Quanah Parker: Suite degli Animali Fantastici
M.P. & Records
Riccardo
Scivales mi facilita il compito descrittivo del
prossimo album dei Quanah Parker, band di cui è il leader: Suite degli Animali Fantastici. Il suo racconto entra nei dettagli e
regala al lettore la possibilità di scendere in profondità ed evidenziare
aspetti importanti che spesso sfuggono nel corso dell’ascolto, ma che ne sono
fondamentale complemento.
Quale miglior modo per facilitare
l’avvicinamento, sia del curioso che di chi già conosce la filosofia musicale
della band!?
Provo a riassumere.
Una lunga suite centrale, trenta minuti, come
la logica prog suggerirebbe: la title track.
Un paio di brani che appartengono al
repertorio passato e che, seppur rielaborati, fotografano un prog antico, DNA
di Scivales e compagni di viaggio.
L’utilizzo della doppia lingua, italiana e
inglese.
Un artwork sognante che riporta agli stilemi
delle copertine più importanti degli anni ’70.
Capitolo a parte il brano dedicato a
Francesco Di Giacomo, scritto d’impulso da Scivales subito dopo la prematura
dipartita, pezzo che crea un perfetto link tra epoche e artisti dediti alla
musica di qualità.
Ma il tema centrale, il vero “nuovo”, è la
suite - 8 tracce - suggerita dal musicista americano Edward J. Shanaphy, capace di intravedere nella musica dei Q.P. un ampio respiro orchestrale, il
corretto commento ad immagini e azioni, una sorta di colonna sonora che è
peculiarità di molti concept album prog.
Il tema scelto riporta alle creature
mitologiche fantastiche viste come “… proiezioni
oniriche di una mente umana e le vedono compiere un affascinante viaggio al di
là dello spazio e del tempo per tornare infine al loro creatore…”.
“Fantastiche” non significa “immaginarie”, e
il peso di queste icone si lega al fatto che, in tempi lontani, siano state
credute reali e capaci di influenzare la storia, a causa di poteri
sovrannaturali, o per semplice forza fuori dal comune. Tema affascinante.
Da un’idea brillante nascono le liriche di Alessandro Monti, che trovano la
chiusura del cerchio nella proposizione vocale di Elisabetta Montino, artista dalle doti canore sorprendenti, con una
buona predisposizione alla sperimentazione e alla ricerca, come ci viene
raccontato nell’intervista a seguire.
Restando in tema di giudizio generale, ciò
che più mi ha colpito è il contrasto tra le creazioni articolate - dalla costruzione
a volte molto complessa - e la fluidità di ascolto, situazione in cui emerge la
capacità di creare atmosfere che trascinano e allontanano ogni tipo di
etichetta o incasellamento a favore dell’universalità della musica, e alla fine
stabilire se sia il prog la materia che abbiamo tra le mani diventa solo un
dettaglio, e nemmeno troppo importante.
Un grande lavoro di squadra, fatto di
interconnessioni tra musica, parola e immagini, capace di suscitare emozioni forti
sin dal primo ascolto.
Scivales racconta come “… quasi tutti i brani del CD sono stati
eseguiti con successo dai Quanah Parker in vari concerti del 2014…”, e non
ho dubbi che il talento di questi straordinari musicisti possa esaltarsi
proprio nel contatto con l’audience.
Un piccolo frammento è ascoltabile a questo link:
L’INTERVISTA
Da dove nasce l’idea che ha portato alla
creazione di “Suite degli Animali Fantastici”?
