“Gli Euthymia nascono a Torino nel luglio 2008 e mirano alla
realizzazione di "Opere rock" basate sulla forte
compenetrazione di letteratura, teatro e musica”.
Questa la frase iniziale
che ho trovato entrando nel sito di Euthymia, prima di intraprendere l’ascolto de ”L’ultima illusione”, loro album d’esordio
La presentazione ufficiale e le note
relative al gruppo:
Proseguendo all’interno del loro spazio mi sono
soffermato sui tre protagonisti e sui loro collaboratori, e ho scoperto che
parliamo di giovani al di sotto dei trent’anni, e il gruppo è neonato,
essendosi costituito nel 2008. Questa
dichiarazione di intenti potrebbe passare per incoscienza, presunzione o per
grande consapevolezza delle proprie qualità e possibilità. Da scoprire.
L’album uscirà a novembre per cui mi prefiggo lo scopo di dare
qualche indicazione a chi, non conoscendo il gruppo, si troverà davanti un nome
curioso e una copertina che da sola… emoziona.
Una delle domande dell’intervista a seguire
(preparata prima dell’ascolto dell’album e quindi basata sulle letture relative
alla band) era tesa a indagare se c’è spazio, nell’attuale panorama musicale, per
“inventare” qualcosa di nuovo.
“L’ultima illusione” risulterà alla fine
un lavoro di nicchia, ma mi sono trovato davanti a un prodotto che non avevo
mai ascoltato, e la prima cosa a cui ho pensato è che sarebbe un ottimo “caso”
di multidisciplina, di esempio di come elementi diversi tra loro possano
fondersi e dare un risultato globale di valenza didascalica. Ecco, i tour
andrebbero fatti anche nelle scuole (non è poi così utopistico pensare di
organizzare qualche concerto in contesti inusuali, ma appropriati) e questa
proposta di Euthymia stimolerebbe la fantasia dei più sensibili.
Ho ascoltato tutto di un fiato, e mi sono reso conto che non potevo
interrompere la storia che mi veniva raccontata. E così che lo si deve
assimilare ed è così che lo si può descrivere, senza frazionare i singoli
“atti”.
“L’ultima illusione” presenta un iter originale
nella costruzione e nella proposizione, ma il tema trattato è quello che ci
angustia dall’inizio del mondo.
Mi verrebbe invece da ricercare il motivo per cui
sia stato scelto come primo da rappresentare, da musicisti molto giovani, che
per ovvi motivi anagrafici dovrebbero avere un limitato bagaglio negativo di
esperienze.
L’amore tra una coppia, il tradimento, il dolore
conseguente e la morte finale, rappresentano la tragedia che più volte abbiamo
visto sul palco e nella vita, situazioni che mai ci abbandoneranno.
La variante in questo caso è il patto col
diavolo, elemento sempre presente nella letteratura musicale e non.
Ma una storia di vita comune (anche il patto col
diavolo lo è diventato nel pensiero quotidiano) è quasi sempre la nostra storia
e mentre ascoltavo i differenti passaggi, da ”L’illusione” a “La morte”, non ho
potuto fare ameno di ritornare a momenti dolorosi della mia vita di
adolescente.
Il nuovo” a cui accennavo si riferisce al
proporre un soggetto teatrale (di vita) fondendo la musica e la poesia e
utilizzando “un narratore” che agisce da trait d’union, e fornendo un lavoro
globale di grande qualità.
La narrazione, i testi, la musica, starebbero
singolarmente in piedi senza compagni di viaggio, ma realizzare un prodotto
omogeneo poteva essere impresa oggettivamente ardua, e rappresenta, forse, la
vera sfida.
Il risultato in studio mi sembra ottimo, ma mi
piacerebbe essere presente ad una performance dal vivo, importante prova del
fuoco.
Lascio per ultima la musica, cosa per me
inusuale, ma nel caso specifico trovo difficoltà a decidere una priorità tra le
varie arti messe su disco.
