martedì 29 novembre 2022

Mauro Martello-Sezione Frenante-"“Prigioniero di visioni”


Il disco di cui mi appresto a scrivere si intitola “Prigioniero di visioni”, e a proporlo è Mauro Martello-Sezione Frenante.

Per arrivare subito al punto propongo un po' di storia che riguarda i protagonisti dell’album:

Mauro Martello

Sezione Frenante

 

Inizio col presentare il pensiero di Martello che sintetizza così il nuovo progetto:

Il disco comprende nove tracce di cui una strumentale. I testi si ispirano a racconti di Guy de Maupassant e di Edgar Allan Poe. Di questi autori sono state scelte le opere più legate al mistero, al fantastico e alla follia.  Il progetto non è teso a realizzare una trasposizione musicale di lavori letterari. Si tratta piuttosto di una evocazione di atmosfere e suggestioni influenzate dalla lettura delle opere di questi autori. La musica è legata alla corrente del “progressive rock”. I brani, sempre slegati dalla tradizionale forma musicale della canzone, sono caratterizzati dal largo uso di sequenze melodiche, spesso di largo respiro e da frequenti momenti contrappuntistici. Numerosi i riferimenti a particolari forme della musica classica come, ad esempio, il canone. La vocalità si caratterizza per l’ampia estensione nel registro baritonale. I brani “Ligeia” e “Prigioniero di visioni” sono cantati da Lino Vairetti, voce solista e fondatore degli Osanna. Il brano strumentale è un omaggio a Ian Anderson, storico flautista dei Jethro Tull. Si tratta di una rielaborazione di una bourrée settecentesca rivisitata secondo lo schema della famosa “Bourée” dei Jethro Tull.

Il mistero, il fantastico e la follia a cui si accenna nell’introduzione si avvertono, quasi a pelle, nel corso dell’ascolto. Ci sono sufficienti informazioni oggettive, tante da poter entrare agevolmente all’interno di un progetto molto specifico, che unisce atmosfere tipiche di un certo prog ad una classicità frutto del DNA dei musicisti.

L’amore per i Jethro Tull è palese ma non vincolante, e anche il tributo fornito attraverso uno dei brani più celebri della Ian Andrson’s band - Bourée - viene completamente rivisitato, al contrario di quanto accade con chi normalmente propone quel pezzo, cercando la sovrapposizione assoluta.

Rileggere certe storie del passato cercando la contaminazione delle opere letterarie dell’800 obbliga musicisti e ascoltatori ad imboccare un sentiero fatto di elementi acustici, di situazioni auliche, di sacralità sparsa, e le trame rock si sposano con la tradizione e la cultura popolare.

Prigioniero di visioniappare la sintesi perfetta del significato di rock progressivo aggrappato alla tradizione tipicamente italiana, un mantenimento dei canoni irrinunciabili del genere a cui si aggiunge la contaminazione folk e melodica, potendo contare su skills strumentistiche di grande rilievo e sulla padronanza assoluta della “materia”.

Lino Vairetti interviene in un paio di episodi - “Ligeia” e sulla title track - e, ovviamente, impreziosisce il disco con il suo timbro vocale e con la sua capacità di “leggere” le linee guida - non solo in ambito prog -, ma l’album, questo album, non può essere suddiviso in scomparti sonori ed episodi, giacché il profumo che rimane alla fine dell’ascolto ha qualcosa di totalizzante, che prescinde il gradimento della singola traccia.

È questo un disco che si avvicina particolarmente ai miei personali gusti progressive, con frequenti cambi di tempo e mood, con la miscela folk- rock che prediligo, con la ricerca colta non fine a sé stessa ma proiettata verso un messaggio per il quotidiano, e non viene meno, quindi, l’elemento didascalico e didattico.

Ma non occorre essere un discepolo del prog per poter assaporare “Prigioniero di visioni”, la trasversalità mi pare una caratteristica importante del progetto, a patto che regni la curiosità e l’apertura mentale del fruitore.

Spero a questo punto di aver incuriosito a sufficienza il lettore, e per i propositi dell’autore e per l’ascolto dell’album (track by track) rimando al seguente link, consigliando vivamente la musica di Mauro Martello e Sezione Frenante:


Mauro Martello/Sezione Frenante: l'ascolto e le storie dell'album "Prigioniero di visioni"

 


Crediti

MAURO MARTELLO: lyrics author and music composer

LINO VAIRETTI: voice in “Ligeia” and “Prigioniero di visioni”

 

SEZIONE FRENANTE:

Mauro Martello: flute, sax, duduk

Luciano Degli Alimari: voice

Antonio Zullo: guitars

Mirco De Marchi: Keyboards

Sandro Bellemo: bass

Alessandro Casagrande: drums and percussion 

Pierluigi “Gigi” Campalto: recording and editing

Federico Pelle: mixing and mastering

Marzia Rocchi: cover and inside artwork

Antonio Zullo: graphic project

Recorded and edited at “Il Passo Studio” Campalto VE

Mixed and mastered at “Basament Studio” Vicenza VI

Produced by Ma.Ra.Cash Records

Distributed by Self Distribuzione Srl




Mauro Martello/Sezione Frenante: l'ascolto e le storie dell'album "Prigioniero di visioni"

 


Le storie fornite dagli autori e l'ascolto... cliccare sui titoli...