Dopo l’uscita a fine 2012 del
nostro primo CD, Quanah! (Diplodisc
dpl 004, G.T. Music Distribution),
volevamo incidere presto un secondo album. Avevamo già pronto molto materiale e
ci giunse anche un suggerimento prezioso. L’idea di scrivere il brano che dà il
titolo all’album, infatti, mi è stata suggerita dal pianista e arrangiatore
jazz americano Edward J. Shanaphy, che è anche l’editore della maggior parte
dei miei libri di musica e dei miei brani (anche Prog) pubblicati su spartito
nelle sue magnifiche riviste per pianoforte (recentemente chiuse, purtroppo,
dopo decenni di gloriosa attività). Dopo aver ascoltato Quanah!, Shanaphy mi scrisse che a suo avviso molti miei brani
avevano delle qualità che si prestavano benissimo anche a realizzazioni e
impieghi più estesi, ad esempio lavori orchestrali, colonne sonore, ecc. In tal
senso, mi suggerì appunto di scrivere una lunga suite (nella più bella
tradizione del Rock Progressivo) sull’affascinante soggetto degli “animali
fantastici”. Accogliendo questo suggerimento, iniziai quindi a scrivere le
musiche della Suite e a provarne gli
arrangiamenti con i Quanah Parker. Quando molto materiale era ormai a buon
punto, l’abbiamo fatto ascoltare ad Alessandro Monti, che è stato subito
entusiasta della Suite e per essa ha iniziato
a scrivere con una velocità miracolosa delle liriche assolutamente
straordinarie, contribuendo inoltre con alcune nuove melodie e spunti musicali.
Alessandro si è sentito talmente coinvolto dalla Suite che ha voluto inciderne personalmente in studio (con
eccellenti risultati) anche le parti di basso, oltre a varie piccole
percussioni e il tabla in un episodio
in tandem con la batteria. Suoi sono anche il basso e il suggestivo flauto
dolce Moeck in From Distant Lands. Le
parti di basso di tutti gli altri brani (A
Big Francesco, Death of a Deer e Make Me Smile) sono state invece
brillantemente registrate dal nostro chitarrista Giovanni Pirrotta. Ci tengo
molto a dire che nell’intero album c’è
stato un bellissimo lavoro “collettivo” di tutta la band nell’elaborazione
definitiva delle mie composizioni. In tal senso vorrei ricordare, tra le altre
cose, le bellissime invenzioni batteristiche di Paolo Ongaro e gli straordinari
assolo di chitarra di Giovanni Pirrotta, ad esempio in Danza di un Mattino e Death
of a Deer. La magica voce di Elisabetta Montino e le sue doti
interpretative hanno completato alla perfezione il tutto, dandogli anche
quell’inconsueto tocco di vocalità Prog “al femminile” che molti vedono come
una delle peculiarità della nostra band. Il resto lo dobbiamo a Vannuccio
Zanella e ad Antonino Destra della M.P. & Records e della G.T. Music Distribution, che dopo aver
ascoltato alcuni nostri concerti si sono interessati alla nostra musica e ci
hanno offerto di co-produrre e distribuire l’album, dandoci anche preziosi
suggerimenti e indicazioni per la realizzazione definitiva del lavoro. Li
ringraziamo qui ancora per averci offerto la loro esperienza e il loro
entusiasmo. Siamo molto orgogliosi di questo disco e di essere entrati a far
parte del catalogo M.P. & Records, che ha prodotto album di vari musicisti
importanti, tra cui alcuni dischi del mio “keyboard hero” Rick Wakeman.
Aggiungo che diversamente dal nostro album precedente, questo è un disco bilingue: la Suite
è cantata in italiano, altri due brani in inglese, e From Distant Lands ha delle “liriche nascoste” sempre in inglese.
L’album è stato registrato nel 2014 da Andrea De Marchi presso il Virtual
Studio a Treviso, e mixato e masterizzato da Bebo “Best” Baldan allo Exit
Studio di Venezia. Infine, due parole sulla mia strumentazione: come già nel
precedente Quanah!, anche in
quest’album ho suonato tutto con un’unica tastiera (la mia amata Casio Privia
PX-300), eccetto una o due parti di “Minimoog” realizzate con un synthesis module della Korg. E forse può
non sembrare, ma dalla mia Casio viene anche l’assolo di vibrafono che puoi
sentire in Cantico Marino.
Ci sono brani
“antichi” e riarrangiati per l’occasione: si può considerare un lavoro che
racconta l’evoluzione della band?
