“Live in Singakong” è l’album live in studio dei MERME, band nata nel 2006, che vede la presenza di Michele Lipparini alla chitarra, Francesco Pelliteri al basso e Mario Poli Corsi alla batteria.
Otto brani strumentali che confermano la peculiarità degli artisti “Lizard”, quella tendenza infinita verso tutto ciò che è libertà e qualità, con minori preoccupazioni di “spendibilità” del prodotto.
Traducendo si potrebbe dire … trasparente filosofia di lavoro in aperta controtendenza con tutto ciò che è considerato “normalità”. La coscienza sarà sicuramente a posto.
Non sto parlando di marziani, ma di una band che propone una musica obbligatoriamente di nicchia, essendo non facilissima, scegliendo in primis la soddisfazione personale, comportamento corretto per qualsiasi artista genuino.
L’intervista a seguire svela molto di questi musicisti rock (mi piace chiamarli così, sorvolando su ogni possibile etichetta) che suonano col sorriso sulle labbra (è l’immagine che mi sono creato), ma “picchiando duro” sui loro strumenti.
L’energia è notevole, e i cambi di ritmo, i tempi dispari e il suono assolutamente metallico sono componenti che “parlano”, suggeriscono e incitano al movimento.
Non ci sono testi, come già detto, ma esiste un messaggio per ogni brano, un’immagine che nasce dal titolo e trova continuità nella musica, in una sorta di condizionamento che delinea storie che possono essere create dall’ascoltatore, in una sorta di interazione che non è scontato realizzare in sede di ascolto.
Spruzzate di melodia sbucano di tanto in tanto dai passaggi frenetici dando la sensazione del tocco conosciuto, ma l’originalità resta l’imperativo e per ogni inizio di trama delicata esiste una conseguente esplosione, e mi pare questa una caratteristica dei MERME.
Il mio è un giudizio super positivo, in attesa di gustare una performance live.
L’INTERVISTA
Il progetto “Merme” nasce del 2006 ed è quindi
relativamente recente. Quale tipo di cultura musicale, quali esperienze, vi
hanno condotto verso la strada del trio strumentale?
Siamo un trio perché ci piace l'impasto sonoro che
creano chitarra e basso, i quali vengono tenuti in piedi dalla ritmica della
batteria. In tre è anche più facile trovarsi d’accordo in fase compositiva e
soprattutto è più facile trovare un certo interplay durante i concerti. Spesso
pensiamo al fatto di aggiungere o no un quarto elemento, forse nel prossimo
disco avremo qualche ospite, dipende dai pezzi.
Parto dalla fine, e cioè dall’album che mi ha permesso
di conoscervi, “Live in Singakong”. A quale tipo di esigenza risponde un album
live in studio?
Prima di tutto risponde all'esigenza di spendere poco,
ci è costato solo 100 euro (benzina esclusa...) e in un pomeriggio abbiamo
fatto tutto. Avevamo registrato il primo disco spendendo molto tempo e soldi in
studio, ed il risultato finale era molto distante da quello che facevamo dal
vivo. Alla fine il modo migliore per ricreare l'atmosfera dei concerti era
quello di suonare tutti assieme. Ci sono anche alcune imprecisioni
nell'esecuzioni dei brani, ma chi se ne frega, ci piaceva l'atmosfera che si
creava.
Mi hanno colpito i titoli dei brani. Leggerli prima
dell’ascolto farebbe pensare a messaggi ben definiti, ma l’album è strumentale.
Una delle cose che spesso chiedo ai musicisti riguarda il valore che essi danno
ai suoni senza liriche, non dimenticando mai che un tempo (ma è così anche
oggigiorno) ci siamo innamorati di canzoni di cui non capivamo una parola. Qual
è la vostra opinione relativa a testi, musica e messaggi in genere?
Abbiamo dato ai nostri brani dei titoli sarcastici e
allo stesso tempo provocatori... i testi non sono di vitale importanza nella
musica, noi cerchiamo di sostituire le parole con il suono, che lascia ben più
largo campo all’immaginazione e alle sensazioni. Hai ragione nel dire che
spesso ci siamo innamorati di canzoni di cui non capivamo una parola, proprio
perché il significato delle parole non è importante quanto la melodia vocale
(se però il testo è anche un gran bel testo meglio). I messaggi nella musica
sono stati e sono sì importanti, ma non indispensabili, meglio
comunque non dire niente che sparare puttanate o cadere nella banalità.
Sempre riferendomi ai titoli, la loro lettura fa
pensare ad una voglia di prendere con ironia l’argomento “musica”. E’ una
vostra filosofia di vita?
Purtroppo alle prove non riusciamo proprio ad essere
seri, è più forte di noi, iniziamo un discorso e, al massimo dopo un minuto,
inizia lo sproloquio, le battute, le offese eccetera. I titoli, ma anche la
musica, spesso non sono altro che il risultato di tutto questo. Si forse è
ironia.
Nelle note di copertina, nello spazio “band”, si legge
una lista di strumenti minimalista. Qual è il vostro rapporto con le nuove
tecnologie e il relativo utilizzo?
Non siamo proprio dei fanatici delle nuove tecnologie.
Immagino che le vostre influenze musicali siano varie,
ma esiste una band che mette tutti d’accordo? E un album del passato?
Ognuno di noi ascolta tipi di musica completamente
diversi l'uno dall'altro e non credo che esista un disco o un gruppo che piaccia
contemporaneamente a tutti e tre. Anzi, solitamente ognuno di noi odia quello
che ascolta l'altro.
Ho cercato informazioni su “MERME” in rete, ma ho
fatto un po’ di fatica. Eppure la possibilità di trovare visibilità (fatto
necessario quando si decide di condividere il proprio lavoro) è forse la vera
opportunità che dona il web. Che giudizio date di internet in relazione al
“mestiere” di musicista? Quali i lati positivi e quali quelli negativi?
Internet é ormai diventato uno strumento essenziale
per far vedere chi sei e cosa fai, il problema è che devi passare molto tempo
davanti allo schermo; purtroppo non abbiamo molto tempo per poterlo fare.
Approfittiamo per ringraziare Mario che è quello che più di tutti si
sacrifica per stare dietro al web.
Vivere di musica è sempre più difficile. Crisi di idee
o di opportunità? Cosa non funziona nel businnes che ruota attorno al mondo
discografico?
La musica, ma più in generale la cultura, per la
maggior parte delle persone non è cosa di vitale importanza. In tempi di crisi
come quello attuale in cui la gente deve tagliare le spese, logicamente parte
eliminando quello che viene visto come superfluo. Oltre a diventare più poveri
stiamo anche regredendo mentalmente e questo lo possiamo vedere anche solo
passeggiando per la strada. Poi c'è sempre il solito problema della
mercificazione dell'arte e la musica é quella che ne risente maggiormente. Il
businnes è sempre più a vantaggio dei soliti noti, per tutti gli altri è
sopravvivenza.
Il progetto “MERME” vi soddisfa appieno o avete nella
testa qualche tipo di evoluzione?
Assolutamente evoluzione, quando non ci sarà più
questo non ci saranno più i Merme.
Cosa realisticamente vorreste accadesse a MERME nei
prossimi due anni?
Di suonare molto dal vivo e qualche
spicciolo in più.
Dimenticavo… cosa significa “MERME?”
All'inizio forse era uno dei tanti modi che usavamo
come appellativo, poi abbiamo scoperto che nella lingua sarda vuol dire
“verme”. Tutto ciò ci è sembrato molto poetico e quindi lo abbiamo tenuto.
Comunque
“merme” esiste veramente…l’abbiamo visto!