I suoni sono dichiaratamente prog (così come gli esempi da seguire)
e forniscono la base su cui scivola questo concept album. Suoni prog significa, tra le tante
cose, utilizzo di strumenti e tecnologie particolari, tempi dispari, armonie ad
ampio respiro, sperimentazione, contaminazione classica.
Ho trovato tutto questo nell’album, con
variazioni “di umore” in perfetta sintonia con le differenti fasi della
“tragedia”. Ambizioso musicare la
paura, il tradimento, la morte, e soprattutto il loro progredire.
Euthymia, a mio giudizio ha centrato l’obiettivo
e come spesso dico e scrivo in questi casi, nascere in altri periodi storici
avrebbe loro garantito uno spazio adeguato e visibilità certa, che in tempi di
Talk Show risulta di norma esser problematica.
Per completare la contemporaneità delle arti de
“L’ultima illusione”, doveroso citare la copertina, riflesso del lavoro della
torinese Fernanda Tartaglino, impegnata
nel riprodurre su tela i cambiamenti di stato dell’album.
Ciò che mi ha colpito, ciò che collego
immediatamente all’immagine di copertina, è la rappresentazione della
disperazione. E ciò che percepisco è un forte dolore che prescinde dall’età,
immaginando che il “vecchio calvo” abbia “mani giovani” e forza fisica da
vendere. Ma il malessere
interiore non ha un legame con l’età e raccontare la sua evoluzione (ma non
sempre finisce in tragedia) lo si può fare in modi antitetici, al Festival di
Sanremo o attraverso l’immane impegno profuso in album come “L’ultima illusione”…
ai lettori/musicofili la scelta.
L'INTERVISTA
Un amante della musica progressive, fortuitamente
di passaggio nel vostro sito, dovrebbe rimanere colpito nel leggere i contenuti
del vostro progetto:” se quelle sono le intenzioni occorre
approfondire!” Come arrivano giovani musicisti come voi ai mostri sacri del
prog degli anni 70?
La scoperta del progressive e dei mostri sacri di
questo genere è la diretta conseguenza di un amore a 360° per la musica, musica
vera, ovviamente, musica d’autore. Io, Umberto e Dario abbiamo sempre ascoltato
di tutto… blues, rock, funky, soul, hard rock, metal. Il progressive ci ha
sempre affascinato da ogni punto di vista: artistico, compositivo, culturale. E
non vi è dubbio che tra le grandi band dei seventies,
per degli appassionati come noi, oltre ai vari Deep Purple, Led Zeppelin e
Rolling Stones vi fossero nomi imprescindibili come Emerson, Lake &
Palmer, King Crimson e Pink Floyd!
Mi ha colpito la frase:” Opere rock basate sulla forte compenetrazione di letteratura, teatro e musica”, relativa ai vostri
intenti. Alcuni giorni fa ho scritto del lavoro dei Nichelodeon, che non
conoscevo, e la visione del loro DVD, aggiunto al CD, mi ha dato l’impressione
di un lavoro globale, di qualità, di grande soddisfazione per l’ascoltatore(
d’elite) esigente. Trovo che questo tipo di impegno sia addirittura superiore a
ciò che vedevo, in certe occasioni, negli anni 70. Da dove nasce la vostra esigenza
di aggregare arti diverse per poi fornire una miscela unica?
Nasce dalla passione per l’arte in genere, si
tratti di pittura, cinema, letteratura o musica. Nel dar vita ad un’opera rock
il nostro scopo è quello di non darci limiti, comporre senza restrizioni e
creare qualcosa che risulti, di volta in volta, sempre più innovativo e
originale.
Leggendo le vostre note biografiche emergono
culture “antiche”, classiche, legate alla tradizione. Quanto sono importanti
per voi le nuove tecnologie applicate al vostro lavoro di artisti?