1.      ILCUORE RIVELATORE (da Edgar Allan Poe)

Due uomini, uno giovane e l’altro anziano, condividevano un appartamento. L’uomo giovane era affezionato al suo anziano amico ma era ossessionato da uno dei suoi occhi, di un pallido azzurro, per lui simile a quello di un avvoltoio… Sarà il battiti del cuore della vittima che il giovane assassino crede di udire a far confessare il delitto in un travolgente crescendo di emozioni.

Dopo una energica introduzione, il flauto dà il via ad un canone a tre voci (flauto, chitarra1, chitarra2) seguito da un ponte che lancia la parte cantata. Dopo uno stop improvviso  viene proposto un nuovo canone a due voci (pianoforte e flauto) sostenuto armonicamente dal basso. La chitarra elettrica introduce il basso fino alla riproposizione del tema del canone iniziale, riproposto ad una sola voce. Un nuovo canone atre voci (flauto1, chitarra, flauto2) porta alla coda costituita dal tema del primo canone suonato all’unisono flauto-chitarra.

 

2.      LA MASCHERA DELLA MORTE ROSSA (da Edgar Allan Poe)

Una terribile pestilenza, la Morte Rossa, sta devastando una contrada e il principe Prospero, uomo di animo felice e temerario, si rende conto che le sue terre sono spopolate (molti sono morti a causa della pestilenza, oppure sono semplicemente fuggiti per evitare il contagio). L'uomo allora decide di ritirarsi insieme ad un migliaio di amici e cortigiani nel suo palazzo, così da evitare di contrarre il morbo. All'interno dell'edificio gli occupanti trascorrono gioiosamente le giornate, con danze e giullari. La Morte Rossa troverà comunque il modo di irrompere nel palazzo e di compiere la sua missione di morte.

 L’introduzione strumentale, caratterizzata da un respiro hard rock, conduce presto ad una serie di momenti tematici in ritmi composti. Il ritorno dal 4/4 lancia la prima parte cantata ad un ritmo sostenuto. Segue un momento molto lirico del flauto sorretto dalla tastiera con archi campionati. La seconda parte cantata, viene interrotta da un breve tema, caratterizzato da evocazioni  ”celtiche” seguito dalla riproposizione del tema  in ritmo composto già presentato  nella prima parte.


3.      LIGEIA (da Edgar Allan Poe)

Il narratore inizia il suo racconto sforzandosi di ricordare come e quando conobbe la sua amatissima e defunta moglie Ligeia, senza però riuscirci. Forse perché sono passati anni, forse perché il dolore gli ha fiaccato la memoria, o forse ancora perché l'immensa grazia, la bellezza, l'intelligenza e la straordinaria erudizione della donna gli sono penetrate nel cuore così nel profondo da dimorarvi in modo così tanto ignoto e inaccessibile. Alla fine del racconto, come in una visione, come in un incubo sconvolgente, Ligeia apparirà ancora agli occhi del narratore

 Il recitato iniziale (affidato a Lino Vairetti che canta l’intero brano) si sviluppa nel tema affidato alla chitarra elettrica in contrappunto con il basso e con interventi del glockenspiel a colorare la melodia. La prima parte cantata vede il contrappunto della chitarra acustica che ripete il tema precedentemente e esposto dalla chitarra elettrica. Il brano procede poi con una citazione dal Trio op 100 di Franz Schubert, su cui è inserito il canto. Un cambio improvviso di ritmo sostiene un intervento del flauto che lancia una lirica melodia eseguita dalla chitarra elettrica. Il breve finale è affidato alla voce.


4.      L’ALBERGO (da Guy de Maupassant)

Durante il periodo delle grosse nevicate, solamente due persone rimarranno a controllare l’albergo che rimarrà isolato sulla montagna per molti mesi. Tutto sembra procedere tranquillo tra il freddo e la monotonia della montagna. Ma ben presto la permanenza assume dei risvolti molto particolari. Uno dei due uomini oscirà per una battuta di caccia e non farà più ritorno. L’altro custode, rimasto solo con il cane vivrà un’esperienza sconvolgente che lo condurrà alla pazzia.

L’introduzione è affidata ad un bordone prodotto dalla tastiera, sul quale il flauto esegue alcuni passaggi che sfociano su un tema strumentale in 7/4 sottolineato da forti accenti del basso e della batteria. Dopo un passaggio in 6/4, un breve momento “free” lancia il riff che sostiene il canto. La ripresa del passaggio in 6/4, questa volta cantato precede la lunga coda strumentale su cui la chitarra elettrica esegue alcuni momenti tematici che sottolineano il ritmo.


