sabato 14 febbraio 2015

The Samurai Of Prog-The Imperial Hotel


La prendo alla lontana, è questo uno di quei casi in cui temo di non trovare le esatte parole per descrivere cosa può suscitare un album. I miei commenti musicali hanno un motivo ben preciso, la condivisione, e quando trovo qualcosa di livello superiore vorrei centrare l’obiettivo, e far sapere a tutti ciò che si può trovare in giro per il mondo.
Conoscevo Marco Bernard per i progetti targati Colossus all’insegna del prog, con largo coinvolgimento di artisti sparsi in giro per il mondo.
Attraverso il recente contatto con Marco sono arrivato ad un album da cui non riesco più a staccarmi, The Imperial Hotel, di The Samurai Of Prog.
La base di lavoro è la Finlandia, ma il progetto lo si può definire una multinazionale, tant’è che il pregio della varietà di competenze si trasforma poi in un limite, che è l’impossibilità, almeno al momento, di proporre la performance live.
La band è formata da tre musicisti, l’italiano Marco Bernard, domiciliato in Finlandia, Kimmo Pörsti, l’unico “del posto” e l’americano Steve Unruh, colui che nello scambio di battute a seguire ci aiuterà ad entrare nei meandri del progetto.
Assieme a loro un gruppo di musicisti di rango, vero e proprio ausilio compositivo, con l’aggiunta di un’ulteriore squadra dinamica, necessaria per realizzare lavori di tale spessore. Va da sé che i costi di reunion ad hoc sono difficilmente sostenibili, e dopo l’ascolto dell’album sarà ancora più chiaro che la proposizione live non è roba da mestieranti qualunque.
Parto dalla copertina e dall’artwork realizzato da Ed Unitsky, perché la sola vista indurrebbe all’acquisto immediato qualsiasi amante del genere, e non posso immaginare cosa poteva essere la trasposizione in vinile.
A memoria non ricordo niente di simile nel formato CD, un profumo di storia, un odore di storie, un vero racconto fatto di immagini e liriche, da gustare contemporaneamente all’ascolto. Il fulcro è un fantastico booklet e le immagini riportano indietro nel tempo, alla lunga suite - la title track - riammodernata dopo recupero diretto da metà anni ’70, quando fu creata dagli England di Robert Webb (uno degli “aiuti” a cui accennavo), ma non trovò mai una corretta collocazione.
Il disco inizia il primo giro e parte il viaggio a ritroso nel tempo, mentre idealmente appoggio la puntina sul piatto e mi appresto all’opera di sharing accanto ai miei giovani amici. Un tempo accadeva così!
Questa è la vera musica prog, capace di ricordare i miti di un tempo, ormai inossidabili, con il tocco della perfezione tecnica possibile ai giorni nostri, con assoluta cura dei dettagli e completa assenza di sbavature.
Probabilmente le trame inducono alla retorica, ai paragoni, alla sottolineatura delle contaminazioni, ma non riesco a trovare nessuna miscela migliore di quella che assembla Genesis, Yes e Gentle Giant, con una voce di scuola “Jon Anderson” che si adagia su tappeti musicali sinfonici, con un esercito di tastiere che volgono in orchestra, con tempi composti difficili da decodificare, con l’utilizzo di flauto e del violino, che fanno parte del DNA di questo progetto.
Cinque brani per oltre cinquantacinque minuti di magia pura, incentrata sul recupero del gioiello nascosto - The Imperial Hotel - che racconta le vicende di un vecchio stabile dell’era vittoriana, rinnovato e riproposto come hotel di lusso, ma con un segreto inquietante, palpabile tra ascolto e visione dell’inserto.
Per il resto direi… classe pura, con una varietà di situazioni tali che credo potrebbe essere il sunto del concetto di musica progressiva, definizione con cui spesso ci si cimenta, dimenticando sempre qualche risvolto importante. Ma se questo è “materiale” di nicchia è solo perché non si possiede la chiave per aprire il cuore delle nuove generazioni.
Il video a seguire penso potrà essere il giusto assaggio che… mette l’appetito.
Una grande, grandissima band, poco conosciuta dalle nostre parti, se non dagli specialisti di settore, e il motivo è forse da ricercarsi nella sola attività studio, ma non ho dubbi che il potenziale sia spaventoso e giudico The Imperial Hotel uno dei più bei dischi che abbia mai avuto la fortuna di ascoltare.
Sarà mia cura fare massima opera di divulgazione, in attesa di afferrare la musica futura che, come emerge dall’intervista, sarà basata sulla ricerca e la riqualificazione di antichi masterpiece che non hanno mai avuto la chance di risplendere adeguatamente;
come qualcuno dice, “ … la musica ha le ali e può volare nel tempo!”.

