La prendo
alla lontana, è questo uno di quei casi in cui temo di non trovare le esatte
parole per descrivere cosa può suscitare un album. I miei commenti musicali hanno
un motivo ben preciso, la condivisione, e quando trovo qualcosa di livello
superiore vorrei centrare l’obiettivo, e far sapere a tutti ciò che si può
trovare in giro per il mondo.
Conoscevo
Marco Bernard per i progetti targati
Colossus all’insegna del prog, con
largo coinvolgimento di artisti sparsi in giro per il mondo.
Attraverso
il recente contatto con Marco sono arrivato ad un album da cui non riesco più a
staccarmi, The Imperial Hotel, di The Samurai Of Prog.
La
base di lavoro è la Finlandia, ma il progetto lo si può definire una
multinazionale, tant’è che il pregio della varietà di competenze si trasforma
poi in un limite, che è l’impossibilità, almeno al momento, di proporre la performance live.
La
band è formata da tre musicisti, l’italiano Marco Bernard, domiciliato in
Finlandia, Kimmo
Pörsti, l’unico “del posto” e l’americano Steve Unruh, colui che nello scambio
di battute a seguire ci aiuterà ad entrare nei meandri del progetto.
Assieme
a loro un gruppo di musicisti di rango, vero e proprio ausilio compositivo, con
l’aggiunta di un’ulteriore squadra dinamica, necessaria per realizzare lavori
di tale spessore. Va da sé che i costi di reunion ad hoc sono difficilmente
sostenibili, e dopo l’ascolto dell’album sarà ancora più chiaro che la proposizione
live non è roba da mestieranti qualunque.
Parto
dalla copertina e dall’artwork realizzato da Ed Unitsky, perché la sola vista indurrebbe all’acquisto
immediato qualsiasi amante del genere, e non posso immaginare cosa poteva
essere la trasposizione in vinile.
A
memoria non ricordo niente di simile nel formato CD, un profumo di storia, un
odore di storie, un vero racconto fatto di immagini e liriche, da gustare
contemporaneamente all’ascolto. Il fulcro è un fantastico booklet e le immagini
riportano indietro nel tempo, alla lunga suite - la title track - riammodernata
dopo recupero diretto da metà anni ’70, quando fu creata dagli England di Robert Webb (uno degli “aiuti” a cui
accennavo), ma non trovò mai una corretta collocazione.
Il
disco inizia il primo giro e parte il viaggio a ritroso nel tempo, mentre
idealmente appoggio la puntina sul piatto e mi appresto all’opera di sharing
accanto ai miei giovani amici. Un tempo accadeva così!
Questa
è la vera musica prog, capace di ricordare i miti di un tempo, ormai
inossidabili, con il tocco della perfezione tecnica possibile ai giorni nostri,
con assoluta cura dei dettagli e completa assenza di sbavature.
Probabilmente
le trame inducono alla retorica, ai paragoni, alla sottolineatura delle contaminazioni,
ma non riesco a trovare nessuna miscela migliore di quella che assembla
Genesis, Yes e Gentle Giant, con una voce di scuola “Jon Anderson” che si
adagia su tappeti musicali sinfonici, con un esercito di tastiere che volgono
in orchestra, con tempi composti difficili da decodificare, con l’utilizzo di
flauto e del violino, che fanno parte del DNA di questo progetto.
Cinque
brani per oltre cinquantacinque minuti di magia pura, incentrata sul recupero
del gioiello nascosto - The Imperial Hotel - che racconta le
vicende di un vecchio stabile dell’era vittoriana, rinnovato e riproposto come
hotel di lusso, ma con un segreto inquietante, palpabile tra ascolto e visione
dell’inserto.
Per il
resto direi… classe pura, con una varietà di situazioni tali che credo potrebbe
essere il sunto del concetto di musica progressiva, definizione con cui spesso
ci si cimenta, dimenticando sempre qualche risvolto importante. Ma se questo è “materiale”
di nicchia è solo perché non si possiede la chiave per aprire il cuore delle
nuove generazioni.
Il
video a seguire penso potrà essere il giusto assaggio che… mette l’appetito.