5.      IAN’S CRAB BOURRÉE (strumentale)

È una rielaborazione di una bourrée del compositore tedesco Johann Ludwig KREBS (1713-1780), allievo di J.S.Bach. La bourrée è una antica danza francese ampiamente diffusa in Europa nel periodo barocco. Questo brano ricalca “Bouree” di Ian Anderson in una sorta di omaggio alla celebre composizione dei Jethro Tull.  Analogamente alla rielaborazione di Anderson, IAN’S CRAB BOURRÉE modifica la ritmica del tema, sviluppando una variazione con degli “stacchi” rockeggianti”, un assolo del basso ed una ripresa del tema a due flauti.


6.      PAZZO (da Guy de Maupassant)

Un giudice stimato e temuto per la sua ferrea irreprensibilità, viene attratto dalla folle idea di commettere omicidi e di incolpare e far condannare innocenti al suo posto.

È il brano più lineare del disco, caratterizzato da una costante pulsazione ritmica e dall’alternarsi della melodia cantata con interventi strumentali.


7.      CHISSA’? (da Guy de Maupassant)

L’incredibile avventura del protagonista, "un solitario, un sognatore", che viveva nella sua casa, circondato da cose, ninnoli, mobili, ai quali era affezionato tanto da sentirli importanti come persone e che una sera mettono in atto una inspiegabile rivolta e "decidono" di andarsene dalla casa in cui erano ospiti. Vi torneranno poi, altrettanto misteriosamente.

La melodia introduttiva viene affidata al basso e poi ripresa dalla chitarra fino ad una sezione rockeggiante che si interrompe per lasciare spazio alla parte cantata.  La lunga coda è costituita da un riff che sostiene l’intervento melodico del sax soprano.


8.      L’HORLA (da Guy de Maupassant)

È la storia di una possessione. Non una possessione diabolica, ma il protagonista racconta di una misteriosa presenza di un essere invisibile  che gli vive accanto, beve l’acqua e il latte dal comodino durante la notte, sfoglia i libri e muove i fiori… Alla fine del racconto il posseduto darà fuoco alla sua casa con per uccidere l’Horla. Ma questa entità sarà davvero perita nell’incendio?

Dopo la melodia sul registro acuto del flauto accompagnato dall’organo, la chitarra ne riprende la linea tematica, sostenuta dal basso e dalla ritmica. Il sax soprano propone vari spunti melodici che si interrompono con un pesante melodia sostenuta da stacchi accordali molto accentati. La parte vocale che segue lascia presto spazio al pathos del duduk sostenuto dal bordone dell’organo. un tema “orientale” basato sulla scala minore armonica conduce al riff della coda e al finale cantato.


9.      PRIGIONIERO DI VISIONI (encore Ligeia?)

È una immaginaria trasposizione in tempi moderni di Ligeia. Questa donna appare ovunque, ma è solo un’illusione, un’utopia, un miraggio, un sogno…

È il brano più melodico del disco ed è cantato da Lino Vairetti. Il tema, quasi lirico, si ripete due volte prima di lasciare spazio alla parte strumentale che, dopo il cambio di tonalità, vede la chitarra protagonista che, alla fine, viene affiancata dal sax.


Biografia di Mauro Martello

 


Biografia di Mauro Martello


Nato a Mestre, ha iniziato la sua attività musicale giovanissimo collaborando con vari musicisti e compagnie teatrali, per le quali ha eseguito musiche di scena affrontando in questo contesto in particolare il repertorio etnico internazionale. Si è poi interessato al genere “progressive rock”. contemporaneamente frequentava il Conservatorio “Benedetto Marcello” di Venezia dapprima sotto la guida del M° Pasquale Rispoli e, in seguito, del M°Guido Novello che lo ha seguito fino al diploma in flauto traverso conseguito nel 1981. Nello stesso Conservatorio ha poi seguito il corso di perfezionamento.

A partire da 1986 si è dedicato allo studio della musica barocca e rinascimentale eseguita su strumenti d’epoca, con particolare attenzione alle composizioni nate nella prima metà dal 1700. Ha seguito corsi con alcuni tra i più grandi specialisti del flauto barocco (S. Balestracci, W. Van Hauwe, M. Zimmermann). Il repertorio solistico di Mauro Martello comprende sonate e concerti di Platti, Telemann, Hasse, Vivaldi, Marcello, Bach, Haendel, Bon, Locatelli, Mozart oltre a composizioni della scuola francese del 1700.

Ha poi approfondito lo studio di diversi strumenti a fiato di diverse culture ed in particolar modo del duduk armeno seguendo per diversi anni gli stages tenuti dal grande virtuoso Gevorg Dabaghyan.

Suona di diversi ensemble di musica antica: Collegium Musicum Venezia, Trio Vaghi accenti, Trio Veneziano.

