“Goccia dopo Goccia” è il primo album di Francesco Ferrazzo, cantautore giovane, ma già ricco di esperienza.
Trenta minuti di musica suddivisi su sette brani, episodi che riassumono dieci anni di vita che, seppur obbligatoriamente condensati, danno il senso di un primo bilancio, tra note e ritmi, tra gioie e dolori.
Ferrazzo fa parte di quella nutrita schiera di musicisti che danno il senso dell’evoluzione alla parola “cantautore”, figura nata in altra epoca, tra politica e testi criptici, tra impegno assoluto e una comoda bandiera protettiva sulle spalle.
E spesso il manifestare i propri sentimenti significava sconfinare immediatamente nella parola "commerciale".
Francesco (fortunatamente è in buona compagnia) racconta di sé, del sociale, del quotidiano, tutti elementi che danno mille spunti di riflessione e che spesso sono riconducibili a situazioni già vissute, ma il modo di porsi potrebbe fare scuola, perché raramente ci si trova di fronte a tale equilibrio e a un tocco così delicato, tanto che viene immediatamente da immedesimarsi, arrivando a pensare che “quel mettere in mostra certi sentimenti” era ciò che avremmo voluto fare, ma le parole giuste non arrivavano.
Si avverte l’esperienza rock, e si percepiscono gli anni di gavetta alle spalle, ma credo che la chiave di volta sia proprio la capacità di presentare la sua, la nostra vita in musica, con gli alti e bassi che la caratterizzano, alleviati però da melodie e ritmi che sanno toccare i nostri strati più profondi.
Una voce intensa, con una certa “tipicità”, dei buoni musicisti al contorno, delle liriche di assoluto spessore.
Per me, una bella scoperta.
INTERVISTA di SYNPRESS
Come è nato il tuo percorso d'autore?
Ho iniziato a scrivere canzoni verso i venti anni, dopo aver suonato come tastierista in diverse formazioni pop-rock e aver fatto anche alcune esperienze come arrangiatore. Ho sentito l’esigenza di “creare” dei brani partendo dalla musica, successivamente aggiungendo i testi e cantando. Poi un po’ per gioco ho partecipato a concorsi come il Premio Recanati (ora Musicultura) arrivando in semifinale o, come nel caso del Premio Lunezia, tra i vincitori. Queste esperienze mi hanno spinto ad andare avanti, a migliorarmi e trasmettere le mie canzoni agli altri, ed eccomi qui.
Quali sono i connotati stilistici della tua proposta?
Pur rimanendo legato al genere cantautorale italiano, il mio stile riflette molto le influenze musicali di altri generi. Nelle mie canzoni c’è melodia ma ci sono anche contaminazioni con varie culture musicali: penso alla classica, alla musica irlandese o al rock, al progressive, a certe ritmiche orientali o africane, il jazz, la musica latina. Con il tempo mi piacerebbe approfondire ulteriormente queste commistioni di stili. E’ molto stimolante.
In un tuo brano nascono prima le parole o prima la melodia?
Dipende dall’ispirazione, a volte “l’intuizione” è musicale (ho registrato ore di musiche su vecchie cassette, o file audio), altre volte invece parto da una parola, o da una frase, un concetto, un argomento, quindi il lavoro inizia da lì e la musica viene aggiunta in un secondo tempo. Spesso mi accade di annotare dei pensieri volta per volta, in tempi diversi, scoprendo che sono accomunati da un filo conduttore, e li compongo come si fa con i pezzi di un puzzle o un mosaico. Nel mio stile compositivo raramente mi capita di comporre un brano in cinque minuti, come succede ad alcuni (o tanti). Ci lavoro molto, magari lascio sedimentare una canzone per lunghi periodi prima di riprenderla e di perfezionarla, le do tempo di maturare. In generale comunque cerco sempre di dare la medesima importanza sia alla musica che al testo, e di fare in modo che entrambi siano fortemente legati.
Nella tua composizione esistono argomenti ricorrenti oppure cerchi di affrontare tematiche sempre diverse?