No,
nel senso che i brani “antichi” (Death of
a Deer e Make Me Smile) sono solamente due su un totale di
dodici, e in ogni caso il pezzo “centrale” dell’album è la Suite. Inoltre, l’album rispecchia perfettamente la band attuale,
che ha quasi tutti i componenti diversi da quella che registrò questi brani
“antichi” trent’anni fa. Direi però che Death
of a Deer, essendo stata composta nel lontano 1981, può darci un’idea del progressive suonato dai primi Quanah
Parker in anni decisamente pioneristici per il “Neo-prog”. In questo CD,
entrambi i brani “antichi” sono stati comunque rielaborati e arricchiti dalla
band attuale, e in un futuro disco con materiali di archivio sarà interessante
confrontarli con le vecchie versioni (ancora inedite) registrate nel 1981-1985,
e avere così un’idea dell’evoluzione della band e anche della mia scrittura per
essa.
Mi parli della
collaborazione con Alessandro Monti?
Alessandro
è un mio carissimo amico d’infanzia, ed è stato anche il principale cantante
della formazione originaria (1981-1985) dei Quanah Parker. Dopo alcuni anni in
cui ci eravamo un po’ persi di vista musicalmente, nel 2012 è venuto a un
concerto dei “nuovi” Quanah Parker, e ne è rimasto talmente entusiasta da
offrirci generosamente di co-produrre il nostro primo CD Quanah!, facendolo uscire per la sua etichetta Diplodisc e
seguendone poi con grande cura la promozione. Il suo entusiasmo è stato
determinante anche nella realizzazione di questo nuovo album, e del suo
importante contributo ad esso ti ho già parlato. Alessandro ha un bellissimo
approccio alla musica, molto spontaneo e “naturale”, e per me è sempre una
gioia collaborare con lui. Ricordo inoltre che l’anno scorso Alessandro ha
ristampato nella sua bellissima compilation
internazionale Diplocomp: A Diplodisc
Sampler (Diplodisc dpl 010) una nuova versione della nostra “prog ballad” After The Rain (già presente in Quanah!), in un mio nuovo arrangiamento
per voce/pianoforte/coro che avevo già inciso insieme a Elisabetta Montino per
un CD del Vocal Ensemble Monteverdi New Voices diretto da Silvia Buscato.
Su quale base è
stato creato l’art work di Elisabetta Montino?
Beh,
innanzitutto ci tengo a dirti che per quest’album Elisabetta ha creato un
artwork assolutamente strepitoso e originale (come del resto aveva già fatto in
Quanah!). Le basi di questo suo
lavoro risalgono a un pomeriggio di primavera del 2012, quando ci trovammo a
dover creare una sorta di “divisa” (cioè delle camicie di scena) della band per
un nostro concerto in occasione del trentennale di una scuola di musica
(intitolata a Claudio Monteverdi) in cui quasi tutti noi insegnavamo all’epoca,
e vi lavoriamo tuttora. Elisabetta si mise subito al lavoro, con l’obiettivo di
creare delle decorazioni che fossero semplici da realizzare, ma efficaci dal
punto di vista scenico, e con un’unica possibilità cromatica, cioè il bianco
sul nero. La sua ricerca si rivolse necessariamente a tipiche decorazioni
pellerossa (come sai, il nome della nostra band è ispirato a un famoso capo
Comanche), geometriche ed estremamente stilizzate, ma si estese in modo
sorprendente quando Elisabetta iniziò a notare dei singolari parallelismi con
certe forme decorative celtiche, soprattutto quando nelle decorazioni venivano
inserite delle figure di animali o dei riferimenti espliciti ad altre forme
della natura: sole, luna, nuvole, acqua, ecc.
Da qui, approdare in seguito al mondo dei codici miniati medievali è
stata la più naturale delle conseguenze, perché ha permesso a Elisabetta di
creare la cornice di una finestra in cui concentrare liberamente tutte queste
forme, e alla quale potersi affacciare per contemplare questo nuovo mondo
“fantastico” prima di entrarvi. L’artwork di quest’album è quindi basato su
un’originale commistione tra Medioevo e mondo pellerossa. E nella front cover,
al vertice della lettera “Q” di Quanah c’è anche l’invenzione di un totem che
con i suoi cinque occhi rappresenta lo sguardo dei cinque componenti della band
sulla necessità del fare musica oggi: oltre che un modo di esprimersi,
appunto, una necessità!