Intervista a Steve Unruh

Come e dove è nata la band? Vi chiedo a voi un po’ di storia per il pubblico italiano.

Il soprannome di Marco (Barnard) è "il Samurai del Prog". Alcuni anni fa gli venne voglia di fare un album solista, giusto per divertimento. E’ nato così un album di cover di alcune delle sue canzoni preferite in ambito prog. Per realizzarlo Marco ha chiesto a molti musicisti di unirsi al progetto, compresi Kimmo e me. (Marco e Kimmo vivono in Finlandia, e io vivo negli Stati Uniti. I musicisti ospiti sono sparsi per il mondo). Attraverso il processo di creazione di questo album - intitolato, Undercover - abbiamo scoperto che noi tre lavoravamo davvero bene insieme – condividiamo gli stessi gusti musicali, abbiamo la stessa etica di lavoro e personalità compatibili. Abbiamo quindi deciso di formare il nucleo del progetto musicale in corso, e definirci collettivamente "The Samurai di Prog" ("Samurai" in inglese è sia plurale che singolare). Il nostro trio vorrebbe creare album con un cast a rotazione di musicisti ospiti di alto profilo. Il nostro secondo album - intitolato Secrets of Disguise - era anch'esso un album di cover, ma siamo diventati sempre più creativi con le nostre interpretazioni, inserendo anche un paio di brani originali. Completando quel disco ci siamo resi conto di aver trovato un ottimo metodo di lavoro, e abbiamo deciso che era arrivato il momento di iniziare a creare album costituiti completamente da brani originali. Questo ci ha condotto al nostro ultimo lavoro, The Imperial Hotel. E mentre io rispondo a queste domande la band è al lavoro sul nostro quarto - e quinto! - album (N.d.r. - riferimento a  Firth of Fifth  dei Genesis).

Da dove arriva il vostro amore per la musica progressiva?

Penso che il prog rappresenti la crescita della musica rock. Amiamo l'energia e l'anima della musica rock, ma vogliamo qualcosa di più impegnativo. A mio parere, la musica progressiva è quella a cui i musicisti rock si rivolgono quando si annoiano e sono inquieti!

Avete pubblicato il vostro terzo album: c'è un legame tra l'ultimo lavoro e gli altri?

Il collegamento è la nostra affinità musicale e il metodo di lavoro. Ci sono voluti due album di (soprattutto) cover per raggiungere un alto livello di competenza nell’arrangiamento e nella registrazione di musica nelle nostre diverse location sparse per il mondo, prima di osare l’approccio verso un disco fatto di originali (tutti noi abbiamo sentito le registrazioni di altri progetti musicali che non sono andati bene, e siamo determinati nel non cadere in quella categoria). Penso sia stato il nostro brano originale Sweet Iphigenia (tratto dal secondo album) a mostrarci il nostro vero potenziale. Tutti noi abbiamo suonato in band regolari, in cui i musicisti hanno contatto immediato tra loro. Essere tutti nella stessa stanza, allo stesso tempo, ha grandi vantaggi, e ci è voluto molto tempo per trovare i pregi “nascosti” di una registrazione a distanza, nel tentativo che la nostra band potesse diventare qualcosa di veramente speciale, pur con musicisti che vivono in luoghi diversi. Inoltre, durante la realizzazione dei nostri primi due dischi abbiamo trovato alcuni compositori sorprendenti, e abbiamo pensato che i loro stili si sarebbero integrati alla perfezione, e quindi abbiamo chiesto loro di contribuire fornendo materiale originale per il nostro terzo album. Ma neanche noi avevamo previsto l'alto livello e la qualità del loro lavoro. E' stato un vero piacere collaborare su The Imperial Hotel.