Normalmente parto da spunti o riflessioni personali, da mie esperienze, o osservazioni di ciò che mi circonda, per poi lavorarci cercando di arricchire tutto questo con elementi non per forza autobiografici, e di rendere i miei testi più “universali” e condivisibili. Spesso mi capita di voler approfondire aspetti dell’animo umano, dei sentimenti, ma anche di fotografare alcune tematiche sociali che particolarmente mi colpiscono, l’ho fatto per esempio in Di cosa ha bisogno la gente. In generale posso dire che i miei testi non parlano solo di me ma allo stesso tempo, direttamente o indirettamente, ne parlano molto.
Di cosa ha bisogno la gente faceva parte della compilation Make Up Not War: che tipo di esperienza è stata?
Make Up Not War nacque sotto il patrocinio del Comune di Verbania, e con la realizzazione di Cooperativa Caleidoscopio allora capitanata da Matteo Pelletti, che ne curò la produzione artistica. Era un progetto incentrato su tematiche sociali, atto a diffondere e approfondire una cultura di pace, valorizzando le realtà artistiche musicali di Verbania. In questo contesto sono nate collaborazioni molto stimolanti che hanno consentito di creare e pubblicare Di cosa ha bisogno la gente, diventato poi il mio primo “singolo”, nonchè punto di partenza per arrivare a realizzare questo cd, quindi considero Make Up, Not War, un’esperienza sicuramente molto importante e formativa.
Raccontaci come è nato il disco Goccia dopo goccia.
Goccia dopo goccia nasce dall’esigenza di cristallizzare in un cd gli ultimi dieci anni della mia musica, dai primi lavori ad oggi, sintetizzando i momenti salienti e disponendoli come in un percorso. Non a caso il cd inizia con uno dei primissimi brani composti (Guardarsi dentro) e termina con una canzone scritta pochi giorni prima dell’ultima registrazione (Tranne che a te). Ho aspettato molto tempo, e questo mi ha permesso di lavorare alla realizzazione di Goccia dopo goccia (titolo molto simbolico in questo senso) con la maturità e l’esperienza di adesso, dedicandomi quindi anche alla produzione in tutti i suoi aspetti. Grazie poi alla collaborazione con ottimi professionisti come Alberto Gallo e Marco Leo e musicisti di alto livello, che hanno preso a cuore questo progetto con grande passione, sono riuscito a realizzare il mio primo cd proprio come volevo che fosse.
Quali sono le tematiche di questo tuo ultimo progetto?
Il titolo del disco rappresenta un po’ la maturazione e la sedimentazione delle esperienze e delle canzoni scritte in questi anni. Come dicevo poc’anzi affronto spesso temi legati all’osservazione e introspezione dei sentimenti e dell’animo umano, partendo dal mondo interiore (Guardarsi dentro, A testa in giù) o osservando gli sguardi altrui e cercando di interpretarne gli stati d’animo (Goccia dopo goccia), affrontando anche temi sociali attuali come in Di Cosa ha bisogno la gente, o invocando una spensierata positività, come in Stai sereno. A concludere i brani cantati c’è Tranne che a te, una canzone d’amore. Forse la più intensa che abbia scritto, alla quale segue il finale vero e proprio del cd, Departure, un brano strumentale che cerca di fotografare un momento estremo e definitivo, dove le parole sono superflue.
Ogni canzone vede alternarsi diversi musicisti: qual è il motivo di questa scelta?
Ho cercato in primo luogo di fare in modo che questo cd, nascendo da mie idee, fosse comunque il risultato di tante collaborazioni e di contaminazioni. A mio avviso questo dovrebbe sempre succedere. La gestazione è stata di tre anni, in luoghi e momenti diversi. I brani Goccia dopo goccia, A testa in giù e Stai sereno sono realizzati in collaborazione con Marco Leo (Bluescore Entertainment – Milano), mentre Di cosa ha bisogno la gente è un singolo pubblicato in precedenza e inserito poi in questo cd. Infine la registrazione di Guardarsi dentro, Tranne che a te, Departure, il mix e il mastering sono stati realizzati da Alberto e Alessandro Gallo (Digital Lake Studio – Gravellona Toce - VB). Per ognuna di queste fasi, nello scegliere i musicisti ho sempre cercato artisti il cui stile ma soprattutto la sensibilità musicale fosse compatibile con le mie canzoni, e persone che non fossero solo semplici “turnisti” ma musicisti con cui trovarmi bene anche dal punto di vista umano, e che si dedicassero a questo progetto facendolo proprio. Approfitto per nominare i musicisti uno per uno: Fabrizio Paggi (basso), Christian Albano (batteria), Alessandro Gallo (chitarre), Sergio Rigamonti (batteria), Ferdinando Mazzuca e Fabio Bonomi (basso) e, in vesti di coriste, le cantautrici Ilaria Pastore e Maria Lapi.