All’interno dell’album è presente un brano
dedicato a Francesco Di Giacomo: come è nato?
Questo brano, intitolato A Big Francesco, e che per ovvi motivi non avrei mai voluto
scrivere, è nato come un mio personale omaggio, molto sentito, al grande
Francesco Di Giacomo. L’ho scritto di getto al pianoforte dopo aver appreso la
tragica notizia della scomparsa di questa immensa e carismatica figura del Prog
italiano (e non solo). Sono sempre stato un grandissimo estimatore del Banco
(che reputo una delle più grandi band di tutti i tempi), ho sempre adorato la
voce di Big Francesco e i suoi testi di straordinaria umanità e poesia, e non
mi era mai successo di sentirmi così scosso dalla notizia della scomparsa di un
musicista. A questo brano hanno dato un importante contributo sia Paolo col suo
brillante drumming che Giovanni con
un bellissimo assolo di chitarra (e anche con la sua parte di basso). E vorrei
aggiungere che questo nostro omaggio a Big Francesco si è esteso anche a una
mia rielaborazione strumentale di In volo
(dal leggendario “salvadanaio” del Banco), che abbiamo suonato in vari
concerti basandola sullo stesso ostinato della mano sinistra poi riutilizzato
in From Distant Lands, cioè il primo
brano del nuovo album.
So che i brani
sono già stati testati dal vivo: come giudichi la reazione del pubblico?
La
Suite è stata suonata più volte live
ed è sempre stata accolta sempre molto bene. Essendo un brano lungo quasi
mezzora filata, devo dirti che la cosa mi ha un po’ sorpreso: probabilmente il
pubblico ha la sensazione di “entrare in una storia” che lo coinvolge e lo fa
sognare, e questo è esattamente il risultato che volevamo ottenere. Nella sua
alternanza tipicamente Prog di episodi energici e momenti più calmi, penso che
la Suite sia costruita molto bene, e
indubbiamente presenta anche il vantaggio di essere cantata in italiano (quindi
ben comprensibile a chi ci ascolta, e in linea con i canoni del Progressive
Italiano), tra l’altro sulle liriche affascinanti di Monti, che secondo me
hanno un altissimo valore poetico e che non esito ad accostare ai più grandi
testi Prog. In concerto, A Big Francesco
ha una grande forza comunicativa ed è stato sempre accolto molto bene, e anche Make Me Smile sembra piacere molto:
infatti è dal 2006 che la suoniamo regolarmente live, spesso con un’Intro
strumentale ripetitiva che serve a presentare al pubblico i componenti della
band. From Distant Lands non
l’abbiamo ancora suonata live, ma non dovrebbe presentare problemi: ha una
melodia seducente e una bella ambientazione “ipnotico-magica”, e posso
assicurarti che tutti quelli che l’hanno ascoltata dal disco ne sono rimasti
affascinati. Death of a Deer è uno
dei primissimi pezzi che ho scritto, per la precisione nel 1981. E’ un brano di
quasi dieci minuti, molto articolato e non semplice da rendere in live. Con i
Quanah attuali lo abbiamo eseguito varie volte (e sempre con successo), ma
penso che lo abbiamo messo veramente a punto proprio con la versione più matura
inclusa in questo CD, che mantiene identici tutti i temi principali e la
struttura della versione 1981, ma vi apporta numerose novità: un nuovo testo
originale (incentrato come dice il titolo su una caccia al cervo), una nuova
“doppia Intro” strumentale e cantata, un breve recitato e due nuovi temi
strumentali inframmezzati ai nuovi assolo di tastiere e chitarra.
Puoi spendere qualche parola specifica sulla
lunga traccia “Suite degli Animali Fantastici”?
La Suite, che ho firmato e depositato insieme ad Alessandro Monti,
naturalmente è dedicata a Edward J. Shanaphy. E’ formata da otto brani, che
anziché risolversi in un semplice descrittivismo di ben noti “animali
fantastici” mitologici, identificano queste “creature fantastiche” come
proiezioni oniriche di una mente umana e le vedono compiere un affascinante
viaggio al di là dello spazio e del tempo per tornare infine al loro creatore.