Con il gruppo “Sidera Noctis” ha pubblicato il cd "From Lost Space" che ha ottenuto lusinghiere recensioni su riviste specializzate.

È componente del gruppo storico di “progressive rock” Opus Avantra di Donella Del Monaco e Alfredo Tisocco.

Fa parte del "Lincoln Quartet", una formazione che propone in live il repertorio dei Jethro Tull di Ian Anderson, il grande virtuoso del flauto rock. Il gruppo si esibisce spesso con Clive Bunker, batterista storico dei Jethro Tull.

Dal 1995 è animatore e arrangiatore del gruppo musicale giovanile I FLAUTI DI SAN MARCO.

Nel 2003 ha curato, per una produzione del Teatro La Fenice di Venezia, il coro di voci bianche per l’allestimento de “L’Opera delle Filastrocche” composta da Virginio Savona che è andata in scena in diverse repliche al PalaFenice di Venezia.

Nel’autunno 2005 ha partecipato alla tournèe “Lontano dal mondo” che ha avuto repliche in alcuni dei più importanti teatri del nord Italia ("La Pergola" di Firenze, "Carignano" di Torino, "Carcano" di Milano, "Sociale" di Mantova, "Duse" di Genova, "Embassy" di Treviso, "Nuovo" di Verona, Comunale di Belluno, "Donizetti" di Bergamo, "Arena del sole" di Bologna, Teatro di Varese, Teatro "Grande" di Brescia).  Lo spettacolo, scritto da Marco Goldin e organizzato da "Linea d'ombra", è stato organizzato per promuovere la grande mostra su Gauguin e Van Gogh allestita a Brescia tra ottobre 2005 e marzo 2006 e che è stata visitata da oltre 541.000 persone.

Ha tenuto concerti e registrazioni discografiche anche con importanti esponenti del "pop" italiano (Tosca, Antonella Ruggiero), del "progressive" storico (Osanna, Jenny Sorrenti, Aldo Tagliapietra, Alberto Radius) e della canzone d'autore (Massimo Bubola). Per Aldo Tagliapietra ha registrato con il flauto e il duduk il brano “Radici” dall’album Invisibili Realtà.

Nell'autunno 2006 ha partecipato alla prima esecuzione assoluta di "Em/Pyre" di Elliott Sharp nell'ambito della Biennale di Venezia.

Nel 2008 ha realizzato la riduzione teatrale del romanzo di Antonia Arslan "La masseria delle allodole" con l'attore Sandro Buzzatti. Per questo spettacolo ha curato anche le musiche di scena, composte da Avedis Nazarian, che ha eseguito al duduk e allo shvi con i musicisti Anna Campagnaro (violoncello) e Gabriele Bruzzolo (percussioni).

Nell'autunno del 2011 ha partecipato, nel ruolo di flautista e compositore, al tour "Van Gogh e il viaggio di Gauguin" con il critico e storico dell'Arte Marco Goldin, il fisarmonicista Renzo Ruggieri e il violoncellista Piero Salvatori. Nel corso del tour è stato accompagnato anche dalle orchestre "Filarmonia Veneta" e "Alighieri" di Marina di Ravenna. Lo spettacolo è andato in scena a Milano (Teatro Carcano), Verona (Teatro Nuovo), Genova (Teatro Stabile), Venezia (Teatro Santa Margherita), Rimini (Nuovo Palazzo dei Congressi), San Marino (Teatro Titano), Bologna (Arena del Sole), Torino (Teatro Nuovo), Genova (Palazzo Ducale) Milano (Palazzo Clerici)

Sempre in veste di solista e compositore ha partecipato ad altri tour teatrali per Linea d'ombra, nei più importanti teatri del nord Italia, nel 2013, 2014 e 2016.

È uscito, nell'ottobre 2015 il disco "Sul punto di essere altrove", con 16 suoi brani originali.

Nell'autunno 2016 ha portato in scena, nei ruoli di attore e strumentista e compositore, lo spettacolo teatrale "Lectio Brevis" (Quadri satirici sulla scuola italiana) su testo di Enrico Busani (tratto dal libro "Santi, docenti e vaffa) e regia di Chiara Borgonovi.

Ha partecipato, come ospite flautista, alla registrazione del cd Live degli Osanna "Pape Satàn Aleppe" pubblicato e distribuito dal 18 novembre 2016. Con la stessa formazione ha partecipato alla registrazione dell’album “Il diedro del Mediterraneo”.

Dal 2022 entra a far parte della band “Sezione Frenante”. Con questa realizza il cd “Prigioniero di Visioni” di cui compone musiche, testi e arrangiamenti. Il lavoro esce nell’ottobre 2022 e vede la partecipazione di Lino Vairetti (Osanna).

Nella sua carriera ha tenuto migliaia di concerti come solista e in formazioni da camera in Italia e all’estero (USA, Germania, Svizzera, Austria, Slovenia, Belgio, Francia, Romania, Giappone).