Una
grande, grandissima band, poco conosciuta dalle nostre parti, se non dagli specialisti
di settore, e il motivo è forse da ricercarsi nella sola attività studio, ma
non ho dubbi che il potenziale sia spaventoso e giudico The Imperial Hotel uno dei più bei dischi che abbia mai avuto la
fortuna di ascoltare.
Sarà
mia cura fare massima opera di divulgazione, in attesa di afferrare la musica
futura che, come emerge dall’intervista, sarà basata sulla ricerca e la
riqualificazione di antichi masterpiece che non hanno mai avuto la chance di
risplendere adeguatamente;
come qualcuno
dice, “ … la musica ha le ali e può volare nel tempo!”.
Intervista a Steve Unruh
Come e dove è nata la
band? Vi chiedo a voi un po’ di storia per il pubblico italiano.
Il
soprannome di Marco (Barnard) è "il Samurai del Prog". Alcuni anni fa
gli venne voglia di fare un album solista, giusto per divertimento. E’ nato
così un album di cover di alcune delle sue canzoni preferite in ambito prog.
Per realizzarlo Marco ha chiesto a molti musicisti di unirsi al progetto, compresi
Kimmo e me. (Marco e Kimmo vivono in Finlandia, e io vivo negli Stati Uniti. I
musicisti ospiti sono sparsi per il mondo). Attraverso il processo di creazione
di questo album - intitolato, Undercover
- abbiamo scoperto che noi tre
lavoravamo davvero bene insieme – condividiamo gli stessi gusti musicali, abbiamo
la stessa etica di lavoro e personalità compatibili. Abbiamo quindi deciso di
formare il nucleo del progetto musicale in corso, e definirci collettivamente
"The Samurai di Prog" ("Samurai" in inglese è sia plurale che
singolare). Il nostro trio vorrebbe creare album con un cast a rotazione di
musicisti ospiti di alto profilo. Il nostro secondo album - intitolato Secrets of Disguise - era anch'esso un album
di cover, ma siamo diventati sempre più creativi con le nostre interpretazioni,
inserendo anche un paio di brani originali. Completando quel disco ci siamo
resi conto di aver trovato un ottimo metodo di lavoro, e abbiamo deciso che era
arrivato il momento di iniziare a creare album costituiti completamente da
brani originali. Questo ci ha condotto al nostro ultimo lavoro, The Imperial Hotel. E mentre io rispondo
a queste domande la band è al lavoro sul nostro quarto - e quinto! - album
(N.d.r. - riferimento a Firth of
Fifth dei Genesis).
Da dove arriva il
vostro amore per la musica progressiva?
Penso che
il prog rappresenti la crescita della musica rock. Amiamo l'energia e l'anima
della musica rock, ma vogliamo qualcosa di più impegnativo. A mio parere, la
musica progressiva è quella a cui i musicisti rock si rivolgono quando si
annoiano e sono inquieti!
Avete pubblicato il vostro
terzo album: c'è un legame tra l'ultimo lavoro e gli altri?
Il collegamento è la nostra affinità musicale e
il metodo di lavoro. Ci sono voluti due album di (soprattutto) cover per
raggiungere un alto livello di competenza nell’arrangiamento e nella
registrazione di musica nelle nostre diverse location sparse per il mondo,
prima di osare l’approccio verso un disco fatto di originali (tutti noi abbiamo
sentito le registrazioni di altri progetti musicali che non sono andati bene, e
siamo determinati nel non cadere in quella categoria). Penso sia stato il
nostro brano originale Sweet Iphigenia
(tratto dal secondo album) a mostrarci il nostro vero potenziale. Tutti noi
abbiamo suonato in band regolari, in cui i musicisti hanno contatto immediato
tra loro. Essere tutti nella stessa stanza, allo stesso tempo, ha grandi
vantaggi, e ci è voluto molto tempo per trovare i pregi “nascosti” di una
registrazione a distanza, nel tentativo che la nostra band potesse diventare
qualcosa di veramente speciale, pur con musicisti che vivono in luoghi diversi.
