domenica 30 settembre 2012

L'Alcione e i Genesis


E’ difficile da spiegare… mi ritrovo davanti ad un tunnel, un condotto che porta ad una zona di lavoro, una delle tante che all’interno delle nostre città testimoniano la continua evoluzione, e… lo oltrepasso, torno indietro, e mando qualche messaggio; lo fotografo, lo registro e torno sui miei passi, in uno stato d’animo dalla vasta gamma, compreso tra il triste ed il sereno.
Un appuntamento di pseudo lavoro mi ha portato in via Canevari, e appena il mio interlocutore fornisce le indicazioni per raggiungerlo mi  illumino.
Un quarto d’ora di colloquio e  mi ritrovo in strada, la attraverso e sono al cospetto di un film, quello che racconta di una vita passata in un attimo.
Era destino che in questi giorni bazzicassi questi luoghi. Dovevo rilasciare una intervista utile a creare un video/documento da utilizzare per un’occasione importante, la celebrazione di una data e di un avvenimento che per quelli come me ha enorme significato.
Il prossimo 6 ottobre, Genova ricorderà il passaggio dei Genesis in Italia, arrivati per la prima volta quarant’anni fa, nel 1972.  
Il giorno preciso dei ricordi sotto alla lanterna è il 22 agosto, data in cui Peter Gabriel e compagni arrivarono al Teatro Alcione, ed era proprio sulle rovine del teatro che avevamo programmato la mia testimonianza, ma poi un imprevisto…
Ma come dicevo era destino, e il mio burattinaio mi riporta verso il tunnel, simbolo della mia adolescenza.
Il Teatro Alcione sarà forse ricordato per molte altre cose, non sono di Genova e non ho seguito nel tempo le vicende cittadine, ma per me ha un significato molto preciso: la mia prima musica dal vivo, i Van Der Graaf, i Gentle Giant, i Soft Machine… non i Genesis, perché chissà dove mi portarono quel mese di agosto i miei genitori! Ma non li persi a Torino, due anni dopo, nell’unico concerto italiano del loro tour.
E ora mi trovo nel tunnel, e di colpo la mia testa si riempie di capelli, mi ritrovo addosso una candida tunica indiana, la mia borsa di pelle fatta a mano, rigorosamente a tracolla,  i pantaloni a zampa di elefante e una valanga di patchouli … farsi riconoscere da lontano è fondamentale. Siamo in tanti in coda, è pomeriggio - di sera non potrei certo uscire - e ci raccontiamo da veri esperti le ultime vicende catturate da CIAO 2001.
Vado avanti e indietro nel tunnel e sorrido, mi rivedo bambino, incosciente, incapace di intravedere tracce di futuro.
Ma la musica di quei giorni mi ha accompagnato sino ad oggi, un filo sottile ma impossibile da lacerare, una fune a cui mi sono sempre aggrappato per trovare momenti di sano e intenso piacere.
La fotografia del tunnel resterà per sempre con me, e non potendo vedere cosa c’è oltre, con un po’ di impegno potrò sempre pensare che alla fine di quel cunicolo si trova comodamente seduto un manipolo di ragazzetti che riescono ad infiammarsi per una musica nuova, sino a quel momento mai sentita. E tra quei giovani ci sono anche io.
Tra qualche giorno incontrerò Steve Hackett e probabilmente avrò la chance di parlare con lui, anche se difficilmente ricorderà qualcosa dell’Alcione, ma sono certo che sarà l’occasione per ritrovare tanti di quei visi incontrati sotto a un tunnel di cemento, persi rapidamente e ritrovati dopo svariati lustri.
E mentre mi guardo attorno, immaginando i percorsi di un tempo, dalla stazione di Brignole al Teatro, dopo aver pregato in tutte le lingue conosciute per ottenere il permesso di un viaggio in treno Savona-Genova, trovo difficile giustificare l’insensibilità dei passanti che tirano dritto senza accorgersi di niente, senza dare assistenza morale ad un uomo maturo in preda ad un turbinio di emozioni… ora  ne avrei davvero bisogno!