Qual è l'anima di "The Hotel Imperial"? È un concept album?

L'album non è scritto su un tema preciso, come la maggior parte album dei "concept", ma la grande suite è un pezzo di storia concettuale, con personaggi e sviluppo della trama. Robert Webb ci portò quel pezzo. Lui  - e i membri della sua band “England” - ha scritto la storia e la maggior parte della musica nel 1970. Tuttavia England non arrivò mai realmente ad “afferrare” la melodia, come Robert dice, e quindi la band spostò la sua attenzione su altre musiche, che divennero successivamente il fantastico album Garden Shed. Gli England avevano realizzato una demo di  “Hotel” che abbiamo studiato, poi discusso (in dettaglio) per capire come creare una registrazione nuova e ufficiale. Abbiamo ampliato notevolmente il pezzo cambiando radicalmente diverse parti e scrivendo completamente nuove sezioni. Naturalmente l'originale non aveva violino o flauto, che hanno poi aggiunto una nuova dimensione alla trama. Kamran Alan Shikoh, dei Glass Hammer (che è felicemente diventato uno dei nostri "clienti abituali" nella band) ha ulteriormente elevato la qualità del pezzo. In qualche modo, credo che abbiamo raggiunto qualcosa di molto raro, abbiamo catturato l'anima e lo spirito del 1970, portandoli nel 21° secolo, con registrazioni meticolose miscelate alle nostre performance. Mi auguro di non esagerare, ma mi piace molto quel pezzo!

Mi ha sorpreso, la lunga e bellissima suite che fornisce il nome all'album: che cosa potrebbe significare eseguirla dal vivo?

Poiché come dicevo viviamo in luoghi molto lontani non abbiamo ancora avuto la possibilità di provarla dal vivo. Ne abbiamo discusso, e ci vogliamo arrivare. Tuttavia, la logistica sfavorevole e il conseguente lato economico determinano la necessità di essere sponsorizzati da chi organizza qualche festival o eventi, e solo così tutti noi potremmo permetterci di viaggiare e trascorrere qualche giorno nello stesso posto, tutti assieme nello stesso momento. La soluzione più fattibile per eseguire la nostra musica  dal vivo è quella di assemblare una band di pochi elementi che ci sia di supporto per un tour. Non tutta la nostra musica non può essere performata  con soli 5-6 elementi, ma gran parte di essa sì, e la lunga suite The Imperial Hotel è uno dei pezzi che riteniamo funzioni molto bene in fase live. Se mai ci esibiremo dal vivo dovremo sicuramente suonare “Hotel”.

A proposito ... che cosa potrebbe succedere ai vostri concerti?

Quando finalmente faremo un concerto lo scopriremo! Ho il sospetto che ci saranno spara-coriandoli, orsi danzanti, funghi gonfiabili giganti e tante belle ragazze. E se Ed ha qualcosa a che fare con tutto questo… ci sarà probabilmente una scimmia con le ali inspiegabilmente sul palco (N.d.r.- immagine inserita nel booklet).

E’ incredibile l'art work che avete realizzato, l'attenzione al dettaglio inusuale in Italia: chi ha curato questo aspetto? Ci sarà una distribuzione su vinile?

Grazie! Siamo d'accordo! La scelta grafica è frutto della visione (e del duro lavoro) di Ed Unitsky. Mentre noi iniziavamo a mixare l'album gli abbiamo inviato i testi di tutte le canzoni. Ed li ha studiati e ha creato l'artwork basandosi sulle liriche. La copertina, ovviamente, è dedicata interamente alla title track, e mostra il paesaggio e i personaggi che sono contenuti e raccontati in  The Imperial HotelPer quanto riguarda il vinile ne abbiamo discusso seriamente, ma purtroppo non abbiamo potuto giustificare la spesa. The Imperial Hotel è stato orgogliosamente “costruito” in Italia! Marco conosceva un produttore di CD italiano, capace di fornire altissima qualità, e il risultato si vede. Ci auguriamo di poter lavorare con la stessa company per i nostri futuri progetti, così come spero possa accadere con il prossimo album della mia band, i Resistors.