L’azione si svolge in un’isola immaginaria, e le varie parti sono intitolate Risveglio Onirico, Danza di un Mattino, Interludio
Notturno, Déjà Vu Fantastico, Luci dagli Abissi, Cantico Marino, Animale
Multiforme e Ritorno alla Mente.
In apertura (dove c’è anche un episodio recitato) e in qualche altro punto
abbiamo usato anche degli effetti sonori “ambientali”. La genesi della Suite e i molti significati profondi dei
suoi testi sono stati ben descritti da Alessandro nel post QUANAH PARKER: Note sulla “Suite degli Animali Fantastici” del suo
blog www.unfolkam.wordpress.com. I testi non sono
riportati nel booklet, ma saranno presto disponibili nel nostro sito www.quanahparker.it. In qualche modo, un
bellissimo contributo è venuto anche da mia figlia Giulia: il brano Interludio Notturno della Suite, infatti, mi è stato ispirato da un tema da lei composto al flauto alcuni
anni fa. E in una sorta di “trasfigurazione magica”, un frammento di questo
tema è stato rielaborato e sviluppato come un’improvvisazione nel pezzo di
apertura dell’album, From Distant Lands,
un brano molto evocativo che serve a “preparare l’ambientazione” della Suite e in effetti ne è una sorta di
“preludio”. Elisabetta ha qui usato un’originalissima tecnica di commistione
tra vocalizzi e parole “dilatate”, appena percettibili e comprensibili, creando
così un effetto molto suggestivo di “liriche nascoste”. Con la sua commistione
di vari generi (Prog, Folk, Ambient, ecc.) e le sue particolari sonorità di
tastiere e chitarra abbinate al sensibile drumming
di Paolo, questo brano è stato un po’ una “rivelazione” e penso che esplori
interessanti territori finora inediti per i Quanah. Tornando alla Suite, i suoi brani che mi sembrano più
significativi sono Danza di un Mattino,
Dejà Vu Fantastico, Cantico Marino e Animale Multiforme. Vorrei infine ricordare che la lunga Intro di Déjà Vu
Fantastico (come del resto vari brani di Quanah!) è stata
pubblicata negli Stati Uniti su spartito in una delle bellissime riviste
pianistiche di Shanaphy, dove era apparsa nel 2007 col titolo di Prelude To “Sailor’s Song” (A Scottish
Landscape).
E’ prevista un’uscita in vinile?
Naturalmente è stata
preventivata un’uscita su vinile, ma questo a data da destinarsi per un motivo
molto semplice e anche… molto tecnico. Infatti, l’album è stato registrato e
mixato su digitale, perciò la dinamica delle sue tracce si presterebbe molto
poco a una trasposizione su vinile che risulterebbe alla fine “gracchiante”.
Quindi stiamo cercando di riprendere in mano completamente la registrazione,
creando (e credo che siamo i primi ad avere questo tipo di delicatezza nei
confronti degli ascoltatori) una versione che ripristini le vere sonorità
adatte al vinile.
Progetti
futuri?
Ora
come ora, abbiamo appena finito di provare tutto il nostro repertorio “live”
col nostro nuovo bassista, il giovane e bravissimo Alberto Palù, e per un po’
di tempo saremo impegnati con le presentazioni del CD. Comunque ho già scritto
vari nuovi brani che proporrò presto alla band. Stiamo inoltre preparando uno
spettacolo che espanderà ulteriormente la Suite,
nel senso che unirà, senza soluzione di continuità e con dei brevi narrati di
raccordo, i brani di questo CD a molti brani di quello precedente.
Line Up:
Riccardo “Rick” Scivales: tastiere
Elisabetta “Betty” Montino: voce
Giovanni Pirrotta: chitarre, basso
Paolo “Ongars” Ongaro: batteria
Alessandro “unfolk” Monti: basso, seconda voce, flauto dolce,
Moeck, tabla, percussioni