Inoltre, durante la realizzazione dei nostri primi due dischi abbiamo trovato
alcuni compositori sorprendenti, e abbiamo pensato che i loro stili si
sarebbero integrati alla perfezione, e quindi abbiamo chiesto loro di
contribuire fornendo materiale originale per il nostro terzo album. Ma neanche
noi avevamo previsto l'alto livello e la qualità del loro lavoro. E' stato un
vero piacere collaborare su The Imperial
Hotel.
Qual è l'anima di "The Hotel Imperial"? È un concept
album?
L'album non è scritto su un tema preciso, come
la maggior parte album dei "concept", ma la grande suite è un pezzo
di storia concettuale, con personaggi e sviluppo della trama. Robert Webb ci
portò quel pezzo. Lui - e i membri della
sua band “England” - ha scritto la storia e la maggior parte della musica nel
1970. Tuttavia England non arrivò mai
realmente ad “afferrare” la melodia, come Robert dice, e quindi la band spostò
la sua attenzione su altre musiche, che divennero successivamente il fantastico
album Garden Shed. Gli England
avevano realizzato una demo di “Hotel” che abbiamo studiato, poi
discusso (in dettaglio) per capire come creare una registrazione nuova e
ufficiale. Abbiamo ampliato notevolmente il pezzo cambiando radicalmente
diverse parti e scrivendo completamente nuove sezioni. Naturalmente l'originale
non aveva violino o flauto, che hanno poi aggiunto una nuova dimensione alla
trama. Kamran Alan Shikoh, dei Glass Hammer (che è felicemente diventato uno dei
nostri "clienti abituali" nella band) ha ulteriormente elevato la qualità del pezzo. In qualche modo, credo che abbiamo
raggiunto qualcosa di molto raro, abbiamo catturato l'anima e lo spirito del
1970, portandoli nel 21° secolo, con registrazioni meticolose miscelate alle
nostre performance. Mi auguro di non esagerare, ma mi piace molto quel pezzo!
Mi ha sorpreso, la lunga e bellissima suite che fornisce il
nome all'album: che cosa potrebbe significare eseguirla dal vivo?
Poiché come dicevo viviamo in luoghi molto
lontani non abbiamo ancora avuto la possibilità di provarla dal vivo. Ne
abbiamo discusso, e ci vogliamo arrivare. Tuttavia, la logistica sfavorevole e
il conseguente lato economico determinano la necessità di essere sponsorizzati
da chi organizza qualche festival o eventi, e solo così tutti noi potremmo
permetterci di viaggiare e trascorrere qualche giorno nello stesso posto, tutti
assieme nello stesso momento. La soluzione più fattibile per eseguire la nostra
musica dal vivo è quella di assemblare
una band di pochi elementi che ci sia di supporto per un tour. Non tutta la
nostra musica non può essere performata
con soli 5-6 elementi, ma gran parte di essa sì, e la lunga suite The Imperial
Hotel è uno dei pezzi che riteniamo funzioni molto bene in fase live. Se
mai ci esibiremo dal vivo dovremo sicuramente suonare “Hotel”.
A proposito ... che cosa potrebbe succedere ai vostri
concerti?
Quando finalmente faremo un concerto lo
scopriremo! Ho il sospetto che ci saranno spara-coriandoli, orsi danzanti,
funghi gonfiabili giganti e tante belle ragazze. E se Ed ha qualcosa a che fare
con tutto questo… ci sarà probabilmente una scimmia con le ali inspiegabilmente
sul palco (N.d.r.- immagine inserita nel booklet).
E’ incredibile l'art work che avete realizzato, l'attenzione
al dettaglio inusuale in Italia: chi ha curato questo aspetto? Ci sarà una
distribuzione su vinile?
Grazie! Siamo d'accordo! La scelta grafica è
frutto della visione (e del duro lavoro) di Ed Unitsky. Mentre noi iniziavamo a
mixare l'album gli abbiamo inviato i testi di tutte le canzoni. Ed li ha
studiati e ha creato l'artwork basandosi sulle liriche. La copertina,
ovviamente, è dedicata interamente alla title track, e mostra il paesaggio e i
personaggi che sono contenuti e raccontati in
The Imperial Hotel. Per quanto riguarda il vinile ne abbiamo
discusso seriamente, ma purtroppo non abbiamo potuto giustificare la spesa. The
Imperial Hotel è stato
orgogliosamente “costruito” in Italia! Marco conosceva un produttore di CD
italiano, capace di fornire altissima qualità, e il risultato si vede. Ci
auguriamo di poter lavorare con la stessa company per i nostri futuri progetti,
così come spero possa accadere con il prossimo album della mia band, i
Resistors.