Si è esibito come flautista in alcune trasmissioni televisive delle tre reti RAI.

Ha al suo attivo decine pubblicazioni discografiche alle quali ha partecipato in veste di solista e in formazioni cameristiche.

Mauro Martello risiede a Mestre.






SEZIONE FRENANTE-progressive rock band

 


SEZIONE FRENANTE-progressive rock band

Qualche informazione...

BELLEMO SANDRO – basso

Inizia l’attività di musicista nel 1969 con gruppi dilettantistici come i “Coralli” e gli “Esclusiva”, nel 1971, assieme a Sandro Zane (tastierista del “Mucchio”), è fondatore degli “Agrestis Limax”; nel 1972 sempre con Sandro Zane nasce il “Placido Anselmo”. Per migliorare la sua tecnica frequenta la scuola jazz Dizzy Gillespie con Stefano Olivato come maestro. Nel novembre 1991 entra nel gruppo rock “Leader Ship”. Dal 1995 suona per alcuni anni con “Tony Pagliuca Class” (ex tastierista de “Le Orme”); nel 1998 partecipa a numerose manifestazioni con la band “Skoblar Experience”. All’Arsenale di Venezia suona con “Le Orme”, “Delirium”, “Batistococo” e “Camerini”. Nel 1998 realizza con i “Box 23” un demo soul. Dopo un periodo blues con i “Nero Wolf” approda alla Sezione Frenante.

 


CASAGRANDE ALESSANDRO – batteria, percussioni

Inizia a suonare la chitarra a 12 anni, a 14 forma la prima band le “Nuove Dimensioni” in veste di bassista e cantante. All’età di 15 anni decide di dedicarsi alla batteria. Dopo un intenso periodo di attività con la Sezione Frenante, nel 1978 viene chiamato dall’orchestra di Luciano Minghetti. Insieme a Luciano Degli Alimari e Leo Bosso fonda i “Leader Ship” (tributo ai Deep Purple), nel contempo continua la sua intensa attività di aggiornamento e studio con il maestro Antonio Marota. Nel 2002 collabora con Aldo Tagliapietra, noto rappresentante del progressive italiano. Negli ultimi anni, fra le numerose altre collaborazioni, suona con gli “Skeen Deep”, gli “Uragani” e i “Vintage 30” di Ricky Portera, storico chitarrista di Lucio Dalla. Oggi si presenta come batterista della Sezione Frenante.


DEGLI ALIMARI LUCIANO – voce

Inizia la sua carriera di cantante con la Sezione Frenante a metà anni ‘70, sciolto il gruppo prosegue la sua attività con i “Leader Ship” (tributo ai Deep Purple), nel frattempo non trascura la preparazione musicale dedicandosi allo studio del canto lirico con importanti maestri. Le nuove capacità gli permettono di esibirsi come baritono in opere e concerti lirici. Durante questo periodo continua il sodalizio con i “Leader Ship”; nel 2008 entra a far parte di “Asiaband” (tributo ai Nomadi). In tempi recenti prende parte al mondo del musical con la compagnia “Teatro In Musica”; con “Veniceforarts” partecipa al musical “Il Veneziano Casanova Night Musical”. Con i “Castellani” ed i “Soolune” si esibisce anche nelle orchestre spettacolo. Nel 2013 torna con la Sezione Frenante.

 


DE MARCHI MIRCO – tastiere, cori

Si avvicina alla musica frequentando Doriano Mestriner e Alessandro Casagrande, amici d’infanzia. Dopo l’iniziale approccio con la chitarra, non sentendosi soddisfatto, si impegna nello studio delle tastiere, prima come autodidatta, in seguito frequentando una scuola. A metà degli anni ‘70 è tra i fondatori del gruppo “Le Nuove Dimensioni”, che poco dopo assume una nuova identità, quella di Sezione Frenante. Il gruppo dopo qualche anno di intensa attività si scioglie e i componenti intraprendono strade artistiche diverse. Nel 2002, dopo un lungo periodo di inattività musicale, riprende a suonare con gli “Amigos Band” (tributo a Carlos Santana) partecipando a numerosi concerti ed esibizioni. Nel 2006 ritorna con la Sezione Frenante.

 


MARTELLO MAURO – flauto, sax, duduk armeno

Dopo aver militato da giovanissimo nelle “prog” bands negli anni ’70, ha conseguito il diploma in flauto presso il Conservatorio di Venezia. Si è poi dedicato alla musica classica specializzandosi nell’esecuzione della musica barocca su strumenti d’epoca. Con questo repertorio ha tenuto centinaia di concerti realizzando anche numerose registrazioni discografiche. A partire dal nuovo millennio è tornato a dedicarsi al suo primo amore musicale: il “progressive rock”, entrando a far parte del gruppo storico Opus Avantra e partecipando a pubblicazioni discografiche con altri protagonisti del “prog” (A. Tagliapietra, Osanna, ecc.). Ha tenuto concerti in Europa, USA e Giappone. Come compositore ha scritto per lavori teatrali e cinematografici e ha prodotto due album di musica originale.

