Questa intervista
inedita è nata a fine Ottobre, ma per una serie di tristi e note vicissitudini si
è interrotta ed è stata completata pochi giorni fa, un iter costruttivo condizionato
da una perdita grave, quella di Joe Vescovi.
Il suo amico Pino Sinnone risponde a seguire con due diversi stati d’animo, che
contraddistinguono il prima e il dopo.
Resterà nel tempo una
bella testimonianza che racconta di musica, di rapporti umani, di gioventù e di
storia incancellabile, quella di un’epoca dove c’era un fervore musicale che
aveva la possibilità di sfociare in importante condivisione.
Ma leggiamo il pensiero di Pino.
Impossibile non chiederti lumi sulle origini dei Trip e su
come diventasti il loro drummer!
Le origini dei Trip sono inglesi e l’atto
iniziale fu quello di Ricky Maiocchi (ex Camaleonti); Io suonavo con il gruppo
torinese "Le Teste Dure" e a Torino i Trip erano di casa. I Trip
erano per me il top dei gruppi che si esibivano nei migliori locali di Torino
ed in tutta Italia. A mia insaputa mi seguivano come batterista, e Billy Gray
aveva il compito di ascoltarmi per poi riferire a Wegg e Joe. Una sera, mentre
scendevo le scale di un famoso locale di Torino, il "Mack uno",
incrociai Wegg, che appena mi vide propose l’espressione di colui che vede un
miraggio… mi disse: “Cercavo proprio
te!”. Con il suo inglese italianizzato, o forse italiano inglesizzato, mi
chiese di andare a suonare con loro in quanto il loro batterista, Jan Broad, li
aveva abbandonati dopo una accesa discussione. Precisamente con loro iniziai
nel ’67, allo Scotch di Finale Ligure: a quel tempo suonavamo cover.
Hai partecipato ai primi due album della band e sei quindi
entrato di diritto nella storia della Musica Progressiva Italiana: che
cosa c'era di realmente innovativo in
quei due dischi?
Di innovativo credo ci fosse stato il modo di
suonare, con gli strumenti (basso chitarra e organo) in forma polifonica fraseggi di blues, musica classica
e rock, distaccandoci quindi dai soliti
brani di musica leggera: strofa, refrain, ritornello, refrain, strofa,
ritornello, e così via. Eseguivamo delle
Suite musicali.
Perchè ad un certo punto ti staccasti dal gruppo?
Nel capodanno del 1971/1972 facemmo un concerto
vicino a Roma, a Civita Castellana.
Rientrando a Roma, arrivati all'hotel come
sempre accadeva, abbiamo scaricato i bagagli per portarli all'interno
dell'hotel, lasciando il furgone
incustodito per alcuni minuti. Ritornati
per prendere il furgone e custodirlo in garage trovammo l'amara sorpresa: il
furgone era sparito (forse eravamo
stati seguiti). Ci trovammo
ripuliti degli strumenti e quindi a terra, moralmente ed economicamente. Per rifarci proposi ai ragazzi di fare un
genere discograficamente commerciale (vedi Fantasia
e Una Pietra Colorata), per
rifarci un pò e per provare a vendere più dischi, in quanto con il nostro
genere facevamo pienoni ai concerti, ma dischi se ne vendevano pochissimi; sicuramente il nostro genere Prog vende più oggi (ma è troppo tardi). Wegg e Joe non
colsero la mia proposta; solo Billy aveva capito quanto chiesi (infatti anche
lui se ne andò dalla band per fare il suo blues. Decisi così di uscire dal
gruppo, forse con troppa impulsività, e di ritirarmi anche dalla musica.
Delle band italiane dell'epoca i Trip erano i più
internazionali, data la presenza di Wegg Andersen e Billy Gray, ed un inizio
all'insegna di Ritchie Blackmore:
erano davvero un passo avanti a noi, questi
inglesi?
Sììììì, gli inglesi erano più avanti di noi,
non tanto per la tecnica personale, comunque
diversa dalla nostra, ma per l’esecuzione dei pezzi; in Italia i musicisti
imparavano a memoria i brani e li eseguivano (come in molti fanno ancora oggi),
gli inglesi invece fornivano un’interpretazione personale, che è molto diverso
semplicemente dal suonare ed eseguire i brani.