Cosa ne pensi dello stato della musica nel vostro paese?
Penso che artisticamente siamo in cima alla
montagna. I musicisti sono potenziati e coadiuvati da studi di registrazione di
qualità professionale che trovano spazio nei loro computer portatili. Vedo
bambini (come il figlio del mio amico Barry, che suona con me nei Resistors)
capaci di fare cose incredibili, che spazzano via qualsiasi cosa io abbia fatto
quando avevo 20 anni. Tuttavia, la situazione finanziaria dei musicisti è
terribile, e posso affermare che nessuno riesce a fare soldi con la sua arte.
Forse un paio di band di livello di "grande nome" arrivano ad avere successo commerciale (necessario per
sopravvivere), ma le band locali - come siamo noi - suonano per passione, convivendo col fatto
che non esiste un profitto significativo. E allora mi piace evidenziare il lato
positivo, quello prettamente artistico! Marco, Kimmo ed io svolgiamo altre
professioni, e facciamo musica per pura passione. Questa situazione è
limitante, temporanea, ma permette di mantenere i piedi per terra. Non dobbiamo
mai perdere il contatto con la vita "normale".
Sarà possibile vedervi suonare in Italia?
Sarebbe fantastico! Spero che succederà! A
quanto pare ho un fan club italiano con cinque membri! Forse, se riusciremo a
far crescere un po’ quel numero, potrai vederci in Italia!
Cosa avete in programma per il futuro?
Abbiamo un sacco di grandi cose in programma -
in realtà stiamo già in fase di nuova registrazione. Siamo immersi nella
creazione del nostro prossimo album, intitolato Lost and Found. Per realizzarlo Marco ha cercato e trovato molte
band degli anni ‘70 che hanno creato capolavori epici, ma che non hanno mai
avuto occasione di realizzare buone registrazioni. Li stiamo rispolverando e
dando loro un trattamento regale - dopo decenni di buio potranno finalmente
vedere la gloriosa luce del giorno! E, prima di essere arrivati a metà strada
con Lost and Found, abbiamo già
iniziato a lavorare sull'album che verrà dopo, che conterrà ancora tutti pezzi
nuovi. Quindi, se ti piace quello che abbiamo fatto con The Imperial Hotel, preparati ad ascoltare un sacco di nostra
musica per i prossimi due anni!
1. After the
Echoes (8:43)
2. Limoncello
(7:58)
3. Victoria's
Summer Home (2:54)
4. The
Imperial Hotel (28:10)
5. Into the
Lake (8:43)
Line up
Marco Bernard -
basso rickenbacker-coordinatore del progetto
Kimmo Pörsti - batteria, percussioni
Steve Unruh - voce, chitarra acustica, violino,
flauto
Con…
Robert Webb (England) - tastiere, voce - compositore
Octavio Stampalia ( Jinetes Negros) - tastiere, voce e compositore
Linus Kåse (Änglagård) - tastiere, sax, voce compositore
David Myers dei (The Musical Box) - piano e compositore
Special
Guests
Kamran Alan
Shikoh (Glass Hammer) - chitarra elettrica, chitarra
acustica in “Imperial” Yoshihisa Shimizu (Kens) - chitarre,
synth in “Limoncello”
Johan Öijen - chitarra elettrica in “After the Echoes”
Kristofer Eng - chitarra elettrica in “Into the Lake”
Andrew
Marshall - Moog Taurus in “Into
the lake”
Maria Kvist (armonie vocali in “Into the Lake”
Artwork realizzato da Ed Unitsky.
The Imperial Hotel prende il titolo dall’omonima suite
registrata nel 1975 dagli England di
Robert Webb
Prodotto da The Samurai Of Prog
Regist e mix 2013-14
Produz. Propria