 


ZULLO ANTONIO – chitarre, flauto dolce, cori

Ricorda il piacere che suscitava in lui il suono della vecchia Eko acustica del padre. Questo è stato certamente l’impulso che lo ha spinto ad intraprendere lezioni di chitarra classica all’età di 8 anni. Con il tempo l’interesse per lo strumento aumenta, scopre il rock, in particolare l’hard rock e il progressive rock degli anni ‘70. Si appassiona a tal punto alla cultura di quegli anni da diventare una vera e propria filosofia di vita. La prima esperienza prende vita nel 2000 con i “Green Welwyn”, maturata negli anni attraverso numerosi concerti e manifestazioni. Dal 2005 al 2010 la collaborazione, soprattutto in studio di registrazione, con il cantautore Francesco Scarpa. Nel 2011 il ritorno alle origini con i “4Symbols” (tributo ai Led Zeppelin). Dal 2013 è chitarrista della Sezione Frenante.







sabato 26 novembre 2022

The Warriors, tanti nomi di rilievo per il futuro prog


The Warriors, band conosciuta anche come The Electric Warriors, è stato un gruppo rock 'n' roll britannico ispirato ai Beatles dei primi anni 1960.

Registrarono alcuni singoli con la Decca Records, ma sono ricordati principalmente perché molti dei suoi membri (in particolare Jon Anderson) in seguito diventarono musicisti di successo nella scena rock progressivo britannica del 1970.

La formazione comprendeva Jon Anderson (in seguito cantante degli Yes) alla voce, il fratello di Jon Tony Anderson (in seguito membro dei Los Bravos) alla voce, Brian Chatton alle tastiere (che in seguito si sarebbe unito a Phil Collins e Ronnie Caryl per formare i Flaming Youth e successivamente si unì all'ex-The Nice Lee Jackson a Jackson Heights), Ian Wallace (in seguito batterista dei King Crimson e Bob Dylan) alla batteria  e David Foster (più tardi nei Badger con l'ex tastierista degli Yes Tony Kaye) al basso, così come i due chitarristi, Rod Hill e Mike Brereton.

I Warriors suonarono in diversi locali in Inghilterra, tra cui il Cavern Club di Liverpool, facendo principalmente cover del repertorio dei primi Beatles come "I'm Down" e "She's a Woman". Nel 1964 registrarono due singoli per la Decca: "You Came Along" e "Don't Make Me Blue", entrambi prodotti da Ivor Raymonde. Apparvero anche in un film del 1964 intitolato Just for You, e hanno contribuito alla colonna sonora del film con la canzone "Don't Make Me Blue".

Una performance live dei Warriors del 1965 è stata pubblicata su CD con il titolo Bolton Club 65 (disponibile sul sito web di David Foster). Un'altra versione dello stesso CD è distribuita anche con il titolo Warriors 65.

Anderson e Foster continuarono a scrivere insieme in altre occasioni, contribuendo con due tracce al secondo album degli Yes, Time and a Word: "Sweet Dreams" e "Time and a Word".







venerdì 25 novembre 2022

Tages, una Rock'n'Roll+Psychedelic+FolkRock band svedese dei primi anni Sessanta

 


I Tages furono una Folk Rock band formatasi nei primi anni Sessanta vicino a Göteborg, in Svezia.

Nati nell'estate del 1963 come Tages Skiffle-Group, l’ensemble comprendeva cinque giovani adolescenti nella fascia di età compresa tra i 16 e i 17 anni.

Il 17 agosto 1964 vinsero un concorso pop ("West Coast Beatles", organizzato da GT, il primo premio fu un viaggio a Londra): all'inizio di quell'anno il gruppo aveva cambiato il nome in Tages e in ottobre pubblicarono il singolo Sleep Little Girl, che divenne un successo e finì nella Top Ten.

Seguirono diversi singoli di successo, tra cui, I Should Be Glad, Don't Turn Your Back, The One For You, So Many Girls, I'll Be Doggone, In My Dreams e Miss Mac Baren.



Every Raindrop Means A Lot fu il primo singolo di ispirazione psichedelica del gruppo e fu rilasciato all'inizio del 1967.



Nel novembre dello stesso anno i Tages pubblicarono l'LP Tages - Studio. L'album negli ultimi anni è salito in cima alle varie set list dedicate all’epoca.

Nella primavera del 1968 i Tages entrarono nella Top Ten per l'ultima volta, con There's a Blind Man Playing Fiddle in the Street.

Il 31 agosto 1968 Tommy Blom decise di lasciare il gruppo. Gli altri membri della band volevano continuare e nel giugno 1969 cambiarono il nome in Blond, che condusse all'album Blond - The Lilac Years.