Le nuove tecnologie sono importantissime. Il
binomio classico-moderno sta alla base della filosofia del nostro progetto ed è
un tratto che ci caratterizza fortemente. Da qui, l’esigenza di accostare
strumenti vintage come Hammond, Mini Moog, pianoforte, batteria, basso ad
apparecchiature avanguardistiche e sonorità elettroniche.
Perché è diventato così complicato vivere( e
sostenersi) di sola musica? Le occasioni offerte dal web sono davvero le uniche
possibili?
E’ complicato vivere di musica per il semplice
fatto che nel nostro Paese non si dà il giusto peso alla figura del musicista e
anzi è diffusa la concezione che la musica sia un hobby più che una
professione. Il web è utile strumento per far conoscere i nostri intenti, le
nostre idee, le nostre produzioni, non solo in Italia ma nel mondo.
Ci sono momenti particolari in cui sentite la
necessità di cambiare registro, magari di navigare tra blues e rock, in piena
libertà?
Come ti dicevo, il nostro modus operandi consiste proprio nel superare ogni
limite: oltrepassare la norma standard, scavalcare la consuetudine. Spesso mi
capita, in fase compositiva, di abbassare le luci del mio studio e lasciarmi
trasportare dalle emozioni, dagli stati d’animo del momento. Nel caso de L’Ultima illusione, la storia e
i testi di Umberto mi hanno guidato nell’ideazione di temi, suoni, musiche. Una
volta pronte le parti strumentali, poi, Dario è intervenuto ad arrangiare tutto
il materiale.
Quando penso ai gruppi più famosi del prog anni
70 (ne conto otto) rifletto sempre sul fatto che ognuno di loro ha inventato
qualcosa che, seppur contaminato, prima non esisteva. Esiste lo spazio per
proporre qualcosa di assolutamente diverso? Può essere anche questo l’obiettivo
di una band dal programma ambizioso come il vostro?
La musica è infinita e, al contrario di quello che
spesso si dice, è ancora tutta da scoprire. Noi miriamo costantemente alla
creazione di qualcosa di diverso.
Nel corso delle vostre performance dal vivo( che
spero di vedere quanto prima) tendete a far uscire fuori l’amalgama del gruppo
o c’è anche spazio per il singolo, per l’assolo, per il virtuosismo d’effetto,
che on stage credo possa essere sempre giustificato?
Direi che ad emergere è, quasi sempre, la band, non il singolo. I momenti di
“assolo” sono presenti e importanti, ma in generale non è nostra abitudine
quella di prevalere sugli altri. Tutto è sempre ben amalgamato e inserito nel
contesto di base. Quando poi si parla di “opere rock”, va tenuto in
considerazione che la musica è al servizio della storia, e viceversa.
Ho letto dei vostri gruppi di riferimento del
passato. Esiste qualche gruppo italiano, “giovane” come voi, che giudicate di
livello superiore alla media o che comunque gradite particolarmente?
Per ora, eccetto i torinesi Ainur, gli Ossi Duri (
band di tradizione Zappiana ) e i Vurtula, non conosciamo altri gruppi progressive della nostra età.
Quali sono le linee guida che consentono a un
gruppo di lavoro musicale di raggiungere i propri obiettivi?
Fare tanti sacrifici, raccogliere le idee giuste e
trovare i soldi per finanziare i propri progetti. Gli Euthymia, ad esempio,
sono prodotti dalle associazioni culturali “altreArti” di Torino (http://www.altrearti.org/) e “Arno Klein”
di Mondovì(http://www.arnoklein.org/).
E’ necessario il coinvolgimento personale,
l’amicizia, l’affetto, o è sufficiente essere professionisti?
È necessario essere professionali, oltre che
professionisti! Il coinvolgimento personale, così come la correttezza e
l’impegno sul lavoro, sono fondamentali.
Dove vorreste trovarvi, musicalmente parlando,
tra dieci anni?
Ovunque ci sia la possibilità di esprimersi al
meglio artisticamente, magari avendo accumulato nel frattempo un ricco bagaglio
di esperienze, dischi e spettacoli!