Due ex Trip citati non
sono più tra noi: che ricordi hai di loro
Wegg e Billy erano due persone diverse tra loro
pur essendo anglosassoni. Di Wegg ricordo il suo spirito avventuriero: infatti non
viaggiava con noi sul furgone, adorava spostarsi in solitaria, passando da una
città all'altra in treno, mentre noi tre viaggiavamo con il furgone contenente
la nostra strumentazione.
Per quanto riguarda la musicalità Wegg e Billy
avevano in comune il sound e il groove, la loro intesa musicale era
impressionante.
Billy lo ricordo come una persona socievole,
simpatico, intraprendente e sciupafemmine in quanto era un dolce conquistatore
e seduttore.
Tra di noi esisteva una classifica per quanto
riguardava avere successo con le donne: in 1° posizione c'era appunto Billy, seguito
da Wegg, poi Joe e per ultimo il sottoscritto e infatti i giornalisti mi
definivano "il brutto conquistatore".
Dopo un lungo letargo durato una quarantina di anni, Joe
Vescovi ha riannodato la fila dei Trip, ed io sono testimone oculare degli atti
più importanti: cosa ha significato per te la reunion, anche se non ti ha visto
coinvolto completamente?
Molti anni prima della effettiva reunion, avvenuta
nel 2010, avevo contattato più volte Joe e Wegg, proponendo loro di riformare
il gruppo e ritornare sulla scena; purtroppo però senza esito, le risposte sono
sempre state "NI" o
"SO". Anche se non sono stato
coinvolto direttamente sono stato felice della reunion perchè, essendo io lo storico del gruppo mi
piaceva sapere che i nostri fans erano felici di questo, dimostrandomi comunque
grande affetto e dimostrazione che non mi avevano dimenticato. Anzi, c'è stato
pure un grande scontro tra fans e Joe su facebook, i nostri seguaci si sono
divisi, chi voleva il sottoscritto nella reunion e chi voleva Furio. Sta di
fatto comunque che in più occasioni sono stato coinvolto come special guest, e
questa per me è stata una bella soddisfazione.
Che tipo di batterista era ed è Pino Sinnone?
Io vengo dall'oratorio, figlio di operaio, e
con una famiglia alquanto numerosa (7 figli) abitavamo nelle case popolari. Iniziai
a suonare su pentole, casseruole e ogni superficie che mi permetteva di sfogare
il mio istinto ritmico. Non avevo tecnica, sono andato soltanto sei mesi a
scuola da un batterista di musica da ballo che faceva l'imbianchino, il quale
mi insegnò solo a tenere le bacchette in mano. Il resto lo feci da solo quindi autodidatta dell'altro ieri, senza molti
riferimenti. I batteristi autodidatti di oggi
hanno molti riferimenti da cui attingere. Mi ritengo perciò un
batterista da gruppo e non solista, tenendo il groove appunto per il gruppo.
Recentemente sei stato ospite del secondo album de Il Cerchio
d'Oro, assieme a Fico Piazza, Ettore Vigo e Martin Grice: che cosa hai provato
nel partecipare ad una registrazione a distanza di cosi tanti anni?
Devo ringraziare i ragazzi del Cerchio d'Oro che
mi hanno stimolato nel riprendere le bacchette in mano che avevo abbandonato
per più di 35 anni. E' stata per me una grande emozione aver partecipato alla registrazione
del loro eccellente ultimo lavoro dal titolo "Dedalo E Icaro"; il brano in cui ho suonato si intitola “Il Mio
Nome è Dedalo", un brano abbastanza impegnativo per repentini
cambiamento di tempo.
Qual è il tuo più grande rammarico, riferito al tuo impegno
musicale?
Non ho alcun rammarico. Per mia fortuna sono
una persona consapevole di ogni avvenimento della mia vita, consapevole di
essere stato il batterista de The Trip, consapevole di aver rifiutato la
proposta di andare con i Pooh, consapevole di aver abbandonato per mia scelta
lo strumento, consapevole del passare degli anni e… consapevole di invecchiare serenamente; a
questo proposito mi sono creato un aforisma a doc: "Non sono un vecchio che vuole ostinatamente fare il giovane, ma sono un
giovane felicemente invecchiato”.