Da lì in poi se ne sono perse le tracce.








mercoledì 23 novembre 2022

Un po' di storia dei The Creation, psichedelic-rock band degli anni '60

The Creation è stato un gruppo rock inglese formatosi nel 1966. Le loro canzoni più conosciute sono "Making Time", che è stata una delle prime canzoni rock a presentare una chitarra suonata con un arco, e "Painter Man", entrata nella Top 40 nella UK Singles Chart alla fine del 1966 raggiungendo il numero 8 nella classifica tedesca nell'aprile 1967. Fu successivamente reinterpretata dai Boney M nel 1979 e raggiunse la posizione numero 10 nella classifica britannica. "Making Time" è stato utilizzato nel film Rushmore.



Il gruppo era inizialmente composto da Kenny Pickett (voce), Eddie Phillips (chitarra solista), Mick Thompson (chitarra ritmica), Bob Garner (basso) e Jack Jones (batteria). I primi quattro erano stati componenti del gruppo Mark Four, accompagnati da John Dalton che lasciò il progetto per entrare a far parte dei The Kinks. Bob Garner aveva fatto parte in precedenza della Tony Sheridan Band.



Il loro stile, come molte altre band dell'epoca di chiara ispirazione mod, era inizialmente simile a quello dei The Kinks e dei The Who, ma in seguito svilupparono un suono prog/psichedelico tipico della metà degli anni ‘60. Una caratteristica del chitarrista Eddie Phillips era l'uso di una specie di arco di violino che utilizzava spesso negli assoli e in generale per produrre un suono molto distorto, caratteristico della band.



Alla fine del 1966, Bob Garner lascio la band e fu sostituito da Kim Gardner. Nel marzo 1968 anche Pickett se ne andò e fu sostituito da Ron Wood. Entrambi i nuovi membri avevano fatto parte dei The Birds. Pickett ritornò poco tempo dopo, creando qualche scompiglio all'interno della band. A breve I The Creation si sciolsero. Pickett continuò come compositore per il loro produttore statunitense Shel Talmy, oltre a lavorare come road manager in America per i Led Zeppelin, Ron Wood si unì ai The Faces, Gardner co-formò Ashton, Gardner & Dyke e diventò più tardi membro dei Badger, Jones divenne un cantante cabarettistico. Pickett e Phillips scrissero in più tardi la hit "Teacher Teacher" per i Rockpile.

I Creation si riformarono a metà anni Ottanta con Phillips, Pickett, Dalton, e Mick Avory (batteria, ex The Kinks). Pickett morì a causa di un attacco cardiaco il 10 gennaio 1997. Il gruppo riunito continuò a viaggiare in tour, con vari cambi di formazione. 

Suonarono per la prima volta negli Stati Uniti nell'ultima edizione di Cavestomp nel novembre del 2001.



Discografia

1967 - We are Paintermen

1975 - Creation

1982 - The Mark Four/ The Creation

1994 - Painter Man

2004 - Psychedelic Rose: The Great Lost Creation Album





martedì 22 novembre 2022

L'assassinio di JFK e divagazioni personali: era il 22 novembre 1963





Il mio omaggio odierno è dedicato alla figura di JFK, la cui morte è rimasta impressa, in bianco e nero, nella mia memoria: era il 22 novembre del 1963.
Con questo cerco lo spunto per agganciarmi a "Happy Days", al fumo in uscita dai tombini di N.Y., ai Yellow Cab, ai film girati a Little Italy, ai Gospel di Harleem, e cioè alle immagini della mia giovinezza, verificate poi sul campo col passare degli anni.


"Sono le 21 di un giorno di metà ottobre '97 quando atterro a Dallas, e passa almeno un'ora prima di arrivare all’Holliday Inn, nel pieno centro città. Fa molto caldo, sembra estate piena. La prima cosa di cui mi interesso con l’impiegato di turno è l’esatto punto in cui è stato ucciso JFK. È lontano?”
No, vicinissimo, segui la strada, giri a destra e troverai il “Six Floor Museum. Impossibile sbagliare.”
Ma cos’era questo museo? Del sesto piano?


Quel novembre del 1963, Kennedy e consorte iniziarono il corteo che sarebbe sfociato in Elm Street, la strada dritta che partiva dall’Holliday Inn, per poi svoltare e ritrovarsi nella Delaney Plaza. Nei pressi della “Collina Erbosa”, sotto al vecchio deposito di libri scolastici, Kennedy fu ucciso da chissà chi e chissà come.
Il vecchio “deposito di libri scolastici” è quello da cui, si presume, Lee Harwey Osvald abbia sparato a JFK, appunto da una stanzetta del sesto piano. Così ha decretato la Commissione Warren, incaricata dell’inchiesta ufficiale. Questo sesto piano è ora un fantastico museo, dove, in tutte le lingue, si può seguire la storia di quegli anni e di quella gente. La stanza è protetta da cristalli spessissimi, ma all’interno tutto è stato riprodotto come scoperto quel lontano 22-11-1963.