Come ti esprimi meglio, in studio o dal vivo?
In tutto il processo artistico che va dalla stesura di un brano alla rappresentazione dello stesso dal vivo, il momento che più mi affascina è quello in cui una serie di appunti e di note diventano una canzone, quando le idee di colpo sembrano destinate a confluire nello stesso brano. Quindi sicuramente prediligo la parte creativa e, legata ad essa, la fase in cui la canzone “grezza” prende forma in studio, prima in una fase intima, poi in condivisione con i musicisti. È un lavoro assai minuzioso, meticoloso. Io sono molto pignolo e autocritico in questo, ma dopo tanto lavoro, giungere al brano o al cd finito dà una soddisfazione unica. Invece vivo il fatto di portare le proprie canzoni su un palco più come un aspetto del “mestiere”, che richiede altrettanta concentrazione, lavoro, e autocritica interpretativa, ma a mio avviso perde un po’ della parte creativa, anche se ha i suoi lati positivi. Il fatto di ricevere il riscontro immediato del pubblico (è una cosa che non ha prezzo) o il fatto di riproporre i brani con una energia diversa, rivederli e correggerli, di suonarli con altri musicisti, da cui nascono nuovi scambi e nuove collaborazioni, anche questo è molto motivante.
Come sta la canzone d'autore oggi?
Beh penso che risenta molto di tutto ciò che sta succedendo negli ultimi tempi. C’è un inaridimento generale che porta la “massa” ad ascoltare sempre più in maniera distratta le canzoni, e la recessione forse non è solo una questione economica ma anche culturale. In questa situazione le case discografiche e il “carrozzone” dello spettacolo (ormai è assodato) non investono più se non in progetti usa e getta (penso ai talent show). Quindi la canzone d’autore si rifugia sempre di più in una nicchia di (non so se chiamarlo più così) mercato che per fortuna esiste e resiste. Bisogna non perdersi d’animo e continuare a crederci. Io ci credo ancora, sono riuscito finalmente a compiere questo importante lavoro, e voglio fare di tutto per dargli il giusto risalto.
Biografia
FFrancesco Ferrazzo nasce nel 1976 a Verbania;
sin da piccolo si accosta al mondo della musica studiando pianoforte. A 13 anni la sua
prima esibizione dal vivo. Si diploma in telecomunicazioni e farà poi parte di
vari gruppi pop-rock. In seguito conosce la cantautrice Luisa Parrelli, con la quale
collabora negli arrangiamenti musicali e produce il brano Temporale da un motel. Colleziona esperienze come autore di canzoni e cantautore,
arrangiatore di colonne sonore per spettacoli teatrali, partecipando
a vari illustri concorsi, come il Premio
Città di Recanati arrivando
in semifinale nelle edizioni del 2001 e 2002, il Premio Lunezia 2002, classificandosi secondo con il
brano Così (la divisa da
militare), e il Premio
De Andrè del 2005 con il
brano Goccia dopo Goccia arrivando anche in questo caso in
semifinale. Realizza un primo
cd-demo che prende il nome di uno dei suoi più significativi brani, A testa in giù. Sarà poi
la volta del singolo Di
cosa ha bisogno la gente inserito
nella compilation Make Up,
Not War, di artisti vari della provincia del Verbano, e patrocinata dal
Comune di Verbania. Si è esibito successivamente in formazioni live acustiche. Dopo una gestazione di 3 anni esce
alla fine dell’estate 2011 il cd Goccia
dopo Goccia, contente
7 brani scritti negli ultimi 10 anni e prodotto da Francesco stesso in
collaborazione con Alberto
Gallo e Marco Leo, e con la partecipazione di diversi musicisti.
Attualmente è già partita con alcune date estive la presentazione live del cd.