Ci saranno altre occasioni per vederti dal vivo o in qualche
nuovo album?
E’ possibile che mi possiate vedere dal vivo in
circostanze di ospite di qualche gruppo, ed è anche possibile che mi possiate
ascoltare in un nuovo album, non come Trip ma come Pino "Caronte" Sinnone.
Dopo pochi giorni Joe
ha cambiato luogo di vita e Pino ha voluto ricordare così quei momenti…
Nel 2012, dopo il concerto ad Alassio in
memoria di Wegg, venni a sapere che a Joe era stato riscontrato un tumore al
pancreas. La sua famiglia ed io abbiamo cercato di non far trapelare la notizia
per non allarmare amici e fans. Joe è stato un grande musicista/compositore...
a circa 20 anni compose molti meravigliosi brani di cui tutti sanno, ne cito
solo due, Caronte ed Atlantide.
Joe era a capo dei Trip, non per fare il
comandante, ma per trasferire ai noi, suoi compagni di "Trip", Wegg, Billy
ed il sottoscritto, le sue magnifiche opere, .che sono ascoltate ancora
oggi da molti fans sparsi per il mondo. Quando
non eravamo in tournee andavamo in ritiro alla famosa "Villa Rosso",
a Cisano sul Neva, in provincia di Savona. Avevamo un bellissimo affiatamento
tra noi facevamo le prove durante il giorno e, alla sera tardi, quando era
giunta l'ora di andare a dormire, lui si
fermava ancora sulle sue tastiere e
componeva. Il giorno seguente ci faceva ascoltare cenni
delle sue creazioni e dava ad ognuno di noi tre il suggerimento di come voleva
la base ritmica musicale di quei brani. Era piuttosto severo e a volte addirittura (era anche un polistrumentista)
imbracciava il basso, poi la chitarra e poi anche si sedeva alla batteria per
farci sentire come voleva l'esecuzione. Lui amava vestire con abiti settecenteschi
creandosi cosi una immagine unica, quella da “lord". Un giorno di Maggio 2012 mi telefonò e mi
disse che stava organizzando un concerto
ad Alassio, in memoria di Wegg, e mi avrebbe voluto sul palco come "special
guest", in quanto batterista storico de' "The Trip". Indescrivibile
la mia felicità di poter nuovamente suonare con lui dopo 40 anni. Una settimana
prima che morisse mi venne una gran voglia (presentimento) di andare a trovarlo
in quel di Grottammare dove risiedeva: in 40 anni non ci ero mai andato e ci sentivamo solo al telefono). lo vidi nel letto in
ospedale, fu felicissimo di incontrarmi, e sono riuscito a dirgli: “Joe ti voglio bene...”, al che lui mi
rispose che non aveva alcun dubbio ed anche lui me ne voleva.
Una cosa mi fece ancora più felice fu quando la
moglie che lo seguiva con amore mi disse: “Pino
il tuo arrivo qui al suo capezzale lo sta facendo rivivere... si stava
lasciando andare”. Ebbi una grandissima soddisfazione quando mi
disse che suonare con me era sempre una grande onore e piacere, e questa è la
cosa che mi rimarrà per sempre nel cuore.
Purtroppo il 29 novembre, alle 23.30, ebbi
l'amara notizia della sua morte.
In chiesa durante la messa (la chiesa era
gremita), salii sul pulpito e dissi ai numerosi presenti: “Proviamo ad immaginare di trovarci alla stazione per accompagnare Joe
all'ultimo suo viaggio... Lui è salito su di un treno, ha preso posto, i vetri
sono oscurati, noi non lo vediamo ma lui siiiiii.... ci vede, ed è qui con noi”.
Feci ascoltare un brano cantato da lui, Little
Janie, composto nel 1969 e dedicato alla grande Janis Joplin.... a quel
punto scoppiò un grande e lungo applauso... ciao Joe!