Era novembre.

Le scatole di cartone, destinate al contenimento dei libri, ma utilizzate come riparo e nascondiglio da Osvald, sembrano piazzate alla rinfusa, ma rispecchiano la disposizione originale.
Giro tra le riproduzioni tridimensionali, i quadri, i film, come imbambolato.
È troppo vivo in me il ricordo in bianco e nero di quel giorno.
Il significato di quel momento era incomprensibile per un bambino di 7 anni, eppure 
quella macchina, quegli spari, quel sangue, mi è rimasto dentro, come la morte di Papa Giovanni, come la prima volta sulla luna, alcuni anni dopo.
Dopo aver visto la sua tomba a Washington, la sua dimora e quella della moglie, ora stavo rivivendo la sua morte.
Una volta uscito non riesco a staccarmi da quel palazzo.
Mi seggo sulla panchina di fronte, mi godo il sole, e fisso quella finestra assassina... forse.
Mi guardo attorno e rivedo il corteo, la gente eccitata, in pianto dopo gli spari.
Rivedo Zapruder, fotografo dilettante, con la sua rudimentale cinepresa, ormai mitica e al sicuro all’interno del museo. Per tutto il giorno, e quello a seguire, ogni strada intrapresa in citta’, vicoli interni o vie di largo traffico, mi portano in quel punto , per me magico.
Nella Delaney Plaza c’è la calamita, e io, metallo ferroso, non posso e non voglio opporre resistenza. Quello è il mio posto per il fine settimana.
Alla sera una concessione… solo la musica può vincere il magnetismo di quel posto.
Mi accordo con l’autista dell’hotel e mi faccio portare ad un altro Hard Rock Cafè, dopo quello di New York. “Ma esisterà qualcuno che nello spazio di due giorni è riuscito a vedere questo locale in due citta’ cosi’ lontane?”.
Sì, io.

La sera finisce per strada, in una piazza interna dove ovviamente si suona.
Il giorno dopo scatta il doppio magnetismo. Sono ancora davanti al museo e sono colpito da … spari. Una Lincoln blu mi passa davanti, e dopo alcuni colpi corre via ad alta velocità.
Ecco cosa mi manca! Sarà la solita americanata, ma non posso perdermela. 
La macchina è lunga due km e la spesa del viaggio è condivisa con altri turisti, una famiglia di tre persone. Il bambino seduto davanti, con l’autista. Io a metà e il resto dietro.
Che emozioneeeeeeeeeeee!


Il giro è lentissimo e godo della vista della città. Stiamo percorrendo fedelmente la strada di Kennedy, quel giorno. Mi sento agitato, in attesa degli spari che presto arriveranno.
Anche ora sono agitato!
Finita Elm Street svoltiamo... ci siamo quasi…
Il deposito è alla mia destra, e la collinetta è   ben visibile… alcuni spari registrati… ancora brividi.
L’auto accelera lungo la Stemmons Freeway, in direzione del Memorial Hospital.
La registrazione audio ripropone fedelmente le sirene e i clacson del tempo, mentre la Lyncoln corre impazzita verso l’ospedale.
La cosa è talmente “vera” che la spettacolarizzazione dell’evento passa in second’ordine.
Lo speed up finisce e, mestamente, ritorniamo verso il punto di partenza.
Registro tutto il possibile e mi sento davvero coinvolto.
La radio trasmette le parole di quel 22 novembre, con la cadenza ed il tono appropriato.
Il lutto si trasmette ai passeggeri dell’auto.
La musica di sottofondo sottolinea la tragedia, in un crescendo che amplificherà il mio disagio. Poi all’improvviso la calma, la quiete, il riposo… ciò che di solito segue la tempesta.
E siamo tornati all’origine.
Passero’ le ultime ore a Dallas restando nei paraggi, cercando di metabolizzare l’intensa esperienza appena vissuta.
Come mi piacerebbe poter trasferire efficacemente ciò che ho “sentito”, ciò che non e’tangibile! Un ultimo giro nell’atrio del museo, giusto il tempo per acquistare il Cap del “VI FLOOR MUSEUM “, abbinato alla T-shirt, ed un giornale / copia, con su i titoli del giorno successivo all’attentato."


Nel filmato mostrato è riproposto l'attimo della tragedia e in successione l'uccisione di Lee Harwey Oswald, domenica 24 novembre, mentre viene trasferito dalla Centrale della polizia di Dallas alla prigione della contea, per mano di Jack Ruby, un gestore di un night club, affetto da turbe psichiche.






A tutt'oggi non e' dato di sapere cosa realmente sia accaduto quel 22 novembre del 1963.









Citazione del giorno:

"L'umanità deve porre fine alla guerra, o la guerra porrà fine all'umanità (John Kennedy)