, si ritrova immersa in un’atmosfera da college britannico, tra cori di bambini e synth da disco. Il pubblico è spiazzato, ma anche affascinato: è come vedere la nonna che improvvisamente cita Roger Waters.

La performance è breve, surreale, eppure memorabile. Carla Boni non cerca di imitare i Floyd: li attraversa. Il testo è adattato, l’arrangiamento è pop, il contesto è quello di una TV che gioca con i simboli senza paura. Il risultato? Un piccolo frammento di cultura pop italiana che oggi, a distanza di decenni, risplende come una gemma kitsch.


Il video, oggi disponibile su YouTube, è diventato una curiosità d’archivio. Non è un fake, non è una parodia moderna: è una testimonianza reale di come la musica rock, anche quella più iconica, possa essere reinterpretata nei modi più inattesi. E forse, proprio per questo, più autentici.

Carla Boni non distrugge il muro: lo decora. Lo rende suo. E in quel gesto c’è tutta la libertà creativa di un’epoca in cui la televisione osava mescolare generi, epoche e linguaggi. Un venerdì fantastico, sì. E anche un po’ tragico. Ma indimenticabile.

 

Rock internazionale reinterpretato in Italia

Da Pink Floyd a Carla Boni – una storia di contaminazioni

 

1979 - Another Brick in the Wall diventa un successo mondiale dei Pink Floyd.

1980–1985 - La TV italiana sperimenta contaminazioni: varietà e programmi musicali inseriscono brani rock in chiave pop e melodica.

1986 - Carla Boni interpreta Another Brick in the Wall nello show televisivo Un fantastico tragico venerdì. Performance surreale e ironica, oggi reperibile su YouTube come curiosità d’archivio.

Anni ’90 - Crescono le reinterpretazioni italiane di classici rock in chiave dance e pop (cover di Queen, Led Zeppelin, Pink Floyd in programmi TV e compilation).

2000–2010 - Internet diffonde registrazioni d’archivio: emergono video rari e reinterpretazioni dimenticate.

2018 - Il video di Carla Boni viene caricato su YouTube, diventando un piccolo fenomeno di culto tra appassionati di rock e cultura pop italiana.

Oggi - La performance è citata come esempio di “kitsch televisivo” e reinterpretazione culturale, ponte tra tradizione melodica italiana e icone del rock internazionale.