Cosa ne pensi dello stato della musica nel vostro paese?

Penso che artisticamente siamo in cima alla montagna. I musicisti sono potenziati e coadiuvati da studi di registrazione di qualità professionale che trovano spazio nei loro computer portatili. Vedo bambini (come il figlio del mio amico Barry, che suona con me nei Resistors) capaci di fare cose incredibili, che spazzano via qualsiasi cosa io abbia fatto quando avevo 20 anni. Tuttavia, la situazione finanziaria dei musicisti è terribile, e posso affermare che nessuno riesce a fare soldi con la sua arte. Forse un paio di band di livello di "grande nome" arrivano ad avere successo commerciale (necessario per sopravvivere), ma le band locali - come siamo noi -  suonano per passione, convivendo col fatto che non esiste un profitto significativo. E allora mi piace evidenziare il lato positivo, quello prettamente artistico! Marco, Kimmo ed io svolgiamo altre professioni, e facciamo musica per pura passione. Questa situazione è limitante, temporanea, ma permette di mantenere i piedi per terra. Non dobbiamo mai perdere il contatto con la vita "normale".

Sarà possibile vedervi suonare in Italia?

Sarebbe fantastico! Spero che succederà! A quanto pare ho un fan club italiano con cinque membri! Forse, se riusciremo a far crescere un po’ quel numero, potrai vederci in Italia!

Cosa avete in programma per il futuro?

Abbiamo un sacco di grandi cose in programma - in realtà stiamo già in fase di nuova registrazione. Siamo immersi nella creazione del nostro prossimo album, intitolato Lost and Found. Per realizzarlo Marco ha cercato e trovato molte band degli anni ‘70 che hanno creato capolavori epici, ma che non hanno mai avuto occasione di realizzare buone registrazioni. Li stiamo rispolverando e dando loro un trattamento regale - dopo decenni di buio potranno finalmente vedere la gloriosa luce del giorno! E, prima di essere arrivati a metà strada con Lost and Found, abbiamo già iniziato a lavorare sull'album che verrà dopo, che conterrà ancora tutti pezzi nuovi. Quindi, se ti piace quello che abbiamo fatto con The Imperial Hotel, preparati ad ascoltare un sacco di nostra musica per i  prossimi due anni!


1. After the Echoes (8:43)
2. Limoncello (7:58)
3. Victoria's Summer Home (2:54)
4. The Imperial Hotel (28:10)
5. Into the Lake (8:43)

Line up
Marco Bernard -  basso rickenbacker-coordinatore del progetto
Kimmo Pörsti - batteria, percussioni
Steve Unruh - voce, chitarra acustica, violino, flauto
Con…

Robert Webb (England) - tastiere, voce - compositore
Octavio Stampalia ( Jinetes Negros) - tastiere, voce e compositore
Linus Kåse (Änglagård) - tastiere, sax, voce compositore
David Myers dei (The Musical Box) - piano e compositore

Special Guests
Kamran Alan Shikoh (Glass Hammer) - chitarra elettrica, chitarra acustica in “ImperialYoshihisa Shimizu (Kens) - chitarre, synth in “Limoncello
 Johan Öijen - chitarra elettrica in “After the Echoes”
 Kristofer Eng - chitarra elettrica in “Into the Lake
Andrew Marshall - Moog Taurus in “Into the lake
Maria Kvist (armonie vocali in “Into the Lake


Artwork realizzato da Ed Unitsky.
The Imperial Hotel prende il titolo dall’omonima suite registrata nel 1975 dagli England di Robert Webb

Prodotto da The Samurai Of Prog
Regist e mix 2013-14
Produz. Propria